BUFFOLI, Luigi
Figlio di Francesco e di Santina Scalvi, nacque a Chiari (Brescia) il 20 ag. 1850. Ancor giovane, in seguito a rovesci economici, emigrava a Milano. Qui fu impiegato presso diverse case commerciali, finché, nel 1871 entrò nell'amministrazione delle Ferrovie. Nel 1879 si fece promotore della prima cooperativa di consumo tra ferrovieri in Milano. Quelli dell'impiego sembra siano restati, anche in seguito, gli unici proventi di una attività che, nel settore della cooperazione e della filantropia, si fregiò di molteplici iniziative, sì che, commemorandolo, Luzzatti potrà dire che "visse del suo piccolo stipendio, che le ferrovie gli davano". Era stato Luzzatti a dare il primo impulso alla cooperazione in Italia, quindici anni prima, interessandosi alla fondazione di una rete di banche popolari. Il B. invece si indirizzò verso la cooperazione di consumo, affascinato, s'è detto, dal sistema rochdaliano. In realtà, mentre la cooperazione inglese, di cui pur si fece propagandista (Lo sviluppo della cooperazione inglese, Milano 1900), e quella di Rochdale in specie, mirava a coprire gli interessi di una sola classe sociale, aveva carattere combinato di cooperazione e previdenza, e operava col metodo dell'autofinanziamento e dell'autoconsumo, il B. si volse ben presto a impiantare una forma di cooperazione orientata verso il mercato, caratterizzata da un meccanismo di finanziamento interno con l'accorgimento che il risparmio veniva ripartito tra i soci in proporzione ai loro acquisti.
Le forme di questo meccanismo il B. le ha esposte nel "ricorso del 31 ag. 1893 alla Commissione centrale delle Imposte Dirette", pubbl. in opuscolo con il titolo I risparmi restituiti ai consumatori delle società cooperative di consumo e le somme erogate per manutenzione locali non costituiscono reddito soggetto alla imposta di ricchezza mobile (Milano 1893). Non a caso faceva osservare al Rabbeno che "i pretesi successi del sistema inglese in Italia sono dovuti al fatto che tale sistema non fu da noi applicato neppure una volta" (La cooperazione...).
Facendo perno sull'Associazione generale degli impiegati di Milano, del cui organo, il Giornale dell'impiegato, egli era direttore, il B. e il Viganò, con circolare del 15 apr. 1886, si facevano promotori dell'Unione cooperativa, che il 22 luglio si costituiva con 134 soci e 1.712 lire di capitale: il B. ne assumeva la presidenza. A differenza della cooperazione rochdaliana, l'Unione cooperativa (che peraltro era affiliata alla Wholesale) operava tra il ceto medio impiegatizio e professionale, e perseguiva pur sempre fini di profitto, vendendo a prezzo di mercato - in questo seguiva la cooperazione inglese - invece che di costo, conformemente all'esigenza, sosteneva il B., di "non perturbare le condizioni generali del mercato" e assolvere contemporaneamente una "funzione di Cassa di Risparmio che non paga interessi". Con le modifiche statutarie del 1887 la restituzione dei risparmi in proporzione agli acquisti fu estesa ai non soci; con quelle del 1890 si allargò, fino a divenire illimitata, l'iscrizione dei soci.
Un primo riconoscimento del prestigio acquistato venne al B. dalla elezione, nel 1889, al Consiglio comunale (nel quale sedette per cinque anni), e dalla proposta, fattagli nel 1891 dal Luzzatti, in qualità di ministro del Tesoro, di riassestare il bilancio dell'Unione militare (il B. declinò l'incarico, suggerendo il nome del proprio collaboratore, Ponti).
Tale prestigio ci è anche attestato da quanto, il 16 dic. 1897, facendone una ragione prammatica del proprio sistema teoretico, scriveva il Pareto al Pantaleoni: "la coopérative de Milan a obtenu de grands succès, parce qu'elle est dirigée par des personnes (Buffoli entre autres) d'une grande capacité".
Questo prestigio ebbe i suoi riflessi nell'ambito degli organismi di direzione nazionale del settore cooperativo, con innegabile successo nell'ultima parte del sec. XIX, su posizioni di retroguardia di fronte all'affermarsi della cooperazione socialista per la restante parte della sua vita.
La Federazione delle società cooperative, fondata in Milano lo stesso anno dell'Unione cooperativa, mutata in Lega nazionale cooperative al congresso del 1893, era nata "all'infuori dell'influenza socialista". Anzi, al congresso di Torino del 1898, l'art. 3 aveva affermato che "la cooperazione è un terreno neutro", come voleva, tra gli altri, il B., membro del comitato centrale della Lega sin dalla fondazione, fautore della "unione di tutte le classi nella cooperazione": il B. sosteneva appunto che "la cooperazione non deve servire d'istrumento ad alcun partito".
Ma dall'inizio del secolo, proprio su quel terreno vennero a contestarlo i socialisti, facendosi promotori, nel 1901, del congresso della triplice alleanza - cooperazione-previdenza-resistenza -, alleanza respinta in sede congressuale dalle Camere del lavoro perché prematura. Essa si affermò poi, al congresso di Genova del 1905, nella forma di una stretta collaborazione tra cooperazione e resistenza, di quella finalizzazione della cooperazione contro cui si batté, con perseveranza, il B., sì da impersonare, agli occhi dei suoi avversari, l'espressione speculare di quella che loro chiamavano la "cooperazione bottegaia". Egli restò tuttavia nella Lega nazionale cooperative a combattere la sua battaglia, comunque apprezzato per la sua autorità tecnica: al congresso di Milano del 1910 fu relatore sul tema della "imposta sul risparmio" (quindici anni prima era stato autore di uno studio Per l'abolizione della tassa di dazioconsumo, Milano 1886).
Lo spazio vitale di quel complesso di iniziative che gli valse dal Totomianz l'appellativo de "il più grande cooperatore pratico italiano" rimase pur sempre Milano, dove nel 1900 creava la città giardino, il "Milanino", e fondava un albergo diurno e, due anni dopo, l'albergo popolare. Nel 1905 istituiva un Consorzio pro-Calabria, promovendo una forma propria di soccorso alla regione colpita da un tremendo terremoto.Il B. morì il 5 ott. 1914 in Milano, nel pieno della sua attività, mentre progettava di realizzare la casa di villeggiatura, anche in questo, per la sua parte, precorrendo i tempi della civiltà di massa. Lasciava, unico legato sembra, alla sorella 5.000 o 6.000 lire in azioni disocietà cooperative.
Tra i suoi scritti vanno ricordati ancora: Il compagno di viaggio delle ferrovie (Milano 1897) e Guida del cooperatore (Milano 1898).
Fonti e Bibl.: U. Rabbeno, La cooperazione in Italia, Milano 1886, passim, in particolare vv. 152-154;A. Maffi, Venticinque anni di vita della cooperazione in Italia, Milano 1911, passim;V. Pareto, Lettere a M. Pantaleoni, Roma 1960, II, ad Indicem;A. Casalini, Cenni di storia del movimento cooperativo in Italia, Roma 1922, pp. 36-37;L. Luzzatti, L. B. e la cooperazione ital., in I grandi italiani, Palermo 1924, pp. 184-193;U.Gobbi, La cooperazione dall'economia capitalistica all'econ. corporativa, Milano 1932, ad Indicem;M. Casalini, Cooperazione, Roma 1945, pp. 31-32; R. Rigola, Storia del movimento operaio ital., Milano 1946, p. 275;S. Bensasson, Cooperazione e riforme, Roma 1952, pp. 12, 28; A. Basevi, Sintesi storica del movimento cooperativo ital., Roma 1953, p. 8; V. Totomianz, L. B., in Pantheon cooperativo, Roma 1955, pp. 213-217; Nullo Baldini nella storia della cooperazione, Milano 1966, ad Indicem.