MAESTRO ESPRESSIONISTA di S. CHIARA
Pittore anonimo, attivo in Umbria tra la fine del Duecento e la prima metà del Trecento, che deriva la propria denominazione dagli affreschi attribuitigli nella chiesa di S. Chiara ad Assisi (braccio destro del transetto, vele della crociera).A Thode (19042) va attribuito il merito di aver individuato per primo il pittore con l'appellativo di M. di S. Chiara, collocandolo nell'ambito strettamente giottesco. Longhi (1963) caratterizzò successivamente la personalità di questo "giottesco di S. Chiara", ritenuto attivo ad Assisi tra il 1315 e il 1330, con l'icastica definizione di "agrodolce espressionista" e, ravvisando un'estrazione fiorentina del maestro, ne suggerì una possibile identità con Buonamico Buffalmacco. All'ignoto pittore veniva accostato il trittico con Crocifissione e santi nella cappella del Sacramento in S. Chiara, già messo in relazione con gli affreschi del transetto e delle vele da Cavalcaselle (Crowe, Cavalcaselle, 1864) e da Thode (19042). Al nucleo dei dipinti raccolti attorno al M. Espressionista di S. Chiara, Longhi (1963) aggiunse il dittico con Crocifissione e Madonna in trono tra angeli (Parigi, Louvre).Un passo avanti per la messa a fuoco del pittore, inserito nel panorama artistico del primo Trecento umbro, si ebbe con Bellosi (1966; 1974), che suggerì di fondere in un'unica identità artistica la figura del M. Espressionista di S. Chiara e quella del Maestro del Crocifisso di Montefalco, personalità che Previtali (1967) aveva scorto nella schiera dei collaboratori umbri di Giotto, attivo nelle ultime tre Storie di s. Francesco della basilica superiore di Assisi, riferite in precedenza al fiorentino Maestro della S. Cecilia. Le altre opere del Maestro del Crocifisso di Montefalco - crocifisso eponimo (Montefalco, Pinacoteca-Mus. Com.) e crocifisso di Assisi (Mus. e Pinacoteca Com.) - corrispondevano per Bellosi alla fase giovanile della carriera del M. Espressionista, i cui termini cronologici avrebbero dovuto considerevolmente anticiparsi.La datazione ai primi anni del Trecento, comunemente accettata dalla critica (Boskovits, 1971a; Todini, 1986; Lunghi, 1994) per gli affreschi del braccio destro del transetto nella chiesa assisiate di S. Chiara, trova fondamento nelle puntuali citazioni di motivi, e addirittura di particolari, desunti dal ciclo francescano di Assisi, che dimostrano la diffusione assai precoce della prima maniera giottesca; il fenomeno risulterebbe ancor più significativo se si accettasse l'opinione di Angelini (1988), che pone l'esecuzione degli affreschi di S. Chiara allo scadere del sec. 13°, in base alla recente proposta di datare entro il 1292 le Storie di s. Francesco. Il ciclo di S. Chiara si porrebbe in stretto parallelo, anche temporale, con gli esiti raggiunti nella decorazione della sala dei Notari a Perugia (1296-1297), affidata a due artisti, uno di matrice più arcaica, il Maestro del Farneto, l'altro dotato di un 'vigore ruvido' nell'esecuzione, identificabile per Boskovits (1981), ma non per Bellosi (1985), con il M. Espressionista.In chiave di esperienza diretta del linguaggio giottesco, all'interno della bottega assisiate, va letta la partecipazione del M. Espressionista di S. Chiara agli affreschi della cappella di S. Nicola (ante 1306) nella basilica inferiore di Assisi, affidati quasi per intero a un fedele 'registratore di Giotto', il Maestro di S. Nicola: l'intervento del M. Espressionista sarebbe riconoscibile nell'esecuzione di alcune figure e di dettagli dalla parlata schiettamente umbra (Boskovits, 1971a). La collaborazione si estenderebbe anche ad alcuni brani della decorazione nella vicina cappella della Maddalena, commissionata a Giotto dopo il soggiorno padovano, distinti da un'aridità e da una durezza di segno quasi metallico, riconducibili invece per Previtali (1969) alla mano del Maestro di S. Nicola. Le imprese nel cantiere francescano di Assisi confermerebbero un'attività oramai consolidata del M. Espressionista a una data assai precoce.Dalla sequenza ipotetica delle opere del M. Espressionista proposta da Scarpellini (1969) e da Boskovits (1971a), che accoglie tra l'altro nella fase più antica la croce della Coll. Stoclet di Bruxelles, assegnatagli anche da Longhi (1973), emerge un percorso stilistico sufficientemente coerente; da un momento iniziale strettamente legato ai modi giotteschi l'artista passò a un graduale distacco dai canoni del maestro, in favore di una più immediata visione espressiva.Sulla scorta della cronologia sensibilmente anticipata per gli affreschi del transetto in S. Chiara, acquistano il dovuto rilievo di precoci testimonianze del dettato giottesco, assimilato e rimeditato dai pittori locali umbri, le prove offerte dal M. Espressionista nel Crocifisso di Assisi e, ancor più chiaramente, nell'immagine di Cristo in S. Andrea a Spello. Riconosciutogli da Todini (1986), il crocifisso di Spello - assegnato, sia pur dubitativamente, al Maestro del Crocifisso di Montefalco da Previtali (1967) e invece ricondotto al Maestro del Farneto da Boskovits (1981) - si pone come esempio sublime di riflessione sulla lezione giottesca in chiave espressiva del dolore esternato in acute spezzature e violente contrapposizioni cromatiche. Poco più tardi si situano le quattro tavole (coll. privata) pubblicate per la prima volta da Previtali (1967): S. Francesco, Cristo benedicente, S. Caterina, la Maddalena che riceve le vesti. Bellosi (1974) assegnò al M. Espressionista solo l'ultima di esse, collocandola in un periodo intermedio tra le opere giovanili (quelle fino ad allora attribuite al Maestro del Crocifisso di Montefalco) e le successive prove nella chiesa delle Clarisse.Le scene del transetto destro di S. Chiara ad Assisi, purtroppo danneggiate (Giudizio finale, Sposalizio della Vergine, Annuncio a Gioacchino, Strage degli Innocenti, Fuga in Egitto, Gesù nel Tempio, Morte ed Esequie di s. Chiara), combinano elementi caratterizzati da una marcata vena di 'patetismo di matrice transalpina', con schemi compositivi, quasi citazioni dirette, che rimandano alle Storie di s. Francesco. Si avverte altresì il consapevole deviare dalle severe norme giottesche in favore di una rappresentazione caricaturale che rasenta quasi il grottesco, assai evidente nel gruppo dei frati che assistono ai funerali di s. Chiara.Sicuramente in un periodo distante dalle storie del transetto, presumibilmente intorno al 1315-1320 (Boskovits, 1971a), si collocano le vele della volta della crociera della stessa chiesa, con la Vergine e s. Chiara e tre coppie di sante; le figure, di proporzioni eleganti, condotte secondo ritmi sempre più gotici, indicano la collusione del M. Espressionista con la fase più avanzata della bottega assisiate di Giotto, espressa negli affreschi del braccio destro del transetto e nelle vele della basilica inferiore di S. Francesco, tanto che in passato si era tentato di identificare il M. Espressionista con il Maestro delle Vele.A questi stessi anni si ascrivono inoltre: il trittico della cappella del Sacramento nella medesima chiesa di S. Chiara, aggiornato sulla cultura del Giotto maturo (Longhi, 1963); il crocifisso di Cleveland (Mus. of Art) assegnatogli da Boskovits (1971a); il frammento di affresco con la Madonna e il Bambino nel duomo di Assisi (Todini, Zanardi, 1980). Al catalogo dell'artista si aggiungono poi (Scarpellini, 1969) le opere eugubine: gli affreschi della cappella Sforzolini nella chiesa di S. Francesco; i due dipinti all'interno della cassa di S. Ubaldo nella chiesa di S. Maria Nuova, già accostati al maestro da Toesca (1951); la Maestà della Confraternita dei Battuti Bianchi, dipinta sulla facciata di S. Maria dei Laici. Da espungere è invece la Madonna tra santi e angeli della chiesa di S. Maria in Arce a Rocca Sant'Angelo, nei pressi di Assisi, assegnatagli da Scarpellini (1969).Sicuramente di un momento maturo, punto di arrivo importante per le possibilità espressive e gli sviluppi successivi del giottismo reinterpretato in Umbria, è il crocifisso di Roma (Mus. del Palazzo di Venezia), cui di recente è stato accostato anche un dipinto con Crocifissione e Cristo in pietà (coll. privata; Angelini, 1988), anch'esso riconducibile alla fase tarda dell'artista, in connessione con opere della bottega giottesca, in particolare del Parente di Giotto e del Maestro delle Vele. Nella stagione più avanzata della carriera artistica del M. Espressionista trova posto il S. Tommaso (Bologna, coll. privata), reso noto da Previtali (1967), dipinto dopo il 1323, anno della canonizzazione del santo (Manuali, 1982).In merito alla necessità di restituire identità anagrafica al pittore, è stata avanzata la proposta (Neri Lusanna, 1977; Todini, Zanardi, 1980) di identificarlo con Palmerino di Guido, pittore, ritenuto di origine eugubina, ricordato in documenti del 1301, 1307, 1309 - dov'è nominato quale socio di Giotto - e 1321 (Manuali, 1982). È stata d'altro canto ipotizzata la provenienza assisiate di Palmerino, se si deve riferirgli il documento del 1336 nel quale Palmerius de Asisio risulta attivo nella chiesa di S. Chiara (Todini, Zanardi, 1980). Da quell'identificazione è discesa la proposta (Lunghi, 1986) di assegnare al figlio di Palmerino di Guido, Guiduccio Palmerucci, la produzione tarda del M. Espressionista. Sulla base di un documento precedente al 1299, reso noto di recente (Lunghi, 1994), che menziona un Palmerino pittor de Senis ad Assisi, è stata suggerita una probabile origine senese del pittore. Meno convincente appare invece la possibilità (Marchini, 1973; Manuali, 1982) di riconoscerlo nel maestro vetraio Angioletto (o Angeletto) da Gubbio, ricordato dalle fonti anche come pittore.
Bibl.: J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, A New History of Painting in Italy, from the Second to the Sixteenth Century, I, London 1864, p. 423; H. Thode, Franz von Assisi und die Anfänge der Kunst der Renaissance in Italien, Berlin 19042, p. 625 (1885; trad. it. Francesco d'Assisi e le origini dell'arte del Rinascimento in Italia, a cura di L. Bellosi, Roma 1993); Toesca, Trecento, 1951, p. 674 n. 196; R. Longhi, In traccia di alcuni anonimi trecentisti, Paragone 14, 1963, 167, pp. 3-16: 10-13 (rist. in id., Opere complete, VII, Giudizio sul Duecento e ricerche sul Trecento nell'Italia centrale, Firenze 1974, pp. 22-25); L. Bellosi, La pittura dell'Italia centrale nell'età gotica (I maestri del colore), Milano 1966; G. Previtali, Giotto e la sua bottega, Milano 1967 (19742), pp. 62, 376; id., Giotto: gli affreschi di Assisi, Milano 1969, pp. 15, 70-71; P. Scarpellini, Di alcuni pittori giotteschi nella città e nel territorio di Assisi, in Giotto e i giotteschi in Assisi, Roma 1969, pp. 211-270: 225-238; M. Boskovits, Un pittore ''espressionista'' del Trecento umbro, in Storia e arte in Umbria nell'età comunale, "Atti del VI Convegno di studi umbri, Gubbio 1968", Perugia 1971a, I, pp. 115-130; id., Nuovi studi su Giotto e Assisi, Paragone 22, 1971b, 261, pp. 34-56; P. Scarpellini, Un capolavoro del Trecento umbro, ivi, 24, 1973, 279, pp. 3-31; R. Longhi, La pittura umbra della prima metà del Trecento. Lezioni di R. Longhi nell'anno accademico 1953-1954, a cura di M. Gregori, ivi, 281-283, pp. 4-44; G. Marchini, Le vetrate dell'Umbria, in CVMAe. Italia, I, Roma 1973, pp. 154-155; L. Bellosi, Buffalmacco e il Trionfo della Morte, Torino 1974, pp. 76, 101 n. 38; E. Neri Lusanna, Percorso di Guiduccio Palmerucci, Paragone 28, 1977, 325, pp. 10-39: 12; F. Todini, B. Zanardi, La pinacoteca comunale di Assisi. Catalogo dei dipinti, Firenze 1980, pp. 42-45; M. Boskovits, Gli affreschi della Sala dei Notari a Perugia e la pittura in Umbria alla fine del XIII secolo, BArte, s. VI, 66, 1981, 9, pp. 1-41: 6, 24-25; E. Lunghi, Affreschi del ''Maestro della Santa Chiara'' (e la primitiva decorazione del duomo di Giovanni da Gubbio), Paragone 32, 1981, 381, pp. 59-66: 62-63; G. Manuali, Aspetti della pittura eugubina del Trecento. Sulle tracce di Palmerino di Guido e di Angelo di Pietro, Esercizi 5, 1982, pp. 5-19; L. Bellosi, La pecora di Giotto, Torino 1985, pp. 34 n. 26, 133; F. Todini, Pittura del Duecento e del Trecento in Umbria e il cantiere di Assisi, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, II, pp. 375-413: 391-395; E. Lunghi, Maestro Espressionista di Santa Chiara, ivi, p. 632; A. Angelini, Espressionista di S. Chiara, in Umbri e Toscani tra Due e Trecento, a cura di L. Bellosi, Torino 1988, pp. 81-89; F. Todini, La pittura umbra. Dal Duecento al primo Cinquecento, Milano 1989, I, p. 139; E. Lunghi, La decorazione pittorica della chiesa, in M. Bigaroni, H.R. Meier, E. Lunghi, La basilica di S. Chiara in Assisi, Perugia 1994, pp. 137-282.L. Morozzi