TOSTI, Luigi
Nacque a Napoli il 13 febbraio 1811 dal conte Giovanni Tosti e da Vittoria Corigliano dei marchesi di Rignano.
La famiglia di origine calabrese nel XVII secolo si era trasferita a Gaeta, nel 1734 ottenne da Carlo III un diploma di nobiltà, infine nel decennio francese lasciò Gaeta per trasferirsi a Napoli. Ricorda la provenienza del casato la carta di professione monastica di Tosti, Ego dominus Aloysius Tosti a Cajeta… conservata nell’archivio privato dell'Abbazia di Montecassino (Carte di professione del sec.XIX). Nel 1819 Tosti entrò nell’alunnato dell’abbazia dove compì gli studi; il 13 febbraio 1832 fece la professione religiosa nell’abbazia di S. Paolo a Roma e nel dicembre del 1833 fu ordinato sacerdote. Rientrato a Montecassino nel 1834 fu per sedici anni lettore di teologia.
Dello spirito che animava l’abbazia, centro nei decenni dell’Unità d’Italia di un intenso movimento culturale e civile, scrisse con ammirazione Renan che la visitò nel gennaio del 1850. In un clima ormai mutato vi si trattenne nel 1859 Gregorovius che nel suo diario descrisse Tosti come un uomo di bello spirito, vero erede dell’aristocrazia benedettina. Il legame tra la biografia intellettuale di Tosti e l’abbazia di Montecassino è sottolineato in alcuni studi recenti (De Paolis, 2014; 2016) dove Tosti appare come la figura forse più rappresentativa di Montecassino, in un secolo nel quale il cenobio poté vantare presenze di grande rilievo.
Sollecitato negli anni giovanili dalle ricerche condotte nell’archivio dell’abbazia da Carlo Troya che elesse a suo maestro, Tosti volse i suoi interessi allo studio del medioevo. Lo attraeva per lo stile Carlo Botta che sentiva affine alla propria visione di una storia che oltre l’erudizione indagasse i moti delle coscienze (Forni, 1997, p.11). A Napoli tra il 1842 e il 1843 Tosti pubblicò la Storia della Badia di Monte-Cassino mentre nella tipografia dell’abbazia stampò nel 1846 la Storia di Bonifazio VIII e de’ suoi tempi. «Il Cattolicismo, il Papa, il monacato, la civiltà cristiana e la grandezza d’Italia» scrisse Capecelatro che aveva conosciuto Tosti a Montecassino nell'aprile del 1844, furono gli ideali che di anno in anno gl’infiammarono l’animo (Capecelatro, 1898, p. 24).
I «veri» studiosi del medioevo scriveva Tosti sono coloro «che studiano al progredire che fanno le presenti generazioni nella via della civiltà» (L. Tosti, Storia della Badia..., cit., I, p. XII); è loro compito «agevolarne il corso» ricercando nel passato «le cagioni che l’ebbe invigorite al moto». Prima tra tutte gli appariva la civiltà che promanava dalla Chiesa, di cui fu sempre «ministra» nelle sue alterne vicende l’abbazia di Montecassino. A narrare la storia di Bonifacio VIII lo sollecitava la convinzione che lo storico dovesse rivolgere la propria attenzione a quegli avvenimenti del passato che chiamava «generatori», che «si sollevano come esordi» (L. Tosti, Storia di Bonifazio VIII…, cit., p. 8), quali sono i grandi rivolgimenti civili. E tale fu nella lettura di Tosti il pontificato di Bonifacio VIII perché «identificò in se stesso il principio del sacerdozio civile e con lui finì» (p. 12). Non ignorava il turbamento che il libro avrebbe arrecato in coloro, e si poneva tra questi, «che pensano ancor durare il civile ministero del Romano Pontificato».
Lo studio era in Tosti intrecciato a un impegno religioso e politico mai dismesso nel tempo: nella storia d’Italia cercava conferma alle proprie convinzioni ispirate, negli anni dell’avvento al papato di Pio IX, agli ideali neoguelfi. Già nel 1843 progettava di stampare nella tipografia di Montecassino un periodico, L’Ateneo Italiano, per il quale si riprometteva la collaborazione oltre a Troya e a Balbo dei più illustri esponenti della cultura cattolica liberale del tempo, da Cibrario, Pellico, Rosmini, Mamiani, Cantù a Manzoni e a Gioberti, con cui Tosti fu in corrispondenza fin dal 1843 e che conobbe personalmente a Roma nel giugno del 1848. Il progetto non ebbe prosecuzione per l’opposizione del governo borbonico ma nel 1861 in un indirizzo al parlamento nazionale Tosti lo ricordò come l’idea promossa dai monaci di Montecassino di una «grande federazione del pensiero italiano» a cui Gioberti per primo aveva risposto: «l’Italia non pensava che con la mente dell’autore del suo Primato Civile, non sentiva che col suo cuore, non parlava che con le sue parole» (L. Tosti, S. Benedetto al Parlamento nazionale, Napoli 1861, p. 25) .
La Storia della Lega lombarda già compiuta ai primi di giugno del 1848 fu stampata a Montecassino attorno al 10 agosto. Tosti l’aveva scritta in pochi mesi con l’enfasi del suo stile, vibrante di molto sentire ma privo, osservava Capecelatro, della pazienza della lima. Tosti scriveva in un tempo, «dico in questo salutifero anno 1848», in cui il «repentino scroscio di umani fatti» rendeva «intempestivo il mestiere dello storico» (L. Tosti, Storia della Lega…, cit., p. 364). Il libro non recava nuovi documenti ma come ricordava Capecelatro era ardente, drammatico, scritto per testimoniare alle nazioni «noi esser degni di libertà, saperla comprare col sangue» (p. 345). L’opera ebbe grande risonanza e più edizioni. Nella dedica indirizzata a Pio IX Tosti invitava il pontefice a farsi promotore del rinnovamento religioso e civile, nella convinzione già espressa nella Storia di Bonifazio VIII della funzione positiva del papato nei momenti nodali della storia d'Italia. Accostava Pio IX ad Alessandro III che di fronte a Federico Barbarossa sostenne la resistenza dei Comuni italiani: «Addimandate al palpito de’ nostri cuori se siamo figli di quei Lombardi, che, ammogliato il Romano Pontificato alla libertà della patria, seppero con immacolato sangue difenderlo» (Dedica in L. Tosti, Storia della Lega..., cit.).
Le vicende di quell’anno segnarono una svolta nella biografia intellettuale di Tosti. A Napoli una dura repressione seguì ai moti del 15 maggio; la reazione coinvolse anche l’abbazia di Montecassino e lo stesso Tosti fu sottoposto a misure restrittive. A novembre Pio IX fuggì a Gaeta e Tosti, che gli aveva prospettato Montecassino come possibile riparo, si adoperò per ottenere le condizioni per un suo ritorno senza ricorso alle armi; le trattative fallirono e il 2 luglio 1849 le truppe francesi segnarono la fine della Repubblica Romana. Tosti giunse a Roma nell’ottobre del 1849 con un passaporto ottenuto dal governo borbonico grazie a Pio IX, che vi fece rientro all’inizio del 1850. Rassicuratolo della sua protezione il papa lo incoraggiò a lasciare la città per un più prudente soggiorno a Firenze. Svanito in Toscana il progetto di una cattedra di storia all’Università di Pisa, Tosti fu costretto a dividere la sua vita tra Montecassino e Napoli, dove per i sospetti del governo borbonico dovette risiedere per lunghi periodi.
Nel corso del «decennio plumbeo» - l’espressione è di Tosti, annotata nel 1859 da Gregorovius - gli studi colmarono in parte la delusione seguita agli eventi del 1848-1849. A Napoli nel 1851 Tosti pubblicò la Storia di Abelardo e dei suoi tempi e sempre a Napoli scrisse e pubblicò nel 1853 la Storia del Concilio di Costanza; nel 1856 uscì a Firenze, ma già vi lavorava nel 1853, la Storia dell'origine dello scisma greco, «opera di circostanza» scriveva Tosti a Vieusseux, storia del presente piuttosto che del passato dove gli premeva «la investigazione delle ragioni» che potessero dar lume sul presente e sul futuro, mentre i fatti, scriveva, «entrano come documenti del mio avviso» (Forni, 1997, p. 99). Ancora a Firenze nel 1859 uscì l’ultima delle grandi opere del decennio, La Contessa Matilde e i Romani Pontefici. «La storia narra, giudica dei fatti degli uomini; ma dopo il giudizio essa deve rivelare qualche grande verità patrimonio di tutti. In questa rivelazione è il suo magistero, e, direi quasi, il suo sacerdozio» (p. 219). Qui come altrove «rievocazione del passato e urgenza del presente» si intrecciano (Dell’Omo, 2012, p. 382) secondo il legame mai dismesso tra impegno intellettuale e impegno civile. Intanto le opere di Tosti erano tradotte in Francia e in Germania. Nel 1858 fu nominato abate titolare di S. Angelo a Gaeta.
Deposti i sentimenti repubblicani del 1848 e sopiti i dubbi sulla conquista dinastica piemontese Tosti accettò l’unità d’Italia osserva Forni, come un dato infine benefico per la Chiesa. I recenti decreti di soppressione degli enti religiosi in Umbria e nelle Marche ed i timori per Montecassino gli porsero occasione nel 1861 per un vibrante appello al nuovo parlamento riunito a Torino a non disgiungere Benedetto, la Chiesa e l’Italia rompendo così la compagine della società civile (S. Benedetto al Parlamento Nazionale, p.11). Di lì a poco sempre nel 1861 uscirono a Firenze dedicati al clero italiano i Prolegomeni alla storia universale della Chiesa concepiti come storia della coscienza umana, del progresso dell’umanità.
L’epistolario conservato a Montecassino e solo in parte edito testimonia della molteplicità dei rapporti di Tosti in questi anni: dai già ricordati Capecelatro e Gioberti a Renan, a Casati, a Gladstone, a Vieusseux. Grazie alle relazioni che gli avevano ottenuto i suoi studi Tosti fu «figura ponte» (De Paolis, 2016, p.267) tra gli ambienti ecclesiastici e le autorità del nuovo Stato italiano. Ebbe incarichi pubblici e gli fu offerta nel 1861 la cattedra di Storia nazionale all’Università di Napoli. Divenne sempre più sospetto agli ambienti intransigenti senza perdere tuttavia la fiducia e la stima di Pio IX. Era opinione diffusa che egli fosse favorevole alla fine del potere temporale senza manifestarlo apertamente per riguardo al papa. Alla conciliazione tra lo Stato italiano e la Chiesa Tosti dedicò un impegno costante ma i suoi tentativi di mediazione lontani dalle forme della diplomazia che peraltro non apprezzava, non ebbero efficacia. Nel 1872 entrò con Gregorovius a far parte della Giunta consultiva per gli studi storici, archeologici e paleografici, nel 1878 divenne soprintendente generale ai monumenti sacri nazionali, mentre Leone XIII lo nominò vice-archivista dell’Archivio segreto vaticano. Avvalendosi di questi importanti incarichi Tosti non dismise il tentativo di favorire una distensione nei rapporti tra Stato e Chiesa. Il 31 maggio 1887 pubblicò un opuscolo, La Conciliazione, frutto forse di accordi riservati tra le parti, che apparve il 31 maggio ed ebbe una vasta eco provocando reazioni violente nell'ala intransigente della Curia e negli ambienti della massoneria italiana. Tosti dovette scrivere una ritrattazione che fu resa pubblica dall’Osservatore Romano. La vicenda ebbe ripercussioni durissime. Tosti fu rimosso dalla carica di soprintendente e lasciò la carica di vice-archivista in Vaticano. Tornò a Montecassino dove trascorse negli studi gli ultimi anni. Morì il 24 settembre 1897.
Le opere di Tosti citate nella voce sono in Opere complete di D. L. T. corrette ed aumentate dall’autore, a cura di L. Pasqualucci, I-XIX, Roma 1886-1899.
E. Renan, Dom L. T. ou le parti guelfe dans l’Italie contemporaine (1851), in Essais de morale et de critique, Paris 1859, pp. 205-241; A. Capecelatro, Commemorazione di D. L. T. abate cassinese, Montecassino 1898; B. Croce, Storia della storiografia italiana nel secolo XIX, I, Bari 1921, pp. 145-150; E. Buonaiuti, Padre T. e il rinnovamento cattolico, in «Ricerche religiose», 1928, vol. 4, pp. 149-154; F. D'Ovidio, Don L. T. (1898), in Id., Rimpianti vecchi e nuovi, Caserta 1930; A. Quacquarelli, Il padre T. nella politica del Risorgimento, Genova 1945; T. Leccisotti, Don L. T. agli inizi della sua attività intellettuale, in Benedictina, I (1947), 3-4, pp. 259–317; M. Dell’Omo, Dall’Epistolario T. dell’Archivio privato di Montecassino, II, Per la biografia del P. Agostino Theiner prefetto degli Archivi Vaticani (1855-1870) e di D. L.T. monaco e abate. Lettere inedite a D. L.T. degli anni 1855-1870, in Monastica, VII (1987), 56, pp. 165-217; A. Forni, Lo storico delle tempeste. Pensiero e azione in L. T., Roma-Montecassino 1997; M. Dell’Omo, Montecassino. Un’abbazia nella storia, Montecassino 1999, pp. 97-109; Id., Il libro Matilde di Canossa e i Romani Pontefici del benedettino L. T., in Benedictina, LIX (2012), 2, pp. 381-391; P. De Paolis, Gli studi classici a Montecassino nella seconda metà del sec. XIX. Un volgarizzamento sallustiano di don L.T., in La tradizione classica e l’Unità d’Italia, a cura di S. Cerasuolo et al., Napoli 2014, pp. 69-90; Id., Per una biografia di don L. T., in Sodalitas. Miscellanea di studi in memoria di don Faustino Avagliano, a cura di M. Dell’Omo et al., Montecassino 2016, pp. 255-279 (in partic., per notizie delle pubblicazioni parziali di lettere e carteggi, pp. 257-258).