LUOGOTENENZA (XXI, p. 668)
Della luogotenenza si parlò nella legge costituzionale 16 aprile 1939, n. 580 e nella legge 13 luglio 1939, n. 1103, con riferimento all'ordinamento albanese: ma si trattava di istituto assai diverso da quello più volte verificatosi in passato, non fosse altro che per il suo carattere stabile ed ordinario. Tale organo, naturalmente, è venuto meno con la scomparsa dell'unione italo-albanese. Di particolare importanza, invece, è la figura di luogotenenza generale che si ebbe in Italia durante il periodo fra il 5 giugno 1944 ed il 9 maggio 1946. In relazione alle circostanze determinatesi nel corso del 1944 nella vita politica italiana (per le quali v. italia: Storia, in questa App.) re Vittorio Emanuele III, in un suo proclama del 12 aprile 1944, annunciò la sua intenzione di ritirarsi dalla vita pubblica e di nominare suo luogotenente generale il figlio Umberto con decorrenza dalla data della effettiva entrata delle truppe alleate in Roma. Infatti, col decreto 5 giugno 1944, n. 140, il sovrano stabiliva: "Il nostro amatissimo figlio, Umberto di Savoia, principe di Piemonte, è nominato nostro luogotenente generale. Sulla relazione dei ministri responsabili, egli provvederà in nome nostro a tutti gli affari dell'amministrazione ed eserciterà tutte le prerogative regie, nessuna eccettuata, firmando i reali decreti, i quali saranno contrassegnati e firmati nelle solite forme".
È stato ritenuto che tale decreto andava connesso strettamente al proclama citato del re, e che perciò non si trattava di luogotenenza vera e propria, non presentando essa i requisiti della temporaneità, della limitazione dei poteri e della possibilità di avocazione da parte del re, che avevano sempre caratterizzato l'istituto in questione. Tale opinione si è venuta rafforzando con l'emanazione del decr. legge luog. 25 giugno 1944 n. 151, ove si stabilisce che, dopo la liberazione del territorio nazionale le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano, il quale a tal fine eleggerà a suffragio universale, diretto e segreto una Assemblea costituente per deliberare la nuova Costituzione dello stato. Inoltre ivi è detto che i ministri e i sottosegretarî di Stato giurano sul loro onore di esercitare la loro funzione nell'interesse supremo della nazione e di non compiere, fino alla convocazione dell'Assemblea costituente, atti che comunque pregiudichino la soluzione della questione istituzionale: in tal modo veniva abolito il giuramento di fedeltà anche al re. Infine si stabiliva che i decreti legislativi venissero sanzionati e promulgati dal luogotenente generale del regno (non del re); tutti segni, questi, che il governo non era più responsabile anche verso il re o il luogotenente, ma soltanto, - si affermava - nei confronti del CLN centrale. Di qui l'opinione di una parte della dottrina, la quale negava che, nel caso, si trattasse di luogotenenza per vedere invece degli esempî di reggenza o di abdicazione. Ma è da osservare, d'altra parte, che l'applicazione di tali istituti non sarebbe potuta avvenire se non in modo improprio ed introducendo molte deroghe alle rispettive nozioni elaborate secondo il nostro diritto. Sembra piuttosto che occorra tenere presenti i precisi termini usati nel decreto istitutivo della luogotenenza, ove traspare chiara la volontà di dare luogo ad un organo straordinario, delegato dal re; ogni ulteriore deviazione dalla figura tradizionale è ben comprensibile, data la serie di compromessi e di adattamenti, di cui si dovette fare uso nell'ordinamento costituzionale provvisorio avanti di giungere alla soluzione nella questione istituzionale. Tutto ciò ha portato ad alterazioni nella fisionomia tipica dell'istituto, quale risultava non da norme scritte ma dalla consuetudine, senza però che si debba concludere che siasi dato luogo, come vorrebbe un'altra opinione, ad una figura giuridica nuova, determinata dalla necessità e dalle contingenze del difficile momento politico, senza possibilità di essere identificata con l'istituto della luogotenenza generale, quale nel passato.