Twain, Mark
Il caposcuola della moderna narrativa americana
Nell’Ottocento, nessuno scrittore prima di Mark Twain – l’autore di Le avventure di Tom Sawyer e Le avventure di Huckleberry Finn – era riuscito a rappresentare narrativamente l’America più profonda in modo così efficace e con un linguaggio così distintamente originale. Non a caso le generazioni successive hanno riconosciuto in lui il capostipite della letteratura americana
Il vero nome di Mark Twain è Samuel Langhorne Clemens, nato a Florida, nel Missouri, nel 1835. Dopo la morte del padre, nel 1847, il giovane Samuel inizia a lavorare come tipografo, spostandosi anche a St. Louis e a New York, ma la professione che lo segnerà per sempre è quella di pilota di battelli a vapore sul fiume Mississippi. Allo scoppio della guerra di Secessione, dopo un breve periodo di servizio nell’esercito sudista Samuel diserta e si reca a ovest. Lavora in Nevada come minatore e poi come giornalista per vari giornali di San Francisco.
Nel 1863 adotta lo pseudonimo Mark Twain, tratto dal linguaggio dei battellieri (indica una profondità dell’acqua di due braccia).
Nel 1867 compie un viaggio in Europa e in Medio Oriente, di cui racconta le esperienze in Gli innocenti all’estero (1869), un libro di grande umorismo che gli vale una vasta popolarità, accresciuta dalla sua abilità di conferenziere sempre in giro per l’America. Sulla sua vita nel West scrive il secondo libro, l’ugualmente brillante e fortunato Vita dura (1872).
Mark Twain esordisce come romanziere nel 1873 con L’età dell’oro, ritratto satirico degli Stati Uniti dopo la guerra civile, scritto assieme a Charles Dudley Warner. Il periodo di massima creatività si apre nel 1876 con il best seller Le avventure di Tom Sawyer, in cui introduce il personaggio del ragazzino astuto e impunito, sempre pronto a gettarsi nelle avventure più rischiose assieme ai suoi amici. Seguono altri fortunati romanzi che hanno bambini come protagonisti: Il principe e il povero, del 1882, e soprattutto Le avventure di Huckleberry Finn, pubblicato nel 1884, dal quale i due maggiori scrittori statunitensi del Novecento, William Faulkner ed Ernest Hemingway, fanno discendere la narrativa moderna americana.
Il romanzo racconta della fuga di un bambino e di un suo amico, lo schiavo Jim, lungo un Mississippi descritto con straordinaria ricchezza di dettagli psicologici e ambientali e con uno scoppiettante linguaggio dialettale. Il viaggio di Huck e Jim nel cuore dell’America ne rivela tutte le contraddizioni morali, quelle ambiguità in cui è invischiato lo stesso Huck, che non di rado dimostra di condividere la mentalità razzista che ha prodotto la schiavitù.
Huck si riscatta grazie a un senso della solidarietà umana che lo spinge a infrangere il codice morale dell’ideologia dominante. La vitalità tutta ‘americana’ che permea questi romanzi si ritrova anche nell’autobiografico Vita sul Mississippi, del 1883, in cui l’autore ricorda le sue esperienze di battelliere.
A partire dalla fine degli anni Ottanta la produzione di Mark Twain presenta una vena di pessimismo sempre più accentuata, appena nascosta dalla dimensione comica in Uno yankee del Connecticut alla corte di Re Artù (1889) ma molto più evidente in Wilson lo zuccone (1894), esplicita condanna di una società che fino a non molti anni prima ancora permetteva lo schiavismo. Dopo una serie di romanzi poco felici – alcuni con Tom Sawyer per protagonista – scritti con l’obiettivo di pagare i suoi debitori, Twain si aliena il favore del pubblico dei lettori con libri contraddistinti da una visione estremamente negativa dell’umanità nel suo complesso, come L’uomo che corruppe Hadleyburg (1900) e Che cos’è un uomo (1906).
Grazie all’immutato successo dei suoi giri di conferenze, in cui prende di petto tutti gli aspetti della vita e della politica americana che gli appaiono caratterizzati da una stupida ricerca del potere e del denaro, Twain riesce comunque a restare una voce importante e ascoltata della cultura del suo paese. Muore nel 1910, lasciando molto materiale inedito, che sarà pubblicato postumo, tra cui Lo straniero misterioso (1916), e un’inestimabile eredità di impegno civile e spirito umoristico, profondità filosofica e inventiva narrativa e linguistica.