LANTE, Marcello
Nacque, terzo di nove fratelli, a Roma nel 1561 (secondo alcuni nel 1569) da Ludovico e da Lavinia Maffei, sorella dei cardinali Bernardino e Marc'Antonio Maffei.
I suoi esordi sono legati all'acquisto di un ufficio curiale, che lo portò in breve a raggiungere una posizione di rispetto: durante il pontificato di Clemente VIII, a una prima carica in qualità di chierico di Camera, subentrò ben presto (almeno a partire dal 1597) quella di uditore generale della Camera apostolica.
Grazie al matrimonio della sorella Virginia con il fratello del cardinale Camillo Borghese poteva vantare un solido legame con la famiglia del futuro papa. Salito Camillo Borghese al soglio pontificio, con il nome di Paolo V, il L. fu creato cardinale l'11 sett. 1606, con il titolo dei Ss. Quirico e Giulitta. Secondo le fonti coeve, la promozione era già attesa per la prima creazione cardinalizia del nuovo pontefice. D'altronde, come si notava negli avvisi di Roma, se la notizia della creazione dell'11 settembre giunse "inaspettata", l'identità dei candidati doveva essere già nota nei più ristretti ambiti della Curia: "ma con tutto ciò si crede li fratelli habbiano saputo il tutto massime il Signor Giovanni Battista, poiché quattro de promossi sono parenti o parenti de parenti della moglie, cioè Lanti, Mellino, Monreali et Maffei" (Biblioteca apost. Vaticana, Urb. lat., 1074, cc. 477v-478r). Se il suo avvio alla vita ecclesiastica fu dunque manifestamente segnato dalle logiche dell'appartenenza familiare, la prassi adottata nell'espletamento dei suoi incarichi fu informata a uno spirito di altra natura. Nominato vescovo di Todi il 18 dic. 1606, si dedicò fino al termine del suo mandato, nell'ottobre del 1625, a un'intensa attività riformatrice, favorendo la diffusione nella diocesi delle pratiche devozionali, oltre a una continua attività di beneficenza. A favore del clero tudertino il L. eresse il seminario e fra le opere da lui promosse si ricorda la costruzione di un convento per i frati riformati fuori Massa Martana, presso la chiesa di S. Pietro sopra le Acque (1618) e il rifacimento del ponte sul Tevere nei pressi di Todi (1614).
Anche nella capitale lasciò segni della sua devozione: contribuì all'edificazione della chiesa della Madonna delle Grazie a porta Angelica e al rifacimento di S. Maria Liberatrice al foro Boario, per la quale si avvalse dell'architetto Onorio Longhi, che già lo aveva servito per il restauro e l'ampliamento del palazzo di famiglia. Grazie al suo intervento, il complesso della chiesa e del monastero di S. Giuseppe a Capo le Case, sede delle carmelitane scalze, fu riedificato dal maggio del 1628, come ricorda una lapide lì apposta. Notevoli furono inoltre le donazioni a favore degli ospedali del S. Spirito e del Fatebenefratelli, oltre a quelle a favore dell'Arciconfraternita dei Pellegrini, specialmente durante gli anni santi. Una cura particolare rivolse all'Ospedale de' poveri di S. Sisto, al quale fornì cospicue donazioni. La memoria delle sue azioni non è sempre di facile ricostruzione, data la sua volontà di non lasciare segni tangibili che ricordassero i suoi gesti caritativi. La stessa lapide conservata presso la chiesa di S. Maria Liberatrice è in realtà attribuibile a suo fratello, Marc'Antonio, mentre quella nella chiesa di S. Giuseppe è dovuta alla riconoscenza delle suore del luogo. Il 20 marzo 1628 passò al titolo di S. Prassede e dopo poco più di un anno gli fu affidata la diocesi di Palestrina (20 ag. 1629) e l'8 ott. 1629 fu destinato alla diocesi di Frascati, dove, oltre a favorire i lavori di costruzione della chiesa della Madonna delle Scuole pie avviata dal 1632, si distinse per il suo consueto zelo nel compimento, l'anno successivo, della visita pastorale. Passato alla diocesi suburbicaria di Porto e Santa Rufina (28 marzo 1639), fu poi destinato, in quanto decano del Collegio cardinalizio, alla sede di Ostia e Velletri (1° luglio 1641). A Velletri le consuete opere di carità furono affiancate da un sostanziale restauro del palazzo vescovile e dalla costruzione di un seminario per il clero della diocesi.
Tra i suoi altri incarichi va ricordato quello di protettore dell'Ordine francescano e la presenza, come sostituto del defunto cardinale Pompeo Arrigoni nella congregazione speciale per la Fabbrica di S. Pietro (1616). Di non minore importanza la nomina, quale prelato vicino alla Spagna, nella congregazione del Portogallo.
La questione dell'indipendenza portoghese faceva di quell'incarico una delicata incombenza, che richiedeva grande prudenza da parte del L., come si evidenziò quando gli fu richiesta udienza dal rappresentante della nazione portoghese in visita a Roma, don Miguel de Portugal, vescovo di Lamego. Considerata l'irriducibile opposizione che a quest'ultimo si faceva da parte spagnola, il L. trovò modo di non farsi trovare in casa al momento convenuto per l'incontro.
Il L. prese parte ai processi di canonizzazione di Carlo Borromeo, Ignazio di Loyola e Andrea Corsini. A Borromeo la sua figura fu spesso paragonata, e probabilmente era nelle intenzioni del L. emulare il santo la cui attività caritativa rappresentava un esempio di riferimento nel clima della Controriforma; il L. era ai primi posti nella processione per la canonizzazione di s. Carlo Borromeo, nel novembre 1610. In occasione del giubileo del 1650, quale decano del S. Collegio, ebbe l'onore di officiare la cerimonia di apertura e chiusura della porta santa nella basilica di S. Paolo e compì nel corso dell'anno, nonostante l'età, numerose pratiche devozionali.
La tradizione vuole che a vario titolo avesse profuso nelle opere di carità più di un milione di scudi. In realtà la cifra ha un significato simbolico e sta a indicare il prevalere in lui degli interessi della Chiesa rispetto a quelli familiari. La sua azione caritatevole si rivolse non solo verso soggetti istituzionali ma anche verso singoli bisognosi, compresi gli appartenenti al suo stesso ceto caduti in disgrazia o anche i vescovi meno abbienti. Di particolare significato è il suo impegno a favore delle diocesi in cui avanzavano le posizioni protestanti: o tramite l'invio di provvigioni (come per quelle scozzesi o tedesche) o per mezzo dell'impegno diplomatico (come nel corso dei contatti stabiliti per il recupero "dalle mani degli heretici [dei] conventi di Fornavi e di Godani della Provincia di Polonia", Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 8473, t. I, c. 54r, 13 dic. 1636). Partecipò a tre conclavi: in quello del 1621 che elesse Gregorio XV fu indicato come appartenente al partito Borghese; nel successivo conclave, che portò all'elezione di Urbano VIII, e in quello del 1644, il suo nome fu incluso tra i papabili, sebbene la possibilità di una sua elezione fosse stata sempre assai remota.
Una memoria apologetica vuole che nel 1644, avendo "in schifo li contratti innominati delle promesse", ordinasse "che tutti quei giorni fino alla nova creatione del Sommo Pontefice si dassero venticinque scudi il giorno di elemosina particolare, affinché si pregasse Sua Divina Maestà, che seguisse l'elettione in persona, che con l'opere potesse far conoscere, che Pietro viveva nel Successore" (De Rossi).
Alla morte, sopraggiunta a Roma il 19 apr. 1652, o - secondo la versione attestata da De Rossi - il 18 aprile, fu sepolto nella cappella delle Ss. Lucrezia e Gertrude, fatta costruire nella chiesa di S. Nicola da Tolentino.
Fonti e Bibl.: Biblioteca apost. Vaticana, Urb. lat., 1074, cc. 477v-478r; Vat. lat. 8473, t. I, c. 54r; 12179, cc. 145-149; 13938, c. 1v; Reg. lat., 386, cc. 209-213r; G. Bentivoglio, Memorie e lettere (1648), a cura di C. Panigada, Bari 1934, pp. 88 s.; G.M. De Rossi, Compendio dell'attioni, e vita di M. cardinal L. romano. Vescovo d'Ostia, e Velletri, del S. Collegio decano, Roma 1653; C. Cartari, Syllabum advocatorum consistorii, Roma 1656, p. 22; G. Leti, Conclavi de' pontefici romani. Quali si sono potuti trovare fin a questo giorno 1667, Geneva 1667, pp. 375, 403 s.; G. Palazzi, Fasti cardinalium omnium Sanctae Romanae Ecclesiae, IV, Venetiis 1703, pp. 13-15; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, Venetiis, I, 1717, coll. 85, 151, 224, 245, 1375; L. Leonij, Cronaca dei vescovi di Todi, Todi 1889, pp. 171-173; L. von Pastor, Storia dei papi, XII, Roma 1962; XIII, ibid. 1961; XIV, 1, ibid. 1961, ad indices; P. Pecchiai, I Lante, Roma 1966, pp. 39, 45; G. Grimaldi, Descrizione della basilica antica di S. Pietro in Vaticano. Codice Barberini latino 2733, a cura di R. Niggl, Città del Vaticano 1972, pp. 34, 382; Genealogien zur Papstgeschichte, a cura di M. Becker - Ch. Weber, II, Stuttgart 1999, p. 551; Hierarchia catholica, IV, p. 10.