Marcello Malpighi
L’opera di Marcello Malpighi conduce a maturazione alcuni dei principali risultati sortiti dalla grande ricerca medica e biologica del Seicento, fondendo differenti tradizioni: l’anatomia comparata di William Harvey (1578- 1657) e Marco Aurelio Severino (1580-1656), la iatromeccanica della cosiddetta scuola galileiana, la iatrochimica e i progressi della microscopia. Da questa potente sintesi derivano numerose scoperte, tra cui la rete capillare dei polmoni e la struttura tubulare dei reni.
Malpighi nacque il 10 marzo 1628 in una famiglia di piccoli proprietari terrieri a Crevalcore, nella Bassa Padana a ridosso di Bologna. Dopo la prima formazione nella città natale, nel 1646 andò a seguire i corsi di filosofia e medicina presso lo Studio felsineo, avendovi maestro prediletto Bartolomeo Massari (1603-1655), la cui sorella avrebbe sposato nel 1655.
Gli anni bolognesi sotto Massari ebbero notevole rilievo nella vicenda scientifica di Malpighi, il quale fa risalire a questo periodo l’interesse per gli studi anatomici che saranno traccia fondamentale del tempo futuro (Opera posthuma, 1697, p. 2). Massari, parallelamente ai corsi universitari, riuniva in casa propria un’accademia, denominata Coro anatomico, dove si compivano dissezioni di cadaveri umani e vivisezioni di animali. Nel 1653 Malpighi giunse alla laurea, ma solo nel 1656 avrebbe ottenuto dal Senato bolognese l’incarico di leggere nello Studio, pur costantemente aspirandovi. Nel frattempo, Massari era scomparso e ripetutamente il giovane Malpighi dovette scontrarsi con la fazione medica misoneista, tutta abbarbicata ai testi della tradizione e riluttante al costume sperimentale. Da ciò probabilmente il repentino trasferimento, nello stesso 1656, all’Università di Pisa, sulla cattedra di medicina teorica.
Il passaggio a Pisa fu decisivo: qui Malpighi incontrò Giovanni Alfonso Borelli, che prendeva a insegnarvi matematica da quell’anno, cinto degli onori tributatigli dagli ambienti più avanzati della comunità scientifica contemporanea. Borelli era già appieno impegnato nelle ricerche anatomo-fisiologiche che andranno a nutrire i due volumi apparsi postumi e costituenti il De motu animalium (1680-1681). Borelli aveva allestito presso la propria dimora un laboratorio per le esplorazioni anatomiche, fittamente frequentato da Malpighi, in compagnia dell’anatomista lorenese Claude Aubry. Qui si compirono nel 1657 due importanti scoperte. La prima, che Borelli avrebbe ascritto a sé nel De motu animalium, ma che Malpighi dice essere di propria paternità (Opera posthuma, cit., p. 3), era quella delle fibre spirali cardiache; la seconda, opera di Aubry (Textis examinatus, 1658), rivelava i tubuli seminiferi.
Nel 1659 Malpighi tornò nella sua Bologna; l’anno successivo gli venne conferita la lettura di medicina pratica. Furono, questi, anni di intensa sperimentazione anatomica e microscopica, condotta di conserva con l’allievo Carlo Fracassati (1630-1672): da tale lavoro scaturì una nuova scoperta, fondamentale per i progressi del sapere medico e biologico, quella dei vasi capillari, comunicata in due epistole De pulmonibus (1661) indirizzate a Borelli. Decisivo sviluppo della nuova anatomo-fisiologia harveiana, questa scoperta attirò su Malpighi gli strali dei medici conservatori. In un clima rovente egli lasciò Bologna nel 1662, chiamato all’Università di Messina grazie alla mediazione di Borelli. Qui restò quattro anni; un periodo fecondo per l’ampio spettro di ricerche che vi svolse, ma ancora scandito da polemiche acerbe con autorevoli esponenti isolani del partito medico tradizionalista.
Nel 1666 Malpighi lasciò dunque Messina per rimpatriare a Bologna, dove tornò sulla cattedra di medicina pratica. Si apriva così una lunga stagione di prolifica attività sperimentale ed editoriale. La sua fama era ormai assai vasta: nel 1667 Henry Oldenburg, nella veste di segretario, lo invitava a collaborare alle attività della Royal society; due anni dopo Malpighi ne diveniva fellow e da allora le sue maggiori opere si sarebbero stampate a istanza dell’accademia londinese. Intercalato da non sopite diatribe con lo schieramento dei medici conservatori, e più di tutti con l’antico avversario Giovanni Girolamo Sbaraglia (1641-1710), il quarto di secolo stabilmente trascorso a Bologna fu vissuto da Malpighi all’insegna dei successi professionali e dei pubblici riconoscimenti: a coronamento venne la chiamata a Roma, a ricoprire la carica di archiatra, dal neoletto pontefice Innocenzo XII. A Roma Malpighi si spense il 29 novembre 1694.
Con le due epistole De pulmonibus, dove si comunicava la scoperta dei vasi capillari, Malpighi tesaurizzava le acquisizioni di una ormai robusta tradizione anatomica, personalmente rivissuta sin dagli anni bolognesi di apprendistato nel Coro anatomico di Massari. L’anatomia comparata di Harvey, a fondamento della scoperta della circolazione del sangue annunciata nel De motu cordis et sanguinis (1628), aveva trovato pieno e fertile radicamento in terra italiana, come ben attesta la Zootomia democritaea (1645) di Severino, l’insigne anatomista calabrese che aveva compiuto a Napoli la propria carriera e le proprie ricerche. Su questo comparativismo anatomico, che diviene la koinè dei medici novatori, Malpighi innesta l’osservazione microscopica.
Il microscopio poteva vantare pregevoli risultati nell’indagine minuta della natura animale sin dall’attività dell’Accademia dei Lincei, che nel 1625, in onore del papa regnante Urbano VIII Barberini – la sua casata aveva nello stemma familiare un trigono di api –, fece stampare una grande tavola, la Melissographia, in cui si rivelavano le strutture anatomiche dell’insetto ingrandito al microscopio. Il metodo di Malpighi combina con mirabili effetti «l’anatomia artificiosa e sottile» e «il microscopio-idea, ossia la mentalità micrologica» con il «microscopio-strumento» (Belloni 1967, pp. 24-25). Determinante per la scoperta dei vasi capillari è infatti per Malpighi l’osservazione del polmone della rana, con la conseguente estensione analogica dei dati ottenuti alla struttura polmonare dei mammiferi. L’adozione del «microscopio-strumento» è cioè guidata da una epistemologia che impugna il «microscopio della natura» entro una concezione di raffinato comparativismo anatomico; come afferma Malpighi stesso, riecheggiando il topos del libro della natura in chiave galileiana:
Ostinandoci in un lavoro improbo, osserviamo la natura madre nei suoi prodotti, come in un libro scritto in forma enigmatica, e frugando tra i visceri degli animali, cerchiamo di scoprire quanto in essi si occulta; alla fine riconosciamo che i nostri sforzi non riescono ad afferrare la verità se non attraverso immensi tedi di osservazioni, in cui cerchiamo di farci luce come per gradi, sezionando ora gli insetti ed ora gli animali perfetti. È infatti costume della natura intraprendere le sue grandi opere soltanto dopo una serie di tentativi a più bassi livelli, e abbozzare negli animali imperfetti il piano degli animali perfetti (Opera posthuma, cit., p. 91).
Nella tradizione medica si riteneva che i polmoni fossero costituiti di tessuto parenchimatico; Malpighi ne mostrava la struttura membranoso-vescicolare consistente di alveoli agglomerati, comunicanti con le terminazioni tracheo-bronchiali e circondati dalla rete dei vasi capillari. Osservando il polmone della rana, Malpighi rinveniva che le diramazioni arteriose e venose che lo solcavano giungevano a incontrarsi nella sottilissima rete capillare. Tale scoperta portava al culmine le implicazioni dell’anatomo-fisiologia di Harvey, entro cui le anastomosi artero-venose erano solo supposte ma non individuate, né la circolazione del sangue trovava piena connessione con la respirazione.
La progredita anatomia malpighiana comportava una rilevantissima crescita delle conoscenze nell’ambito della fisiologia circolatoria e respiratoria. Un importante contributo al perfezionamento della teoria harveiana aveva dato nel decennio precedente il medico francese Jean Pecquet (1622-1674), che negli Experimenta nova anatomica (1651) annunciava la scoperta del receptaculum chyli, e cioè del dotto toracico mediante cui il chilo, affluendo alla vena cava, era accolto nel sangue refluo, quindi si riversava nel ventricolo cardiaco destro e da qui nell’arteria polmonare. Malpighi conduceva a una stazione ben altrimenti avanzata il processo avviato da Harvey e rinvigorito nel restante Seicento: giunte ai polmoni, le particole di sangue e chilo, unite a quelle dell’aria inspirata, sono miscelate negli alveoli, producendo l’ematosi, ossia la trasformazione in sangue ossigenato della sintesi di chilo, sangue venoso e ossigeno. Grazie alla rete capillare, il sangue fatto arterioso perviene attraverso la vena polmonare al ventricolo cardiaco sinistro per essere da qui dispensato a tutto l’organismo.
Si è detto che gli anni messinesi di Malpighi sono assai fecondi per l’evoluzione delle ricerche intraprese a Pisa. I frutti di tali ricerche egli affida a generi di scrittura sapientemente scelti per dar conto del proprio costume sperimentale, sorretto da una precisa filosofia della natura, ma sempre fondato, senza aggiunta di orpelli, sul dato osservato. Sicché, per comunicare i risultati conseguiti, Malpighi si serve dell’epistola – come già per quelle a Borelli sull’anatomo-fisiologia polmonare –, di brevi scritti che vanno sotto il titolo di observatio o exercitatio (si ricordi che Harvey intitola la sua ‘rivoluzionaria’ operetta, destinata ad avviare il corso della moderna biologia, Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis). Nel 1665 escono a Bologna la Tetras anatomicarum epistolarum de lingua et cerebro e a Napoli la De externo tactus organo anatomica observatio. Qui l’indagine anatomica, condotta entro una rinsaldata prospettiva comparativista, fornisce copiosa materia per la costruzione di una teoria iatromeccanica in cui le funzioni fisiologiche sono riconducibili a meccanismi idraulici soggiacenti alla compagine corporea.
Nel De lingua si ha una vigorosa applicazione dell’anatomia artificiosa e sottile praticata da Malpighi: egli, fatta bollire una lingua bovina, ottiene di spellarla e di asportarne lo strato corneo, che evidenzia una superficie reticolare, quella ancor oggi detta strato mucoso malpighiano; asportato anche questo, scopre i tre ordini del corpo papillare, estremità dei canalicoli che attraversano i due strati predetti fino all’epitelio linguale. Il senso del gusto risulta dunque originare dallo stimolo esercitato sulle papille dalle particole di cibo disciolto nel liquido salivare.
Le epistole de lingua e de cerebro sono tematicamente concatenate: Malpighi intende le papille come terminazioni di fibre nervose che attraversano i nervi e la sostanza bianca del tubo neurale per arrivare alla corteccia cerebrale (encefalo e midollo spinale costituiscono il sistema nervoso centrale). Alla sostanza bianca del neurasse è dedicato il De cerebro: la sua composizione è giudicata della medesima natura dei nervi, composti di fibre, ovvero minuscoli condotti entro cui scorre il fluido nerveo secreto da presunte ghiandole corticali (Malpighi ritiene qui erroneamente che la corteccia cerebrale abbia struttura ghiandolare).
Altrettanto connesse alle indagini sulle papille linguali sono quelle sull’«organo esterno del tatto», destinate a rivelare le papille dermiche, i neuroricettori situati sotto gli strati corneo e reticolare dell’epidermide, microstrutture connettivali responsabili della sensibilità tattile grazie alla dotazione di terminazioni nervose e alla diffusa vascolarizzazione garantita da una rete capillare. Anche questa scoperta malpighiana segue la via della comparazione anatomica e dell’adozione del «microscopio della natura», che permette l’osservazione di strutture rinvenibili a occhio nudo in animali inferiori fino a poterle analogicamente estendere all’uomo: dalla zampa dei suini a quella del tacchino, quindi al musello dei bovini, per arrivare al polpastrello dell’uomo.
Con la data 1666, ma contenente ampliamenti della raccolta primigenia compiuti nel biennio 1667-68, escono a Bologna le «esercitazioni anatomiche» De viscerum structura. Esse sono dedicate al fegato, alla corteccia cerebrale, ai reni e alla milza. Organi tutti concepiti come macchine secernenti di struttura ghiandolare. Pur non potendo giungere a dimostrare tale struttura profonda del parenchima dei detti organi, Malpighi li riconduce a un comune modello iatromeccanico: il loro funzionamento è assimilabile a una macchina idraulica congegnata per separare le particelle del sangue affluenti per via arteriosa da quelle che refluiscono mediante le vene e sono trasformate in un nuovo e diverso liquido immesso in un condotto escretore. Sono queste ricerche di lunga durata per Malpighi, che continuerà a dedicarvisi sino agli anni estremi (De structura glandularum conglobatarum consimiliumque partium epistola, 1689) e che sono negli anni Sessanta al centro delle ricerche anatomo-fisiologiche europee, come testimoniano le Observationes anatomicae (1662) di Niels Stensen, in cui si annuncia la scoperta di alcuni apparati ghiandolari. Alle quattro esercitazioni anatomiche sugli organi secernenti era unita una quinta De polypo cordis, «atto di nascita della moderna ematologia» (in Opere scelte, a cura di L. Belloni, 1967, p. 191). Qui si riconosce un ulteriore aspetto del metodo malpighiano, che studia un classico caso anatomo-patologico per trarvi capitali conseguenze in termini di anatomo-fisiologia. I cosiddetti polipi del cuore, nel passato più volte individuati nelle autopsie, erano occasione per Malpighi di cimentarsi con l’analisi strutturale del sangue, con la sua scomposizione, per raggiungerne la struttura profonda similmente a quanto compiuto per il tessuto degli organi corporei. Malpighi identificava in quei polipi l’esito di una coagulazione determinata da insufficienza cardiorespiratoria e si dava ad analizzare i campioni di coagulo, arrivando a separarne il siero e quindi a distinguere al microscopio la concentrazione di innumerevoli particelle che a esso conferivano il colore rosso (i globuli rossi). Ma non solo. Forte delle acquisizioni conseguite con gli esperimenti descritti nelle epistole De pulmonibus, egli attribuiva le coagulazioni patologiche a una difettosa attività polmonare. Perché il sangue restasse fluido, infatti, necessitava l’immissione nella rete capillare di un fermento separato negli alveoli dall’aria inspirata, un fermento capace di mantenere viva la mobilità dei globuli rossi. La iatromeccanica malpighiana si coniuga qui con i più fertili risultati dell’esperienza dei fisiologi inglesi eredi di Harvey, impegnati nel restauro della funzione respiratoria su base iatrochimica; ad agire su Malpighi è soprattutto il De fermentatione (1659) di Thomas Willis, attraverso la mediazione dei Progymnasmata physica (1663) di Tommaso Cornelio, lo scienziato napoletano con cui viene in contatto nel trasferimento da Bologna a Messina.
L’ininterrotta ricerca anatomica malpighiana spinge l’istanza comparativa verso l’indagine sempre più minuta dei recessi della natura. Frutto dello studio dei «primi e non lavorati abbozzi degli animali in corso di sviluppo» (Opera posthuma, cit., p. 195) è il De bombyce del 1669, raffinato esercizio di anatomia microscopica sugli apparati vitali del bruco. Un’indagine che vale a Malpighi l’unanime riconoscimento della scienza d’oltremanica, incontrando il corso delle ricerche della Royal society, di cui la Micrographia (1665) di Robert Hooke è uno dei più rappresentativi documenti. Quattro anni dopo, ancora a Londra, si stampa una nuova operetta di Malpighi, la Dissertatio epistolica de formatione pulli in ovo. Qui le osservazioni sugli embrioni di pulcino apportano importanti conoscenze sulle strutture anatomiche dell’animale formato.
Altrettanto rilevante è in questa dissertatio il contributo di Malpighi nel campo della generazione animale: vi troviamo perfezionate le scoperte divulgate nel De mulierum organis generationi inservientibus (1672) dell’anatomista olandese Regnier de Graaf, che aveva osservato la crescita e trasformazione dei follicoli ovarici (detti poi follicoli di Graaf); Malpighi descrive struttura e funzione del corpo luteo derivante dal follicolo di Graaf, attribuendovi, secondo la propria consolidata mentalità strutturistica, natura ghiandolare.
A Londra nuovamente, tra il 1675 e il 1679, uscivano le due parti della Anatome plantarum, atto di fondazione dell’anatomia microscopica delle piante, ai cui processi vitali Malpighi estendeva il modello iatromeccanico, osservandone la struttura della corteccia costituita da microcondotti assimilabili alle trachee degli insetti. Egli studiava pure la generazione vegetale, ricondotta al seme in cui riteneva la pianta preformata, e affrontava in maniera risolutiva il problema delle escrescenze patologiche conosciute come galle, tradizionalmente attribuite a un processo di generazione spontanea e ora identificate come manifestazioni di una parassitosi.
«Proseguivo i miei studi […] mi dedicavo alla medicina pratica, insegnando nelle ore pomeridiane e medicando in città e fuori. Facevo vivisezioni e dissezionavo cadaveri […] per scrutare le cause delle malattie» (Opera posthuma, cit., p. 46). Così Malpighi nell’autobiografia a proposito degli anni bolognesi seguiti al ritorno da Messina. In tali anni egli dispensa la sua perizia medica entro una cerchia di pazienti spesso prestigiosi e compila parallelamente una raccolta di storie anatomico-mediche, la cui materia dissemina soprattutto nell’autobiografia. Questa sua attività è all’origine della tradizione che culminerà in uno dei grandi testi della storia della medicina: il De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis (1761) di Giovanni Battista Morgagni.
Sempre avverso alla teorizzazione scissa dal caso concreto indagato, Malpighi fu tuttavia costretto ripetutamente a difendere il proprio metodo. Dovette farlo soprattutto in due occasioni: prima negli anni messinesi, rispondendo al Galenistarum triumphus (1665), poi nei tardi anni bolognesi, a confutazione delle tesi espresse dal suo antico avversario Sbaraglia nella De recentiorum medicorum studio dissertatio epistolaris (1689); entrambi i propri testi Malpighi raccolse nell’autobiografia (Opera posthuma, cit., pp. 42-43 e 161-257).
La seconda risposta malpighiana è uno dei grandi scritti di metodo scientifico del Seicento, in cui l’autore difende la propria «medicina razionale» oppugnata da Sbaraglia alla luce di un empirismo terapeutico non ingenuo, che aveva alle spalle l’opera di Thomas Sydenham (1624-1689). La polemica, nell’ambiente medico bolognese, doveva trascendere la stessa vita di Malpighi; nel 1705 vi sarebbe intervenuto con due Epistolae, pubblicate sotto pseudonimo a difesa del maestro di Crevalcore, il suo massimo erede, il giovane Morgagni, in procinto di stampare il primo volume degli Adversaria anatomica (1706).
De pulmonibus observationes anatomicae, Bononiae 1661.
De pulmonibus epistola altera, Bononiae 1661.
De externo tactus organo anatomica observatio, Neapoli 1665.
Tetras anatomicarum epistolarum de lingua et cerebro […] quibus anonymi accessit exercitatio de omento, pinguedine et adiposis ductibus, Bononiae 1665.
De viscerum structura exercitatio anatomica, Bononiae 1666.
Dissertatio epistolica de bombyce, Londini 1669.
Dissertatio epistolica de formatione pulli in ovo, Londini 1673.
Anatome plantarum, Londini 1675-1679.
Opuscula anatomica, Bologna 1680.
Opera omnia, seu thesaurus locupletissimus botanico-medico-anatomicus viginti quatuor tractatus complectens et in duos tomos distributus, Leida 1687.
De structura glandularum conglobatarum consimiliumque partium epistola, Londini 1689.
Opera posthuma, Londini 1697.
Consultationum medicinalium centuria prima, Patavii 1713.
Opera medica, Venetiis 1743.
Opere scelte, a cura di L. Belloni, Torino 1967.
The correspondence of Marcello Malpighi, ed. H.B. Adelmann, 5 voll., Ithaca (N.Y.) 1975.
H.B. Adelmann, Marcello Malpighi and the evolution of embryology, Ithaca (N.Y.) 1966.
L. Belloni, introduzione a M. Malpighi, Opere scelte, a cura di L. Belloni, Torino 1967, pp. 9-68.
Marcello Malpighi, anatomist and physician, ed. D. Bertoloni Meli, Firenze 1997.
A. Ottaviani, Scuola galileiana e cartesianesimo nella polemica fra Marcello Malpighi e Giovan Battista Trionfetti sulla generazione delle piante, in Descartes e l’eredità cartesiana nell’Europa sei-settecentesca, a cura di M.T. Marcialis, F.M. Crasta, Lecce 2002, pp. 261-76.
C. Preti, Malpighi Marcello, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 68° vol., Roma 2007, ad vocem.
D. Bertoloni Meli, Mechanism, experiment, disease. Marcello Malpighi and seventeenth-century anatomy, Baltimore (Md.) 2011.