magia
Un antico modo di controllare il mondo
La magia è un fenomeno complesso che ritroviamo nei racconti di fantasia, nel cinema ma anche nella vita reale delle società umane. Gli antropologi hanno tentato di spiegare la diffusa presenza della magia interpretandola, di volta in volta, come una forma di pensiero primitivo, una via individuale verso il soprannaturale, un modo di far fronte a situazioni di ansia e pericolo, un pensiero prescientifico o che va al di là delle spiegazioni offerte dalla scienza. La magia può essere l’espressione della creatività dell’essere umano, ma può divenire, al tempo stesso, strumento di potere e di controllo sociale
Magia è un termine all’apparenza semplice e dal significato chiaro. Quando Panoramix consegna la pozione magica ad Asterix, questi diventa un eroe imbattibile e la sua proverbiale astuzia si combina con una forza smisurata. Allo stesso modo, quando una strega punzecchia con un ago un fantoccio che rappresenta il suo nemico, questi subisce forti dolori e può persino morire. L’azione positiva della pozione su Asterix e l’azione negativa dell’ago sulla persona odiata sono due esempi di atti magici. A volte bastano le parole per compiere atti di magia: incantesimi, formule magiche, preghiere, maledizioni possono avere, a seconda dei casi, effetti positivi o negativi. «Abracadabra!», «Apriti Sesamo!» sono esempi di formule magiche usate in avventure e racconti fantastici e divenute così celebri da essere entrate nel linguaggio quotidiano. Nella letteratura fantastica, nelle fiabe, nei film (si pensi a Harry Potter), la magia appare come un insieme di azioni, di gesti, di parole che trascendono la realtà quotidiana (ovvero si collocano al di là di essa) e cercano di influire sul corso degli eventi. Nella realtà, per piegare un chiodo infisso in una tavola di legno occorre un martello: nella finzione del racconto, è sufficiente la forza del pensiero (un altro bell’esempio di atto magico!).
La magia non si ritrova soltanto nei racconti popolari, nella letteratura, nel cinema: differenti forme di magia sono ugualmente presenti nella maggior parte delle società umane, anche se definire che cosa sia socialmente la magia è impresa piuttosto ardua. Difficilmente una persona o una società sostengono apertamente di compiere atti magici o di avere un pensiero magico: la magia è una di quelle qualità che si attribuiscono di preferenza agli altri.
L’origine stessa del termine conferma questa idea: magia deriva del termine magi con cui i Greci definivano i sacerdoti dello zoroastrismo, un’antica religione dell’Iran (Persiani). I Greci consideravano i magi come esorcisti, indovini, fattucchieri e imbroglioni, dediti a pratiche occulte e malvagie. L’attribuzione della magia ad altre società è spesso frutto di ignoranza, dell’incapacità di capire linguaggi e pratiche diversi dai nostri: un uomo dell’Età della Pietra che si trovasse improvvisamente in una città moderna potrebbe credere che l’illuminazione notturna sia il prodotto di una magia! Allo stesso modo, nei musei dedicati alle società extraeuropee vediamo spesso sculture descritte come ‘oggetti magici’: per lo più si tratta invece di opere d’arte o di oggetti di uso quotidiano di cui semplicemente non conosciamo il significato.
Spesso, nel definire gli altri come immersi in un mondo magico, finiamo per difendere l’idea secondo cui noi saremmo al contrario razionali, moderni, capaci di comprendere la ‘vera’ natura delle cose. Attribuire agli altri la magia è un modo con cui ci sentiamo e ci definiamo come superiori, più intelligenti, più evoluti di loro.
La magia, attribuita a torto o a ragione a innumerevoli società umane, è stata classificata in alcune categorie diventate nel tempo piuttosto celebri. Si parla di magia bianca quando ci si riferisce a tecniche volte a ottenere eventi desiderati e ad allontanare calamità naturali (cicloni, terremoti, siccità) o fenomeni dannosi in genere (malattie, morte). Per esempio, in molte società arcaiche – composte di cacciatori e raccoglitori, di pastori, di agricoltori – esistono pratiche magiche volte a provocare la pioggia. Gli abitanti delle piccole isole dello Stretto di Torres (tra l’Australia e la Nuova Guinea) affidavano ad alcuni specialisti il compito di isolarsi nella boscaglia, di preparare ‘fosse della pioggia’, di recitare incantesimi rivolti ai vari tipi di nuvole (rosse, scure, bianche) al fine di favorire le precipitazioni.
La magia nera è invece praticata per provocare calamità, fare del male o addirittura uccidere persone. Fabbricare l’immagine di una persona e trafiggerla con lame o spilli, credendo che le ferite inferte si trasferiscano alla persona odiata, è una forma di magia nera presente o attribuita a molte società. La stregoneria è una forma particolarmente diffusa di magia nera: lo stregone, grazie ai suoi poteri spirituali, è in grado di colpire, in modo consapevole o meno, il suo nemico con malattie che possono provocarne la morte. Anche il fattucchiere compie azioni di magia nera servendosi di oggetti (capelli, ossa, strumenti in legno e in pietra) e formule magiche.
La magia è stata considerata a lungo come un fenomeno tipico del pensiero primitivo. Molti popoli dell’Africa, dell’America Latina e dell’Oceania, i quali, a metà Ottocento, erano considerati (ingiustamente) come residui o sopravvivenze di epoche arcaiche, avrebbero praticato la magia perché il loro pensiero o la loro ragione non erano ancora pienamente sviluppati. Il mago che disperde sul terreno alcune gocce di acqua, accompagnando il suo gesto con formule e preghiere, crede erroneamente di provocare la pioggia: il suo comportamento è comprensibile (i campi hanno bisogno di acqua), ma si basa su un ragionamento sbagliato, secondo il quale il simile (gocce di acqua disperse sul terreno) produce il simile (la pioggia). In questo caso si parla di magia imitativa.
Col tempo, attraverso l’esperienza, gli uomini si sarebbero resi conto della debolezza del pensiero magico: per controllare quegli aspetti dei fenomeni naturali che continuavano a sfuggire al loro controllo (calamità naturali, malattie, morte) essi si sarebbero allora rivolti a entità sovraumane quali dèi e spiriti. All’età della magia sarebbe successa così l’età della religione. Nell’età moderna, in cui il pensiero si va ulteriormente sviluppando, anche la religione entra in crisi e lascia spazio alla scienza, fondata sull’esperimento e sulla conoscenza delle leggi naturali. Per un antropologo come James Frazer (vissuto tra 19° e 20° secolo), magia, religione e scienza rappresentano proprio i tre stadi successivi di sviluppo della mente umana. Se anche nel mondo moderno vi sono maghi e stregoni, essi sono solo sopravvivenze, residui di un pensiero più arcaico.
All’inizio del Novecento le tesi di Frazer vennero riviste. Alcuni antropologi sostennero che magia e religione nascono dalla stessa esigenza, ovvero dal tentativo dell’uomo di controllare le forze della natura e di dare un senso alla vita e al mondo. Magia e religione non sono due stadi consecutivi del pensiero umano, ma sono compresenti in molte società: ciò che le differenzia è il fatto che la magia è una pratica individuale, mentre la religione è un fenomeno collettivo, solenne, ufficiale che si esprime in riti pubblici e in credenze diffuse. Inoltre, la magia si pone obiettivi limitati e precisi (per esempio favorire la presenza di una selvaggina abbondante, la crescita dei raccolti), mentre la religione si presenta come una riflessione più generale sull’uomo e sul suo posto nel mondo.
La magia è un sapere più tecnico, un fare (in molte lingue il termine magia ha una radice che deriva da ‘fare’) e per questo alcune scienze moderne come la farmacia, la medicina, la metallurgia trovano le loro radici in pratiche magiche (si pensi al nesso tra alchimia e chimica). In alcuni casi, quindi, la scienza moderna rappresenta un’evoluzione della magia. In ogni caso, anche se la magia tende a evolversi nella scienza, occorre osservare che magia, religione e scienza sono tre fenomeni presenti praticamente in ogni società umana.
Oggi gran parte degli studiosi della magia ha abbandonato le spiegazioni di tipo evoluzionistico. Come scriveva già negli anni Sessanta l’antropologo italiano Vittorio Lanternari, «in nessuna società primitiva si è fatto così intenso ricorso a indovini, cartomanti, veggenti e simili come nella New York di oggi!». La magia non è un fenomeno esclusivamente primitivo. Questa constatazione ha spinto gli antropologi a cercare altre spiegazioni della magia.
Bronislaw Malinowski, un grande antropologo di origine polacca, negli anni Venti del Novecento elaborò una teoria della magia divenuta molto celebre. Secondo Malinowski, la magia non va valutata per gli effetti che produce nella realtà (a cui si può credere o non credere), ma per la funzione che svolge nella vita sociale. Per gli abitanti delle Isole Trobriand (Melanesia), per esempio, la magia è la risposta collettiva a situazioni che generano ansia e preoccupazione. I Trobriandesi praticano la magia durante i lunghi viaggi in piroga per scongiurare l’arrivo di tempeste e il formarsi della nebbia che rende difficile orientarsi. Essi praticano la magia nei loro orti per proteggere le coltivazioni da siccità, parassiti e tempeste tropicali. Sanno bene che occorre costruire con attenzione le piroghe e che la capacità di orientarsi è essenziale per portare a buon fine un viaggio: ma sanno altrettanto bene che a volte il sapere e la buona volontà non sono sufficienti per scongiurare pericoli e insidie. La magia infonde coraggio, spinge i navigatori e orticoltori a fare meglio il proprio lavoro. In questo senso essa è efficace.
Altri aspetti importanti del fenomeno emersero dallo studio della stregoneria tra gli Azande del Sudan, in Africa. La stregoneria è una forma di magia nera: gli Azande ritengono che malattia e morte siano prodotti dalla stregoneria.
Gli Azande sanno come noi che la morte di una persona schiacciata dal crollo di un granaio è stata causata dal fatto che le travi erano state indebolite dal rosichio delle termiti. Anch’essi hanno un pensiero scientifico, sanno legare causa (travi indebolite dalle termiti) ed effetto (crollo del granaio).
La stregoneria tuttavia entra in gioco per comprendere gli aspetti di quell’evento che vanno al di là della spiegazione scientifica: perché proprio quell’uomo è morto sotto il granaio? Perché quest’ultimo è crollato proprio in quel momento? Il pensiero magico nasce dal tentativo di dare un senso alla malattia e alla morte, di farsene una ragione.
La magia, è stato scritto più di recente, è un po’ come la poesia. Il poeta gioca con le parole creando situazioni che vanno al di là della realtà quotidiana. Accostando in maniera originale suoni, concetti e immagini, egli può rendere presente una persona cara scomparsa molti anni prima, può rendere viva una situazione che abbiamo vissuto, può dare forma a un sogno che abbiamo per il nostro avvenire. Le sue parole possono avere un’efficacia: in un celebre film dedicato alla poesia, Il postino (1994) di Michael Radford, il protagonista (Massimo Troisi) riesce a far innamorare di sé una donna grazie ai versi di Pablo Neruda.
Allo stesso modo la magia gioca con i simboli (oggetti e parole) della società in cui opera per creare situazioni che vanno al di là della realtà quotidiana: lo sciamano ‘fa parlare’ i defunti, il mago simula una situazione di sogno in cui i raccolti sono abbondanti, la pioggia copiosa, la selvaggina numerosa. Poesia e magia hanno un’incidenza, un’efficacia sulla realtà in cui vivono gli esseri umani, che tuttavia non va confusa con l’efficacia della scienza o delle tecniche: si parla piuttosto di efficacia simbolica, in quanto la magia può avere una presa sulla realtà solo se i partecipanti al ‘gioco’ condividono lo stesso linguaggio e gli stessi simboli.
Questi aspetti creativi e ‘nobili’ della magia non devono farci mai dimenticare, d’altra parte, che essa ha anche a che fare con il potere e l’inganno. Proprio perché capace di fare presa sulla sensibilità di molte persone, proprio perché entra in scena in situazioni di ansia e preoccupazione, la magia può divenire un mezzo di inganno e di sfruttamento. Molte persone ammalate, sole ed emarginate ricorrono oggi a maghi e cartomanti che approfittano della loro situazione per fare soldi e ingannare i malcapitati.
In passato, la credenza nelle streghe fornì il pretesto per torturare e anche uccidere donne accusate di turbare l’ordine sociale, di essere dedite a pratiche occulte e di possedere poteri straordinari come la capacità di trasformarsi in animali. La caccia alle streghe di epoca medievale è una delle pagine più oscure della storia della Chiesa e della società occidentale in genere. Allo stesso modo, in altre società, maghi e stregoni hanno approfittato delle capacità loro attribuite per acquisire potere politico ed economico. La magia, per concludere, è un fenomeno che attrae la nostra attenzione e curiosità, ma si presenta di difficile comprensione perché può avere significati molto differenti a seconda delle epoche, delle culture e delle persone che la esercitano: attività creativa, forma di pensiero, stimolo all’azione, strumento di potere, di sfruttamento e di dominio.
«Non vi sono uomini, per quanto primitivi, senza religione e senza magia. Non vi sono neppure, si deve aggiungere subito, razze selvagge che manchino di atteggiamento scientifico o non abbiano una scienza, sebbene questa mancanza sia spesso attribuita loro […]. La magia è indubbiamente considerata dagli indigeni assolutamente indispensabile alla prosperità dei giardini […]. Significa questo, tuttavia, che gli indigeni attribuiscono tutti i buoni risultati alla magia? No di certo. Se tu suggerissi a un indigeno che potrebbe preparare il suo giardino soprattutto con la magia e fare in modo superficiale il suo lavoro, egli riderebbe semplicemente della tua ingenuità. Sa bene infatti, come lo sai tu, che vi sono condizioni e cause naturali, e in base alle sue osservazioni sa anche che può controllare queste forze naturali mediante uno sforzo fisico e mentale. La sua conoscenza è limitata, senza dubbio, ma fin dove arriva è valida e inattaccabile dal misticismo. Se le palizzate vengono abbattute, se la semente va distrutta, si secca o viene trascinata via dall’acqua, egli non ricorrerà alla magia, ma al lavoro guidato dalla conoscenza e dalla ragione. La sua esperienza gli ha insegnato, d’altra parte, che nonostante tutti i suoi propositi e al di là di tutti i suoi sforzi vi sono agenti e forze che un certo anno concedono insoliti e immeritati benefici di fertilità, facendo sì che ogni cosa scorra liscia, che la pioggia e il sole arrivino al momento giusto, che gli insetti nocivi non compaiano, che il raccolto dia un prodotto sovrabbondante; un altro anno invece gli stessi agenti procurano insuccessi e fallimenti, lo perseguitano dall’inizio alla fine e frustrano i suoi più strenui sforzi e le sue conoscenze più solide. Per controllare queste, e solo queste influenze, egli adopera la magia»
(B. Malinowski, Magia, scienza e religione, 1925).