CAPPONI, Luigi
Scultore, nativo di Milano, operò tra il sec. XV e il XVI soprattutto in Roma, dove forse era venuto come scolaro di Andrea Bregno. Nella sua arte si avvertono influssi dell'Amadeo e lo studio della statuaria classica. Di lui ci restano due sole opere documentate: il monumento funebre del vescovo Giov. Franc. Brusati nella chiesa di S. Clemente (1485), compiuto tuttavia, secondo il contratto, in collaborazione con un maestro Giacomo di Domenico della Pietra da Carrara, del quale non si saprebbe distinguere la mano (un'ipotesi che assegna al collaboratore la sola parte ornamentale, è del tutto priva di fondamento); e un altare per la chiesa della Consolazione, con un mezzorilievo del Crocifisso fra la Madomna e S. Giovanni (1496). Intorno a queste due opere è stato agevole radunarne altre, che costituiscono un gruppo assai omogeneo: una tavola da altare a bassorilievo raffigurante San Leone I papa in ginocchio dinanzi a S. Giovanni Evangelista, nel Battistero Lateranense; un paliotto a bassorilievo con le storie di S. Gregorio, nel corridoio a fianco della navata sinistra della chiesa di S. Gregorio al Celio; il monumento funebre dei fratelli Antonio e Michele Bonsi, nell'atrio della stessa chiesa; un frammento del monumento funebre del protonotaro Lorenzo Colonna, nel portico della chiesa dei Ss. Apostoli (1485 circa); le parti frammentarie di un altare fatto erigere da Guglielmo "de Pereriis" in S. Giovanni in Laterano. Altre opere sono di minore importanza o di più discutibile attribuzione.
Artista poco vario, il C. ripeté le forme della scuola lombarda più fine nelle parti ornamentali che nelle figure. A lui forse si deve l'innovazione, proposta col monumento Bonsi e ispirata dall'antico, di collocare nei monumenti funebri i ritratti dei defunti come busti entro nicchie circolari.
Bibl.: D. Gnoli, L. C., in Arch. stor. dell'arte (1893), p. 85 segg., p. 127 segg.; Schmidt, Die Altäre des Guillaume des Perriers, Pietroburgo 1899; Bernath, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, V, Lipsia 1911 (con la bibl. precedente); E. Lavagnino, Andrea Bregno e la sua bottega, in L'Arte, XXVII (1924), p. 258 segg.