GALVANI, Luigi
Nacque a Bologna il 9 sett. 1737 da Domenico e da Barbara Foschi, sua quarta moglie.
Seguendo una consolidata tradizione della famiglia, originaria della Bassa ferrarese ma trasferitasi intorno alla metà del secolo precedente da Argenta nella città felsinea, il padre svolgeva con una certa agiatezza il mestiere di orafo; egli mirava a un innalzamento dei figli nella scala sociale tramite il conseguimento del titolo dottorale nello Studio cittadino che avrebbe dovuto schiudere loro le porte delle professioni liberali. Precedendo il G. sulla via della formazione universitaria, nel 1743 il fratellastro Francesco si addottorò in utroque iure ed esercitò l'avvocatura prima di venire accolto nel 1754 tra i docenti dello Studio ottenendo la cattedra di diritto canonico.
Sugli anni giovanili e sulla prima educazione del G. disponiamo di scarse informazioni. Intraprese certamente lo studio delle materie umanistiche dei corsi inferiori, belle lettere, grammatica e retorica; quindi quelli di filosofia sotto la guida di un canonico Cussini (o Cassini) affettuosamente ricordato nel 1764 dal G. come "egregio maestro" (Lettere inedite di uomini illustri bolognesi, pp. 430, 436). A quindici anni, verso il 1752, frequentava assiduamente l'oratorio dei padri filippini e partecipava con fervore alle attività ricreative e religiose che vi si svolgevano, spinto da una crisi religiosa e misticheggiante che lo investì per un periodo imprecisato: fu un'esperienza che lo segnò profondamente per il resto dei suoi giorni e gli lasciò in retaggio, insieme con una eccezionale modestia e semplicità di costumi, un saldissimo sentimento religioso, tanto da spingerlo più avanti a entrare nel Terz'Ordine francescano.
Superata quell'inquietudine giovanile, il G. si concentrò sugli studi universitari di medicina, per la quale aveva mostrato "fin da' primi anni" una "naturale inclinazione" (ibid.), in modo particolare nei confronti della chirurgia.
Nell'Archiginnasio bolognese e soprattutto nell'istituto marsiliano trovò un ambiente ideale. Intorno alla metà del secolo, tra il 1742 e il 1759, le discipline mediche esercitate e insegnate a Bologna avevano ricevuto un fondamentale impulso teorico e pratico con le riforme dell'Istituto delle scienze e dell'annessa Accademia, pervicacemente volute e attuate da Benedetto XIV, che rinnovarono gli insegnamenti e favorirono in maniera decisiva la ricerca scientifica e gli istituti a essa connessa. Soprattutto le discipline anatomo-chirurgiche furono al centro di quella "rifondazione", grazie anche al ruolo essenziale che venne a ricoprire il grande chirurgo P.P. Molinelli.
Il G. approfittò di quella favorevole congiuntura didattica e istituzionale e si applicò allo studio della medicina teorica sotto la guida del Molinelli e più ancora di I.B. Beccari, che fu il suo vero maestro; intervenne pure alle lezioni di storia naturale e fisica sperimentale tenute nelle stanze dell'Istituto rispettivamente da G. Monti e da D.G. Galeazzi, forse il più celebre fra gli anatomisti bolognesi del secolo, incaricato pure della lettura universitaria di anatomia pratica, oltre a quelle di botanica e chimica recitate dal Beccari. Da maestri come il Beccari e il Galeazzi, egli certamente derivò l'attitudine a un approccio fisico, chimico e comparativo allo studio anatomico degli organismi che mirava a individuare le leggi generali comuni ai diversi esseri viventi.
Il 14 luglio 1759 il G. si addottorò in medicina e chirurgia e il giorno dopo in filosofia. Si diede quindi subito al tirocinio operativo seguendo l'attività diretta e i corsi di medicina pratica negli ospedali cittadini: per tre anni intervenne "alla visita" nello spedale di S. Maria della Morte e vi svolse per alcuni mesi la funzione di assistente; in particolare si dedicò all'esercizio della chirurgia apprendendola da G.A. Galli, che seguì per cinque anni sostituendolo in più occasioni nell'ospedale di S. Orsola, come nel 1764 quando gli subentrò per sette mesi continui.
La frequentazione delle lezioni del Galeazzi oltre ad arricchire il G. sul piano formativo fu per lui essenziale per altri aspetti non meno importanti: quell'incontro non solo sancì l'avvio di un saldo rapporto di comunanza culturale, ma si trasformò in un più stretto vincolo familiare poiché il G. nel 1762 ne sposò la figlia diciannovenne, Lucia, donna di spiccate qualità e di grande cultura.
Intanto il 13 maggio 1761 il G. ricevette la nomina ad alunno dell'Accademia delle scienze di Bologna: grazie all'appoggio del suocero in pochi anni riuscì a scalare una serie di posizioni all'interno delle istituzioni culturali cittadine - l'Istituto-Accademia e l'Università in particolare - che gli avrebbero assicurato prestigio e considerazione negli ambienti scientifici bolognesi, anche se per raggiungere la fama e la celebrità nazionale e internazionale avrebbe dovuto attendere il 1791 quando rese pubblici i risultati dei suoi studi sull'elettricità animale. Priva di rilevanti accadimenti esteriori, l'esistenza del G. sarebbe stata scandita quasi esclusivamente dal conseguimento di incarichi accademici e professionali: oltre alla dedizione con la quale operò a favore dell'affermazione del nipote Giovanni Aldini, di cui solennizzò la laurea recitando il 25 nov. 1782 una Oratio, l'unica eccezione di rilievo fu rappresentata nel 1790 dalla morte della moglie, evento che lo provò profondamente.
Nel gennaio 1765 divenne membro aggregato dell'Accademia e ascritto alla classe onoraria degli accademici "benedettini". Il 15 marzo dell'anno successivo ricevette la nomina a professore di anatomia dell'Istituto e insieme ottenne il passaggio tra gli accademici pensionati, cioè gratificati di una pensione. Oltre alla cattedra inglobò anche l'ufficio di custode e ostensore delle camere anatomiche con l'obbligo delle lezioni dimostrative a chirurghi, pittori e scultori. A coronamento delle posizioni raggiunte in Istituto, il 13 maggio 1772 fu designato a ricoprire la carica annuale di presidente dell'Accademia. Tenne la cattedra di anatomia sino al 26 febbr. 1782 quando l'abbandonò per succedere al Galli come professore di ostetricia dell'Istituto e custode della relativa camera, funzione che svolse sino agli ultimi mesi di vita.
Nella sua veste di professore e soprattutto di custode delle camere anatomiche, il G. prese in carico e sistemò la splendida raccolta di cere anatomiche e di pregevoli strumenti, ben cinque armadi di materiale, acquistati dall'Istituto nel 1776 dopo la morte dell'autrice, la scienziata-artista Anna Morandi Manzolini; nel giugno dell'anno seguente in una riunione dell'Accademia diede conto di questa collezione nella memoria De Manzoliniana supellectili oratio (Bononiae 1777).
Parallelamente agli incarichi ottenuti in Istituto-Accademia, il G. provvide a costruirsi una salda carriera all'interno dello Studio bolognese. Il 21 giugno 1762 in Archiginnasio si cimentò in una lezione o disputa pubblica, prova necessaria e indispensabile per poter iniziare la carriera universitaria secondo quanto prescrivevano gli statuti, discutendo davanti a una apposita commissione di medici venti tesi sulla natura chimico-fisica, la fisiologia e la patologia del sistema osseo che confluirono nell'opuscolo De ossibus. Theses physico-medico-chirurgicae (Bononiae 1762). Il 28 apr. 1763 gli fu concessa la lettura onoraria, cioè gratuita, di medicina cui seguirono quelle di operazioni chirurgiche, chirurgia generale e teoria anatomica. Dopo aver sostenuto per la prima volta nel carnevale 1768 l'importante cimento della lezione pubblica disputata in contraddittorio nel teatro anatomico dell'Archiginnasio, il 22 giugno 1768 il Senato gli concesse di passare alla lettura stipendiaria di medicina; quindi fu nominato aggiunto del Galeazzi, ottenendo di sostituirlo nella cattedra di anatomia pratica dopo la morte di questo (30 luglio 1775). Al contrario dell'analogo incarico sostenuto presso l'Istituto delle scienze, nel marzo 1790 il G. chiese e ottenne di non intervenire più alle "pubbliche scuole" e di passare tra i professori emeriti a causa delle "soverchie occupazioni e [del]la non ben ferma sua salute" (Lettere inedite di uomini illustri bolognesi, p. 439).
Oltre a questi incarichi il G. ricoprì in più momenti uffici connessi con la professione medica: aggregato in qualità di soprannumerario del Collegio dei medici nel 1771, quattro anni dopo passò tra i numerari e svolse ciclicamente le funzioni di protomedico nonché quelle di consigliere di priorato e priore sia del Collegio medico sia di quello di filosofia, in cui fu accolto tra i soprannumerari nel 1772 e tra i numerari nel 1780. Nel 1775 venne incaricato dalla magistratura sanitaria del Senato bolognese, l'assunteria di Sanità, di esprimere il suo parere sulla natura dell'epidemia che aveva colpito le mandrie bovine di taluni paesi del Bolognese e sui modi di circoscrivere il contagio epidemico.
La produzione scientifica pubblicata in vita dal G. consta di un numero assai ristretto di opere (molte sue ricerche vennero stampate postume) in buona parte legate all'Accademia delle scienze di Bologna e ai suoi atti, i Commentarii. All'inizio del 1762 (il 14 e il 28 gennaio) lesse le sue prime dissertazioni, una di carattere osteologico Sopra la formazione del callo nelle ossa fratte, l'altra Sopra gli effetti della rubia inghiottita dai polli. Prendeva avvio così un'intensa e regolare attività accademica con l'illustrazione di decine di memorie che vertevano sui temi principali delle sue indagini: l'osteologia e la formazione delle ossa, l'anatomia comparata, il moto e la contrazione muscolare, l'esame della membrana della ghiandola pituitaria (l'ipofisi), la composizione delle acque termali di Porretta (1789), la natura chimica dei gas organici e inorganici e la presenza di sostanze aeriformi negli organismi animali (ad esempio il 2 maggio e il 27 nov. 1783 presentò due memorie che vertevano Su de' principi volatili cavati insieme coll'aria fissa da varie parti solide e fluide di varii animali e Sopra l'aria infiammabile delle parti animali; ancora il 27 apr. 1797 tornava nuovamente sull'argomento con la comunicazione Sopra l'azione delle mefiti nel corpo animale): tali studi chimici dimostravano sia l'accurato aggiornamento dottrinale del G., che citava le teorie di scienziati come A.-Fr. de Fourcroy e J. Priestley, sia la capacità di servirsi dell'opera di abili artefici e meccanici, quali F. Viero e A. Farioli, per "cavare" le "arie fisse". Questi attenti e scrupolosi lavori non sono meno importanti dei ben più famosi studi sull'elettricità né marginali rispetto a questi ultimi; dimostrano anzi come il G. si muovesse su ipotesi di ricerca avanzate che toccavano la chimica e la fisica del vivente e si situavano all'incrocio di diversi campi e domini del sapere. Andando oltre la mera descrittività elencatoria di casi propria di gran parte della medicina contemporanea, le indagini del G. si ponevano a un livello diverso e miravano al perseguimento di precisi intenti dimostrativi ricorrendo con elevata consapevolezza a un apparato sperimentale attento a quanto di più innovativo si muoveva nel campo della fisiologia e della fisica del tempo suo (Pancaldi, p. 289). Così fin dal suo primo scritto apparso sui Commentarii felsinei del 1767, De renibus, atque ureteribus volatilium, egli non si limitava a una pur raffinata descrizione anatomica delle parti dei volatili sottoposte a indagine (facendo chiarezza tra le diverse teorie mediche sulla natura del rene, le sue indagini gli permisero di ritenerlo un conglomerato di ghiandole), ma tentava di stabilire più profonde comparazioni di struttura e di funzionamento con gli apparati similari dei quadrupedi. Non accontentandosi della sola osservazione "passiva" a occhio nudo con la colorazione artificiale dei reperti animali o al microscopio, egli interveniva attivamente nel manipolare e modificare per via sperimentale le condizioni fisiologiche date per far risaltare particolari e funzioni che in precedenza sfuggivano all'esame, legando ad esempio gli ureteri dei volatili perché la ritenzione di urina così prodotta evidenziasse la struttura renale.
Linee di ricerca non dissimili si individuano pure nella seconda memoria apparsa nei Commentarii (1783, tomo VI), De volatilium aure, che raccoglieva i risultati di almeno quattro diverse comunicazioni lette tra il maggio 1768 e il febbraio 1777 nelle sedute dell'Accademia. Essa diede luogo a una subito sopita polemica con l'anatomista Antonio Scarpa in relazione alla priorità di talune scoperte anatomiche sull'apparato uditivo degli uccelli che il G. aveva illustrato per primo nelle sue relazioni accademiche ma che lo Scarpa aveva pubblicato anticipatamente in una sua opera anatomica sull'orecchio, per cui al G. non restò che limitarsi a dare alle stampe solo le parti non ancora toccate da alcuno. Inserendosi nella scia delle importanti ricerche condotte a Bologna da G.G. Uttini e G.G. Ballanti, impegnati anch'essi a confrontare esseri complessi e strutture più elementari e a indagare analogie e somiglianze tra entità di diversa natura - ad esempio tra aspetti dell'anatomia animale e talune strutture delle piante - la memoria descriveva il timpano e il meato uditivo, il canale scoperto dal G., e il labirinto dell'orecchio degli uccelli e sottolineava le tante somiglianze e corrispondenze mai sospettate in precedenza tra gli organi uditivi degli uccelli e dei quadrupedi.
L'opera che impose il nome del G. nella comunità scientifica fu senza dubbio De viribus electricitatis in motu musculari. Commentarius, presentato in Accademia il 6 nov. 1789 e pubblicato nel 1791 nel VII tomo dei Commentarii dell'Istituto delle scienze.
Diviso in quattro parti, il Commentarius si apriva con la spiegazione della celebre esperienza delle contrazioni delle zampe di rana ottenute con il tocco di una lama nel momento in cui da una macchina elettrostatica scoccava una scintilla elettrica, seguita dall'illustrazione dei risultati conseguiti modificando le condizioni dell'esperimento. La seconda parte esponeva gli effetti ottenuti sostituendo alla scintilla elettrica artificiale l'elettricità atmosferica prodotta dai temporali, i quali inducevano a concludere che l'utilizzo dei differenti tipi di elettricità non comportava diversità di risultati. Nella parte successiva il G. esaminava i risultati sperimentali osservati utilizzando l'elettricità interna agli organismi, senza cioè l'intervento di macchine elettriche e dei fenomeni meteorici, attraverso un arco di metallo che congiungeva il midollo spinale delle rane ai muscoli della zampa. Nell'ultima parte egli sintetizzava le caratteristiche fondamentali delle sue ipotesi sull'elettricità animale: gli animali possedevano una elettricità loro peculiare e intrinseca; essa era secreta essenzialmente dal cervello e distribuita attraverso i nervi, particolarmente adatti a fungere da conduttori; negativi all'esterno e positivi all'interno, come una bottiglia di Leida, i muscoli funzionavano da recettori dell'elettricità animale; movimenti e contrazioni muscolari erano causati dal rapidissimo scorrimento dell'elettricità, o fluido neuro-elettrico, dal muscolo al nervo crurale. Tale impostazione fisica delle argomentazioni galvaniane e il paragone tra gli organismi viventi e il funzionamento delle macchine elettriche non contrastava con la fede religiosa del G. e con la sua idea di un'anima localizzata nel cervello che regolava sapientemente i fluidi animali.
È ormai assodato, almeno tra gli studiosi, che la scoperta dell'elettricità animale e della sua azione nel determinare i moti muscolari non fu dovuta a un incidente casuale e fortuito ma costituì il risultato di lunghe indagini alle quali il G. aveva già dedicato non pochi anni di studi. Sin dal 1773 si era andato occupando delle contrazioni muscolari osservate nelle rane e degli effetti prodotti dagli oppiacei sui nervi e comunque già il 2 marzo 1780 aveva illustrato in Accademia una memoria Sopra l'influsso dell'elettricità nel moto muscolare; cinque anni più tardi il nipote G. Aldini, in evidente contatto con le ricerche sui fenomeni elettrici portate avanti dallo zio, intervenne nella stessa sede con una memoria Sopra l'elettricità, portando molti esperimenti nuovi, nuove osservazioni, e accennando varie nuove congetture. Peraltro quei temi erano da tempo al centro delle riflessioni di diversi accademici bolognesi come L.M. Caldani o G. Veratti, il quale aveva a lungo studiato i fenomeni dell'elettricismo e dell'elettricità medica esponendo tra l'aprile 1769 e il maggio 1770 in Accademia i suoi esperimenti Sopra l'elettricità riguardo agli animali. Infine, l'insistita indagine condotta a Bologna sul moto muscolare animale si connetteva all'esistenza in una parte del corpo medico di una forte resistenza alle teorie halleriane sulla "irritabilità": tra essi si situava anche il G. che cercava di individuare spiegazioni della ragione della contrattilità muscolare differenti da quelle indicate da Albrecht von Haller e dai suoi sostenitori.
Del Commentarius nello stesso 1791 vide la luce una ristampa; l'anno dopo per cura del nipote, che divenne il maggior sostenitore e divulgatore in Italia del "galvanismo" e dell'ipotesi dell'elettricità animale, fu la volta di un'edizione modenese aumentata e arricchita di note e ulteriori considerazioni.
Questi scritti diedero una fama straordinaria al G., che fino ad allora aveva operato tenendosi quasi volutamente ai margini della comunità scientifica internazionale e poco si era curato di stringere rapporti umani ed epistolari con colleghi e altri scienziati.
Inizialmente le ipotesi del G. - a causa della loro impostazione fondata su continue e volute analogie con i fenomeni fisici e meccanici - incontrarono l'approvazione di molti fisici e lo stesso Alessandro Volta ammise l'esistenza di una specifica elettricità animale, per poi modificare opinione e convincersi dell'elettricità di contatto e dell'azione dei metalli nella contrazione muscolare che lo avrebbe portato nel 1800 all'invenzione della pila. La polemica con il Volta, peraltro mai scaduta a spiacevole diatriba personale, portò il G. a successivi chiarimenti e approfondimenti, dimostratisi utili allo stesso Volta messo in crisi in qualche occasione dall'abilità sperimentale dell'avversario. Essi portarono alla pubblicazione nel 1794 del trattatello Dell'uso e dell'attività dell'arco costruttore nella contrazione dei muscoli, in cui il G. sperimentava il verificarsi di contrazioni muscolari anche senza l'intervento di archi di metallo, la cui azione era già stata da lui stesso osservata; infine nel 1797 apparvero le Memorie sulla elettricità animale, dedicate a L. Spallanzani che le ritenne "un capo d'opera" (Carteggi, V, p. 54). Per approfondire il senso delle sue teorie, trovare nuovi sostegni e verificarli sull'unico animale "elettrico" esistente, le torpedini marine, nel 1795 il G. giunse a mettere da parte le sue abitudini sedentarie e a intraprendere l'unico vero viaggio della vita recandosi sino a Rimini e a Senigallia.
La contrapposizione Galvani - Volta era comunque irrisolvibile in quanto i due scienziati partivano da diverse concezioni epistemologiche, da due modi differenti di guardare gli stessi fenomeni. Al rigido fisicalismo del Volta, il G. contrapponeva la specificità biologica della sua scoperta e ribadiva il principio che esistevano differenze reali nella natura dell'elettricità animale e artificiale a causa delle mutazioni che l'elettricità "comune" riceveva dalla "macchina animale". Sconfitto dall'invenzione della pila voltiana, soltanto dal 1848 in poi il G. e la sua opera richiamarono nuovamente l'attenzione e, grazie agli studi del fisico Émil Du Bois-Reymond, ottennero una positiva rivalutazione.
I radicali cambiamenti politici che investirono l'Italia dal 1796 furono vissuti con qualche fastidio dal Galvani. Come numerosi suoi colleghi rifiutò di prestare il richiesto giuramento "civico" a favore della costituzione della Repubblica Cisalpina ritenendo in coscienza di non potere dichiararsi fedele a un governo sostenuto da un regime "irreligioso" come quello francese. Nell'aprile del 1798, allontanato dall'insegnamento e privato di ogni emolumento e delle pensioni di cui godeva, si ritirò presso un fratello.
Prima che potesse ritornarne in possesso, com'era riuscito a ottenere il nipote Aldini muovendo le sue numerose entrature tra i nuovi governanti, il G. morì a Bologna il 4 dic. 1798.
Ebbe funerali dimessi e, come aveva chiesto nel testamento, fu inumato nel monastero del Corpus Domini dov'era stata sepolta la moglie. Il 24 maggio 1802 l'Accademia delle scienze dell'Istituto gli tributò una solenne commemorazione pubblica in cui fu letto un elogio di Giuseppe Venturoli.
Fonti e Bibl.: I manoscritti galvaniani (concentrati essenzialmente a Bologna, nell'Archivio di Stato, nell'Archivio e nella Biblioteca dell'Accademia delle scienze, nella Biblioteca dell'Archiginnasio, nella Biblioteca universitaria) sono stati descritti in vari studi elencati di seguito, per cui si evita in questa sede di segnalarli ulteriormente. Lettere inedite di uomini illustri bolognesi, a cura di C. Malagola, Bologna 1875 (rist. anast. Bologna 1968), pp. 429-440; A. Volta, Opere. Ed. naz., I-II, IV, VII, Milano 1918-29, ad indices; Id., Epistolario. Ed. naz., Bologna 1952-55, III-V, ad indices; L. Spallanzani, Ed. naz. delle opere, pt. I: Carteggi, a cura di P. Di Pietro, V, Modena 1985, pp. 39-59; J.-L. Alibert, Elogio storico di L. G., Bologna 1802; C.H. Wilkinson, Elements of Galvanism, in theory and practise, with a comprehensive view of its history, from the first experiments of G. to the present time…, London 1804; A. Lombardi, Storia della letteratura ital. nel sec. XVIII, Modena 1828, II, pp. 65-72; Opere edite ed inedite del prof. L. G.…, Bologna 1841 (contiene: S. Gherardi, Rapporto sui manoscritti del celebre prof. L. G. legati all'Acc. delle scienze, pp. 3-106; G. Venturoli, Elogio del celebre prof. L. G. [1802], pp. 109-119); S. Mazzetti, Repertorio di tutti i prof. antichi, e moderni della famosa Univ., e del celebre Inst. delle scienze di Bologna, Bologna 1847, pp. 137 s.; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, Napoli 1848 (rist. anast. Bologna 1966), V, 1, pp. 36 s., 65-71, 168-170, 267, 401-407, 469; É. Du Bois-Reymond, Untersuchungen über thierische Elektricität, Berlin 1848, I, ad ind.; S. Gherardi, Illustrazione su tre distinti mss. del G. sulla torpedine, Bologna 1868; Id., Di due preziosi mss. del G. sulla torpedine, Bologna 1869; C. Malagola, L. G. nell'Università, nell'Istituto e Accademia delle scienze di Bologna, Bologna 1879; V. Mignani, Monografia di L. G., Bologna 1879; P. Albertoni, G. e le sue opere. In occasione del I centenario della scoperta dell'elettricità animale, Bologna 1888; A. Manaresi, L. G., Bologna 1899; A. Sorbelli, Un prezioso autografo di L. G. acquistato per la Biblioteca, in Boll. della Bibl. comunale di Bologna, VII (1912), pp. 70-74; G. Bilancioni, G. come studioso dell'anatomia del naso e dell'orecchio, in Storia della scienza, IV (1923), pp. 331 ss.; R. Nasini, L. G. idrologo. Suoi studi sui principî aeriformi delle Terme Porrettane, in Atti dell'Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, s. 9, XIV (1929-30), pt. 2, pp. 781-789; P. Capparoni, Profili bio-bibliogr. di medici e naturalisti celebri ital. dal sec. XV al sec. XVIII, I, Roma 1932, pp. 103-105; J.F. Fulton - H. Cushing, A bibliographical study of the G. and Aldini writings on animal electricity, in Annals of science, I (1936), 3, pp. 239-264; L. Galvani, Memorie ed esperimenti inediti… con la iconografia di lui e un saggio di bibliogr. degli scritti, Bologna 1937 (contiene L. Barbieri, Contributo alla bibliogr. degli scritti a stampa di L. G., pp. 461-480); L. Barbieri, Descrizione dei manoscritti galvaniani dell'Acc. delle scienze dell'Ist. di Bologna e contributo alla bibliogr. degli scritti a stampa di L. G., Bologna 1937; Id., La scoperta dell'elettricità animale nella corrispondenza inedita fra L. G. e Lazzaro Spallanzani, con due lettere di Mariano Fontana e Bartolomeo Ferrari, in Atti e mem. della Deput. di storia patria per l'Emilia e la Romagna, III (1937-38), pp. 69-97; M. Sirol, G. et le galvanisme. L'électricité animale, Paris 1939; G. Polvani, Alessandro Volta, Pisa 1942, passim; L. Simeoni, Storia della Univ. di Bologna, II, L'età moderna (1500-1888), Bologna 1947, ad ind.; A. Gallassi - B. Giardini, L'opera medica di L. G., in Studi e mem. per la storia dell'Univ. di Bologna, n.s., I (1950), pp. 470 ss.; I.B. Cohen, Introduction, in L. Galvani, Commentary on the effects of electricity on muscular motion, a cura di I.B. 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