Luigi Galvani
Luigi Galvani fu uno dei massimi esponenti della filosofia sperimentale del Settecento, autore di ricerche fondamentali nel campo delle scienze della vita e in particolare dei rapporti tra elettricità e moto muscolare. I suoi studi sull’elettricità animale inaugurarono un nuovo ambito di indagine, denominato galvanismo, che contribuì all’invenzione di apparecchi rivoluzionari come la pila di Alessandro Volta, allo sviluppo di teorie filosofiche come la Naturphilosophie e alla nascita di nuove discipline scientifiche come l’elettrofisiologia. Per questi motivi l’impatto delle sue ricerche fu paragonato ai mutamenti prodotti dalla Rivoluzione francese in campo politico, e la sua opera è tuttora considerata una tappa rilevante nel processo che ha portato all’emergere delle moderne neuroscienze.
Luigi Galvani nacque il 9 settembre 1737 a Bologna. Il padre Domenico, orefice, lo indirizzò agli studi universitari. Laureatosi in filosofia e in medicina all’Università di Bologna nel 1759, Galvani intraprese la professione medica e la carriera accademica, entrando nei ruoli della docenza universitaria e diventando membro dell’Istituto e dell’Accademia delle scienze di Bologna. Nel 1766 fu nominato lettore di anatomia nello Studio bolognese e professore della stessa disciplina nell’Istituto delle scienze, incarico che gli permise di entrare a far parte della più importante istituzione culturale cittadina con il titolo di accademico ‘benedettino’. Sposò Lucia Galeazzi (1743-1790), figlia del suo maestro Domenico Maria Gusmano Galeazzi (1686-1775), con la quale visse per venticinque anni e che divenne per lui anche un’importante collaboratrice scientifica.
Negli anni successivi Galvani consolidò la sua posizione accademica e professionale, entrando a far parte del Collegio di medicina di Bologna, il massimo organo direttivo della sanità bolognese, e ricoprendo incarichi di prestigio quali la presidenza dell’Accademia delle scienze e il ruolo di protomedico e priore del Collegio. Nel 1782 passò a insegnare ostetricia nell’Istituto delle scienze, mantenendo l’incarico di anatomico all’Università.
Nel 1791 pubblicò la sua opera più importante, intitolata De viribus electricitatis in motu musculari commentarius e apparsa nei Commentarii dell’Istituto delle scienze. Il De viribus era il frutto di più di dieci anni di ricerche sperimentali condotte in un laboratorio domestico e riguardanti il meccanismo del moto muscolare negli animali. Dalle sue ricerche Galvani concluse che la contrazione dei muscoli era dovuta all’esistenza di un’elettricità intrinseca all’organismo, esistente in condizione di sbilancio nelle fibre muscolari e circolante nelle fibre nervose. La scoperta dell’elettricità animale suscitò un immediato interesse nella comunità scientifica di fine Settecento, e un gran numero di studiosi ripeté gli esperimenti di Galvani e ne discusse le teorie.
Nell’ultimo decennio del secolo le ricerche galvaniane diventarono uno degli argomenti scientifici più dibattuti, insieme alla nuova chimica lavoiseriana, e il nome di Galvani tra i più citati nella letteratura scientifica europea. Lo studioso partecipò a questi dibattiti sia intervenendo con la pubblicazione di alcune opere, sia coinvolgendo vari collaboratori, tra i quali il nipote Giovanni Aldini (1762-1834), che lo affiancarono soprattutto nella controversia con Volta.
Nel 1798 Galvani fu privato delle cariche pubbliche che ricopriva, e dei relativi emolumenti, a causa del suo rifiuto di prestare giuramento alla Repubblica Cisalpina, instaurata dai francesi nell’Italia settentrionale. Minato nella sua identità pubblica e prostrato da cattive condizioni di salute, morì a Bologna il 4 dicembre 1798.
I personaggi più importanti nella formazione medica e scientifica di Galvani appartenevano alla tradizione malpighiana e condividevano un approccio ‘razionale’ alla medicina, in base al quale la conoscenza e la cura delle malattie dovevano basarsi sull’indagine anatomica e fisiologica, condotta sia direttamente sul corpo umano, sia in maniera comparata sugli animali. Jacopo Bartolomeo Beccari (1682-1766), professore di medicina e chimica all’Università e all’Istituto delle scienze di Bologna, Galeazzi, professore di anatomia all’Università e di fisica all’Istituto, e Giovanni Antonio Galli (1708-1782), professore di chirurgia all’Università e di ostetricia all’Istituto, erano tutti allievi indiretti di Marcello Malpighi, dal quale avevano tratto l’orientamento sperimentale nella ricerca scientifica, la necessità di fondare la medicina sulle conoscenze acquisite in campi come la fisica, la chimica e la storia naturale, e un atteggiamento di neutralità metafisica nei confronti di questioni come i rapporti tra corpo e anima e la natura delle cause ultime.
Questi insegnamenti furono fatti propri da Galvani fin dalle sue prime ricerche di argomento anatomico, nelle quali le ossa e altre parti organiche come reni, naso e orecchie venivano indagate non solo nella loro struttura, ma anche a livello di composizione chimica, di funzione fisiologica e delle relazioni con la patologia e la terapeutica. Alcune di queste ricerche, svolte in un’ottica sperimentale e in modo comparato sugli animali e sull’uomo, apparvero nei volumi dei citati Commentarii, la pubblicazione periodica che ospitava le ricerche degli accademici bolognesi.
Dagli anni Settanta l’interesse di Galvani si diresse verso lo studio del moto muscolare e delle relazioni tra elettricità e funzioni organiche. Anche in questo caso fu determinante l’influenza dell’ambiente scientifico bolognese, e, nello specifico, di alcuni filoni di ricerca sviluppati da membri dell’Istituto e dell’Accademia delle scienze. In particolare, studiosi bolognesi come Laura Bassi e il marito Giuseppe Veratti (o Verati, 1707- 1793) si erano occupati di fenomeni elettrici, contribuendo in modo determinante alla diffusione delle ricerche di Benjamin Franklin e delle teorie del fisico piemontese Giambattista Beccaria. A Bologna furono ripetuti gli esperimenti frankliniani sull’elettricità ‘atmosferica’ prodotta dallo scoccare dei fulmini, e furono condotti tentativi di applicazione dell’elettricità nella cura di alcune malattie, un campo destinato a grande fortuna nella seconda metà del Settecento come ‘medicina elettrica’.
La comunità scientifica bolognese prese inoltre parte all’acceso dibattito innescato dalle ricerche di Albrecht von Haller sull’irritabilità e sensibilità degli animali. Contrariamente a quanto sostenuto dalla teoria medica tradizionale, ma anche dalla visione meccanicistica dei fenomeni vitali, secondo cui il movimento e la sensazione erano funzioni dipendenti dall’azione di ‘spiriti’ o fluidi presenti nei nervi, Haller sostenne che si trattava di proprietà indipendenti e facenti capo a tessuti diversi. In particolare, il movimento dipendeva da una proprietà intrinseca ai muscoli e denominata irritabilità, mentre la sensazione dipendeva da una proprietà intrinseca ai nervi e denominata sensibilità. Se da un lato questa teoria minava la visione unitaria dell’organismo, propria anche della tradizione malpighiana, dall’altro apriva la strada alla possibilità di indagare le funzioni vitali in modo localizzato e utilizzando metodologie sperimentali.
Lo studio dei fenomeni elettrici, le prospettive aperte dall’applicazione terapeutica dell’elettricità e le questioni emerse nel dibattito sull’irritabilità halleriana fornirono a Galvani il quadro di riferimento per la sua indagine sul moto muscolare e per i suoi esperimenti elettrofisiologici. Dopo aver comunicato all’Accademia delle scienze una dissertazione sull’irritabilità halleriana (ora perduta) e aver condotto ricerche sul moto del cuore e i nervi, intorno al 1780 Galvani intraprese una serie di esperimenti elettrici sulle rane, avviando un percorso investigativo che lo portò alla scoperta dell’elettricità animale.
Galvani condusse i suoi esperimenti elettrofisiologici in un laboratorio allestito nella propria casa, dove aveva a disposizione tutti gli strumenti della ricerca elettrologica del tempo, compresi macchine elettrostatiche, condensatori quali la ‘bottiglia di Leida’ e il ‘quadrato di Franklin’, elettrometri e scaricatori, e si giovava dell’aiuto di assistenti provenienti soprattutto dalla cerchia familiare, quali la moglie Lucia e i nipoti Camillo Galvani (1753-1828) e Aldini.
Inizialmente questi esperimenti, consistenti nella stimolazione elettrica di varie parti della rana al fine di individuare in quali condizioni si ottenevano (o non si ottenevano) le contrazioni muscolari, riprendevano e sviluppavano vari elementi delle ricerche sull’irritabilità svoltesi a Bologna negli anni precedenti. La preparazione dell’animale messa a punto da Galvani e la tecnica dello stimolo-risposta, per es., erano molto simili a quelle adottate da Leopoldo Marc’Antonio Caldani (1725-1813) e da Felice Fontana durante la ripetizione degli esperimenti halleriani, o da Veratti nelle sue ricerche sugli effetti del fulmine negli organismi viventi.
Tuttavia Galvani andò oltre le ricerche di questi studiosi, sviluppando una pratica molto più sistematica e raffinata, che nel giro di alcuni anni lo portò a scoprire nuovi fenomeni e a ottenere risultati mai raggiunti prima. In particolare, egli riuscì a produrre le contrazioni dei muscoli della rana in assenza di fonti esterne di elettricità, quali la macchina elettrica o il condensatore, mettendo direttamente a contatto il tessuto muscolare e quello nervoso attraverso conduttori metallici.
Inoltre riuscì a stabilire un’analogia tra il meccanismo della contrazione muscolare e il funzionamento della bottiglia di Leida, uno dei principali strumenti della ricerca elettrologica del tempo: come nella bottiglia l’elettricità si trovava in condizioni di sbilancio sulle superfici opposte del vetro (positiva da un lato, negativa dall’altro) e i suoi effetti (la scintilla, la scarica e la scossa) erano prodotti dal flusso di elettricità da una superficie all’altra attraverso corpi conduttori, così per Galvani nella fibra muscolare esisteva un’elettricità in condizioni di squilibrio che, passando da una superficie all’altra della fibra attraverso i filamenti nervosi che vi penetravano all’interno, innescava la contrazione del muscolo.
In questo modo Galvani costruì una sintesi originale tra la teoria halleriana dell’irritabilità, secondo cui il moto animale era l’espressione di un meccanismo specifico posto a livello del tessuto muscolare, e la concezione neuro-elettrica del moto muscolare ipotizzata nei decenni precedenti da vari autori, tra cui Beccaria, per i quali la funzione motoria dipendeva dalla circolazione di un fluido di natura elettrica all’interno dei nervi. Inoltre, attribuendo all’elettricità un ruolo fondamentale nella fisiologia animale, Galvani si collegò alle ricerche precedenti sulla natura elettrica della scossa prodotta da pesci come la torpedine, ampliandone la portata. La scoperta dell’elettricità animale poteva così apparire come un contributo sulla strada dell’indagine delle forze agenti in natura e dell’elaborazione di una visione unitaria dei fenomeni naturali, intrapresa nel solco della scienza newtoniana. È a questo ruolo della sua ricerca che Galvani alluse scegliendo come titolo della sua opera De viribus electricitatis in motu musculari.
Il De viribus apparve nel settimo volume dei Commentarii, datato 1791 ma uscito effettivamente nei primi giorni del 1792 (Bernardi 1992, p. 59). In apertura della memoria, Galvani precisò chiaramente l’obiettivo dell’opera:
È mio desiderio trarre vantaggio dalle scoperte alle quali sono pervenuto, con fatiche non lievi e dopo molti esperimenti, nello studio dei nervi e dei muscoli, al fine che non solo siano possibilmente messe in luce le loro nascoste proprietà, ma si possa anche con maggiore sicurezza curarne le malattie (Memorie ed esperimenti inediti […], a cura di G. Zucchini, L. Barbieri, 1937, p. 85).
Questa frase condensava l’approccio razionale alla medicina proprio della tradizione malpighiana cui Galvani aveva aderito fin dagli anni della formazione, oltre a mostrare la doppia natura della sua ricerca elettrofisiologica, tesa a individuare il meccanismo biologico del moto muscolare e, allo stesso tempo, a rivelarne l’utilità per la conoscenza delle malattie e la pratica terapeutica.
Ma medici e studiosi dei fenomeni vitali non erano i soli destinatari del De viribus, in quanto Galvani offriva una serie di esperimenti originali di argomento elettrico e, in particolare, un nuovo metodo con cui indagare le cosiddette elettricità deboli, ovvero fenomeni nei quali era particolarmente difficoltoso rivelare la presenza dell’elettricità. Infatti, le contrazioni muscolari della rana preparata potevano essere considerate un segno dell’azione di un’elettricità non rilevabile con gli strumenti di misura disponibili.
Fu proprio questo aspetto del De viribus che colpì Volta, all’epoca professore di fisica nell’Università di Pavia e uno dei maggiori studiosi di elettricità, quando ebbe la possibilità di leggerlo nel marzo 1792. Com’è noto, dopo un’iniziale adesione alle ricerche galvaniane, Volta cambiò opinione sulla teoria dell’elettricità animale, arrivando a sviluppare spiegazioni alternative delle contrazioni ottenute nei muscoli degli animali al contatto con conduttori metallici.
La controversia sull’elettricità animale tra Galvani e Volta è stata ricostruita molte volte da diversi punti di vista. Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni studiosi, non si trattò di una contrapposizione tra visioni inconciliabili dei fenomeni naturali, ma di un acceso dibattito ricco di argomenti originali e novità sperimentali tra due autori che appartenevano alla stessa tradizione scientifica (Piccolino, Bresadola 2003; Bresadola 2008).
Né si può dire, come hanno fatto molti biografi di Galvani, che nel corso della controversia egli mantenne un atteggiamento defilato e volutamente rinunciatario. Dopo il De viribus pubblicò varie altre opere sull’elettricità animale, tra le quali un trattato intitolato Dell’uso e dell’attività dell’arco conduttore nelle contrazioni dei muscoli (1794) e cinque Memorie sulla elettricità animale (1797), lavoro salutato da un importante studioso dell’epoca come «uno de’ più belli e de’ più pregevoli che vanti la fisica nel secolo decimottavo» (L. Spallanzani, Edizione nazionale delle opere, parte prima, Carteggi, a cura di P. Di Pietro, 5° vol., 1985, p. 53) e lettura fondamentale per Volta nella via che lo portò all’invenzione della pila (G. Pancaldi, Volta. Science and culture in the age of Enlightenment, 2003).
Il dibattito tra Galvani e Volta, a cui parteciparono vari altri studiosi fino a configurare veri e propri partiti contrapposti, non fu il solo episodio scientifico determinato dalla pubblicazione delle ricerche galvaniane. L’enorme interesse suscitato dall’elettricità animale nella comunità transnazionale degli studiosi portò alla nascita di un nuovo ambito di ricerca, definito dalle esperienze sul contatto tra conduttori metallici e tessuti biologici e denominato, in onore del suo iniziatore, galvanismo (galvanism in inglese, galvanisme in francese, Galvanismus in tedesco). Grazie all’invenzione della batteria da parte di Volta nel 1800, questo ambito si arricchì di un potente strumento, spesso chiamato pila o apparecchio galvanico, che aprì prospettive inedite nello studio dei rapporti tra fenomeni fisici e organici.
Ancora alla fine degli anni Venti dell’Ottocento, il galvanismo era oggetto di trattazioni specifiche e compariva in manuali di elettricità, chimica e filosofia naturale, mentre il contributo di chi ne aveva dato l’avvio era ormai dimenticato. Fu soprattutto per merito di un altro scienziato italiano, Carlo Matteucci, che verso la metà del 19° sec. il nome di Galvani tornò alla ribalta della scena scientifica e la sua scoperta dell’elettricità animale fu confermata come un pilastro fondamentale della nascente elettrofisiologia.
De renibus, atque ureteribus volatilium, De Bononiensi scientiarum et artium instituto atque academia commentarii, 5° vol., parte seconda, Bononiae 1767, pp. 500-508.
De volatilium aure, De Bononiensi scientiarum et artium instituto atque academia commentarii, 6° vol., Bononiae 1783, pp. 420-24.
De viribus electricitatis in motu musculari commentarius, De Bononiensi scientiarum et artium instituto atque academia commentarii, 7° vol., Bononiae 1791, pp. 363-418.
De viribus electricitatis in motu musculari commentarius cum Joannis Aldini dissertatione et notis […], Mutinae 1792.
Dell’uso e dell’attività dell’arco conduttore nelle contrazioni dei muscoli, insieme con Supplemento al Trattato dell’uso e dell’attività dell’arco conduttore nelle contrazioni de’ muscoli, Bologna 1794.
Memorie sulla elettricità animale […], Bologna 1797, a cura di M. Recenti, Roma 1983.
Opere edite ed inedite […] raccolte e pubblicate per cura dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna, Bologna 1841.
Memorie ed esperimenti inediti […], a cura di G. Zucchini, L. Barbieri, Bologna 1937.
Lezioni inedite di ostetricia, a cura di L. Giardina, Bologna 1965.
De ossibus lectiones quattuor, a cura di M. Pantaleoni, G. Calboli, Bologna 1966.
Opere scelte, a cura di G. Barbensi, Torino 1967.
Un laboratorio sperimentale di ostetricia, a cura di M. Focaccia, Bologna 2009.
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