ALIDOSI, Ludovico
Nacque ad Imola nella seconda metà del XIV secolo, primogenito di Bertrando II signore di Imola e di Elisa, d'ignota famiglia. Nel 1382, ancora fanciullo, fu fatto cavaliere da Ludovico I d'Angiò di passaggio per Imola. Alla morte di Bertrando, avvenuta nel 1391, il potere passò a Ludovico e al fratello Lippo, sotto la tutela della madre, la quale, continuando la politica del defunto marito, ottenne che Firenze rinnovasse l'impegno di difendere la signoria degli Alidosi in Imola. In questo modo furono stroncate nella primavera del 1392 le pretese di un altro ramo della famiglia, gli Alidosi di Castel del Rio, i quali, alla morte di Bertrando, avevano tentato di aver parte nel governo della città. Nel rafforzare i rapporti tra i giovani Alidosi e la Signoria fiorentina ebbe gran parte il cancelliere di questa, Coluccio Salutati, già amico ed estimatore di Bertrando; egli, il 20 nov. 1391, inviò una lunga lettera di condoglianze ai due fratelli, e il 15 agosto dell'anno seguente (secondo la datazione proposta con buona probabilità dal Novati) si congratùlò con l'A. per il proposito di rimanere fedele all'alleanza fiorentina. Morto Lippo (1396), Ludovico rimase solo alla guida dello stato e nel 1397 appoggiò le operazioni della lega antiviscontea contro Gian Galeazzo; perciò quando Carlo Malatesta, comandante dell'esercito della lega, dopo aver battuto i Viscontei a Governolo (31 ag. 1397) ed aver liberato Mantova, fece rimuovere da questa città una notissima immagine di Virgilio, Pier Paolo Vergerio si rivolse all'A. con un'epistola rimasta famosa, deplorando il fatto e invitandolo a intervenire (18 sett. 1397).
Fra il 1401 ed il 1402, però, di fronte all'incalzare dell'avanzata viscontea in Romagna, l'A. dovette suo malgrado riavvicinarsi al Visconti, riuscendo così a conservare il potere; ma, morto Gian Galeazzo il 3 sett. 1402 e tornata Bologna alla Chiesa, l'A. fu nel 1403 scomunicato dal nuovo cardinale legato Baldassarre Cossa e poté ottenere, nello stesso anno, la remissione della scomunica solo riconoscendo la sovranità papale e accettando l'investitura di vicario pontificio di Imola. Da allora in poi l'A. fu costantemente fedele al dominio della Santa Sede e all'alleanza con Firenze, che rinnovò nel 1408, nel 1414, nel 1417 e nel 1421. Nel 1411 egli appoggiò Giorgio Ordelaffi nell'occupazione di Forlì e l'anno seguente gli diede in moglie sua figlia Lucrezia, estendendo così la sua influenza in Romagna; in Forlì l'A. nel 1419 ricevette, insieme col genero, il pontefice Martino V, di cui godé costantemente la protezione e l'appoggio. Nel febbraio del 1420 l'A., sempre fedele alla Chiesa, inviò un'ambasceria ai Bolognesi, allora ribellatisi, esortandoli a ritornare sotto il dominio pontificio. Poiché il Comune di Bologna respinse l'invito dell'A., questi ne invase il territorio, ottenendo che nel luglio la città rientrasse a far parte dello Stato della Chiesa. Come ricompensa del suo atteggiamento di lealtà, l'A. ricevette dal pontefice, il 22 febbr. 1422, la conferma della carica di vicario pontificio di Imola. Intanto, però, il 25 gennaio di quell'anno era morto a Forlì Giorgio Ordelaffi, lasciando la città e un figlio ancora bambino, Tebaldo, nelle mani della moglie Lucrezia, figlia dell'Alidosi, il quale prese allora ad amministrare direttamente la vicina città, inviandovi anche un piccolo presidio. Ciò provocò il risentimento dei Forlivesi, che, aizzati da emissari di Filippo Maria Visconti, si ribellarono il 14 maggio 1423 e consegnarono la città al capitano visconteo Sicco da Montagnana, mentre Lucrezia si rifugiava a Forlimpopoli. L'A. ricorse all'aiuto dei Forentini, ma le loro truppe prontamente inviate al comando di Angelo della Pergola, furono il 6 settembre dello stesso anno disfatte dai Viscontei. Questi, il 24 febbr. 1424, occupavano, per ordine di Filippo Maria, la stessa Imola, traendo prigioniero l'A., che fu inviato nella rocca di Monza. Di qui fu liberato due anni dopo e si rifugiò presso i signori di Carpi, sperando sempre nell'appoggio della Signoria fiorentina. Ma quando Firenze fece definitivamente pace con Milano (1428), l'A. abbandonò ogni speranza di tornare nella sua città e si fece minore osservante in Modena. Quindi, recatosi a Roma, vi morì nel 1430.
Fonti e Bibl.: Corpus chronicorum Bononiensium, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, pp. 371, 466, 468, 497, 563, 572; Matthaei de Griffonibus Memoriale historicum, ibid., XVIIL, 2, a cura di L. Frati e A. Sorbelli, pp. 84, 102, 105,106, 108; Annales Forolivienses, ibid., XXII, 2, a cura di G. Mazzatinti, pp. 79, 84, 87, 107; Epistolario di Coluccio Salutati, a cura di F. Novati, II, Roma 1893, in Fonti per la storia d'Italia, XVI, pp. 283-284, 380 ss., 484; III, ibid. 1896, ibid., XVII, pp. 285, 287, 407, 598; IV, 1, ibid. 1905, ibid., XVIII, p. 126; Epistolario di Pier Paolo Vergerio, a cura di L. Smith, Roma 1934, ibid., LXXIV, pp. 189, 191, 207; [G. Alberghetti], Compendio della storia d'Imola, I, Imola 1810, pp. 227-237; G. C. Cerchiari, Ristretto storico della città d'Imola, Bologna 1848, pp. 47-48, 168; D. Marzi, La cancelleria della Repubblica fiorentina, Rocca S. Casciano 1910, p. 152; F. Cognasso, Il ducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, pp. 202-203, 209; P. Partner, The papal State under Martin V, London 1958, pp. 48, 65-66, 76, 89, 145, 191.