LUNI
. Luni (demotico Lunenses) sulla sinistra della Magra, con uno scalo, forse, alla stessa foce fluviale, e con un porto magnifico vicino a La Spezia odierna, fu colonia romana nel 177, in territorio ligure, dove si era spinta l'espansione etrusca oltre l'Arno, restando nella tradizione successiva il ricordo delle vicende storiche anteriori. Centro di un ampio territorio, ebbe diritti municipali e fu compresa nella tribù Galeria, con limite a sud, probabilmente, al Frigido. Confinava con Veleia, Genua e Luca. Ebbe notevole sviluppo economico sia per i suoi commerci e le industrie, specialmente marmifere, sia per la sua felice situazione marittima, comunicando per la valle del Taro e della Magra con la Gallia Cisalpina. Ebbe centro murato di 39 ha. con 10.000 abitanti, e incremento edilizio, dimostrato anche dagli avanzi di un anfiteatro e di due monumenti: a Claudio Marcello, il vincitore degli Apuani nel 155 a. C., e a Ottaviano, che vi dedusse una colonia di veterani. Il ricordo epigrafico di varie corporazioni d'arte comprova il benessere economico della regione, il cui capoluogo ai tempi di Dante era rimasto solo una memoria.
Luni, i acquistata all'impero da Narsete, nel 552, rimasta immune dall'invasione longobarda, fu, per un secolo o più, città bizantina. Aggregata dapprima alla prefettura dell'Urbe, poi compresa nella Provincia Maritima Italorum, mantenne stretti rapporti, per via di mare, con Roma, con le isole dell'Arcipelago toscano e specialmente con la Corsica. Le sue cave di marmo erano ancora in piena attività nei primi del sec. VI. Il suo vescovo, sotto il governo bizantino, assunse importanti uffici diplomatici e amministrativi, ma è dubbia l'esistenza da taluno affermata, d'una zecca vescovile nei secoli VI-VII. Invasa da Rotari, circa il 643, non sembra però che la città rimanesse stabilmente aggregata al regno longobardo; certo non subì l'eversione delle mura, né la degradazione a vico, di cui parla Fredegario. Sotto il regno di Liutprando la città di Luni, col suo territorio, appare unita al ducato di Lucca, non senza un vivo antagonismo verso la capitale longobarda della Tuscia: ricordi di lotte rivali tra le due città, nel sec. VIII, sono avvolti nei racconti leggendarî della traslazione del Volto Santo.
La sorte di Luni era legata al dominio del mare. Liutprando aveva riaperto le antiche comunicazioni marittime fra Luni e la Corsica, unitamente rivendicate poi dai pontefici, negli atti di Kiersy (754); ma, col progredire della talassocrazia saracena nel Mediterraneo, venuta meno ogni difesa da parte dell'impero carolingio, la forza navale di Luni mancò e la città fu aperta alle incursioni marittime, delle quali una, dei Saraceni, è datata l'anno 849, un'altra, più esiziale, dei Normanni, circa l'anno 860. Queste condizioni si aggravarono con lo sbarco dei Saraceni a Frassineto, sulla fine del secolo IX. L'ultima devastazione saracena della città, compiuta nel 1016, fu il segnale della riscossa. Probabilmente, però, alla riconquista della Sardegna e della Corsica operata da un'armata federale ligure e toscana, sotto la guida dei marchesi Obertenghi, non cooperò nessun naviglio di Luni, ormai separata dal mare per gl'interrimenti della Magra e sostituita da Portovenere nella sua antica funzione di base navale del Tirreno. In pari tempo, anche le vecchie strade terrestri, la romana Via Aurelia e la medievale Via Francigena, torcono il passo da Luni; questa si spopola, il vescovo tiene la sua abituale residenza nei castelli del contado: Ameglia, Carrara, Castrum Sarzanae. Un borgo popoloso, sorto ai piedi di quest'ultima rocca vescovile, accoglie, lungo il sec. XII, varie colonie lunesi, eredita il forum della città, si costituisce in comune con ambizioni metropolitane; più che l'inabitabilità di Luni impellenti ragioni politiche consigliano al vescovo, prevî accordi coi burgenses di Sarzana, d'insediarsi nel nuovo centro; la bolla del Pontefice Innocenzo III, del 25 marzo 1204, che autorizza la traslazione della diocesi, segna l'atto ufficiale di morte della vecchia capitale.
Bibl.: Per la città antica, v. C. Promis, Dell'antica città di Luni, Massa 1857; G. Jung, La città di Luni, in Atti della Deputazione di storia patria moden., 19083; G. Poggi, Luni ligure estrusca e Luni colonia romana, Genova 1904; A. Solaril, Il territorio lunese pisano, in Annuario università toscane, 1910; U. Mazzini, L'anfiteatro romano di Luni, in Memorie dell'Accademia delle scienze di Torino, 2ª s., LXV (1913), n. 3; L. Banti, in Notizie Scavi, 1932, p. 426 segg. - Per le iscrizioni cfr. E. Bormann, in Corpus Inscr. Lat., XI, 1, pp. 258-271; XI, ii, pp. 1254-1263. - Per Luni medievale v.: G. Sforza, La distruzione di Luni nella leggenda e nella storia, Torino 1920; Kehr, Italia pontificia, VII; L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, II, Gotha 1905; F. Schneider, Die Reichsverwaltung in Toscana, Roma 1914; U. Mazzini, Di una zecca di Luni dei secoli sesto e settimo finora ignorata, Lucca 1918; G. Volpe, Lunigiana medievale, Firenze 1929; U. Formentini, Introduzione alla storia ed all'archeologia cristiana di Luni, La Spezia 1928. - Per la bibliografia più antica, v. G. Sforza, Bibliografia storica della città di Luni e suoi dintorni, in Memorie dell'Accademia delle scienze di Torino, 2ª s., LX (1910).