SACCHI, Luigi
– Figlio secondogenito di Giuseppe, funzionario dell’amministrazione austriaca, e di Teresa Sommariva (il fratello maggiore, battezzato Giuseppe come il padre, era nato l’anno precedente), nacque a Milano il 4 agosto 1805.
Dal 1822 frequentò la scuola di pittura dell’Accademia di belle arti di Brera tenuta da Luigi Sabatelli (1772-1850). Assente il maestro a causa dell’impegno per la decorazione della Sala dell’Iliade in palazzo Pitti a Firenze, l’insegnamento fu supplito da Francesco Hayez (1791-1882), che svolse un ruolo fondamentale e durevole nell’orientamento culturale dell’allievo. Non meno significativo risultò il rapporto con il professore di elementi di figura, Domenico Aspari (1745-1830), con il quale Sacchi poté sperimentare le tecniche incisorie che avrebbero costituito parte rilevante della sua futura attività professionale. Della sua prima produzione pittorica (oggi scomparsa) rimangono i soggetti registrati nei cataloghi delle esposizioni annuali di Brera della seconda metà degli anni Venti, che manifestano l’adesione al filone della pittura di storia, con particolare attenzione al tardo Medioevo e primo Rinascimento (come Beatrice di Tenda condotta al supplizio; Leonardo in atto di ritrarre Monna Lisa; Convito dato da Gian Galeazzo Visconti per le nozze di sua figlia con Lionello d’Inghilterra; Imelda de’ Lambertazzi nelle braccia dell’amante Geremeo).
Nello stesso periodo prese avvio la collaborazione con il fratello Giuseppe (1804-1891), laureatosi nel frattempo nell’Università di Pavia, e con il cugino Defendente Sacchi, scrittore e giornalista, entrambi seguaci di Gian Domenico Romagnosi, dal 1827 direttore degli Annali universali di statistica. Prima importante impresa comune fu la pubblicazione, nel 1828 presso l’editore Antonio Fortunato Stella, del volume Della condizione economica, morale e politica degli italiani nei bassi tempi. Saggio primo intorno all’architettura simbolica, civile e militare usata in Italia nei secoli VI, VII e VIII e intorno all’origine de’ Longobardi..., presentato al concorso indetto nel 1826 dall’Ateneo di Brescia (dove ottenne la menzione onorevole), per il quale Luigi Sacchi (come si evince dall’Avvertenza al volume) aveva realizzato «nove grandi tavole in folio» in cui erano «rilevati e misurati sui luoghi e disegnati» tutti i «monumenti italiani de’ tempi longobardici». Le previste incisioni non furono realizzate, e anche la cartella con i disegni non è stata rintracciata (Panazza, 1986). Nell’impegno dei Sacchi per la riscoperta di un periodo a lungo negletto è evidente la suggestione della grande impresa editoriale da poco conclusa di Jean-Baptiste Seroux d’Agincourt (Histoire de l’art par les monuments, depuis sa décadence au IVe siècle jusqu’à son renouvellement au XVIe siècle, Paris 1808-1823; trad. it. Milano 1834-1835), accompagnata da 325 tavole, e delle contemporanee ricerche di Alessandro Manzoni sull’età longobarda (Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica d’Italia, 1822, cfr. Opere di Alessandro Manzoni, a cura di L. Caretti, Milano 1977).
Fondata nel 1835 dal fratello e dal cugino la rivista Cosmorama pittorico, nella quale per la prima volta l’immagine assumeva un ruolo-guida rispetto al testo scritto (con tono aspro quanto ingeneroso, Carlo Cattaneo postillò: «i Sacchi dopo la morte del Romagnosi sono vuoti e disenfiati: si sono messi nel Cosmorama a spiegare le figurine ai ragazzi»; in Scritti letterari, a cura di P. Treves, I, Firenze 1981, p. 308), Luigi vi svolse il ruolo di coordinatore della parte grafica. Forte di tale esperienza, venne coinvolto da Alessandro Manzoni nella tormentata impresa della seconda edizione illustrata «a vignette» dei Promessi sposi (1840-1842), avviata nel 1839 e affidata al pittore torinese Francesco Gonin (Parenti, 1945; Mazzocca, 1986). Alla ricerca di incisori esperti nella traduzione xilografica, Sacchi – che si era associato con gli editori Guglielmini e Redaelli, manifestando l’intenzione di impiantare a Milano un apposito stabilimento – si recò a Parigi, dove si susseguivano le notizie sull’invenzione della fotografia. Conclusa l’avventura manzoniana, proseguì l’impegno editoriale con l’illustrazione delle Poesie scelte in dialetto milanese di Carlo Porta e Tommaso Grossi (1842) e della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso (1844). Nel frattempo (1835) si era sposato con Elisabetta Mangiarotti, dalla quale ebbe i figli Ester (1836) e Archimede (1837-1886).
La rapida diffusione anche a Milano della pratica fotografica, inizialmente nella versione su lastra metallica di Louis Jacques-Mandé Daguerre (dagherrotipo) e poi su carta di William Henry Fox Talbot (calotipo), più vantaggiosa economicamente grazie al procedimento positivo/negativo che ne consentiva la riproducibilità, indusse Sacchi – dal 1845 (anno di pubblicazione della traduzione italiana, a cura di Enrico Jest, del Trattato di fotografia di Marc-Antoine Gaudin) – a dedicarvisi in via esclusiva, percependone le possibili applicazioni commerciali (nelle Guide Bernardoni dal 1842 al 1856 fu comunque indicato come «pittore» e solo dal 1857 «pittore-fotografo»). Le prime incerte prove calotipiche, nelle quali permane costante l’attenzione verso i monumenti medievali, furono presentate nel 1846 all’Esposizione dell’industria lombarda a Milano e nel 1847 a Venezia, in occasione del IX Congresso degli scienziati italiani (sono oggi conservate nel Fondo Hayez dell’Accademia di Brera; Alle origini della fotografia..., 1996; Verso il museo, 2005).
Nel febbraio del 1851 Sacchi propose al Consiglio accademico dell’Accademia di Brera l’acquisto di una serie di «vedute a tinte scure cavate dal vero col metodo fotografico» di vari monumenti da destinare alla didattica (Milano, Archivio dell’Accademia di Brera, Carpi A.III.13, Consigli Accademici, 1851). Se ne scelsero solo sei, selezionate da Francesco Durelli, professore di prospettiva, e Luigi Bisi, professore di paesaggio, ai quali dieci anni prima era stata consegnata per la sperimentazione la macchina fotografica acquistata dall’Accademia presso Giroux a Parigi (Cassanelli, 1997). Di questa fase aurorale (cui appartengono la dispersa serie Paese lombardo e la celebre Veduta animata dell’Atrio di S. Ambrogio, 1849, erroneamente attribuita da Lamberto Vitali al fotografo friulano Augusto Agricola) dà conto nel dettaglio Giuseppe Mongeri nel 1852, che informa degli avanzamenti tecnici e delle ambizioni imprenditoriali di Sacchi (sull’esempio di quanto realizzato da Louis Désiré Blanquart-Evrard a Lille), annunciando in particolare l’avvio della pubblicazione della sua opera più impegnata, i Monumenti, vedute e costumi d’Italia, primo repertorio fotografico della tradizione architettonica in Italia realizzato in risposta all’Italie monumentale di Eugène Piot (Cassanelli, 2002). Prevista in quattro serie di complessive cento tavole fotografiche da distribuire a dispense, l’impresa non andò probabilmente oltre la seconda serie. Nello stesso periodo Sacchi iniziò a cimentarsi nel ritratto, fotografando innanzitutto gli artisti milanesi della cerchia di Giuseppe Bertini. Sua è anche la prima fotografia del Cenacolo di Leonardo (premiata con medaglia d’oro nel 1856 all’Exposition des arts industriels di Bruxelles), scattata dall’impalcatura eretta dal restauratore Stefano Barezzi, cui fecero seguito le fotografie dello Sposalizio della Vergine di Raffaello a Brera e del cartone della Scuola di Atene all’Ambrosiana. La produzione era distribuita dall’amico e collaboratore Pompeo Pozzi (1817-1888), che aveva ereditato dal padre Luigi Valeriano il negozio di stampe in Galleria de Cristoforis, e che sarebbe diventato a sua volta apprezzato fotografo di monumenti.
Nel 1859 espose a Parigi una serie di scatti degli affreschi di Bernardino Luini in S. Maurizio al Monastero Maggiore che gli valsero l’unanime lode. Sempre nel 1859, alla vigilia della seconda guerra d’indipendenza, pubblicò, curandone personalmente la redazione, tredici numeri del periodico L’Artista, illustrato da fotografie originali. Nel 1860, spinto dalle notizie contraddittorie sulla salute di Giuseppe Garibaldi, compì un avventuroso viaggio a Caprera, scattando fotografie del «vivente Cincinnato» e della sua abitazione, accompagnate da una breve relazione a stampa, che costituì la sua ultima impresa.
Morì a Milano il 22 giugno 1861.
Fonti e Bibl.: Le date di nascita e di morte sono attestate nell’archivio dell’Anagrafe del Comune di Milano; G. Mongeri, Della fotografia e di alcune recenti pubblicazioni calotipiche del pittore L. S., in Il Crepuscolo, 25 aprile 1852, pp. 265-268, 2 maggio 1852, pp. 283-286; E. Lacan, Esquisses photographiques, Paris 1856, p. 109.
L. Beltrami, Commemorazione della vita e delle opere di Archimede Sacchi, in Atti del Collegio degli Ingegneri ed Architetti in Milano, XX, 1886, 3-4, pp. 181-199; M. Parenti, Manzoni editore, Bergamo 1945, passim; F. Mazzocca, L’officina dei Promessi sposi, Milano 1986, passim; G. Panazza, Il concorso per il premio biennale dell’Ateneo di Brescia sull’architettura longobarda del 1826-1829, Brescia 1986, passim; Alle origini della fotografia. L. S. ‘lucigrafo’ a Milano (catal., Roma), a cura di M. Miraglia, Milano 1996; R. Cassanelli, 1839-1898. Spunti per una storia della fotografia delle origini a Milano, in Cinisello Balsamo. I volti, le storie, a cura di R. Cassanelli - G. Guerci, Cinisello Balsamo 1997, pp. 7-26; L. S. Un artista dell’Ottocento nell’Europa dei fotografi, a cura di R. Cassanelli, Torino 1998; La cultura fotografica a Milano alla vigilia dell’Unità. L. S. e L’Artista (1859), a cura di R. Cassanelli, Cinisello Balsamo 1998; R. Cassanelli, L. S. e le origini della fotografia d’architettura in Italia, in La cultura architettonica nell’età della Restaurazione. Atti del Convegno... 2001, Milano 2002, pp. 385-394; Verso il museo. Opere dell’Accademia restaurate 1994-2004, Milano 2005; S. Paoli, L. S., in Lo sguardo della fotografia sulla città ottocentesca. Milano 1839-1899 (catal., Milano 2010-11), Torino 2010, pp. 299-301 (con bibl. precedente); E. Gorra, La moderna xilografia in Italia, [Annone Brianza] 2011, pp. 18-20, 26-28, 466-469.