simbolismo Corrente artistica e letteraria sorta in Francia e diffusasi in Europa sullo scorcio del 19° sec. caratterizzata, in opposizione al realismo e al naturalismo, dalla tendenza a non rappresentare fedelmente il mondo esteriore ma a creare piuttosto il mondo della suggestione fantastica dei sogni per mezzo di allusioni simboliche.
I caratteri del movimento simbolista, che si pone come un’inversione di tendenza rispetto al naturalismo e alle ricerche neoimpressioniste, sono individuati nel Manifesto di J. Moréas (1886), secondo cui compito dell’arte è rivestire l’Idea di una forma sensibile che attraverso una rete di analogie ne veicoli le potenzialità allusive. Di qui l’interesse per la dimensione del sogno, della visione interiore, dell’immaginazione, attraverso l’ambigua modalità del simbolo.
Oltre all’influsso delle idee di R. Wagner, diffuse dalla Revue wagnérienne a partire dal 1885 e fonte di ispirazione per H. Fantin-Latour e J. Delville, altri punti di riferimento del s. sono la scoperta di G.W.F. Hegel e della filosofia idealistica tedesca, la lettura di A. Schopenhauer e di T. Carlyle, le teorie di H. Bergson, che sostennero autorevolmente l’indirizzo simbolista. Figura influente è quella di C. Baudelaire: alcuni temi delle Fleurs du mal (1857), come il satanismo, il gusto per il macabro, la sensualità, oltre alla teoria delle correspondances, che postula un’assonanza sinestetica tra stati d’animo e fenomeni naturali, divengono centrali nella poetica del s.; Baudelaire è determinante anche per l’immagine dell’artista simbolista, aristocraticamente isolato, in perenne oscillazione tra paralisi creativa e ispirazione. Il s. è in generale caratterizzato da uno stretto rapporto tra ricerche letterarie e arti figurative; le teorizzazioni di S. Mallarmé sulla natura allusiva e non descrittiva del linguaggio poetico, di R. Ghil (Traité du verbe, 1886) sull’analogia parola-musica e di G. Kahn sul verso libero fanno da riferimento alle elaborazioni teoriche degli artisti.
L’affermarsi in questi anni di un nuovo e influente ruolo della critica d’arte, parallelo allo sviluppo del mercato e delle gallerie, contribuisce a stringere i rapporti tra campo artistico e letterario: importante l’azione di critici quali G.-A. Aurier (Le symbolisme en peinture, 1891), J.-K. Huysmans (Certains, 1889), G. Kahn, C. Morice (sostenitore di P. Gauguin), T. Natanson. Su questo sfondo si innesta la nuova fortuna delle dottrine esoteriche e occultiste (E. Schuré, Les grands initiés, 1889), con la creazione di circoli e riviste (Le Coeur, L’Occident) in cui confluiscono panteismo spinoziano, misticismo cattolico e teosofia, spesso in rapporto con l’arte, come nel caso de La Rose-Croix, fondata nel 1891 da J. Péladan. Tali tratti contribuiscono a porre il movimento simbolista in contrasto con la cultura borghese contemporanea, con l’ideologia del progresso e della tecnica, cui si contrappongono il culto di un passato mitizzato, la considerazione del presente come epoca di decadenza, una visione individualista, fortemente spiritualizzata o talvolta intrisa di anarchismo.
In tutta Europa sorgono associazioni e manifestazioni dedicate alla nuova arte, come i Salons de l’Ordre de la Rose-Croix (1892-97), cui partecipano tra altri A. Osbert, il belga J. Delville e lo svizzero C. Schwabe, che a Parigi svolgono un ruolo di cerniera tra le diverse correnti del movimento, e i Salons de la libre esthétique (1894-1914), organizzati da O. Maus a Bruxelles.
Tipico fenomeno dell’età simbolista sono le Secessioni: la belga Société des Vingt (1883-93), libera associazione di artisti accomunati dal rifiuto dei valori accademici e dei Salons ufficiali, è il prototipo delle Secessioni di Monaco (1892), con F. Von Stuck, Vienna (1897), con G. Klimt, e Berlino (1898), con M. Liebermann e M. Klinger.
Nella formazione dei caratteri del s. in pittura determinanti furono le esperienze provenienti dall’Inghilterra, come quelle dei preraffaelliti D.G. Rossetti ed E. Burne-Jones; ricca di conseguenze si rivela soprattutto l’opera di J.A.M. Whistler, per il valore non referenziale attribuito a linea e colore armonicamente interconnessi. Tra i precorritori della sensibilità simbolista, ha una posizione di primo piano P. Puvis de Chavannes, con le sue vaste e semplificate composizioni allegoriche e simboliche (L’Età dell’Oro) cui guarderanno anche P. Gauguin e i Nabis; alla sua lezione sono legati artisti come J. Cazin, H. Martin, C. Maurin, A. Séon. Uno stretto rapporto con il mondo del mito e la letteratura è presente nella pittura di G. Moreau, dalle atmosfere sensuali e fastose.
Su una linea di evocazione fantastica, propria anche del suo maestro R. Bresdin, si attesta invece l’opera di O. Redon, in cui vaghe e inquietanti presenze oniriche rispondono all’intento dell’artista di «porre la logica del visibile al servizio dell’invisibile». Nell’ambito della produzione simbolista, è decisivo il percorso di Gauguin, anche per l’apertura a moduli figurativi arcaici o «primitivi»; le sue ricerche del 1888, in Bretagna, con E. Bernard, e poi ad Arles, con V. van Gogh, sfociano nella definizione di un metodo ‘sintetista’ di riduzione dell’immagine a campiture piatte fortemente profilate, che costituirà la base dell’esperienza del gruppo dei Nabis (➔).
Tra il 1885 e i primi del Novecento il s. conosce una rapida diffusione in Europa, parallela ai fenomeni dello Jugendstil e dell’art nouveau in architettura, evidenziando una grande varietà di indirizzi stilistici. In Belgio, personalità rilevanti sono quelle di F. Rops, di F. Khnopff e dello scultore G. Minne; la pittura di J. Ensor propone una componente vitalistica, satirica. In Olanda J. Toorop, in Gran Bretagna A. Beardsley; un’inclinazione tragica caratterizza l’opera del norvegese E. Munch, antecedente, insieme a van Gogh, delle esperienze espressioniste. In area germanica, A. Böcklin e H. von Marées, estranei allo sperimentalismo di ascendenza sintetista, come anche M. Klinger; lo svizzero F. Hodler media tra resa fenomenica, stilizzazione lineare e sperimentalismo cromatico. A Vienna, G. Klimt è al centro della stagione della Secessione; tra gli altri artisti del movimento, K. Moser. In Russia, il gruppo Mir Iskusstva si volge al passato folclorico e all’esoterismo.
In Italia, il s. viene recepito in modi diversi: G.A. Sartorio, A. De Carolis, Marius Pictor, L. Bonazza ne incarnano il lato più eclettico; una sintesi tra grammatica divisionista e temi simbolisti caratterizza G. Previati, G. Segantini, G. Pellizza da Volpedo. In scultura, i suoi maggiori interpreti sono L. Bistolfi e A. Wildt, mentre l’illustratore A. Martini si ricollega al filone fantastico già riscontrato in ambito europeo.
Il s., come tendenza o poetica letteraria, o come atteggiamento del gusto, è un aspetto del decadentismo (➔), da cui si distingue, quale movimento a sé, per una più marcata aspirazione del linguaggio poetico alla condizione della musica pura, per una più intensa ricerca di corrispondenze e analogie intime tra stati d’animo e fenomeni naturali, e per il tentativo costante di dissociare i segni dal loro senso codificato per trasformarli in simboli e metterli in grado di esprimere significati allusivi, ambigui e inesauribili (le ‘foreste di simboli’ del noto sonetto Correspondances di C. Baudelaire).
La definizione di poeti simbolici (symboliques), in riferimento a P. Verlaine, S. Mallarmé e ai loro seguaci, fu introdotta da J. Moréas (1886), in un momento in cui il fenomeno del decadentismo era in corso già da anni e quei poeti erano stati riconosciuti come i suoi maggiori rappresentanti, con Baudelaire come loro precursore. Tale definizione fu introdotta per reazione al significato spregiativo che gli avversari della nuova tendenza davano al termine decadente. Nella polemica che seguì tra coloro che accettarono le determinazioni di s. e simbolista e coloro che rimanevano fedeli a quelle di decadentismo e decadente, questi ultimi accusarono i primi di essere ‘transfughi’ e ‘parassiti del decadentismo’, mentre i simbolisti si vantavano di rappresentare un suo stadio più avanzato, o addirittura il suo superamento. Si determinò una ‘secessione’ e la nuova generazione di poeti aderì quasi interamente al s.; prova ne sia l’ampia serie di riviste nate in un breve giro di anni, come Le symboliste (1886) e La vogue (1886), La plume (1889) e la La Pléiade (1889, divenuta dopo pochi numeri Mercure de France), Ermitage (1890) ecc.
Il termine s. ebbe fortuna anche al di fuori della cultura francese, e fu adottato da critici e da storici della letteratura per designare lo stesso decadentismo in tutta la sua latitudine. In Italia, invece, dove tendenze simbolistiche si possono riconoscere in G. Pascoli, in G. D’Annunzio e nei poeti che gravitavano intorno alle riviste Cronaca bizantina di A. Sommaruga e al Convito di A. De Bosis o in qualche altro scrittore come A. Graf, il termine preferito è quello di decadentismo.