Lunigiana
Il primo e quasi sicuramente unico soggiorno lunigianese di D. ha per punto di riferimento la data del 6 ottobre 1306, in cui egli, dopo aver ricevuto la procura dai marchesi Franceschino, Corradino e Moroello Malaspina, conclude in Castelnuovo Magra la pace col vescovo di Luni. In L. era giunto, probabilmente non molto prima, proveniente forse dal Veneto per la via di Reggio: e nulla impedisce di supporre che a introdurlo presso i Malaspina sia stato Cino da Pistoia, particolarmente legato a Moroello. Lo attirava, oltre alla fama di liberalità dei marchesi, di cui si eran fatti banditori Giraldo da Borneill e Aimeric de Pegulhan, la possibilità di seguire abbastanza da presso gli avvenimenti di Toscana, sia per la posizione della regione che per i rapporti di Moroello col guelfismo nero: e si può anche supporre che contasse sui buoni uffici del marchese per rientrare in Firenze.
Sul piano politico la L. dei tempi di D. appare divisa abbastanza nettamente in due parti: la zona di pianura, che vede il progressivo sviluppo del comune di Sarzana, mentre per contro sta rapidamente decadendo l'autorità comitale del vescovo di Luni, e il complesso delle terre malaspiniane, divise tra i due rami dello Spino Secco e dello Spino Fiorito ed estese soprattutto lungo il medio e alto corso della Magra e nelle valli laterali. Attraversata nel senso nord-sud dall'importantissima via francigena, una delle grandi arterie del traffico medievale, la L. assumeva un'importanza militare di prim'ordine: " porta di Toscana " l'aveva definita Federico II, che per questo vi aveva posto a vicario un fedelissimo quale Oberto Pelavicino. Questa stessa importanza, però, unita all'esiguità delle risorse economiche - delle quali par di trovare un'eco in D., ne' monti di Luni, dove ronca / lo Carrarese che di sotto alberga (If XX 47-48), quasi a sottolineare una faticosa opera di sboscamento per porre a cultura ove appena fosse possibile -, attirando sulla regione le mire delle città vicine - Genova e i comuni toscani a occidente e a sud, Parma e Piacenza a nord - avevano assai limitato, se non addirittura impedito, lo sviluppo cittadino; e per queste stesse ragioni non si era potuto evolvere a compatto organismo territoriale il complesso feudale dei Malaspina. Vi mancava perciò quel dinamismo politico così vitale in altre regioni, ma che agli occhi di D. era prova della decadenza dei tempi: un angolo dunque di relativa tranquillità, almeno per il poeta, nel tormentato quadro dell'Italia trecentesca. Nelle corti malaspiniane D. trovava un ambiente ove non solo sopravvivevano quelle virtù dimenticate dai signori d'Italia, ma per tradizione ormai secolare i poeti godevano di larga ospitalità: e a un mondo di serene costumanze cortesi richiama il sonetto, certamente composto in L., Degno fa voi trovare ogni tesoro (Rime CXIII), inviato a Cino in nome di Moroello Malaspina. Non sarà quindi necessario prestare soverchia fede al racconto del Boccaccio che proprio in L., e nella corte di Moroello, pervenisse a D. il manoscritto dei primi canti del poema, per comprendere la nota celebrazione di casa Malaspina e delle sue terre (Pg VIII 122-132). Non molto è possibile dire sulle mansioni svolte da D. nelle corti lunigianesi, oltre all'incarico ricordato; è probabile però che, se altri ce ne furono, fossero quelli dell'uomo di corte, " consigliere non servile e giudice non arrendevole dei potenti " (Sapegno), com'era nei suoi ideali: almeno così autorizzano a supporre quei libertatis officia che egli ricorda di aver svolto, scrivendo a Moroello verosimilmente poco dopo la partenza (Ep IV 2). In ogni caso dovettero essere mansioni tali da consentirgli largo spazio alla meditazione: come sembrano sottolineare i ricordi lunigianesi nella Commedia, tutti singolarmente legati al paesaggio, quasi a confermare il ritratto, vivo nella tradizione locale, di un D. peregrinante per le Apuane a cercar ispirazione per la città di Dite.
Il primo quadro lunigianese che s'incontra nel poema è quello delle Apuane, ove viene collocata la spelonca di Aronte, onde a guardar le stelle / e 'l mar non li era la veduta tronca (If XX 49-51); a un paesaggio della L., così ricca di conche ove si addensano i temporali, sembra richiamare la metafora naturalistica del vapor di Val di Magra / ch'è di torbidi nuvoli involuto (XXIV 145-146); e ancora una cima delle Apuane, la Pania della Croce, fornisce l'immagine di una mole smisurata, per la cui caduta tuttavia la ghiaccia di Cocito non avria pur da l'orlo fatto cricchi (XXXII 30); infine il desolato paesaggio di Luni, ormai completamente in rovina, serve come esempio della decadenza delle città (Pd XVI 73-74).
E probabile che D., per motivi che sarà inutile ricercare, sia partito dalla L. già nei primi mesi del 1307, recandosi nel Casentino; un nuovo soggiorno andrebbe situato l'anno dopo, qualora si volesse accettare il viaggio a Parigi: in tale circostanza sarebbe avvenuto, al monastero del Corvo, l'incontro con frate Ilaro (v.). Più probabile un ultimo soggiorno lunigianese, sul quale tuttavia non è possibile andare oltre le ipotesi, dopo la morte di Enrico VII, prima del definitivo passaggio dell'Appennino.
Vivo è sempre stato il culto di D. in L.: in particolare, gioverà ricordare i nomi di E. Repetti, E. Gerini e A. Bartoli. Da questo culto presero l'avvio le importanti celebrazioni che si tennero a Sarzana nel 1906, per il VI centenario della venuta del poeta.
Due frammenti di un codice trecentesco della Commedia, contenenti rispettivamente i versi da Pg XXV 40 a XXVII 78 e da Pd II 7 a III 21, sono conservati nell'archivio notarile di Sarzana.
Bibl. - Fondamentale per la storia della L. nei secoli XII-XIV, anche se di fatto limitato all'area sarzanese, è il volume di G. Volpe, Lunigiana medievale, Firenze 1923. Sul soggiorno dantesco, oltre i classici C. Troya, Del Veltro allegorico di D., Firenze 1826, e Bassermann, Orme, appare ancora in gran parte valido il volume miscellaneo D. e la L., Milano 1909, che raccoglie studi e discorsi per le celebrazioni del 1906 (tra i più importanti F.L. Mannucci, I marchesi Malaspina e i poeti provenzali, pp. 33-88, e I. Del Lungo, D. in L., pp. 165-207) con abbondante bibliografia. Copiosa la produzione locale, nella quale tuttavia predominano opere di scarso fondamento scientifico, quali S. Bastiani, Del Marchese Moroello Malaspina, Parma 1891, o semplici compilazioni, come il più recente V. DA Milano, D. in L. e il canto VIII del Purgatorio, Borgotaro 1954.
Per gli atti della pace di Castelnuovo, cfr. Piattoli, Codice 98-99.
Sulla veridicità del racconto boccaccesco è tornato G. Ferretti, i due tempi della composizione della D. C., Bari 1935; ma a questo proposito cfr. G. Billanovich, La leggenda dantesca del Boccaccio. Dalla lettera di Ilario al Trattatello in laude di D., in Prime ricerche dantesche, Roma 1947, e poi in " Studi D. " XXVIII (1949) 45-144; in seguito si è pronunziato a favore G. Padoan: cfr. la voce Ilaro.