MAESTRO di CAMPODONICO
Pittore anonimo, attivo nelle Marche intorno alla metà del sec. 14°, noto anche come Maestro di S. Biagio in Caprile, che prende il nome dall'affresco con una Crocifissione, datato 1345 (Urbino, Gall. Naz. delle Marche), rinvenuto durante la periegesi marchigiana di Venturi (1915) nell'abbazia benedettina di S. Biagio in Caprile presso Campodonico, un borgo presso Fabriano.Nella stessa chiesa sono stati riferiti al maestro (Venturi, 1915; Serra, 1929) anche gli affreschi di una nicchia con l'Annunciazione, Cristo alla colonna e due santi (Urbino, Gall. Naz. delle Marche). Agli affreschi eponimi Molajoli (1932) ha poi aggiunto quelli della chiesa di S. Maria Maddalena a Fabriano, ora staccati ma ricollocati in situ, raffiguranti una Crocifissione e un'Annunciazione; quest'ultima, sicuramente di mano del maestro, mostra la rara iconografia dell'angelo annunciante da destra. La data 1336, graffita sull'affresco e in seguito trascritta in basso, non è stata ritenuta attendibile da Marchini (in Mostra di opere d'arte restaurate, 1966).Al M. di Campodonico è stato anche riferito con sicurezza (Toesca, 1951) l'affresco con i Ss. Giovanni Battista e Caterina, proveniente dall'abbazia di S. Maria dell'Appennino (Fabriano, Palazzo Serafini), e, più dubitativamente, la Madonna in trono della stessa provenienza, rifiutata da Zeri (1963) e da Molajoli (19682). A questa produzione, tutta murale e circoscritta alla zona di Fabriano, che con vani tentativi si è cercato di accrescere con altri affreschi in loco, Zeri (1963) ha aggiunto un dipinto su tavola raffigurante Cristo alla colonna, sovrastato dal Giudizio universale (La Valletta, Nat. Mus.).Da questi dipinti emerge una personalità di grande rilievo culturale e tenuta formale, che non ha paralleli nella pittura marchigiana del momento, tanto che Berenson (1932) credette gli affreschi di Campodonico opera dell'abruzzese Andrea Delitio. Come per tutte le grandi personalità, inoltre, capaci di elaborare in forme assolutamente originali i sedimenti e le tangenze del proprio bagaglio culturale, è difficile nel caso del M. di Campodonico trovare riferimenti precisi. Emerge tuttavia nella sua opera un sottofondo riminese - probabilmente mediato dal Maestro di S. Emiliano, anch'egli operante a Fabriano -, che maggiormente traspare nell'Annunciazione della chiesa di S. Maria Maddalena, da ritenersi comunque, anche se è dubbia l'originalità della data, l'opera più antica. Nella Crocifissione eponima, invece, la complessa orchestrazione della scena e la sintesi plastico-cromatica, raggiunta con raffinato senso del colore (nonostante le gravi perdite) e della luce, mostrano una meditazione della lezione spaziosa e plastica del Giotto assisiate e della sua bottega - estesa anche a Puccio Capanna (Crocifissione proveniente dall'oratorio di S. Rufinuccio, Assisi, Arch. e Mus. Capitolare) -, combinata con la sapienza illustrativa colta attraverso gli affreschi di Pietro Lorenzetti in S. Francesco ad Assisi. Del resto, il carattere colto e sostenuto dell'opera è confermato anche dalla bellissima scritta che in lettere raffinate (Toesca, 1951) corre autonomamente sotto il dipinto e che può essere sciolta con la seguente lettura: "Hoc opus factum fuit tempore Domini Petri abatis anno domini MCCCVL", fornendo così il nome del committente, l'abate Pietro, a capo del monastero di S. Biagio dal 1336 (Neri Lusanna, 1995).Gli affreschi già in S. Maria dell'Appennino, espansi nelle forme sintetiche sottolineate da campiture vive di colore, paiono registrare in anni di poco posteriori l'aggiornamento del pittore sulla pittura fiorentina e senese degli anni quaranta del secolo, da Maso di Banco alla tarda attività di Pietro e Ambrogio Lorenzetti. In questo percorso non sembra trovare plausibile collocazione l'importante tavola della Valletta (Volpe, 1965; Donnini, 1971), cosicché il M. di Campodonico resta noto soltanto attraverso la sua attività di frescante, che, per la verità, non ebbe eco immediata nelle Marche, salvo per gli affreschi della cappella destra di S. Francesco a Tolentino e per quelli dell'oratorio di S. Maria della Stella a Monte Martello presso Cagli. Marcelli (1996), accettando invece l'attribuzione della tavola della Valletta, suggerisce di identificare il pittore con Bartoluccio da Fabriano.Maggiore attenzione gli venne invece rivolta in una temperie già tardogotica, come mostra l'anonimo maestro che citò brani dalla Crocifissione in una tavoletta di analogo soggetto (Fabriano, Pinacoteca Civ. e Mus. degli Arazzi) e come pare di cogliere nelle prime opere di Carlo da Camerino, per es. nell'Annunciazione (Urbino, Gall. Naz. delle Marche).
Bibl.: L. Venturi, A traverso le Marche, L'Arte 18, 1915, pp. 1-28; R. Sassi, Documenti di pittori fabrianesi, Rassegna marchigiana 2, 1923-1924, pp. 473-478; L. Serra, L'arte nelle Marche, I, Pesaro 1929, pp. 262-264; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Oxford 1932 (trad. it. Pittura italiana del Rinascimento, Milano 1936); B. Molajoli, Opere d'arte inedite e sconosciute. I. Un affresco del Maestro di San Biagio in Caprile, Rassegna marchigiana 10, 1932, pp. 167-174; Toesca, Trecento, 1951, pp. 674-676; F. Zeri, Un ''unicum'' su tavola del Maestro di Campodonico, BArte, s. IV, 48, 1963, pp. 325-331; C. Volpe, La pittura riminese del Trecento, Milano 1965, p. 59 nr. 54; Mostra di opere d'arte restaurate, a cura di G. Marchini, cat., Urbino 1966; G. Donnini, Proposte per il Maestro di Campodonico, Studia Picena 35, 1967, pp. 53-63; L'Europe gothique XIIe-XIVe siècles, cat., Paris 1968, p. 195 nr. 313; B. Molajoli, Guida artistica di Fabriano, Roma 19682; G. Donnini, Nuove osservazioni sul Maestro di Campodonico, Commentari 22, 1971, pp. 326-333; E. Neri Lusanna, Pittura del Trecento nelle Marche, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, II, pp. 414-422; P. Zampetti, Pittura nelle Marche, I, Dalle origini al primo Rinascimento, Firenze 1988, pp. 118-119; P. Zampetti, G. Donnini, Gentile e i pittori di Fabriano, Firenze 1992; E. Neri Lusanna, Marche, in Pittura murale in Italia, I, a cura di M. Gregori, Bergamo 1995, pp. 168-176; F. Marcelli, Un possibile nome per il Maestro di Campodonico: Bartoluccio da Fabriano, Commentari d'arte 2, 1996, pp. 21-28.