LUOGHI SANTI
. S'intendono per "Luoghi santi" per eccellenza, con riferimento al cristianesimo, alcune località della Palestina particolarmente venerate in relazione a varî momenti della vita di Gesù, ivi localizzati: e cioè, oltre a varî luoghi di Gerusalemme insigni per esservisi svolta la passione e morte di Cristo (il Santo Sepolcro col Calvario, il Getsemani, il Cenacolo, ecc.) anche, al difuori di Gerusalemme, Betlemme (Grotta della Natività), Nazaret e il Monte Tabor, sede della Trasfigurazione. La specialissima venerazione di cui sono naturalmente oggetto questi Luoghi santi da parte di tutte le chiese cristiane, e l'essere essi al tempo stesso caduti dal sec. VII al XX d. C., sotto il dominio politioo di stati non cristiani, ha dato origine alla delicata e complicata questione della tutela, custodia e amministrazione di essi, con conflitto tra le varie comunità cristiane interessate. Conflitto aggravato dal fatto che tra i "luoghi santi" dell'islamismo stesso, accanto alle due città d'Arabia Mecca e Medina, ove si svolse la vita e predicazione di Maometto (al-Ḥaramāni [v. haram], i due "luoghi santi" per eccellenza), vi è anche, in Gerusalemme stessa, tutta la spianata su cui sorge la cosiddetta Moschea di ‛Omar, in relazione alle credenze musulmane che ne fanno punto di partenza di una miracolosa ascensione notturna di Maometto al cielo. Se si ricordi infine ciò che Gerusalemme rappresenta, anche indipendentemente da motivi nazionalistici, per l'ebraismo, e che un muro laterale della spianata su cui sorge la Moschea di ‛Omar è costituito dal celebre "Muro del pianto", residuo del Tempio ebraico che ivi sorgeva, s'intenderà agevolmente quale somma d'interessi spirituali e materiali confluisce nel problema dei Luoghi santi. L'esposizione che segue dà un riassunto storico della questione, in funzione soprattutto delle rivendicazioni cattoliche di fronte a non cattolici, musulmani ed ebrei.
La questione dei Luoghi santi. - L'origine della questione dei Luoghi santi, che si può idealmente riportare al concilio di Clermont (1095) iniziatore della prima crociata, a rigore storico e giuridico risale alla fine delle crociate, da quando cioè l'Europa, perduto l'ultimo baluardo di Acri (1291), abbandonò ogni idea di rivincita e di riconquista della Terrasanta, contenta di limitare le sue pretese ai Luoghi santi della Palestina, in conformità con i diritti da essa legalmente acquistati sotto la dominazione sia araba, sia turca, in virtù di patti, dei trattati, delle convenzioni e capitolazioni firmati con l'una o con l'altra delle potenze cattoliche; per cui la proprietà di alcuni e la custodia degli altri Luoghi santi vennero ripetutamente garantite ai loro legittimi custodi, cioè ai francescani, i quali in nome della Chiesa cattolica li occuparono fin dal 1333.
Oggi però, dopo la cacciata dei Turchi dalla Palestina (1917), dove per mandato delle Potenze alleate si stabilì l'Inghilterra, il problema dei Luoghi santi apre un nuovo periodo nella storia dei diritti cattolici in Terrasanta. Perciò, esporremo in succinto la storia della questione, distinta nei suoi tre grandi periodi storici: a) Periodo arabo, dall'ingresso dei francescani nei Luoghi santi (1333) fino alla conquista turca della Palestina (1517); b) periodo turco, dalla conquista turca della Palestina (1517) fino alla vittoria degli Anglo-alleati (1917); c) periodo inglese, dall'occupazione inglese della Palestina (1917) fino ai nostri giorni.
Periodo arabo (1333-1517). I francescani nei Luoghi santi per opera dei reali di Napoli (1333). - La storia ricorda un primo ingresso dei frati minori in Gerusalemme nel 1230. Espulsi poco dopo coi crociati dalle orde dei Khuwārizmî nel 1244, essi non vi ritornarono che ai primi del secolo XIV per prendere la custodia dei Luoghi santi in nome della Chiesa e della cristianità latino-cattolica. Frati minori aragonesi erano al servizio del S. Sepolcro di Gerusalemme fra gli anni 1323-1327, mandati colà da Giacomo II di Aragona. Ma la morte del re aragonese (1327) deve avere interrotto la presenza dei frati aragonesi nel S. Sepolcro, poiché, sei anni dopo, vi troviamo altri frati minori stabilitisi definitivamente nella custodia dei Luoghi santi (1333) per l'intervento di re Roberto di Napoli e di sua moglie Sancia di Maiorca. I particolari del fatto sono consacrati nelle due celebri bolle di papa Clemente VI, Gratias agimus e Nuper carissimae (Avignone, 21 novembre 1342), dalle quali risulta che i reali di Napoli e il sultano d'Egitto Qalāwūn (morto nel 1341), dopo lunghe trattative, difficoltà e somme ingenti versate dai reali di Napoli all'erario del sultano, hanno stipulato fra loro un patto perpetuo in virtù del quale i reali di Napoli hanno ottenuto dal sultano la cessione del S. Cenacolo, con gli annessi santuarî e cappelle del Monte Sion; presso il quale Cenacolo la regina aveva costruito un convento per 12 frati mantenuti a sue spese, i quali erano già entrati in servizio dei Luoghi santi. Risulta, inoltre, che i frati minori possono "continue" dimorare nella basilica del S. Sepolcro in Gerusalemme e negli altri Luoghi santi, e ivi celebrare solennemente i loro divini uffizî, e che i frati minori, già alcuni anni prima delle bolle, si erano stabiliti nella basilica del S. Sepolcro e nel convento del S. Cenacolo edificato da Sancia; quindi il pontefice dichiara di aver annuito che il ministro generale dei frati minori, a richiesta dei reali di Napoli e dei loro successori in perpetuo, possa nominare dodici religiosi scelti dal corpo di tutto l'ordine francescano (ex toto ordine) e inviarli in Gerusalemme.
Questi diritti acquisiti dai cattolici sui Luoghi santi furono successivamente confermati e ampliati da tutti i sultani d'Egitto, senza eccezione, quanti si succedettero da Qalāwūn fino al penultimo sultano della dinastia dei Mamelucchi, Qānsūḥ al-Ghūrī, morto nel 1516.
Durante tutto il dominio arabo-egiziano in Palestina, la politica dei sultani d'Egitto favorì costantemente l'elemento latino nei Luoghi santi a preferenza degli altri riti, perché premeva loro di conservare le relazioni politiche e commerciali con le potenze d'Europa. In queste condizioni i francescani ottennero via via una preminenza su tutti i Luoghi santi, senz'alcun serio contrasto da parte dei monaci georgiani, greci, armeni, copti e abissini che con essi ufficiavano nelle tre basiliche del S. Sepolcro in Gerusalemme, della Natività in Betlemme e dell'Assunzione nella valle di Giosafat. Ai seguaci degli altri riti era concesso soltanto di visitare i detti luoghi e di pregarvi senz'altra solennità o funzione religiosa.
Nel 1475 i monaci georgiani, protetti dal loro re, alleato del sultano d'Egitto contro i Turchi, erano riusciti a impossessarsi della metà del Calvario, fino allora appartenuto agli armeni. Un primo loro tentativo contro i francescani, che occupavano l'altra metà del Calvario, fu represso nel 1493, poi una seconda volta nel 1509, e una terza volta nel 1513; tutte le volte i tribunali locali diedero ragione ai francescani. Le prerogative e i diritti dei francescani nei Luoghi santi non valsero però a salvarli sempre dal fanatismo musulmano tutte le volte che per rivolgimenti interni, o per guerre con le vicine Cipro e Rodi, o per altri motivi, il popolo veniva eccitato contro gl'infedeli. La più grande sciagura che i francescani del Monte Sion ebbero a provare sotto il governo arabo per il fanatismo musulmano fu prima la definitiva perdita della cosiddetta Cappella di David (1452), dove una tarda leggenda giudaica fissava la sepoltura del profeta; poi la ripetuta devastazione (nel 1453 e 1467) della soprastante Cappella dello Spirito Santo.
Questi e altri fatti consimili provocarono spesso l'intervento diplomatico delle potenze d'Europa presso la corte del Cairo. Nella storia di simili interventi il primo posto spetta indubbiamente alla repubblica di Venezia, la quale, dai primi del sec. XIII fino agli ultimi giorni del governo arabo in Palestina, seppe coltivare ottime relazioni coi sultani d'Egitto, presso i quali costantemente fu la protettrice dei Luoghi santi e dei loro custodi. Gli annali di Terrasanta dei secoli XIV e XV annoverano inoltre nel numero dei protettori dei Luoghi santi i re di Aragona e di Castiglia, i duchi di Borgogna, i re di Francia e di Sicilia, il duca di Milano e le signorie di Genova e di Firenze.
Per una più vigile protezione e tutela dei pellegrini, Venezia e Genova avevano ottenuto dai sultani d'Egitto che un loro rispettivo console risiedesse in Gerusalemme. L'istituzione di questi consoli rimonta probabilmente ai primi del sec. XIV; ma un primo console genovese è ricordato in documenti del 1391 e 1401; poi costantemente dal 1413 i pellegrini ci segnalano "due consoli" in Gerusalemme, uno veneto e l'altro genovese, fino al 1476, che è l'anno in cui cessa ogni ricordo dei due consoli italiani, fino allora unici rappresentanti dell'Europa cattolica in Gerusalemme. A questi possiamo aggiungere i Cavalieri di Rodi, che nel 1403 ottennero di tenere un ospedale e un console in Gerusalemme, e un altro console in er-Ramleh di Palestina; ma della loro durata non sappiamo nulla. I pellegrini che approdavano in Alessandria per indi proseguire o per Gerusalemme o per il Sinai trovavano protezione nei consoli veneto, francese e catalano durante i secoli XIII, XIV e XV.
Periodo turco (1517-1917). - Questo periodo s'inaugura con Selīm I, conquistatore della Siria e dell'Egitto. Egli, fin dal suo primo ingresso in Gerusalemme (1516), e finché visse (1520), si mostrò molto benevolo coi cristiani e con gli ebrei, e lasciò in pace i francescani custodi dei Luoghi santi; ridusse anche i tributi dei pellegrini e dei mercanti. Il periodo luttuoso invece per i francescani cominciò con Solimano il Grande (1520-1566), suo figlio e successore. Nell'anno quarto del suo regno (1523-24), i francescani perdettero il Cenacolo, convertito in moschea; ai frati venne concesso un piccolo ricovero nel convento, dal quale furono poi definitivamente espulsi nel 1552, sempre sotto il regno di Solimano. Con l'entrata dei Turchi in Palestina, entrarono anche i monaci greco-bizantini in Gerusalemme, e propriamente nel 1520 quando Gemiano, oriundo del Peloponneso, fu il primo patriarca greco-elleno che rimise piede in Gerusalemme dopo nove secoli da che erano stati espulsi (638) da ‛Omar.
I primi attentati di Germano ai diritti dei Latini datano dal 1555; essi furono ripetuti nel 1564 e 1566, ma Germano non conseguì mai il suo intento. Così avvenne anche sotto il suo successore Sofronio (1579-1608), i cui attentati furono pure repressi per l'azione svolta dagli ambasciatori cattolici presso la Sublime Porta, la quale riconobbe la validità dei titoli e dei firmani concessi ai Latini dai precedenti sultani sia arabi, sia turchi. Con l'avvento di Murād IV al trono di Costantinopoli (1623-40), e di Teofane patriarca greco-elleno alla sede gerosolimitana (1608-44), s'inizia propriamente la grande questione dei Luoghi santi, dibattuta diplomaticamente con l'intervento collettivo degli ambasciatori cattolici, e alternativamente vinta o perduta dagli uni o dagli altri a forza di denaro, per la venalità di Murād IV e dei suoi ministri. Il patriarca Teofane, favorito dalle circostanze politiche e dalle due sultane greche rinnegate, madre e sposa di Murād IV, e con la complicità di alcuni ministri, fece fabbricare una serie di falsi firmani, attribuendone due ai califfi ‛Omar (638) e Mu‛āwiyah I (680), e tre ai sultani turchi Maometto II (1458), Selīm I (1517) e Solimano II (1526); poi, in base a questi falsi, riuscì a carpire dal venale Murād IV i primi firmani che si conoscono emanati in favore dei Greci, nel 1632, 1634 e 1637; i quali firmani sono gli unici titoli su cui i Greci fondano ancora i loro pretesi diritti sui Luoghi santi.
Nel 1630, quando, per la prima volta, i Greci presentarono il falso firmano di ‛Omar, Murād IV si vide obbligato dal conte di Césy a dichiararlo falso con un rescritto dato alla Francia. Due anni dopo, nell'aprile del 1632, Murād aveva appena firmato due decreti in favore dei Greci, quando, subito dopo, nel maggio, costrettovi dal bailo veneto, restituiva i santuarî ai francescani. L'anno appresso, nel 1634, i santuarî furono da Murād ceduti ai Greci dietro pagamento di 40.000 zecchini. Due anni dopo, Murād, nuovamente obbligato dagli ambasciatori, restituiva i santuarî ai francescani col rescritto del 1636. Finalmente, nell'ottobre del 1637, il patriarca Teofane, avendo sborsato "20 mila pezze da otto" otteneva da Murād IV un firmano che ridava ai Greci i medesimi santuarî in questione. Dopo alcuni anni di relativa tregua, il patriarca Dositeo (1669-1707) riprese la lotta a danno dei Latini. Fu così che nel 1675 gli riuscì di ottenere una patente (berāt) di Maometto IV, nella quale si sanzionavano i precedenti rescritti a favore dei Greci e si concedeva inoltre ai medesimi il dominio esclusivo dell'edicola che ricopre la Tomba di Cristo.
Di fronte a tutto questo e all'aperta violazione delle capitolazioni firmate con la Francia nel 1673, il papa sollecitò l'intervento di tutte le potenze cattoliche. Francia, Austria, Spagna, Polonia e Venezia mossero alla Turchia la questione. Solo quando la Turchia si sentì spossata dalla lunga guerra, che durava coi tre alleati Austria, Polonia e Venezia, domandò la pace nel febbraio del 1689. Ma poiché gli alleati avevano posto fra le condizioni la restituzione dei Luoghi santi, la Turchia preferì continuare la guerra. S'indusse finalmente a trattare con la Francia e col firmano del 1690 restituì ai cattolici tutti i Luoghi santi. Questo firmano del 1690 fu poi base per tutti i successivi trattati e capitolazioni che le potenze firnarono coi Turchi circa i Luoghi santi. Così nei trattati di pace di Carlowitz (26 gennaio 1699), di Passarowitz (21 giugno 1718), di Belgrado (18 novembre 1739) e di Sistov (4 agosto 1791), come anche nelle capitolazioni rinnovate con la Francia nel 1742. Dopo il firmano del 1690 fu facile alla Francia di reprimere i tentativi dei Greci che si opponevano alla ricostruzione della cupola maggiore del S. Sepolcro, che ebbe luogo nel 1719.
Nel 1757 i Greci distrussero e saccheggiarono tutti gli arredi sacri dei Latini nel Santo Sepolcro, ruppero le lampade d'oro e gli stemmi delle potenze cattoliche che ornavano il sacro tempio. L'atto brutale svisato a Costantinopoli, fruttò ai Greci la protezione del gran visir Regeb Pascià, che concesse loro, a danno dei Latini, il sepolcro della Vergine nella Valle di Giosafat, la basilica di Betlemme e la comproprietà della Tomba di Cristo coi Latini. Le proteste delle potenze cattoliche, Francia, Austria, Napoli, Venezia, ecc., non valsero a nulla: dal 1757 i francescani, espulsi dalla basilica dell'Assunzione, attendono ancora di essere reintegrati nei loro diritti. Nel 1829 gli Armeni ottennero un firmano che li autorizzava a dividere coi Latini e coi Greci il possesso del S. Sepolcro e della Pietra dell'unzione. Nel 1847 i Greci trafugarono la famosa stella d'argento che con l'iscrizione latina rendeva irrefragabile testimonianza dei diritti latini sulla S. Grotta di Betlemme. Quest'atto riaprì la questione dei Luoghi santi, che venne energicamente patrocinata dalla Francia con l'appoggio dell'Austria, della Spagna, del Belgio e del Piemonte. Mentre la Francia insisteva per avere una soddisfazione dalla Sublime Porta (1850-52), ecco che la questione venne ad aggravarsi per l'intervento della Russia a favore dei Greco-ortodossi.
Dopo il trattato di Parigi (1856), dove la questione dei Luoghi santi non fu toccata per un riguardo alla Russia, si giunse al congresso di Berlino (1878), che nell'articolo 62 del trattato fissò lo status quo nei Luoghi santi in favore della Francia: "Les droits acquis à la France sont expressément réservés, et il est bien entendu que aucune atteinte ne saurait etre portée au statu quo dans les Lieux-Saints". Finalmente, dopo gli ultimi 50 anni del cessato protettorato francese, cioè dopo la cacciata dei Turchi dalla Palestina, la questione dei Luoghi santi fu portata e lungamente discussa, prima nelle varie conferenze della pace, poi in seno alla Società delle Nazioni, senza però arrivare mai a una chiara ed esauriente soluzione della questione, oggi più che mai scabrosa e difficile per il mandato sulla Palestina affidato all'Inghilterra.
Periodo inglese (1917-1930). - Prima ancora della cacciata dei Turchi da Gerusalemme, gli alleati si erano accordati (1916) per dare alla Palestina un regime internazionale che avrebbe soddisfatto le aspirazioni di tutti. Ma, dopo conquistata Gerusalemme (10 ottobre 1917), l'Inghilterra riuscì a rivendicare per sé la Palestina, e così si arrivò al mandato britannico, che venne deciso a San Remo (aprile 1920) e confermato col trattato di Sèvres (10 agosto 1920) con la Turchia. In virtù dell'art. 95 di questo trattato la questione dei Luoghi santi veniva deferita alla Società delle Nazioni.
Fino da quando s'inaugurava a Parigi la Conferenza della pace (gennaio 1919), la Custodia francescana di Terrasanta aveva presentato a quel congresso un suo particolareggiato memoriale, nel quale chiedeva la revisione e sanzione dei titoli e diritti che le varie comunità religiose vantano sui Luoghi santi. Quasi contemporaneamente (29 giugno 1919), il patriarca greco di Gerusalemme, in un suo memorandum presentato al governo inglese, chiedeva altrettanto. Dopo questi memoriali, e dopo le insistenze specialmente dell'Italia, interessata a rivendicare i diritti della sua Corona sul Cenacolo, gli alleati apposero all'art. 95 del trattato di Sèvres (10 agosto 1920) il seguente capoverso: "La potenza mandataria si impegna a costituire nel più breve termine una commissione speciale per studiare ogni questione e ogni reclamo relativo alle varie comunità religiose e stabilirne il regolamento. Nel comporre questa commissione si terrà conto degl'interessi rengiosi in causa. Il presidente sarà nominato dalla Società delle Nazioni".
Intanto il cardinale P. Gasparri, segretario di stato pontificio, indirizzava (4 giugno 1922) al Consiglio della Società delle Nazioni un promemoria, nel quale dichiarava che la S. Sede "non potrebbe mai ammettere che una tale commissione si credesse in diritto di mettere in discussione la proprietà dei santu̇arî i quali da parecchi secoli, anche sotto la denominazione turca, rimasero sempre in pacifico possesso dei cattolici"; quindi faceva delle riserve sulla composizione della commissione, prevista nell'art. 14 del progetto Balfour, e proponeva che parte di essa venisse costituita dai consoli delle potenze residenti in Gerusalemme.
Dopo una risposta del gabinetto britannico (i luglio 1922) alla nota della S. Sede, il Consiglio della Società delle Nazioni approvò (24 luglio) il testo definitivo del mandato britannico, dove l'art. 14 subiva questa modificazione: "Sarà nominata dal mandatario una speciale commissione per studiare e definire i diritti e le pretese (testo francese: tous droits et réclamations; testo inglese: the rights and claims) in relazione ai Luoghi santi, e i diritti e le pretese relativi alle differenti comunità religiose in Palestina. Il metodo di nomina, la composizione e le funzioni di questa commissione saranno sottoposti al Consiglio della Società delle Nazioni per la sua approvazione, e la commissione non sarà nominata e non entrerà in funzione senza l'approvazione del Consiglio". Affidata così per due volte la nomina della commissione per i Luoghi santi all'Inghilterra, lord Balfour il 6 settembre 1922 presentava un progetto per la formazione di una commissione generale e di tre sottocomissioni particolari, composte di elementi così disparati e inconciliabili, che senz'altro fu rigettato dalle potenze interessate e dalla S. Sede, e provocò le proteste della stampa cattolica. Da quel giorno il problema dell'eligenda commissione dei Luoghi santi fu rimandato sine die.
Nel mese di agosto del 1929 scoppiarono in Palestina i tragici e sanguinosi conflitti fra ebrei e musulmani a cagione del cosiddetto Muro del pianto, luogo contrastato fra gli uni e gli altri. In conseguenza di ciò, il 22 novembre 1929, l'Inghilterra chiese a Ginevra la nomina di una commissione mista per risolvere questa questione del Muro del pianto. La commissione permanente dei mandati rispose (24 novembre) che la proposta britannica non era accettabile nella forma espressa, perché l'art. 14 del mandato contempla la formazione di una commissione destinata a risolvere tutte le questione dei Luoghi santi e non soltanto una particolare, qual'era quella del Muro del pianto. Dopo questo rifiuto, la proposta britannica passò al Consiglio della Società, dove l'accordo fu raggiunto in questi termini, il 14 gennaio 1930: "il Consiglio concede all'Inghilterra di comporre una commissione particolare per risolvere la questione del Muro del pianto, dichiara però di voler lasciato impregiudicato il problema della futura commissione per i Luoghi santi: non intendendo in alcuna maniera di pregiudicare la soluzione dei problemi che si riferiscono alla questione dei Luoghi santi, che eventualmente dovranno esser regolati in avvenire". Nella stessa seduta il ministro inglese A. Henderson propose che il vecchio problema della commissione destinata a risolvere qualunque questione concernente gli altri Luoghi santi della Palestina, venisse nuovamente sottoposto all'esame del Consiglio, e che ad esso venissero presentate proposte riguardo alla futura composizione della detta commissione. Dichiarò altresì che, sebbene il governo britannico non ritenesse chiare le disposizioni dell'art. 14 per quel che riguarda il metodo di nominare detta commissione, esso tuttavia avrebbe accettata qualunque interpretazione fosse stata considerata come esatta dal Consiglio della Società delle Nazioni. Subordinatamente a tale principio, il governo britannico esprimerà al Consiglio le proprie idee riguardo alla composizione della futura commissione.
Una soluzione della questione dei Luoghi santi non si avrà dunque mai senza la nomina di una commissione che accerti i diritti di tutti e dia il suo parere prima che il Consiglio della Società delle Nazioni proferisca a unanimità la sua sentenza definitiva.
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