madre (matre; mate)
Sostantivo ad alta frequenza, che si registra quasi sempre nella forma con la dentale sonora, mentre la forma latineggiante compare solo due volte nella Commedia, e in rima (If XIX 115 e Pg XXX 52); la forma mate in VE II VII 4, nell'enumerazione di vocaboli puerili.
Il significato proprio è il più frequente: Rime LXXIII 12 Piange la madre [di Nella, moglie di Forese Donati]; Cv IV XXIV 14 sì come, nato, tosto lo figlio a la fetta de la madre s'apprende; If XXVII 74 Mentre ch'io [Guido da Montefeltro] forma fui d'ossa e di polpe / che la madre mi diè; Pd XVI 35 Da quel dì che fu detto ‛ Ave ' / al parto in che mia madre... / s'allevïò di me [Cacciaguida] ond'era grave; e ancora: Cv IV XXV 10, If XXII 49, Pg VIII 73, IX 37, XII 50, XVII 39, XXVI 95, XXVIII 51, Pd IV 104, VIII 8, XII 60 e 80, XV 123, XVI 60, XXVII 134, XXXII 69, Fiore XV 12, CLXXV 5, CCXIV 10, CCXV 3, CCXXXI 5.
Più volte, in contesti di similitudini, il termine indica l'atteggiamento di Beatrice verso D. o il modo in cui ella gli appare: Pg XXX 79 Così la madre al figlio par superba [" spietata "], / com'ella parve a me; Pd I 102 ella... / li occhi drizzò ver' me con quel sembiante / che madre fa sovra figlio deliro, e XXII 4. Una volta è riferito, per similitudine, a Virgilio, quand'egli, appunto come una madre, " esempio di misura di amore massimo " (Mattalia), sottrae D. alla furia dei diavoli in Malebolge (If XXIII 38). In Pd XXXIII 1 Vergine Madre, figlia del tuo figlio (si noti il rilievo antitetico dei termini), e in Pg XV 89, il sostantivo è riferito alla Madonna, mentre l'antica matre (XXX 52) è Eva, " progenitrice " del genere umano.
Talvolta il sostantivo è riferito a figure allegoriche o a personificazioni: Vn VIII 8 2 Morte villana, di pietà nemica, / di dolor madre antica; Rime CIV 35 son suora a la tua [di Amore] madre, e son Drittura; Fiore LXXX 6 sua madre Ipocresia, cui si allude anche in CXIX 14.
Indica la femmina di un animale in rapporto ai piccoli, in Pd V 83 Non fate com'agnel che lascia il latte / de la sua madre.
Varia risulta, nei commentatori antichi e moderni, l'identificazione del sostantivo in Pg XI 63 non pensando a la comune madre, espressione posta in bocca a Omberto Aldobrandesco. Benvenuto nota che il termine si può riferire o ad Eva, " ex qua omnes sumus nati ", o alla terra " quae est communis omnium parens ", o ancora - ed è questa per lui l'interpretazione migliore - alla " femina, ita quod per viam nativitatis nulla est differentia inter regem et rusticum ". La seconda interpretazione (" la terra ") è certamente quella che più ha avuto fortuna fra gl'interpreti, anche per il possibile riferimento a Ecli. 40, 1 (" usque in diem sepulturae, in matrem omnium "): la ritroviamo, o come l'unica proposta o come quella da preferire, in Anonimo, Vellutello, Daniello, e parecchi altri. Non vi sono, tuttavia, elementi sufficienti per accettare l'una o l'altra interpretazione, perché, se è vero che " è più conveniente al superbo che si umilia l'allusione alla terra " (Vandelli), altrettanto pertinente potrebb'essere il riferimento a Eva, la quale, oltre che progenitrice del genere umano, fu anche la prima peccatrice per superbia, avendo disubbidito a Dio e sperato di farsi simile a lui (cfr. Pg XII 71-72 Or superbite, e via col viso altero, / figliuoli d'Eva). Nota inoltre il Porena che " in un aristocratico pentito è più significativo l'altro senso [cioè l'allusione a Eva], di carattere genealogico ". Degno di rilievo, infine, quanto scrive il Chimenz per ricomprendere il riferimento a Eva in quello alla terra: " del resto anche Eva risale alla terra di cui fu fatto Adamo ". Il senso generale del sintagma resta, in ogni modo, chiaro: Omberto vuole riferirsi alla " comune origine " che rende tutti gli uomini uguali, il che non era stato da lui considerato durante la sua vita di superbo.
Nel senso figurato di " causa ", " origine ", m. va ricondotto alla componente allegoristica e simbolistica del lessico dantesco: Cv I I 9 misericordia è madre di beneficio; X 7 nulla fa tanto grande quanto la grandezza de la propia bontade, la quale è madre e conservatrice de l'altre grandezze; III XV 15 dico lei [la sapienza] essere di tutto madre; IV XXVIII 16; If XIX 115 Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, / non la tua conversion, ma quella dote / che da te prese il primo ricco patre !.