CANINA, Luigi
Quinto figlio di Giacomo Camillo e di Maddalena Robusti, nacque a Casale Monferrato il 24 ott. 1795; fu educato dapprima nel collegio agostiniano della vicina Valenza, dove - secondo Oreste Raggi - si manifestò per la prima volta il suo interesse artistico. Nel 1810 si trasferì a Torino per studiare architettura: suoi maestri furono G. Talucchi e, soprattutto, F. Bonsignore; compì i suoi studi - interrotti dal 1812 al 1814 per il servizio militare - nel 1814. Dopo un'attività finora sconosciuta, ma forse al servizio del Bonsignore, che preparava allora i progetti per la Gran Madre di Dio, nel 1818, con una borsa ottenuta per raccomandazione del Talucchi, si trasferì a Roma, da dove avrebbe mandato a Torino le prove della sua attività (Raggi).
A Roma - secondo il suo amico inglese T. L. Donaldson - il giovane C. avrebbe prima lavorato per le illustrazioni di una nuova edizione dell'Itinerario di Mariano Vasi. Avrebbe così avuto la possibilità di entrare subito in contatto con A. Nibby, che tuttavia curò le successive edizioni del Vasi servendosi delle vecchie illustrazioni (L. Schudt, Le Guide di Roma, Wien-Augsburg 1930, p. 81). Poco dopo presentò all'Accademia di S. Luca l'Anfiteatro Flavio, descritto, misurato e restaurato: lavoro storico, che, accompagnato da una quindicina di disegni, fu accolto e giudicato favorevolmente dagli accademici il 28 sett. 1822. A questo periodo risalgono indubbiamente i primi rapporti con G. Valadier, che effettuava allora nel Colosseo scavi e lavori di restauro e che forse influenzò il giovane C. nella scelta del tema del lavoro presentato all'Accademia. A questi rapporti si deve senz'altro il primo decisivo orientamento del giovane verso quell'attività di archeologo-architetto, nella quale doveva appunto diventare il vero successore del Valadier.
In quello stesso 1822 (Bendinelli, 1953, p. 21) il C. doveva presentare i primi progetti per l'abbellimento della nuova area acquistata dai Borghese per il loro parco verso valle Giulia e via Flaminia. Aiutato dal suo protettore Evasio Gozzani, nel 1825 successe ad Antonio e Marco Asprucci come architetto della famiglia Borghese; dal 1830 divenne, dopo V. Fontana, architetto dei possedimenti Borghese sotto l'amministrazione dei marchesi Gozzani.
Negli anni venti compì per il principe Camillo Borghese le decorazioni della sua villa romana, illustrate - e confrontate con quelle di villa Adriana a Tivoli - dallo stesso C. in Le nuove fabbriche della Villa Borghese denominata Pinciana, Roma 1828.A partire dal 1825 il C. realizzò due ponti-viadotti sopra la vecchia strada delle Tre Madonne: il primo in forma di propilei egizi affiancati da portici e da due obelischi con iscrizioni, preparate da W. Gell, che glorificavano casa Borghese; il secondo con un arco di trionfo ad imitazione di quelli romani. Ambedue le costruzioni furono finite nel 1826-27.
Meno originali dei propilei egizi, i quali rappresentano un valido esempio dell'indirizzo egiziano del neoclassicismo del C. e che si leggono sullo sfondo dei suoi interessi teorici formulati di lì a poco dopo, ma senz'altro più conosciuti e più importanti sono i grandi propilei ionici che costituiscono l'ingresso principale di villa Borghese verso via Flaminia. Dopo grandi difficoltà, delle quali è testimone il ricco epistolario di E. Gozzani (cfr. Bendinelli), i lavori furono iniziati sul finire del 1827 e terminati nel 1828; il primo agosto 1829 ebbe luogo l'inaugurazione solenne del monumento; l'iscrizione fu aggiunta nel 1833.Con i grandi propilei, il cui ordine ionico era derivato dal tempio di Posidone sul Sunio in Grecia, l'ancor giovane C. emerse come uno dei maggiori nuovi esponenti dell'architettura romana; l'opera regge benissimo il confronto con gli altrettanto ambiziosi esempi europei: i propilei di porta Ticinese a Milano di L. Cagnola, del 1814:quelli di D. Burton al Hyde Park Corner di Londra, del 1828;quelli progettati da L. von Klenze a partire dal 1817per il Königsplatz di Monaco di Baviera. Con quest'opera il C. assunse a Roma una posizione importante ma, in un momento di scarsi incarichi di rilievo nel campo dell'architettura, dovette prevalentemente indirizzarsi verso la carriera accademica di archeologo, erudito ed esperto.
Sono infatti pochi e di scarso prestigio i lavori architettonici intrapresi a partire da questo momento dal C. come architetto dei Borghese. A villa Borghese costruì la discussa fontana di Esculapio (1830-33), ingrandì la via principale del parco ed infine costruì il prospetto di tempio corinzio, sul modello di un monumento della via Appia, che documenta così il costante interesse archeologico del Canina. Erano però molti gli obblighi del C. come consulente di lavori anche di ingegneria, e risale a questo periodo il suo interesse per la meccanica, con l'invenzione, lodata dal Bendinelli (pp. 53 s.), di un elevatore chiamato "sedia meccanica". Collaborò con il macchinista Angelo Lusvergh, diresse lavori idraulici insieme con L. Palazzi e soprintese al riattamento dell'acquedotto Aldobrandini: in questa occasione il C. ebbe la possibilità di studiare i monumenti antichi del Tuscolano e di pubblicarli poi nella Descrizione dell'antico Tuscolo, Roma 1841. Più importanti, nel settore della tecnica idraulica, sono i lavori per il prosciugamento del lago di Castiglione di Gabi presso Roma, effettuati a partire dal 1837.
Ottenuto per intervento di G. Gozzani l'ufficio di architetto della Cassa di Risparmio, non assunse in questa veste nessun incarico. Sono parecchi, invece, i lavori di costruzione o di riadattamento di edifici esistenti, per i Borghese. Nel 1832 il C. lavorava a progetti di restauro per palazzo Borghese e per villa Turini. A palazzo Borghese, nella parte verso via di Ripetta, egli lavorava ancora negli anni 1839-1840.Degli stessi anni sono i progetti, non realizzati mai, per il riadattamento dell'interno di villa Mondragone a Frascati, attribuiti sia al C. sia a G. B. Benedetti (Bendinelli, p. 142;F. Grossi-Gondi, La Villadei Quintili e la Villa di Mondragone, Roma 1901, p. 123).In questo periodo fu rimodernato a cura del C. anche il casino Vagnuzzi, parzialmente distrutto nel 1849(vedine la descrizione di F.G.A., in Il Tiberino, 23 marzo 1840, riportata da Bendinelli, p. 155) e recentemente restaurato, oggi sede dell'Accademia filarmonica romana T. Hoffmann, La casina Vagnuzzi sulla Flaminia, Roma 1965). Viene ascritta al C. la "camera egizia" fatta per i Vagnuzzi.
Varie sono le costruzioni del C. sull'area di palazzo Borghese: fra l'altro, la "palazzina" di G. Gozzani a Fontanella Borghese (1834); il palazzo di via di Ripetta e via Leccosa (1840);quello di fronte al palazzo Borghese sulla piazza (1848-49); i "nuovibagni incontro il Porto di Ripetta" e la "Scuola della Divina Provvidenza" (cfr. Bendinelli).
Fin dal suo arrivo a Roma nel 1818 e contemporaneamente ai primi lavori per i Borghese il C. coltivò, come è stato già detto, i suoi interessi archeologici. Con un saggio Intorno un frammento della marmorea Pianta Capitolina riconosciuto appartenere alle Terme di Tito, pubblicato in Mem. rom. di antichità e di belle arti, II (1825), 4, pp. 119-128, ha inizio una serie di ricerche, che saranno soprattutto stampate, oltre che nelle Memorie, nel Bullettino dell'Instituto di corrispondenza archeologica. Molto più importante è però la imponente serie di volumi che si inizia nel 1827 con la prima parte dell'Architettura dei principali popoli antichi considerata nei monumenti, dedicata all'Architettura greca.
Comincia così la vasta opera del C. come storico dell'architettura ed archeologo, che segue un piano complessivo di pubblicazione assai ben preparato. L'ampio ed ambizioso programma del C. si desume già dal manifesto che precedette la stampa dell'Architettura greca (Bendinelli, p. 234), e si inserisce nella tradizione della storiografia contemporanea di J.J. Winckelmann, di L. Cicognara, di J.B. Séroux d'Agincourt e di A. Hirt. Non è quindi un caso che il C. si sia dimostrato ben presto assai favorevole al progetto di un'edizione italiana della Storia dell'arte dimostrata coi monumenti dell'Agincourt, successivamente stampata a Milano e a Prato. L'opera del C. è suddivisa in tre sezioni, destinate allo studio dell'architettura egiziana, della greca e della romana, a loro volta tripartite secondo criteri più che altro metodologici. I tre volumi di ogni sezione dovevano esser dedicati all'esame storico-cronologico ("storia"), ad analisi tipologiche e tecniche ("teorica"), ad indagini più propriamente a carattere monografico ("descrizione dei monumenti"). Questa divisione permetteva al C. di inserirsi nella tradizione degli studi di architettura civile, di integrare nella sua opera i suoi interessi specificatamente archeologici, derivanti dalla sua attività di studioso e di direttore di scavi, e storici, sulle orme del Séroux d'Agincourt, e infine quelli più chiaramente legati all'esperienza tecnica del mestiere di architetto. È forse dovuto a questo bisogno di completezza se l'opera caniniana, la quale voleva inserire l'archeologia nel processo di sintesi di storia dell'architettura e architettura civile tradizionale, non ha avuto effetto più incisivo proprio sugli studi archeologici che stavano per trovare nella crescente specializzazione un motivo di distacco da tale sistema globale.
Che il C. abbia iniziato la stampa dell'Architettura con il volume sull'Architettura greca è dovuto allo sviluppo ineguale delle diverse branche archeologiche, sicché, mentre aspettava la pubblicazione dei Monumenti dell'Egitto e della Nubia di I. Rosellini (1832-44) per lo studio dell'architettura egiziana, poteva invece basarsi, per l'architettura greca, su un grande numero di pubblicazioni relative ai monumenti della Grecia, dell'Asia Minore e della Sicilia.
L'attività letteraria del C. - iniziata con tanta ambizione - è sin dall'inizio legata ai suoi rapporti con il mondo degli artisti e degli studiosi romani. Interrottesi le sue relazioni con Valadier allorché il giovane C. fu preferito all'anziano architetto per i lavori di villa Borghese, egli trovò altre occasioni per entrare in contatto con l'ambiente erudito anche al di fuori dell'Accademia di S. Luca: conobbe il Nibby - se non già nel 1818 - in occasione dell'edizione dei Monumenti scelti della Villa Borghese ("pubblicato - scriveva il C. - a mia insinuazione dal Nibby nel 1832 "); e Luigi Marini, che metteva a sua disposizione la propria biblioteca. Forse dové anche a questa conoscenza se si decise a impiantare una sua propria tipografia e calcografia. L'uso dei suoi stessi tipi permise al C. di pubblicare a ritmo serrato le proprie opere, e gli procurò ben presto una stima generale: fra l'altro il C. ebbe il merito di aver introdotto fra i primi a Roma i nuovi tipi bodoniani. Lo stesso successo della produzione scientifica del C. si fondava essenzialmente sul funzionamento della sua tipografia che continuò, almeno parzialmente, anche dopo la censura generale del 1849 effettuata dal Vaticano.
L'attività del C. è pure legata alla vita delle diverse istituzioni romane. Membro dell'Istituto di corrispondenza archeologica sin dalla fondazione (1829), nel 1830 è chiamato a far parte del consiglio direttivo.
L'11 nov. 1833 viene eletto accademico di merito dell'Accademia di S. Luca (Distribuzione de' Premi del concorso..., Roma 1834, p. 58) della quale sarà più tardi segretario del consiglio. Il C. avrà incarichi nella Accademia dei Virtuosi al Pantheon (cfr. La premiazione del... Concorso biennale gregoriano.., Roma 1842, p. 58). Nel 1839 è nominato commissario alle antichità, al posto di A. Nibby, morto in quell'anno. Negli anni precedenti aveva diretto imprese di scavo nei possedimenti di casa Borghese. Merita di esser ricordato lo scavo del mosaico di Torrenova nel 1834 (pubblicato da W. Henzen nel 1843), conservato al Museo Borghese. Sempre per i Borghese dirige gli scavi sull'Esquilino, nel 1848-50, che conducono alla scoperta del ciclo di pitture di paesaggio con scene dell'Odissea. Del 1849 è il ritrovamento in Trastevere della replica dell'Apoxyomenos di Lisippo restaurata dal Tenerani e pubblicata per la prima volta da E. Braun nel 1850. Nello stesso anno vengono ripresi gli scavi nel Foro romano nel luogo della basilica Giulia. Dal 1850 al 1853 il C. dirige gli scavi della via Appia nel tratto tra la tomba di Cecilia Metella e Boville. Del 1852 è lo scavo di Veio. Nel 1855, alla morte di Giuseppe Melchiorri, il C. viene eletto presidente del Museo Capitolino, dopo essere stato iscritto il 18 giugno 1855 alla nobiltà romana (T. Amayden, Storia delle famiglie romane, I, Roma 1910, p. 346). Sotto Pio IX e la Repubblica romana è eletto consigliere comunale: nel 1847, 1849, 1854 (G. Sacchetti, Ilmarchese Girolamo Sacchetti..., in Arch. d. Soc. romana di storia patria, LXXXIX [1966], pp. 281, 282).
Dopo il suo primo grande progetto di storia dell'architettura "dei principali popoli antichi" e la definitiva pubblicazione dei volumi previsti (oltre all'Architettura greca, l'Architettura egiziana, e l'Architettura romana), in folio e in 8º ("dei tipi dello stesso Canina", Roma 1834-1844), il C. estenderà ulteriormente il programma editoriale. Così saranno integrate all'Architettura egiziana le Ricerche sul genere di architettura propria degli antichi Giudei ed in particolare sul tempio di Gerusalemme (Roma 1845). Dalla prima edizione (1830-40) dell'Architettura romana fu estratto il testo che doveva accompagnare la Pianta topografica di Roma antica con i principali monumenti ideati nel loro primitivo stato secondo le ultime scoperte,e con i frammenti della marmorea pianta capitolina disposti nel suo dintorno, pubblicata nel 1830 e, in seconda edizione, nel 1850. Lo stesso testo, notevolmente ampliato, e pubblicato nel 1831 sotto il titolo di Indicazione topografica di Roma antica (quarta ediz. accresciuta, 1850), si inserisce nella tradizione delle topografie romane di A. Donati, F. Nardini e G. A. Guattani. Indipendente dall'Architettura dei popoli antichi è anche la Descrizione storica del Foro Romano e sue adiacenze, pubblicata nel 1834 (seconda ediz. ampliata, 1845), divisa in una "esposizione storica" e una "esposizione topografica".
Con la sua attività di scavo il C. estese le sue ricerche archeologiche alla Campagna romana. Sono frutto di queste ricerche, oltre a quelle citate, le seguenti pubblicazioni: Descrizione di Cere antica (Roma 1838), Esposizione storica della Campagna romana antica (ibid. 1839), Descrizione dell'antico Tuscolo (ibid. 1841), la Pianta della Campagna romana (ibid. 1843), L'antica città di Veij descritta e dimostrata con i monumenti (ibid. 1847), L'antica Etruria Marittima...,descritta ed illustrata con i monumenti (ibid. 1851).
Della sua attività, di scavo e ricerca, dedicata al complesso monumentale della via Appia, testimoniano i saggi pubbl. negli Annali dell'Instituto nel 1852 e nel 1853, e soprattutto La prima parte della via Appia,dalla porta Capena a Boville,descritta e dimostrata con i monumenti superstiti, pubblicata a Roma nel 1853.
Nel 1842 ebbe inizio il periodo che doveva portare il C. a contatti internazionali e verso la realizzazione di nuove imprese edilizie: in quell'anno accompagnò, infatti, la regina Maria Cristina a Torino, dopo il suo soggiorno romano. Ammalatosi, fu alloggiato a palazzo Chiablese; qui nacque il progetto di una riedificazione del duomo di Torino: Ricerche sull'architettura più propria dei tempi cristiani,ed applicazione della medesima ad una idea di sostituzione della Chiesa cattedrale di S. Giovanni in Torino (Roma 1843).
Ripubblicato "di molto ampliato" nel 1846 (sempre a Roma), il volume è certamente da considerare come il contributo più importante alla teoria dell'architettura dell'Ottocento da parte del Canina. Esso documenta la sua personale posizione nell'eclettismo ottocentesco, la quale emerge dal modo di affrontare e risolvere i problemi dell'architettura religiosa. Per questa, infatti, propone l'uso del modello basilicale che illustra attraverso esempi di monumenti antichi e paleocristiani ed i suoi stessi progetti per il duomo di Torino e per il santuario di Oropa; offre una serie di quattro prototipi, e giunge infine - sempre sullo sfondo della storia che vide nascere la basilica, secondo il C., già nell'architettura egizia - ad una sintesi tra i diversi tipi di basilica e i modi formali classicheggianti.
Già il Raggi (pp. 25 s.) mette in rilievo l'interesse del C. per l'architettura tardoantica e medievale, nonché il suo contributo alla tutela di tali monumenti (a Roma, S. Maria in Aracoeli; a Firenze, S. Maria del Fiore; a Casale Monferrato, la cattedrale).
Particolare menzione meritano i cenni, che il C. fa nelle Ricerche a proposito dell'architettura sacra contemporanea: accetta - con qualche critica - le opere parigine di L. H. Lebas (Notre-Dame-de-Lorette, ispirata a S. Maria Maggiore) e di J. J. Hittorf (St.-Vincent-de-Paul, sistema basilicale), e perfino il St.-Pancras di W. Inwood a Londra, ma rifiuta l'architettura neogotica di un A. Ch. Pugin. Ed è forse dovuto solo a una vecchia simpatia personale il cenno positivo all'architettura "russa" (fenomeno del resto analogo al gotico di Pugin) di C. Thon, che il C. deve aver conosciuto durante il suo soggiorno romano dal 1824 al 1828. Dal discorso del C. (allorché cita, per esempio, il "vario genere di architettura" a Monaco di Baviera) si desume la sua preoccupazione per la classicità del linguaggio architettonico che rimane per lui base comune di ogni architettura. In questo senso, constatando l'"inconvenienza di tanta disparità di opinioni nell'esercizio dell'architettura", il C. propose, nel settembre 1845, a Ch. R. Cockerell di fondare una "società europea" con centro a Roma per propagare i valori dell'architettura classica.
A Torino il C. riceve l'offerta di succedere a F. Bonsignore (morto nel 1843) come professore di architettura. Nel 1845 viene incaricato di eseguire i progetti per il santuario di Oropa.
Il C. accetta volentieri questo incarico, nell'intento di realizzare la sua idea di architettura religiosa, sulla quale stava ragionando proprio in quel periodo. Ultimati nel 1846, i progetti per Oropa saranno infatti inseriti, come è stato già detto, nella seconda edizione delle Ricerche sull'architettura del medesimo anno (pp. 180-184, tavv. 140-145). Del maggio del 1847è l'esecuzione del modello, che viene presentato a Pio IX al Quirinale l'8 giugno e quindi trasportato a Torino e ad Oropa (dove è conservato nell'archivio del santuario). I lavori, iniziati nel 1848, furono interrotti l'anno seguente, ma il C. continuò ad occuparsi del progetto, e ancora nel 1856eseguiva piccole modifiche al modello originario.
Il ritorno da Londra, avvenuto nel 1845, diede occasione al C. di visitare Ravenna, Forlì, Urbino, Pesaro e Spoleto. A Londra ritornò nel 1851 per visitare l'Esposizione universale. La sua reazione di fronte al Crystal Palace di J. Paxton corrisponde perfettamente al suo orientamento teorico espresso nelle Ricerche.
In un opuscolo pubblicato nel 1852 ed intitolato Particolare genere di architettura domestica decorato con ornamenti di svelte forme ed impiegato con poca varieta dai più rinomati popoli antichi ora solo ordinato con metodo e proposto alla applicazione delle fabbriche moderne in parte costrutte col legno e ferro fuso cerca di inserire l'edificio di Paxton nella sua concezione dell'architettura classica, paragonando le costruzioni in ferro alle pitture pompeiane e proponendo esempi di decorazioni classiche per le strutture semplici del Crystal Palace.
Il terzo viaggio londinese del C. fu il risultato del suo incontro con il duca di Northumberland avvenuto nel 1853 per il tramite dell'egittologo W. Gardner a proposito del restauro del castello di Almwick. Nel giugno 1856 il C. decise di recarsi in Inghilterra; partito con l'allievo e assistente G. Montiroli e con il pittore A. Mantovani, l'artista arrivò ad Almwich dopo aver compiuto brevi soste a Parigi e Londra. Si pose in contatto con Cockerell e Th. L. Donaldson, al quale scriveva di voler contribuire, con i suoi lavori ad Almwick, ad un rinnovamento del gusto artistico. Collaborava inoltre alla ricostruzione esatta dei progetti michelangioleschi per S. Pietro destinata al libro Illustrations architectural and pictorial of the genius of Michael Angelo, pubblicato nel 1857 (D. Watuin, The life and work of C. R. Coekevell, London 1974, p. 119). Partito da Londra il 23 sett. 1856, arrivò a Firenze il 12 ott., accolto da P. Poccianti. Il 17 ottobre morì, e fu sepolto in S. Croce.
Nel 1857 fu venduta all'asta la sua "preziosa libreria" (Catalogo..., Roma 1857).
La critica ha trascurato lo studio dei rapporti del C. con i suoi scolari e collaboratori, tra i quali meritano di essere ricordati, con il Montiroli, G. Fontana, i pittori P. Rosa, A. Mantovani, E. Landesio e forse anche A. Becchio. Rimangono anche da approfondire le possibili conseguenze dell'attività archeologica del C. sull'architettura. In questo senso viene già suggerito dal Meeks (p. 340)l'influsso della ricostruzione che il C. fece del tempio della Fortuna Primigenia a Palestrina sul progetto del Sacconi per il monumento a Vittorio Emanuele II.
È infine ancora da precisare la collocazione del C. nell'archeologia del suo tempo. A questo proposito va osservato che, benché fosse stato accettato negli ambienti archeologici, il C. fu oggetto di critiche a lui indirizzate soprattutto da parte di archeologi stranieri. Così A. Uggeri dedicava la sua ultima opera sulla basilica Ulpia al giovane C. e mentre C. Bunsen indirizzava a lui una sua lettera sul Foro romano prima della sua partenza da Roma, altri, come J. Riva, lo criticarono (Observations sur l'Ouvrage de M. le Ch. C., s.l. né d.) oppure, come l'informatissimo C. B. Stark, addirittura lo ignorarono (Systematik und Geschichte der Archäologie der Kunst, Leipzig 1880).
Fonti e Bibl.: Alla biografia di O. Raggi, Della vita e delle opere di L. C.,architetto e archeologo di Casal Monferrato, Casal Monferrato 1857 (con il primo elenco delle pubbl. del C., pp. 53-56, e delle varie cariche e onorificenze, pp. 56-58), ha fatto seguito la monografia di G. Bendinelli, L. C. …, in Rivista di storia,arte e archeol. per leprovv. di Alessandria e Asti, LXII (1953), pp. 1-431, con numerosi docc. (pp. 349-425), elenco dei fondi di archivio consultati (pp. 427-429) e un più completo elenco delle pubblicaz. (pp. 337-345). Purtuttavia mancano tuttora studi specialistici dedicati alle sue opere architettoniche più importanti, nonché esami critici della sua attività storico-scientifica. Si veda ancora: T. L. Donaldson, A brief memoir of the late Commendatore C.,Architect, London 1856 (ripubbl. da G. Bendinelli, 1953, pp. 418-423); A. Coppi, Cenni biografici del comm. L. C., in Giornale di Roma, 20 dic. 1856; A. von Reumont, L.C., in Beiträge zuritalienischer Geschichte, VI, Leipzig 1857; C. Folchi, Discorso archeol. artist. in encomio del defunto..., in Atti della Pontificia Accad. romana di archeol., XIV (1860), pp. 105 s.; C. Ravioli, In morte diL. C., Roma 1857; C. Albani, Di L. C…, Casale 1873; A. Gennarelli, L. C. Discorso pronunciato il 29aprile 1863,giorno della inaugurazione del suo monumento in S. Croce di Firenze, in Rivista europea, giugno 1873, pp. 54 s.; M. Lizzani, Su alcuni rami del C., in L'Urbe, VI (1941), 4, pp. 9-16 (numerosissimi rami sono conservati presso la tipografia Staderini di Roma); G. Bendinelli, L. C. architetto, in Atti del V Convegno naz. di storia dell'architettura, Perugia 1948, pp. 427-435 (rec. di G. Rosi, in Boll. d'arte, XL [1955], pp. 94 s.); A. Garino Canina, Aspetti patriottici dei carteggi di L. C., in Boll. della Soc.per gli studi storici,archeol. ed art. nella prov. diCuneo, n.s., XXXV (1955), pp. 61-66 (le stesse lettere sono pubbl. dal Bendinelli, 1953); C. Meeks, Italian Architecture 1750-1914, New Haven-London 1966, pp. 115, 118, 314, 340; I. Belli Barsali, Ville di Roma, Milano 1970, ad Ind.;G. Accasto-V. Fraticelli-R. Nicolini, L'architettura di Romacapitale 1870-1970, Roma 1971, p. 47; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 504; Encicl.Ital., VIII, pp. 730 s.; Enciclopedia dell'arte antica, II, p. 308.