MELLONI, Macedonio
– Nacque a Parma l’11 apr. 1798, secondo di quattro fratelli, da Antonio, facoltoso commerciante, e da Rosalia Jabalot.
Compì gli studi nella locale R. Accademia di belle arti, approfondendo privatamente le conoscenze di matematica e fisica sotto la guida di A. Lombardini e di P. Sgagnoni. Promettente disegnatore e pittore (sue opere si conservano nella Pinacoteca di Parma e nel Kupferstichkabinett di Dresda), nel 1819 si recò a Parigi per apprendere l’arte dell’incisione ma preferì seguire (sembra informalmente, come semplice uditore) le lezioni di matematica e fisica all’École polytechnique. Tornato nel 1823 a Parma, l’anno successivo venne nominato professore sostituto alla cattedra di fisica teorico-sperimentale nella locale Università, tenuta da Sgagnoni; il 26 ag. 1827 divenne titolare della cattedra e direttore dell’annesso gabinetto fisico. La ricerca giovanile del M. fu fortemente influenzata dal pensiero del fisico ginevrino P. Prévost, i cui lavori lo spinsero ad affrontare lo studio del calore radiante.
Di Prévost condivise la teoria dell’esistenza di due specie di trasmissione del calore, ma anche l’impostazione metodologica («La difference apparente entre l’interception de la chaleur et celle de la lumière par le mêmes matières n’établit aucune conclusion legittime sur la difference ou l’identité de la lumière et de la chaleur»: M. Melloni, Carteggio 1819-1854, p. 105). A questi anni risalgono la conoscenza e l’amicizia con il fisico modenese L. Nobili, ben noto alla comunità scientifica italiana e straniera per l’ideazione del galvanometro astatico. Dai ripetuti incontri con Nobili nacque una proficua collaborazione scientifica, interrotta solo dalla prematura morte di questo nel 1835. Il M. modificò infatti la termopila ideata da Nobili, aumentandone la prontezza e la sensibilità. Con essa e il galvanometro astatico il M. assemblò il termomoltiplicatore. Lo strumento, concepito per mostrare la superiorità su apparecchi quali i termoscopi, si rivelò di respiro più vasto. Con esso infatti si gettavano le basi per una ricerca sistematica sulle leggi di trasmissione e di assorbimento, che il M. sviluppò da solo. Nel periodo giovanile il M. si occupò pure di questioni di igrometria, anche se il suo contributo in questo campo non è di grande rilevanza dal punto di vista teorico, poiché egli si limitò a proporre un metodo di taratura dell’igrometro di H.-B. de Saussure. Convinto, come molti suoi contemporanei, che quell’igrometro fornisse risultati fortemente approssimati, ne realizzò una variante, conservata al dipartimento di fisica dell’Università di Parma. Tale strumento che, anche se ingegnoso, non venne adottato da altri scienziati, ha tuttavia un grande valore storico non solo perché rimane l’unico prototipo realizzato dal M., ma soprattutto perché alla sua costruzione contribuirono vari artigiani italiani e stranieri. Infatti i tubi barometrici si costruirono a Ginevra, le parti meccaniche a Parma, mentre la doppia scala micrometrica fu di G.B. Amici.
Il 15 nov. 1830, nella prolusione al proprio corso, il M. pronunciò parole di encomio per gli studenti francesi che avevano contribuito alla cacciata di Carlo X; il giorno successivo la duchessa Maria Luigia lo destituì dall’incarico. Nel febbraio 1831, dopo un soggiorno a Firenze, fu di nuovo a Parma, invitato da F. Linati a far parte come membro aggiunto del governo provvisorio rivoluzionario; il suo prestigio fu decisivo per ottenere l’appoggio degli studenti. Egli propose la costituzione di reggimenti parmensi da unire a quelli bolognesi e modenesi già posti sotto il comando del generale C. Zucchi. Con la restaurazione del governo ducale (13 marzo) il M. fuggì da Parma e si rifugiò a Dôle, in Francia, dove insegnò per quattro mesi, per poi trasferirsi a Ginevra, dove lavorò nel laboratorio di A. De La Rive. Nel 1833 fu a Parigi, dove il 4 febbraio presentò all’Académie des sciences un primo grande lavoro sul calore radiante, inizialmente ignorato (solo nel 1835 J.-B. Biot, F. Arago e S.D. Poisson redassero un rapporto favorevole). Lo stesso anno la Royal Society gli conferì la medaglia Rumford.
I risultati ottenuti dal M. fornivano forti argomenti per definire il comportamento dei materiali investiti dal calore radiante. In questo campo di ricerca egli introdusse una nuova nomenclatura per i fenomeni studiati; designò thermocrôse la dispersione cromatica del calore radiante; diatermansia la diversità dell’irraggiamento termico delle sorgenti utilizzate (Cubo di Lesile, Spirale di Platino, Lampada di Locatelli, Piastra di Rame); atermano e diatermano un corpo rispettivamente opaco o trasparente al calore radiante.
A Parigi il M. frequentò anche esuli e rifugiati politici: fu amico del poeta carbonaro P.C. Giannone e del medico P. Pirondi; la sua casa fu frequentata dai mazziniani P. Berghini e G. Lamberti. Protetto a Parigi da intellettuali, accademici e da politici repubblicani, durante il regno di Luigi Filippo godette di una posizione di esule di riguardo.
Nel 1837, ottenuta la revoca del decreto di esilio per intercessione degli amici e mentori A. von Humboldt e F. Arago, tornò in patria. Nel 1839 si trasferì a Napoli per dirigere l’osservatorio meteorologico e il conservatorio di arti e mestieri; scelse di collocare il primo sulle pendici del Vesuvio e ne seguì la costruzione.
Un’impresa cui il M. dedicò molto tempo e abnegazione fu la realizzazione di una serie di fari lungo le coste del Regno delle Due Sicilie, nei quali gli usuali specchi riflettori furono sostituiti con le lenti rifrangenti, frutto dell’invenzione del fisico francese A. Fresnel. Nel 1841, su esempio di quanto già avvenuto in Francia all’inizio del secolo, venne istituita una commissione per i fari che, sotto la presidenza del M., stilò il progetto di una rete di fari rifrangenti da installarsi in tutto il Regno. Il programma procedette con una certa regolarità e i primi fari vennero installati nel 1842 dal costruttore francese H. Lepaute.
Nel 1843 il M. sposò a Roma l’inglese Augusta Bignell Philipson, con la quale ebbe quattro figli. Con gli anni gli giunsero molteplici riconoscimenti e onorificenze: fu socio ordinario della Società italiana delle scienze (dei XL), corrispondente della classe di fisica dell’Accademia delle scienze di Parigi e delle Accademie delle scienze di Berlino, San Pietroburgo, Stoccolma e dei Lincei romani.
Fu inoltre insignito della Legion d’onore e fu cavaliere dell’Ordine Mauriziano, di quello prussiano dell’Aquila Nera, dello Stefaniano di Toscana.
Nel 1845, in occasione del VII congresso degli scienziati italiani tenuto a Napoli, il M. inaugurò l’osservatorio meteorologico vesuviano, nonostante l’incompiutezza dei lavori. Gli strumenti destinati al gabinetto fisico dell’osservatorio, che non entrò in funzione finché visse il M., furono da lui sistemati in casa sua (oggi fanno parte della collezione di strumenti antichi del Museo di fisica dell’Università di Napoli), dove li utilizzò anche dopo il 1849, quando venne destituito da tutte le cariche pubbliche perché coinvolto nell’esperienza costituzionale dell’anno precedente.
Già membro, prima dei moti, del Circolo costituzionale, nell’aprile 1848 propose la costituzione d’un battaglione universitario da inviare in Lombardia, e fece poi parte della commissione di Pubblica Istruzione (marzo-giugno 1849). Pur non avendo avuto un ruolo politico esplicito, il M. fu condannato in un primo tempo all’esilio dal Regno; inoltrò allora una supplica a Ferdinando II per poter rimanere a Napoli; ottenuta la revoca del bando, si ritirò nella sua casa di Portici.
Nel 1850 pubblicò a Napoli, per i tipi di J. Baron, il primo volume de La thermochrôse ou la coloration calorifique (rist. anast., a cura di G. Polvani - G. Todesco, Bologna 1954).
L’opera non fu concepita come un manuale di fisica, ma come un trattato specialistico sulla teoria del calore radiante, che rappresentava lo sviluppo delle teorie espresse nei precedenti lavori. Il M. mise in risalto la novità della ricerca, spesso sottovalutata, convinto che il primo rapporto, peraltro estremamente favorevole, di J.-B. Biot, tendesse a sminuire la validità dei risultati raggiunti, considerati solo come meri dati empirici a conferma della teoria vigente. In quattro ampie sezioni il M. discusse le caratteristiche delle sorgenti di calore radiante utilizzate, definì il metodo per tarare le sorgenti e infine analizzò la trasmissione del calore radiante nel vuoto e nell’aria attraverso sostanze differenti. L’opera, attesa nel mondo scientifico, suscitò molto interesse; sia Arago sia De La Rive ne dettero comunicazione nelle sedute delle rispettive accademie, e Humboldt predisse che avrebbe attirato l’attenzione dell’intera Europa perché riguardava «régions inconnues avant vos grandes et admirables découvertes» (Melloni, Carteggio, p. 63). La thermochrôse, concepita in due tomi, prese il titolo dal contenuto del secondo, cui il M. lavorò negli ultimi anni senza mai pubblicarlo (il manoscritto è probabilmente andato distrutto).
Il M. sperava, con quest’opera, di essere nuovamente insignito con la medaglia Rumford. Scrisse in questo senso a M. Faraday, già suo corrispondente, pregandolo di presentare la Thermochrôse in una seduta della Royal Society. Anche l’Università di Torino, attraverso l’amico G. Plana, gli prospettò un impiego che egli tuttavia rifiutò.
Il M. morì a Napoli l’11 ag. 1854, prima che le sue speranze di ritorno alle proprie funzioni si realizzassero, vittima dell’epidemia di colera asiatico che aveva colpito la città.
Oltre che all’attività scientifica la notorietà del M. è legata a una supposta lettera che gli sarebbe stata inviata da A. Lincoln nel 1853. Nella lettera, congegnata come una risposta a un’altra del M., così da farla apparire come parte d’una corrispondenza più ampia (della quale non resta alcuna traccia), Lincoln – ancora semplice avvocato nell’Illinois – si pronunciava per un’Italia unita, la cui capitale sarebbe stata Roma (indicata anche come capitale di una futura unione europea), e per l’appartenenza a essa dell’intera costa orientale dell’Adriatico dal Quarnaro alle Bocche di Cattaro. Il testo, emerso in circostanze non chiare subito dopo il 1900, corredato da una traduzione italiana attribuita a G. Mazzini (che l’avrebbe realizzata tra 1862 e 1864 per richiesta della contessa Fulvia Crivelli), fu creduto autentico dai più, incluso G. Carducci; nel 1908 E. De Amicis pensò di pubblicarlo; B. Mussolini lo pubblicò nel Popolo d’Italia (2 apr. 1920); apparve poi a cura di G.L. Capobianco nella Rassegna storica del Risorgimento, XVIII (1931), 2-3, pp. 460-467 (quindi in P. Addeo, Abramo Lincoln e l’Italia, Napoli 1936, e ancora altrove). L’originale della versione italiana, che a lungo si credette conservato nell’archivio modenese dei conti Zuccolini fu reso accessibile solo in una copia fotografica, che gli esperti della scrittura di Mazzini considerarono sufficiente per ritenerlo un artefatto. Dopo il 1950 la tesi della non autenticità ha prevalso definitivamente (sul dibattito si vedano: Ghisalberti, 1954, e Melloni, Carteggio, pp. 460-467), ma il contesto della sua origine resta in parte da chiarire.
Opere. Tra i lavori scientifici del M. (elenco completo in Melloni, Carteggio, pp. 13-26) si possono ricordare: Osservazioni intorno all’influenza delle variazioni barometriche sullo stato del cielo, in Giorn. di fisica, chimica, storia naturale, medicina ed arti, VII (1824), pp. 170-174; Mémoire sur l’hygrométrie, in Annales de chimie et de physique, 1830, vol. 43, pp. 39-64; Recherches sur plusieurs phénomènes calorifiques entreprises au moyen du thermomultiplicateur, ibid., 1831, vol. 48, pp. 198-218 (in collaborazione con L. Nobili); Mémoire sur la transmission libre de la chaleur rayonnante par différens corps solides et liquides, ibid., 1833, vol. 58, pp. 5-73; Description d’un appareil propre à répéter toutes les expériences relatives à la science du calorique rayonnant, contenent l’exposé de quelques faits nouveaux sur les sources calorifiques et les rayons qui en émanent, in L’Institut, III (1835), pp. 22-26; Sur la réflexion de la chaleur rayonnante, in Comptes rendus des séances de l’Académie des sciences, I (1835), pp. 300-304; Memoria sopra una colorazione particolare che manifestano i corpi alle radiazioni chimiche: sulle attinenze di questa nuova colorazione colla termocrosi e colla colorazione propriamente detta: sull’unità del principio d’onde derivano queste tre proprietà della materia ponderabile, e sull’eguaglianza di costituzione dei raggi di qualunque maniera, vibrati dal sole e dalle sorgenti luminose o calorifiche, Napoli 1842 (anche in Bibliothèque universelle, XXXIX [1842], pp. 121-175); La thermocrôse ou la coloration calorifique, Ier partie, Naples 1850; Polarità magnetica delle lave e delle rocce affini: calamitazione delle lave pel calorico, in Atti della Pontificia Acc. dei Nuovi Lincei, V (1851-52), pp. 92-97; Principali proposizioni relative al magnetismo delle rocce, in Rendiconti della R. Acc. delle scienze di Napoli, II (1853), pp. 187-191; Sul magnetismo polare di alcune lave del monte Vulture, in Corrispondenza scientifica in Roma, III (1855), pp. 30-32; Sull’induzione elettrostatica, in Memorie della R. Acc. delle scienze di Napoli, I (1856), pp. 327-334.
Fonti e Bibl.: M. Melloni, Carteggio 1819-1854, a cura di E. Schettino, Firenze 1994; J. Jamin, La physique depuis les recherches d’Herschel. - M. et ses travaux sur la chaleur rayonnante, in Revue des deux Mondes, VIII (1854), pp. 1109-1141; L. Pinto, Della vita e della opere di M. M., Napoli 1872; I. Guareschi, Nuove notizie storiche sulla vita e sulle opere di M. M., in Memorie della R. Acc. delle scienze di Torino, LIX (1909), pp. 1-59; A. Del Prato, M. M. nei moti del 1831 in Parma, Parma 1909; E.S. Cornell, The radiant heat spectrum from Herschel to M., 2, The work of M. and his contemporaries, in Annals of science, III (1938), pp. 402-416; A.M. Ghisalberti, Lincoln, M., Mazzini e c., in Rass. stor. del Risorgimento, XLI (1954), pp. 17-29; G. Todesco, Opere e vita di M. M., in Il Nuovo Cimento, s. 10, II (1955), suppl. 3, pp. 501-509; J.Z. Buchwald, M., M., in Dictionary of scientific biography, a cura di Ch.C. Gillispie, IX, New York 1974, pp. 264 s.; E. Schettino, Nobili, M. e il termomoltiplicatore, in Giornale di fisica, XXV (1984), pp. 365-371; Id., A new instrument for infrared radiation measurements: the thermopile of M. M., in Annals of science, LXVII (1989), pp. 511-517.
E. Schettino