Pseudonimo del poeta in dialetto romanesco e architetto Mario Fagiolo (Roma 1905 - ivi 1996); fondò alcune riviste di poesia e curiosità dialettali, fra cui Orazio (1949) e Il Belli (1952). La sua poesia (Taja ch'è rosso, 1946; La stella de carta, 1947; Ottave, 1948; Tormarancio, 1950; La peste a Roma, 1952; Ponte dell'Angeli, 1955; Verde vivo verde morto, 1962; Roma levante Roma ponente, 1965; Gatti, 1980; Assolo, 1982; Vince er turchino, 1985; Poesie romanesche, 1987), che si riallaccia ai modi della contemporanea lirica in lingua e specialmente alla poesia ermetica, si giova del dialetto per dare maggior risalto verbale a una immaginazione baroccheggiante, trovando tuttavia la sua nota più genuina là dove un motivo elegiaco (come quello ispirato dal ricordo del figlioletto morto, in Una striscia de sole, 1951) serve di remora al trasmodare del suo gusto "macaronico". Compilò anche, in collaborazione con P. P. Pasolini, un'antologia della Poesia dialettale del Novecento (1952), ed è autore di un interessante G. Belli. Ritratto mancato (1970).