Marca Trevigiana (Marchia Trivisiana)
Riferito a un territorio corrispondente press'a poco al Veneto attuale, esclusa Venezia, il nome di M.T. appare nel sec. XII con valore d'indicazione geografica, come avevano quelli di Lombardia e di Romagna e di Tuscia, ai quali viene spesso associato. Nicolò da Prato, destinatario dell'epistola prima di D., era legato in Tuscia Romaniola et Marchia Tervisina (Ep I 1).
A differenza della Marca Anconetana, la M.T. non fu mai una circoscrizione feudale o politico-amministrativa ben definita, nemmeno quando, all'apice delle sue fortune, Ezzelino III da Romano (1194-1259) riunì sotto il suo dominio tutte le principali città comprese in essa (Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Feltre, Belluno); ma nella tradizione erudita moderna dire ‛ cronache della Marca Trevigiana ' vale quanto dire ‛ cronache ezzeliniane '.
In Pd IX, la M.T. e i suoi abitanti (non chiamati per nome né l'una né gli altri) sono individuati indirettamente mediante due determinazioni idrografiche: la parte de la terra prava / italica che siede fra Rïalto / e le fontane di Brenta e di Piava (vv. 25-27); la turba presente / che Tagliamento e Adice richiude (vv. 43-44). Accanto agli Angioini (il regno di Napoli: Pd VIII 61-63 e IX 1-12) e alla curia romana (vv. 137-142), la M.T. è presentata (vv. 25-64) come esempio di " disordine della società terrena ", contrapposto all' " ordine celeste " (Sapegno).
Se riferita al momento della visione, tale scelta non era così ovvia come per gli altri due casi, a meno di non voler prendere in considerazione l'importanza che la M.T. aveva avuto da sempre nel quadro della cosiddetta " politica dei valichi ", e quindi come zona di attraversamento e primo necessario punto di appoggio per un imperatore che si fosse deciso a passare le alpi per venire in Italia (ma Enrico VII - com'è noto - al Brennero preferirà il Moncenisio). Se riferita invece al momento in cui D. scriveva questo canto, la scelta si carica d'implicazioni molto più complesse di quella di tipo geo-politico, e in ogni modo non riconducibili del tutto sotto il segno della vicenda biografica che, a un certo punto, avrebbe messo D. in condizione d'informarsi personalmente degli avvenimenti della regione. Non si può infatti mancare di tener presente che il tratto di paese fra Adige e Tagliamento costituiva la zona naturale d'influenza e di espansione di quel signore di Verona, le cui gesta Cacciaguida avrebbe rivelate copertamente a D., otto canti più innanzi (v. DELLA SCALA; DELLA SCALA, CANGRANDE).
Questo per ciò che riguarda presente e futuro della M.T.; ma in un tempo passato avevano regnato qui valore e cortesia (Pg XVI 116). Solo che, al livello del Purgatorio, forse perché non c'era ancora di mezzo Cangrande, l'orizzonte geografico si allargava indiscriminatamente a tutta la pianura lombardoveneto-emiliana (In sul paese ch'Adice e Po riga, v. 115). Mentre il motivo della Marca e della vita cortese che vi si conduceva un tempo, è del tutto assente là dove maggiormente ci saremmo aspettati di trovarlo enunciato: nel canto di Sordello, il trovatore nato a Goito, nel Mantovano, ma vissuto da giovane alle corti dei veronesi Sambonifacio e dei da Romano, quando, fra il secondo e il terzo decennio del sec. XIII, la M.T. era stata, per definizione, la ‛ Marca gioiosa '.
Bibl. - R. Manselli, Ezzelino da Romano nella politica italiana del sec. XIII, in Studi ezzeliniani, Roma 1963, 35-79; M. Boni, Poesia e vita cortese nella Marca, ibid. 163-188; G. Arnaldi, Studi sui cronisti della M.T. nell'età di Ezzelino da Romano, ibid. 1963; ID., La M.T. " prima che Federigo avesse briga ", e dopo, in D. e la cultura veneta, Firenze 1966, 29-37; E. Raimondi, D. e il mondo ezzeliniano, ibid., 51-69.
Lingua. - Nella partizione d'Italia secondo regioni geografico-politiche fondamentali, e relative zone dialettali, che D. traccia in VE I X 7, la Marchia Trivisiana è assegnata alla metà di ‛ sinistra ', di seguito alla Lombardia e assieme a Venezia (cum Venetiis); e nel successivo paragrafo è rilevata la differenza linguistica Lombardorum cum [" rispetto a "] Trivisianis et Venetis. È ben probabile che qui la nozione di M.T. sia quella estensiva, comprendente oltre alla zona di Treviso buona parte del Veneto di terraferma fino a Verona, comune all'epoca di D. (cfr. ad es. il commento di Guizzardo e Castellano all'Ecerinis del Mussato, ediz. Padrin, p. 138: " Marchia autem haec, de qua autor hic loquitur, continet tres civitates, scilicet Paduam, Vincentiam, Tarvisium et mediam Veronam, scilicet eam partem quam dividit flumen Atticis, qui per Veronam effluit: et totus hic principatus sub nomine civitatis Tarvisii denominatus est "). Ma in sede di più precisa descrizione linguistica D. opera all'interno di questa zona le opportune distinzioni dialettali, assegnando Verona e Vicenza, con Brescia, al gruppo del volgare yrsutum et yspidum di coloro che dicono magara, individuando nei tipi ‛ sincopati ' come mercò e bontè un tratto caratteristico dei Padovani, e separando da questi dialetti, come poi dal Veneziano, quello dei Trevigiani (VE I XIV 5): costoro more Brixianorum et finitimorum suorum, u consonantem per f apocopando proferunt: puta nof pro ‛ novem ' et vif pro ‛ vivo '; quod quidem barbarissimum reprobamus.
Confrontando i due capitoli del De vulg. Eloq. il Terracini (" Giorn. stor. " CXXVI [1949] 70) ha creduto di notare un'incertezza nella classificazione dantesca del trevigiano, prima accostato al veneziano poi al dialetto di Brescia e dintorni; ma bisognerà tener conto che nella suddivisione sommaria di VE I X 7-8 si procede ancora secondo criteri di contiguità geografica e per grandi unità etniche e politiche. Di fatto D. coglie con esattezza una delle caratteristiche salienti del trevigiano antico, cioè la vasta caduta delle vocali finali diverse da a e da e del plur. femm. (cfr. esemplarmente il sonetto dialettale di Liberale da Treviso - o di Nicolò de' Rossi? - edito e illustrato da M. Corti, in D. e la cultura veneta, Firenze 1966, 129-142, in particolare 137-138), con relativa riduzione di v d'uscita a f: tratto presto scomparso dai testi di Treviso per la massiccia influenza del veneziano ma rimasto saldo in coneglianese rustico, feltrino-bellunese, ecc. (v. G.I. Ascoli, Saggi Ladini, in " Arch. Glottol. It. " I [1873] 413, 417-418; C. Salvioni, in Le Rime di B. Cavassico..., a c. di V. Cian, Bologna 1893, II 313-317; id., Egloga pastorale e sonetti in dialetto bellunese rustico del sec. XVI, Illustrazioni sistematiche, ecc., in " Arch. Glottol. It. " XVI [1902-1905] 255, 257), e che anticamente contribuiva a differenziare il trevigiano dai principali dialetti veneti, avvicinandolo, giusta l'indicazione dantesca, a condizioni ‛ lombarde ' e particolarmente lombarde orientali. Cfr. nella Canzone di Auliver: greuf, def, serf, daraf, ameraf, corf (G.B. Pellegrini, in " Studi Mediol. e Volg. " V [1957] 115; Contini, Poeti I 508 ss.), o nel cod. udinese (di colorito trevigiano) del Rainaldo e Lesengrino: avraf, poraf, gref, vv. 164, 257, 282, ecc.
La riprovazione dantesca del fenomeno in questione come barbarissimum andrà intesa in senso specifico, tecnico, poiché l'apocope irregolare figura di norma, nella tradizione grammaticale tardo-latina e medievale, tra i fattori tipici di ‛ barbarismo '. E si noterà anche che D. sceglie come esempi due parole monosillabiche, cioè di massima estranee, secondo la teoria di VE II VII 5-6, al lessico selettivo del volgare illustre (v. MONOSILLABO; VOCABOLI, TEORIA dei). Per quanto riguarda la fortuna di D. in questo territorio si veda alla voce VENETO.