MALAYSIA
(App. IV, II, p. 377)
Stato polimerico a struttura federale (329.758 km2), costituito da due unità fondamentali: la M. peninsulare (131.598 km2), formata da 11 stati e da un territorio federale (Kuala Lumpur), e la M. orientale (198.160 km2), comprendente gli stati di Sabah e Sarawak, entrambi nel Kalimantan settentrionale. Pertanto i confini terrestri riguardano la Thailandia per la parte peninsulare e l'Indonesia per quella orientale. Una catena montuosa meridiana distingue due versanti lungo la penisola e, benché le altitudini siano per lo più inferiori ai 2000 m, ha rappresentato motivo di separazione storica e sociale che tutt'oggi, nonostante la politica di riequilibrio e il potenziamento della viabilità trasversale, continua a sussistere. D'altra parte la penetrazione europea (portoghese, olandese e inglese) è iniziata da Occidente, da Georgetown nell'isola di Pinang e da Malacca, sempre sullo stretto omonimo, cui si è aggiunta successivamente Singapore, la ''porta d'Oriente''.
La popolazione (13.436.000 unità al censimento del 1980) è oggi stimata a ridosso della soglia dei 18 milioni di ab., distinta com'è da un accrescimento annuo pari al 2,7%, valore che sembra contrastare col ruolo di paese moderno ed esemplare assunto dalla M. negli ultimi tempi. Infatti, mentre, grazie a un efficiente servizio di prevenzione sanitaria, la mortalità è stata abbattuta a valori piuttosto bassi (4,6‰), la natalità continua a mantenersi alta (28‰) come effetto della tradizione e, anche, della rivalità tra gruppi etnici. Il triangolo razziale malese, cinese e indiano non è facilmente integrabile, e la competizione si gioca, oltre che sul piano economico e politico, anche su quello numerico e culturale. Questo spiega perché il consistente passaggio di Malesi dalle campagne alle città non ha favorito la pianificazione familiare e non ha prodotto l'atteso contenimento della natalità.
Oltre l'82% della popolazione vive nella M. continentale, e di questa buona parte si concentra a Occidente dove, lungo la Federal Route n. 1, si susseguono le città più importanti e industriose. Anche il potere politico e amministrativo nazionale e internazionale si concentra nella sezione continentale: è situata in questa regione Kuala Lumpur, capitale federale di circa 1.100.000 ab., sede di un aeroporto di grande centralità per il Sud-Est asiatico e prossima a un porto (Port Kelang) in corso di continuo potenziamento. Tra le città più importanti si ricordano: Ipoh (301.000 ab.), Georgetown (251.000 ab.), Johor Baharu (250.000 ab.), Seremban (136.000 ab.) nel Negeri Sembilan. Sulla costa orientale hanno conosciuto un cospicuo incremento nell'ultimo decennio: Kuala Terengganu (187.000 ab.), Kota Baharu (171.000 ab.) e Kuantan (137.000 ab.). Di minore entità sono i centri della M. orientale: Kota Kinabalu (56.000 ab.) e Kuching (74.000 ab.).
L'economia malese è organizzata su piani quinquennali che s'incardinano nel piano ventennale noto come Nuova Politica Economica (NEP), e che si propongono il riequilibrio regionale tra Est e Ovest (anche e soprattutto in seno alla penisola malese, dove l'Est è ancora arretrato e prevalentemente agricolo) e il riequilibrio della ricchezza tra i tre gruppi etnici. Il settore primario, a struttura tradizionale, è sempre in mano malese, insieme al settore amministrativo e militare, mentre artigianato, commercio, turismo e buona parte dell'industria sono in mano cinese. Di qui incentivazioni e finanziamenti concessi dal governo ai Malesi, con inevitabili risentimenti soprattutto da parte della comunità cinese che da anni insiste per disporre di scuole superiori e di università proprie. D'altra parte non sembra che i Malesi abbiano approfittato della politica economica loro favorevole e, accanto al ritiro degli anziani dall'agricoltura, sempre più sono i giovani che emigrano in città, sostituiti da parecchie migliaia di Indonesiani che, legalmente o meno, si trasferiscono nella M. orientale.
Accanto all'agricoltura tradizionale (riso, mais, arachidi, piccoli allevamenti), largamente diffusa è quella speculativa di piantagione (hevea, palma da olio, spezie, ananas, banane), sicché, primo paese al mondo per la produzione di olio di palma, caucciù e spezie, la M. è costretta a importare prodotti alimentari (acquista all'estero, soprattutto dalla Thailandia, il 35% del suo fabbisogno di riso). Sempre detentrice del primato mondiale di produzione dello stagno (nonostante il crollo dopo il 1984, parzialmente provocato da congiunture economiche internazionali), continua a estrarre anche minerali di ferro, di rame, di titanio (dall'ilmenite), bauxite, petrolio e gas, per lo più proveniente dai bassi fondali del Mar Cinese Meridionale e lavorato presso la raffineria di Port Dickson: oggi un quarto delle esportazioni è costituito da prodotti petroliferi. L'industria metallurgica si è notevolmente ammodernata e sviluppata presso poli antichi (Georgetown e Butterworth) e nuovi (Kelang). Cantieri navali si sono affermati presso il porto di Georgetown (Pinang). Il cementificio di Rawang produce oltre 3,7 milioni di t di cemento. Inoltre si annoverano zuccherifici, oleifici, saponifici, assemblaggio di auto e costruzione di pneumatici. In notevole sviluppo il turismo, che richiama una cospicua corrente dall'Australia, oltre che dall'Europa, Giappone e Nordamerica; è favorito dai buoni collegamenti aerei nazionali e internazionali e dal miglioramento della rete viaria.
Distinta da un discreto prodotto interno lordo pro capite (2500 dollari USA nel 1991, secondo le stime della Banca mondiale), da una modesta inflazione e da una popolazione poco numerosa, nonché da un suolo e un sottosuolo piuttosto ricchi, la M. appare come un paese fortunato, dotato di efficienza, sì da esser considerato stato guida nell'ambito dell'Asia. Ma l'integralismo islamico, di recente assurto a livelli di anacronistica intolleranza, esalta il punto debole del paese, consistente nella triplice struttura razziale e nell'impossibilità di un'integrazione, che è di per sé difficile e comunque non è voluta da nessuno dei tre gruppi etnici.
Bibl.: R.S. Aiken e altri, Development and environment in Peninsular Malaysia, Singapore 1982; J. Dupuis, Développement économique et société dans les pays malais, in Annales de géographie, 1982, pp. 651-52; E.K. Fisk, H. Rani-Osman, The political economy of Malaysia, Kuala Lumpur 1982; R.D. Hill, Agriculture in the Malaysian region, Budapest 1982; Anand Sudhir, Inequality and poverty in Malaysia, New York 1983; F. Corvinus, Strategies for petroleum substitutes on the Malaysian energy market, in Geojournal, 1983, pp. 41-42; K.E. Chan, Current and prospective urbanization in Malaysia, in Malaysian journal of tropical geography, 1987, pp. 1-12; P. Persi, Sottosviluppo e impatto ambientale: tre casi di studio nel Sud-Est asiatico, in Atti XXIV congresso geografico italiano, Bologna 1988, pp. 541-49; K.S. Jomo, Growth and structural change in the Malaysian economy, Londra 1990.
Storia. - Dalla fine degli anni Settanta, e per tutto il decennio successivo, l'economia della M. continuò a dar segni di relativa prosperità, visibile nello sviluppo urbano e nel tenore di vita dei singoli, anche in ambiente rurale, nonostante il calo dei prezzi internazionali della gomma e dello stagno (per i quali la M. è il maggior produttore del mondo). Si registrava però la buona tenuta dei prezzi dell'olio di palma (la M. fornisce più della metà della produzione mondiale), del pepe e di altri prodotti tropicali. Comunque il valore del dollaro malaysiano scese notevolmente rispetto allo yen nipponico.
Permaneva una relativa stabilità politica, assicurata più dall'ordinamento elettorale modellato su quello britannico dei collegi uninominali (single member constituencies) che da un generale consenso. Nella composita società multietnica della M. è insito il pericolo di destabilizzazione. Le elezioni del 1982 confermarono la preponderanza del fronte nazionale, il raggruppamento di 13 partiti di cui è perno l'UMNO (United Malay National Organization), affiancata dalla MCA (Malayan Chinese Association) e dal MIC (Malayan Indian Congress). La vittoria del Fronte nazionale fu confermata dalle elezioni del 1986. I risultati, però, recavano segni inquietanti. L'UMNO confermò la sua forza, ma la MCA perse gran parte dell'elettorato cinese, scendendo a 17 seggi, a favore del DAP (Democratic Action Party), il partito di opposizione, che ne ottenne 24. Nei due anni seguenti l'UMNO fu agitata da vivaci lotte di correnti, ma il primo ministro Mahathir continuò a tenere la presidenza del partito.
Dagli inizi degli anni Ottanta importanti movimenti di politici e intellettuali criticavano la conduzione della politica e dell'economia del paese, attaccando in particolare Mahathir e il suo gruppo. Questa situazione apparve chiara nell'aprile 1987 in occasione del rinnovo delle cariche dell'UMNO, fino ad allora attribuite sempre per consenso unanime. Questa volta gli scontenti si coagularono attorno a personalità di rilievo come Razaleigh Hamzah e Musa Hitam. Fra i critici era Tengku Abdul Rahman, l'anziano fondatore della Malaysia. I ricorrenti tentativi di rivedere le norme sui poteri dei sultani provocarono anche polemiche vivaci. Il governo continuò a dover fronteggiare da un lato lo scontento dei Cinesi per il perpetuarsi dei ''diritti speciali'' che favorivano largamente i Malesi nell'accesso al pubblico impiego e all'istruzione superiore come pure nelle attività imprenditoriali; dall'altro lato la perenne insoddisfazione dei fondamentalisti islamici, nonostante il largo favore di cui gode la religione islamica (la mancata osservanza del digiuno da parte dei cittadini musulmani è reato penale). Fin dal 1983, Mahathir denunciò i tentativi di determinati gruppi di dar vita a una ''repubblica islamica'' in M., gruppi che sarebbero stati fomentati da un non precisato paese straniero. Questa eventualità significherebbe frantumare un paese di così fragile coesione che conta circa il 40% di Cinesi e un 10% di induisti, sikh e cristiani.
Nell'ottobre del 1987, per impedire che il contrasto sempre latente tra la comunità cinese e la malese sfociasse in pericolosi disordini, il governo adottò una serie di misure d'emergenza con l'arresto di alcuni esponenti dell'opposizione (che sono stati scarcerati soltanto nell'aprile 1989) e la soppressione di alcuni organi di stampa. In un crescendo di drammaticità, venne poi annullata dalla corte suprema la rielezione di Mahathir a presidente dell'UMNO.
Ne nacque un conflitto tra il potere esecutivo e il giudiziario che portò, nell'agosto 1986, alla destituzione del presidente della suprema corte. Nell'ottobre dello stesso anno, Mahathir, constatata l'impossibilità di controllare l'UMNO, costituì una ''nuova'' UMNO. Fra i suoi principali critici e oppositori, in prima linea l'anziano principe Abdul Rahman. Tuttavia il potere del primo ministro, anche se incrinato, restò ancora abbastanza saldo, al punto che nel febbraio 1989 i maggiori suoi oppositori rientrarono nella ''nuova'' UMNO. E le elezioni dell'ottobre 1990 confermarono la forza della coalizione nazionale che ottenne 127 sui 180 seggi del Parlamento, nonostante l'uscita da questa del partito unitario di Sabah. Non destava preoccupazioni per l'unità nazionale qualche istanza indipendentista in questo stato all'estremità orientale della Federazione. Mahathir venne ancora una volta confermato primo ministro.
Nel dicembre 1990 si spegneva a 87 anni il principe Abdul Rahman, figura di statura storica, ventesimo dei 45 figli del Sultano del Kedah, artefice della M. indipendente, propugnatore convinto dell'unità nazionale e del superamento delle diversità etniche, culturali, religiose tipiche della composita popolazione della Malaysia.
In contrasto con le alterne vicende politiche, l'economia del paese ha seguito invece un andamento regolare di notevole incremento. Nel 1991, il prodotto interno lordo pro capite ammontava a 4475 dollari USA, per cui la M. si è collocata nell'ambito dell'ASEAN al terzo posto dopo Singapore e Brunei, distaccando nettamente l'Indonesia, le Filippine e perfino la Thailandia, che pur attraversava un periodo di grande sviluppo. Alla fine del 1992, con un'ampia estensione delle tariffe preferenziali tra i paesi dell'ASEAN, l'economia della M. si è integrata più strettamente in quella della grande comunità di 350 milioni di abitanti del Sud-Est asiatico.
Bibl.: Periodici: Asiaweek; Current History; Far Eastern Economic Review; Pacific Affairs; ADB (Asia Development Bank) Key Indicators, 1992.