MAURIZI, Luigi
– Nacque da Venanzio e da Angela De Angelis il 28 ag. 1836 a Bolognola, presso Macerata, città dove compì gli studi elementari e medi. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Camerino, si laureò il 20 giugno 1859.
Trasferitosi a Roma, nel dicembre del 1862 fece ingresso nel tribunale supremo della Rota romana, dove svolse le funzioni di secretus auditorum, e nell’agosto del 1863 conseguì il titolo di avvocato nel foro di Roma per decreto della Rota romana. Nel febbraio 1868, dopo aver superato il concorso svoltosi avanti il Collegio degli avvocati concistoriali, fu chiamato dalla facoltà giuridica romana come titolare della cattedra di diritto commerciale, che era stata creata nello stesso anno.
La prolusione al corso tenuta dal M. il 4 apr. 1868 – poi pubblicata con il titolo Per la inaugurazione della nuova cattedra di diritto commerciale nella romana Università, Roma 1868 – fu incentrata sul ruolo dell’interprete del diritto di fronte al codice commerciale promulgato nel Regno d’Italia nel 1865 e, più segnatamente, sulla necessità di preservare nella scienza giuridica del tempo la consapevolezza della peculiare natura del diritto commerciale, un diritto fondato sulle necessità concrete del mercato e che il codice finiva per ingabbiare nella rigidità della legge. Secondo il M., dunque, la materia oggetto dell’iniziativa legislativa non poteva limitare il giurista alla rigorosa osservanza del dettato normativo, ma doveva indurlo a guardare ai vari cambiamenti economici e sociali sottostanti, suggeriti dalle consuetudini vigenti nelle varie piazze di commercio e portatori di interessi diversi a seconda del territorio in cui si erano formati, interessi che potevano trovare nel codice un indirizzo di principî ma non certamente la compressione della loro stessa natura, della loro stessa esistenza. Questo ragionamento – del tutto indipendente dalle elaborazioni della coeva dottrina tedesca, ove si erano rafforzati e sviluppati gli orientamenti della scuola storica – fu sostenuto attraverso il sintomatico richiamo del pensiero di commercialisti francesi della prima metà dell’Ottocento, tra i quali G. Marré e A. Frémery che, nella loro produzione scientifica, avevano considerato il Code de commerce come un testo normativo integrabile dagli usi affermatisi nella prassi.
Sulla natura dei fatti come fonte di diritto vigente e finanche come strumento per interpretare la ratio delle disposizioni contenute nella nuova iniziativa legislativa, il M. tornò nel suo breve commento ai titoli I e VI del libro II del codice di commercio del 1865, pubblicato nel Dizionario di legislazione e di giurisprudenza (Torino 1869) col titolo Delle navi e del noleggio (pp. 78 s.).
Il M., infatti, risolve i problemi aperti dalla mancata definizione normativa della nozione di nave e del concetto di noleggio con il solo ricorso alla pratica degli affari commerciali: una prassi che si era consolidata negli anni e che, proprio al fine di tutelare le esigenze dei mercanti, aveva indotto la scienza giuridica d’Oltralpe, anche sulla base di una rielaborazione delle fonti di diritto romano classico, a intendere i due termini nel modo più estensivo possibile. Una posizione questa che sarà successivamente condivisa dai grandi commentatori del codice di commercio del 1882, come E. Vidari, C. Vivante e A. Rocco.
Dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia, il M. con decreto del r. luogotenente del 31 dic. 1870, ricevette anche l’incarico dell’insegnamento di procedura civile e ordinamento giudiziario, incarico fino ad allora tenuto da G. Saredo e che conservò fino al 1881. Con r.d. del 27 ag. 1872 fu poi confermato nella cattedra romana di diritto commerciale.
Sul finire del 1873 il M., su incarico di P.S. Mancini, allora preside della facoltà giuridica romana, esaminò il progetto elaborato dalla commissione di riforma del codice di commercio per quanto concerneva la disciplina delle società e delle associazioni commerciali e formulò alcune significative osservazioni. Nella seduta del consiglio di facoltà del 17 maggio 1874, infatti, a fronte della tipizzazione legislativa dei modelli societari voluta dalla commissione di riforma, propose «di concedere alla volontà delle parti la libera facoltà di consentire ad una mistione di elementi e patti riferibili alle varie specie di società» e di orientare i contenuti della disciplina normativa in questione a soli «precetti o divieti d’ordine pubblico o d’interesse dei terzi, lasciando in tutto il resto pienissima libertà di contrattazione» (De Rigo, pp. 63 s.). Tali considerazioni furono arricchite dal M. nel saggio Rivista del progetto del futuro codice di commercio (Imola 1874), in cui ribadì l’esigenza di un codice di commercio più conforme alle aspettative del ceto dei mercanti e, dunque, di un tessuto normativo che accogliesse e tutelasse le vicende contrattuali «attraverso cui veniva naturale pensare che si concretizzassero gli affari commerciali» (p. 17) e, tra questi, gli interessi societari: il legislatore non poteva costringere il diritto societario alla tassativa enucleazione di modelli fortemente tipizzati.
In un lavoro successivo dal titolo Il commercio in che cosa consista e se possa estendersi a cose immobili (Torino 1877), il M., sollecitato dalle osservazioni espresse nella relazione al progetto di codice di commercio presentata al Senato il 18 giugno 1877 da Mancini e concernenti la delicata questione della enumerazione degli atti di commercio – questione a lungo dibattuta nell’assemblea –, sostenne sulla base di alcuni passi del Tractatus de mercatura di B. Stracca (1553) e del Tractatus de commerciis di S. Scaccia (1618), che il solo fine di lucro valeva a rivelare la natura commerciale di una determinata operazione economica, a prescindere dal suo oggetto.
Questa impostazione metodologica del M., basata non solo sul pensiero giuridico francese ma anche su fonti di diritto romano rielaborate dalla dottrina di Età moderna, traspare inoltre dai suoi studi di diritto cambiario, condensati nel saggio Della novazione nel diritto cambiario (in Arch. giuridico, 1879, vol. 22, pp. 79-102).
A seguito dell’entrata in vigore del codice di commercio del 1882, il M. pubblicò il testo delle sue lezioni di diritto commerciale dal titolo Diritto commerciale, appunti delle lezioni…, a cura di G. Murri, Roma 1883.
Dopo un’analisi storica della nozione di commercio il M., sulla base del confronto tra la legislazione passata e quella vigente, approfondì la tematica dell’enumerazione degli atti di commercio. A suo parere, il legislatore del 1882 aveva risposto con maggiore aderenza ai fattori della codificazione commerciale in quanto mostrava una più spiccata consapevolezza del rapporto intercorrente tra il diritto commerciale e le concrete esigenze del mondo dei traffici. Infatti, se con l’art. 2 del codice del 1865 il legislatore, catalogando tassativamente gli atti di commercio, aveva fatto pensare a un sistema chiuso, con il diverso tenore dell’art. 3 del nuovo codice di commercio, aveva voluto indicare all’interprete solo alcune fonti di obbligazioni commerciali: dalla trama estesa e complicata degli affari che l’attività umana andava intessendo senza tregua, il legislatore ne aveva staccato alcuni che avevano particolare importanza economica, per sottoporli alle leggi commerciali.
Nello stesso 1883 il M. divenne rettore dell’Università di Roma, incarico che mantenne fino al 1885, quando venne chiamato a far parte del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione.
Nel marzo 1890, ammalatosi, sospese l’attività didattica. Il M. morì a Roma l’11 dic. 1897.
Testimonianza dell’attività del M. relativa alle riforme del codice di commercio sono: Processi verbali delle tornate della commissione speciale nominata con r. decreto del 2 apr. 1865 al fine di proporre le modificazioni di coordinamento delle disposizioni del codice di commercio a mente di detto giorno, Torino 1867; Atti della Commissione incaricata di studiare le modificazioni da introdursi nel codice di commercio del Regno d’Italia, I-II, Firenze 1872, passim; Progetto preliminare per la riforma del codice di commercio del Regno d’Italia, ibid. 1873; Memoria del ministro di Agricoltura, industria e commercio intorno alla legislazione delle società commerciali, Roma 1874; Progetto del codice di commercio del Regno d’Italia presentato in iniziativa al Senato del Regno nella tornata del 18 giugno 1877 dal ministro di Grazia e giustizia e dei culti di concerto col ministro di Agricoltura, industria e commercio, Firenze 1877; Progetto del codice di commercio del Regno d’Italia. Osservazioni e pareri della magistratura, delle Camere di commercio e delle facoltà di giurisprudenza sul progetto preliminare per la riforma del codice di commercio compilato dalla Commissione ministeriale nominata con decreto del 9 sett. 1869…, ibid. 1878, pp. 14 ss.
Fonti e Bibl.: Camerino, Arch. della Curia arcivescovile, Università, Fascicoli personali, ad nomen; Roma, Arch. stor. dell’Università degli studi di Roma «La Sapienza», Fascicoli personali, ad nomen; P.S. Mancini, Unificazione e riforma della legislazione civile, penale ed amministrativa nel Regno d’Italia: discorsi e relazioni parlamentari, 1862-1876, Roma 1876, pp. 80 ss.; M.C. De Rigo, I processi verbali della facoltà giuridica romana, 1870-1900, Roma 2002, pp. 63-70.