Marijuana
Il termine marijuana, forse di origine spagnola e di etimo incerto, designa in America e in Europa la droga ottenuta facendo essiccare i fiori e le foglie della canapa indiana (Cannabis indica). Mescolata al tabacco e fumata in quantità non elevate, procura uno stato di euforia con modificazioni delle facoltà percettive e, in forti dosi, alterazioni del comportamento e delle funzioni psichiche.
La Cannabis indica è una varietà della canapa comune (Cannabis sativa). Si tratta di una pianta dioica (pianta maschile separata dalla pianta femminile) che può crescere a tutte le latitudini, in quanto è molto resistente. Dalle sommità fiorite delle piante femminili, non fecondate, si ottiene una resina di colore bruno, detta hashish; la marijuana è data invece dalle infiorescenze femminili essiccate e polverizzate. Nell'uso più comune queste ultime, incorporate in sigarette con tabacco e fumate, producono una serie di effetti dovuti alla presenza di un componente biologicamente efficace (principio attivo), il tetraidrocannabinolo. La resina (hashish) contiene circa il 40% di principi attivi, mentre le foglie e i fiori hanno un tasso sovente inferiore al 10%. Sono presenti inoltre altri componenti meno efficaci oppure inattivi, come il cannabidiolo, il cannabigerolo e il cannabinolo. Allorché si fuma, il 25-30% dei principi attivi passa nei polmoni, provocando modificazioni fisiologiche e psichiche che compaiono pochi minuti dopo aver inalato il fumo e sono di breve durata. L'ingestione della resina sotto forma di dolci dà luogo a un'azione più persistente, che si manifesta però dopo un tempo maggiore (mezz'ora o un'ora) dall'assunzione. Gli effetti fisiologici acuti della marijuana comprendono un aumento della frequenza del polso, della pressione arteriosa e della minzione, e la congestione vascolare della congiuntiva. In taluni soggetti, inoltre, sono stati messi in evidenza ptosi, fotofobia e nistagmo; si registra anche un incremento dell'appetito (specialmente per i cibi dolci).
Numerose sono le testimonianze di letterati, storici e scienziati sugli effetti psichici della marijuana. Già il compendio di medicina cinese dell'imperatore Shen Nong, del 2737 a.C., fa menzione delle modificazioni indotte da questa sostanza. Erodoto, nel 5° secolo a.C., riporta nelle sue storie l'usanza presso gli sciti di bruciare sul carbone i semi della canapa e di inalarne i vapori, con evidenti segni di piacere. Nel 20° secolo appare di particolare interesse la descrizione degli effetti psichici fornita, negli anni Trenta, da psichiatri americani e fondata su una serie di osservazioni e colloqui con persone sotto l'influenza della droga. Dai risultati di queste indagini emerge che i sintomi di intossicazione iniziano con un periodo di ansietà, circa 10 min dopo aver fumato, durante il quale l'individuo mostra talvolta paura della morte e uno stato ansioso di natura vaga, associato a irrequietezza e iperattività. Poi il soggetto comincia a sentirsi più calmo, manifesta segni di euforia, diventa più loquace, si esalta, avverte un senso di leggerezza agli arti e al corpo, ride in modo incontrollato, talvolta in assenza del pur minimo stimolo. Inoltre ha la sensazione di essere brillante nella conversazione; il rapido fluire delle idee dà l'impressione di una vivacità e puntualità del pensiero, ma è evidente la confusione quando egli tenta di ricordare ciò che ha appena pensato. È possibile che abbia anche allucinazioni visive, lampi di luce o immagini amorfe dai vividi colori che si evolvono e si sviluppano in figure geometriche, strutture, volti umani e dipinti di grande complessità.
Dopo un periodo più o meno lungo, che può estendersi fino a 2 ore, il fumatore viene colto da torpore e sprofonda in un sonno senza sogni. Rimane comunque classica, e ancora attendibile, la valutazione degli effetti psichici della sostanza effettuata a metà Ottocento da J.-J. Moreau de Tours, un medico francese che portò con sé l'hashish dai suoi viaggi in Oriente, e studiò questa droga, in quanto riteneva che lo stato allucinatorio provocato da dosi elevate potesse costituire un valido modello di psicosi. Nella sua indagine, egli classifica i fenomeni osservati nei soggetti sotto l'azione della cannabis in otto categorie: sensazioni di gioia (euforia); dissociazione delle idee; indebolimento della capacità di concentrazione; errori nella percezione del tempo e dello spazio; acuirsi delle facoltà uditive; ossessioni e illusioni; stimolazioni delle reazioni emotive e impulsive; allucinazioni. Rileva inoltre che mano a mano che l'azione della droga si fa più intensa, si passa insensibilmente dal mondo reale a un mondo fittizio, immaginario, senza perdere tuttavia la coscienza di sé stessi, ossia si verifica una specie di fusione fra lo stato di sogno e quello di veglia: si sogna stando svegli. Andando oltre le osservazioni di Moreau de Tours, bisogna però aggiungere che due fattori influiscono notevolmente sugli effetti della marijuana: la dose assunta e la personalità dell'individuo. La reazione più comune, a dosi basse, è lo svilupparsi di uno stato sognante con coscienza alterata, in cui le idee sono sconnesse e incontrollabili, i concetti di spazio e tempo vengono stravolti, oggetti vicini possono apparire lontani. A quantità più elevate corrispondono allucinazioni vivide, alterazioni dell'umore, senso di grande benessere, esaltazione, eccitazione. L'assunzione di dosi molto elevate si accompagna a reazioni di panico, timore della morte, distorsione dell'immagine corporea, sdoppiamento dell'identità. La personalità del soggetto gioca poi un ruolo rilevante nel tipo di reazione alla droga. In individui particolarmente predisposti possono insorgere casi di psicosi tossica, una sindrome di vera e propria allucinazione mentale, o episodi di aggressività incontrollabile. Certamente, l'assunzione di dosi elevate e una personalità vulnerabile che si trovi in una situazione di equilibrio delicato o di ansia sono elementi che condizionano in modo determinante gli effetti della marijuana, la quale tuttavia, nelle dosi in cui viene abitualmente fumata (5-10 mg di principio attivo), può produrre una sensazione di benessere e reazioni differenti, a seconda dell'ambiente e delle consuetudini.
Nel mondo orientale la marijuana si connota come 'droga della meditazione', viene assunta da soggetti isolati e può, a dosi basse, procurare sonnolenza ed esercitare un'azione calmante; in Occidente, è piuttosto una 'droga sociale', viene fumata in compagnia e induce loquacità e ilarità. Solamente l'uso prolungato rende l'individuo indolente, improduttivo, incurante dell'igiene personale. Di uso antichissimo e originariamente coltivata in Cina, India e Persia, la cannabis è stata variamente utilizzata a scopo terapeutico. In Cina, nel 2700 a.C., veniva impiegata nell'anestesia chirurgica, ma anche nella cura del beri-beri, della costipazione e delle malattie mentali. Intorno al 500 a.C. ne è attestato l'uso in Persia e in Anatolia come balsamico e antisettico. Nell'Europa medievale si ricorse a essa per curare ustioni, dolori delle vie uditive, malattie dell'utero. Successivamente, le si attribuì efficacia nella terapia di convulsioni, reumatismi, tetano, rabbia, e ne fu poi riconosciuta la proprietà analgesica, rilassante muscolare e sedativa. Nel 19°secolo fu usata nelle affezioni ginecologiche, nell'asma, nell'insonnia, e per alleviare la sindrome di astinenza dei morfinomani. La difficoltà di reperire preparati iniettabili, la variabilità delle risposte individuali, l'introduzione di farmaci con effetti più specifici, ne ha successivamente limitato l'uso. Tuttavia viene ancora considerata valida nella cura dell'asma (dilata i bronchi) e del glaucoma (il tetraidrocannabinolo riduce in misura notevole la pressione intraoculare). I principi attivi della marijuana (tetraidrocannabinolo somministrato per via orale) bloccano inoltre il vomito che si registra durante il trattamento chemioterapico del cancro e, nei malati di tumore, possono essere utili per gli effetti euforizzanti, analgesici e di stimolazione dell'appetito.
h. baruk, Annales Moreau de Tours, Paris, PUF, 1962.
Goodman and Gilman's The pharmacological basis of therapeutics, ed. A. Goodman Gilman et al., New York, Pergamon Press, 19908 (trad. it. Bologna, Zanichelli, 19928).
l. grinspoon, Marihuana, in Physiological psychology, ed. R.F. Thompson, San Francisco, Freeman, pp. 199-207.
r. mechoulam, Le cannabis, "La Recherche", 1976, 73, pp. 1018-26.