MAGNO (Flavius Anastasius Paulus Probus Moschianus Probus Magnus)
Console di Costantinopoli nel 518. Nipote dell'imperatore Anastasio e figlio, verisimilmente, di Probo, console del 502, e di Magna, sorella di Anastasio.
Un dittico d'osso, del X sec. (?), nel Cabinet des Médailles della Bibliothèque Nationale di Parigi, reca il nome del console in una tabula ansata. Poiché il dittico è certamente copia di un esemplare più antico, sulla base di esso si è tentata l'identificazione con M. di due valve d'avorio, una nello stesso Cabinet des Médailles, l'altra nel Museo del Castello Sforzesco a Milano, alle quali è stata asportata l'epigrafe, ma che presentano esattamente la stessa composizione della copia medievale e sono sicuramente del VI secolo.
Il console è seduto in trono fra Roma e Costantinopoli, con la mappa nella destra, posata in grembo, e lo scettro nella sinistra. Dall'alto pendono ghirlande e una corona laurea triumphahs, da cui si deduce che la scena ha luogo nel tribunal del circo, che, però, non è rappresentato. Le due personificazioni di Roma e Costantinopoli posano il piede sopra una specie di zoccolo che è forse quanto rimane dei pilastri che, nei dittici precedenti, inquadrano solitamente, la composizione. Anche il trono ha subito una interessante scomposizione rispetto agli esempî forniti dagli altri dittici, da Ariobindo in poi. Ma soprattutto notevole, e consentanea a questi indizi di maggiore libertà spaziale, è la collocazione di scorcio del trono, non più presentato frontale e simmetrico come nei casi precedenti. Così questo dittico viene a occupare una posizione particolare: reagisce alle proporzioni meschine della figura umana proprie del dittico di Clementino (513), da cui tuttavia deriva il proprio schema compositivo, ma non accetta neanche l'impostazione magniloquente, e rigidamente architettonica, dei dittici di Anastasio (518). La soluzione che invece propone, di un labile scorrere dei piani, di uno spazio spoglio di precisi elementi architettonici e di una relazione più cordiale delle figure tra loro, ha molte affinità con la miniatura dedicatoria del Dioscoride di Vienna, del 512 (v. anicia giuliana).
L'assenza dei busti imperiali e il fatto che le personificazioni delle due città siano prive di insignia imperiali sarebbe per il Delbrück un indizio dell'incertezza politica del momento, quando Anastasio era ormai vecchio e la successione si prospettava assai confusa.
Si notano ancora alcune contraddizioni fra le valve di Milano e quelle di Parigi; a differenza della prima, nella seconda il console è stempiato e barbato e pensosamente inquieto, anziché astrattamente sereno. La stessa fattura sembra rispondere con immediatezza a queste diverse qualità. Tali diversità sarebbero dovute, secondo il Delbrück, a un rimaneggiamento medievale della valva di Milano. Sul retro di questa si legge, in caratteri del IX sec., l'iscrizione Beatum virum.
Alcune differenze fra il dittico medievale di Parigi e le due valve antiche han fatto supporre che esso derivi da un esemplare sconosciuto. Altre due repliche medievali esistono a Leningrado e a Liverpool, quest'ultima sospetta di falso.
Bibl.: R. Delbrück, Die Consulardiptychen u. verwandte Denkmäler, Berlino 1927 (con bibl. precedente), nn. 22-23, 24, 25, p. 137 ss.; F. W. Volbach, Elfenbeinarbeiten der Spätantike u. des frühen Mittelaltes, Magonza 1952, nn. 23-24, pp. 28-29 (ivi bibl. precedente); G. Bovini, in G. Bovini - L. Ottolenghi, Mostra degli avori dell'alto medioevo, Ravenna 1956, n. 60; D. Talbot Rice, Masterpieces of Byz. Art, Edimburgo 1958, n. 29.