CURIO Dentato, Manio (M.′ Curius M.′ f. M.′ n. Dentatus)
Uno dei grandi Romani del sec. III a. C., quem nemo ferro potuit superare nec auro (Ennio in Cic., De Rep., III, 6). Homo novus di origine municipale, di famiglia non ricca e da lui non arricchita, così che dopo Curio essa non diede altri magistrati alla repubblica, fu in anno ignoto tribuno della plebe e come tale violento oppositore del Senato. Console nel 290 con P. Cornelio Rufino, secondo la tradizione riportò col collega una decisiva vittoria sui Sanniti, che dovettero chiedere la pace, e ne trionfò. Voltosi quindi contro i Sabini, li vinse rapidamente e riportò un secondo trionfo. L'agro sabino e quello dei Praetutii fu incorporato al romano: il più grande ampliamento del territorio romano dopo la guerra latina (più di 5000 kmq.; estensione anteriore circa 8300). Sottomise quindi i Lucani che ancora erano in armi (sempre nel 290?). Nelle assegnazioni che seguirono nel territorio sabino, C. non volle per sé una quota di terreno superiore a quella degli altri cittadini (14 iugeri). Fu opera di C. anche il prosciugamento del lago Velino per mezzo d'un emissario: la conca di Rieti fu così tutta resa coltivabile. Eletto console suffectus nel 284 in luogo di Metello Denter, che ad Arezzo era stato sconfitto e ucciso dai Galli Senoni perdendo l'intero esercito, C. cercò prima di trattare per il riscatto dei prigionieri, ma avendo i Galli ucciso gli ambasciaiori, egli invase il loro territorio dal Piceno e dalla Sabina, li vinse, li distrusse e annetté il loro territorio, fino oltre Rimini, a Roma. Eletto console iterum con L. Cornelio Lentulo Caudino nel 275, l'anno del ritorno di Pirro in Italia, egli sbarrò il passo al re epirota presso Benevento (per altri in Lucania sui Campi Arusini), si tenne prudentemente sulla difensiva e vittoriosamente respinse il suo attacco notturno al campo romano, ciò che significò per il re la perdita della guerra (v. benevento, p. 632). C. trionfò de Samnitibus et rege Pyrrho. Console ancora nel 274, ebbe poi nel 272 la censura, nella quale costruì con la preda pirrica il secondo grande acquedotto di Roma, l'Anio vetus. Creato nel 270 duovir per compierne la costruzione, morì cinque giorni dopo l'elezione.
C. rappresentò il tipo ideale del romano antico per le generazioni che seguirono; Catone il censore, che ne raccolse i detti, lo collocava fra le grandi figure della storia universale. Si narravano molti esempî del suo disinteresse; famoso quello degli ambasciatori Sanniti, che videro respinte le loro offerte di oro (Cic., Cato m., 55). Le sue figlie furono dotate dallo stato.
Bibl.: F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV, 1900, col. 1841 segg. (con elenco delle fonti); Th. Mommsen, Römische Forschungen, II, Berlino 1879, p. 366; G. De Sanctis, Storia dei Romani, II, Torino 1907, pp. 363, 376, 413, 493; J. Beloch, Römische Geschichte, Berlino 1926, pp. 428, 452, 466, 484 (critica radicale della tradizione su Curio); E. Pais, Storia di Roma, 3ª ed., V, Roma 1928, pp. 90, 376.