CORIO, Marco
Figlio di Oldino, di nobile e antica famiglia milanese, e di Elisabetta Visconti, nacque nella prima metà del sec. XV. Lo si ricorda soprattutto come padre del noto storico di Milano, Bernardino. Educato alla corte di Filippo Maria Visconti, successivamente entrò al suo servizio. Nel 1442, mentre Niccolò Piccinino era agli stipendi della lega stretta il 30 novembre fra il Visconti, Alfonso d'Aragona ed Eugenio IV, il C. fu inviato nel campo del condottiero, quale commissario del duca. Conquistata Assisi dal Piccinino, al C. fu affidato il tesoro di S. Francesco. Quando nel 1446, mentre Francesco Sforza era ad Urbino assediato dalle milizie della lega pontificio-viscontea-aragonese, il duca di Milano fece uccidere il condottiero Taliano Furlano, colpevole di tradimento, la sua compagnia venne affidata al Corio.
Morto il Visconti (13 ag. 1447), il C. si sarebbe posto, già durante la Repubblica Ambrosiana, al servizio di Francesco Sforza. Divenuto questi signore di Milano, egli fu, il 15 sett. 1450, nominato ufficiale delle bollette di Como, per la durata di due anni. Com'è noto, dopo l'alleanza franco-milanese-fiorentina del febbraio 1452, scoppiò nel maggio la guerra fra questa e Venezia. Nell'estate del 1453 giunse in Italia, in aiuto degli alleati, Renato d'Angiò. Fu con uno scudiero di quest'ultimo che il C. si recò il 14 ottobre a Genova. Il sovrano era infatti interessato alla pacificazione delle fazioni genovesi e avrebbe voluto che Gian Luigi Fieschi, accanito avversario del doge Pietro Fregoso, si riconciliasse con lui. Anche se gli oratori furono accolti a Genova con vivace sfavore, si finì per arrivare all'accordo il 16 ottobre.
Nel 1458, il C., che tre anni prima era fra i familiari equitantes del duca Francesco Sforza, fu inviato presso Iacopo Piccinino.
Era morto Alfonso d'Aragona e il figlio Ferdinando si trovava a fronteggiare l'opposizione contro la sua successione. Al duca premeva di mantenere il Piccinino fedele all'Aragonese, pertanto gli inviò il C., che doveva convincere il condottiero ad aderire alla sua politica, promettendogli ancora una volta Drusiana Sforza in moglie. Gli assicurò pure l'appoggio del duca presso Pio II in suo favore; ma quando il C. si recò - subito dopo - dal pontefice, proponendogli di assumere il Piccinino ai suoi stipendi, il papa rifiutò decisamente, sostenendo di "non haver bisogno de simili uccelli de rapina". Com'è noto però, il condottiero si schierò contro Ferdinando, sostenuto invece dagli aiuti oltre che diplomatici anche militari dello Sforza. Il duca aveva infatti inviato nel Regno il fratello Alessandro. A questo nel medesimo anno il C. andò a consegnare sul Tronto 25.000ducati inviatigli dal duca di Milano.
Nel 1461 Genova si ribellò al dominio francese eleggendo doge Prospero Adorno. Quando re Renato, inviato da Carlo VII, giunse a Savona con dieci galere, Francesco Sforza decise, per favorire la rappacificazione delle fazioni genovesi a svantaggio dei Francesi, di inviare di nuovo a Genova Paolo Fregoso. Secondo B. Corio, che però attribuisce questo episodio al 1459, il C. lo accompagnò e riuscì, secondo i voti, a riconciliarlo con l'Adorno.
Da una lettera di Ottone del Carretto del 14 genn. 1460 si ricava che con ogni probabilità il C. si portò a Mantova alla chiusura della Dieta convocata da Pio II, ma non è noto con quale incarico vi si sia recato.
Il 22 dic. 1463 Francesco Sforza aveva ottenuto da Luigi XI in feudo Genova e Savona; nel 1464 egli si accinse con la sua solita abilità ad occupare la Riviera. Il C., rimanendo accanto a Obietto Fregoso, partigiano dello Sforza, partecipò all'impresa, che ebbe esito favorevole per le armi milanesi, e si portò poi a Genova quando questa fu occupata da Gaspare da Vimercate.
Nell'agosto del medesimo 1464 il C. fu inviato dal duca, presumibilmente preoccupato di fare accettare benevolmente dalle altre potenze il suo acquisto di Genova, a Ferdinando re di Napoli e presso Giovanni II re d'Aragona. In Abruzzo il C. si intromise anche nelle negoziazioni che si svolgevano fra il re ed Antonio Caldora. Scoppiata nel 1465 in Francia la guerra della lega del bene pubblico e decisa da parte dello Sforza la spedizione in aiuto del sovrano, il C. fu inviato a Chambéry per preparare il passaggio delle truppe milanesi guidate dal primogenito del duca.
Da una lapide posta nel 1467 nella chiesa di S. Francesco, in Milano, che ricorda la moglie del C., Elisabetta Borri, morta in quell'anno e sepolta nella tomba lì apprestata appunto dal marito, apprendiamo che il C. era stato cameriere di Filippo Maria Visconti e di Francesco Sforza. Anche il nuovo duca, Galeazzo Maria, nominò il C. suo cortigiano, nel 1474, con uno stipendio di 100 ducati. Il 18 genn. 1477 lo confermò in questa carica Gian Galeazzo appena divenuto duca dopo l'uccisione del padre.
Non si hanno del C. altre notizie. Egli non è comunque da confondere con l'omonimo segretario del vescovo Zanone Castiglioni, attivo in Francia nel quarto decennio del sec. XV.
Fonti e Bibl.: V. Forcella, Iscriz. delle chiese... di Milano, III, Milano 1890, p. 98; B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra, Torino 1978, pp. 9, 1185, 1354, 1358, 1367, 1372, 1393; E. Nunziante, I primi anni di Ferdinandod'Aragona, in Arch. stor. per le prov. napol., XXIII (1898), pp. 205 s.; G. B. Picotti, La Dietadi Mantova, Venezia 1912, p. 500; Gli uffici deldominio sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1948, p. 244; T. Foffano, Umanisti italiani inNormandia, in Rinascimento, s. 2, IV (1964), pp. 24, 29 s.; L. Cerioni, La diplom. sforzesca, I, Roma 1970, p. 167.