FERRERI, Marco
Regista cinematografico, nato a Milano l'11 maggio 1928. Dopo essersi cimentato in varie attività (fra l'altro, quella di attore e di direttore di produzione), si improvvisa regista in Spagna, dove si trovava per vendere obiettivi cinematografici. Il suo primo film, El pisito (1958), scritto con R. Azcona, che diventerà successivamente il suo collaboratore di fiducia, intesse su un telaio neorealistico motivi di beffardo umorismo che coloreranno anche il successivo El cochecito (1960), dove compare quel rapporto fra i personaggi e gli oggetti, chiamati a colmare una carenza negli affetti, che sarà un tema sempre ricorrente nel cinema di Ferreri.
Con un piglio da quaresimalista laico, e servendosi di esempi paradossali, ispirati tuttavia a episodi e figure della cronaca, F. parla dell'istituto matrimoniale e dello sfruttamento dell'uomo ai danni della donna o viceversa (Una storia moderna: l'ape regina, 1963; La donna scimmia, 1964; L'harem, 1967). Negli anni della contestazione giovanile, da lui considerata un'esplosione demolitrice dei valori e dei comportamenti consolidati, descrive la dissoluzione dell'uomo borghese in Dillinger è morto (1969), Il seme dell'uomo (1969), L'udienza (1971) e La grande abbuffata (1973), con i quali completa la disarticolazione della drammaturgia cinematografica tradizionale che fino ad allora aveva sperimentato (le ''novelle'' Il professore e L'uomo dei cinque palloni).
Sostenuti da una traccia minima di racconto, quasi esaltati da interni connotati da oggetti significanti, i personaggi di F. mimano il vuoto che si è impadronito di loro e che gli ambienti (architetture fatiscenti o fin troppo moderne) contribuiscono a definire. Nello scoprirli e nell'usarli (vedi Ciao maschio, 1978; Storia di Piera, 1983; Il futuro è donna, 1984), F. rivela una lucidità di giudizio che anticipa umori e ricerche degli stessi studiosi di urbanistica. La capacità di leggere in anticipo i segni del tempo distingue i film sulle conquiste delle donne (L'ultima donna, 1976; Chiedo asilo, 1979), nei quali F., mentre coglie l'arrendersi del personaggio maschile, esalta le potenzialità femminili che si completano nell'attesa e nella nascita di un figlio.
Esaurita la ricerca sul privato, F. affronta, sempre nei suoi modi paradossali, il tema dell'ambiguo rapporto che intercorre fra civiltà europea e culture considerate a lungo subalterne (Come sono buoni i bianchi, 1987) e quello del diritto degli anziani all'amore (La casa del sorriso, 1991, premio Orso d'oro al festival di Berlino), e avvia, sia pure in modo non sempre persuasivo, una riflessione sul dominante gusto delle fantasie erotiche (La carne, 1991).
Bibl.: M. Morandini, M. Ferreri, Torino 1970; M. Ferreri, R. Azcona, La grande abbuffata, Milano 1973; M. Grande, M. Ferreri, Firenze 1974; M. Ferreri, R. Azcona, Non toccare la donna bianca, Torino 1975; M. Ferreri, L'ultima donna, ivi 1976; G. Cremonini, Ferreri e le favole della morte, Imola 1977; G. Grazzini, Gli anni Sessanta in cento film, Roma-Bari 1977; Id., Cinema '76, ivi 1977; E. Ungari, Schermo delle mie brame, Firenze 1978; F. Accialini, L. Coluccelli, M. Ferreri, Milano 1979; G. Grazzini, Cinema '78, Roma-Bari 1979; Id., Cinema '79, ivi 1980; L. Miccichè, Cinema italiano degli anni '70, Venezia 1980; M. Ferreri, Chiedo asilo, a cura di M. Grande, Milano 1980; G. Grazzini, Cinema '83, Roma-Bari 1984; G. Fofi, Dieci anni difficili, Firenze 1985; G. Grazzini, Cinema '85, Roma-Bari 1986; M. Mahéo, M. Ferreri, Parigi 1986; F. Bolzoni, La barca dei comici, Roma 1986; M. Ferreri, a cura di F. Borin, Venezia 1988.