Il complesso di credenze, opinioni, rappresentazioni, valori che orientano un determinato gruppo sociale.
Il termine fece la sua comparsa in Francia quando A.-L.-C. Destutt de Tracy se ne servì per denominare una nuova scienza, il cui scopo era quello di studiare l’origine delle idee. Intorno a questo progetto sorse una corrente di pensiero – detta Idéologie, da cui il nome di idéologues dato ai suoi seguaci – che costituì l’ultima fioritura del pensiero illuministico. Gli ideologi, che si rifacevano al sensismo di Condillac, si caratterizzarono per il tentativo di applicare i metodi della scienza moderna allo studio dell’uomo e della società: si dedicarono a ricerche specifiche sul rapporto tra corpo e mente (in particolare, con P. Cabanis), sul linguaggio (con Volney) e sull’economia (con J.B. Say).
L’attività di opposizione svolta dagli idéologues sulla stampa e in alcuni organi rappresentativi come il Tribunato suscitò l’ostilità di N. Bonaparte, che iniziò a usare la parola ‘ideologo’ in senso dispregiativo, intendendo con essa l’intellettuale dottrinario e astratto, privo di qualsiasi senso della realtà. Tale significato divenne prevalente e fu ripreso da K. Marx e F. Engels per definire la maggior parte degli epigoni ‘rivoluzionari’ di G.W.F. Hegel. Marx intese l’i. come il complesso delle rappresentazioni, delle dottrine filosofiche, etiche, politiche, religiose, espressione (e giustificazione) di un determinato modo del porsi dei rapporti di produzione e quindi imposte dalla classe che questi rapporti rendono dominante. Come tale l’i. diviene elemento essenziale così dello studio sociologico come della polemica politica. Da questo punto di vista è notevole la distinzione posta da V. Pareto (Sistemi socialisti, 1902; Trattato di sociologia generale, 1916) tra scienza e i., l’una legata all’osservazione e al ragionamento, l’altra al sentimento e alla fede (i. è quindi una teoria non scientifica che si valuta per la sua forza di persuasione e per la sua utilità sociale).
Nel corso del Novecento, il concetto di i. ha progressivamente assunto un significato neutrale, passando a indicare qualsiasi insieme di idee e valori sufficientemente coerente al suo interno e finalizzato a orientare i comportamenti sociali, economici o politici degli individui. In questa accezione, i. è divenuto un termine generico, che può essere applicato a qualsiasi dottrina politica, a movimenti sociali caratterizzati da un’elaborazione teorica, a orientamenti ideali-culturali e di politica economica e sociale. Accanto a questo significato generico, il termine ha tuttavia conservato un significato più specifico e ristretto, che viene utilizzato per indicare dottrine e movimenti politici precisi (comunismo, nazismo, fascismo), accomunati da alcune caratteristiche: la presenza di un retroterra teorico più o meno elaborato, che pretende di fornire una spiegazione esaustiva (e definitiva) dei processi storici e sociali; il tentativo di trasformare totalmente la società e l’uomo, secondo un preciso modello; l’intensa partecipazione emotiva dei militanti, spesso simile alla ‘fede religiosa’; il ruolo-guida di un partito dotato di una ferrea e capillare organizzazione.