Marketing
L'espressione marketing, universalmente nota, si è affermata anche nel nostro paese, nonostante alcuni tentativi di proporne una italiana alternativa. Nell'ambito di scuole aziendalistiche universitarie, ad esempio, fu coniato mercatistica, che ebbe qualche fortuna pur non affermandosi mai al punto da soppiantare l'originale anglosassone. In talune occasioni il termine marketing è però riferito ad aspetti parziali della disciplina, quali le comunicazioni pubblicitarie e le pubbliche relazioni, l'immissione sul mercato della nuova versione di un prodotto, le attività limitate soltanto ad aspetti riguardanti la distribuzione dei beni, e simili. Naturalmente è improprio identificare una porzione dell'area di pertinenza della disciplina con il ben più esteso dominio che le compete. Infatti, se adoperato in una accezione corretta e non come sineddoche, il vocabolo designa tutte le attività d'impresa a carattere strategico, tattico e operativo che coordinatamente tendono a realizzare il migliore e più continuativo raccordo con i clienti già acquisiti e potenziali. Siffatta impostazione rispecchia una mentalità, ancor prima che uno stile di gestione aziendale, che dovrebbe essere sollecitamente acquisita anche da organizzazioni ed enti senza scopo di lucro.
I principî generali del marketing si ispirano dunque a strategie e conseguenti iniziative orientate alla sintonia continuativa con i bisogni dei destinatari dell'offerta. Al pari delle persone fisiche, l'impresa non deve lasciarsi sorprendere dagli accadimenti esterni e chiedersi passivamente cosa mai sia avvenuto, né limitarsi a osservare la realtà, ma acquisire una mentalità vincente. Questa comporta sia la selezione tra i vari scenari futuri possibili, sia il tenace impegno affinché si realizzi proprio quello prescelto. Nessun operatore economico, né atleta, né impresa o istituzione, ecc., può infatti sottrarsi al compito di scegliere e seguire una strategia che consenta di affermarsi nel proprio campo di competizione.
Nell'ambito del marketing possono essere identificate le strategie tipiche delle imprese leader, di quelle cosiddette sfidanti, delle imprese imitatrici, e, infine, di quelle di nicchia, non necessariamente connotate, queste ultime, in senso negativo, perché tra esse sono presenti imprese che si rivelano innovatrici e quindi in prospettiva sfidanti. Quelle che operano in una nicchia possono essere altresì considerate interstiziali, per specifiche scelte riguardanti le dimensioni dei rispettivi mercati, le caratteristiche dei beni prodotti, il peculiare livello del servizio offerto e altre caratteristiche ancora.
Sebbene non esista, quindi, un'unica strategia vincente, le imprese orientate al marketing sono accomunate dalla centralità del ruolo riconosciuto al cliente, il quale deve sempre essere considerato prima e più del prodotto aziendale. Questo, a sua volta, è un inestricabile groviglio di caratteristiche funzionali e di risposte a esigenze psicologiche, nel quale le seconde possono essere addirittura predominanti per l'affermazione sul mercato. Chi, ad esempio, si accinge ad acquistare un'automobile, oppure un profumo, inconsciamente ricerca anche la soluzione di molteplici problemi latenti di carattere emotivo.
La capacità di interpretare correttamente l'intrico di tali esigenze, assieme al realistico vaglio della capacità dell'impresa di soddisfarle, contraddistingue l'orientamento al marketing; ne rappresentano i cardini la soddisfazione del consumatore e il simmetrico impegno per acquisire con efficienza la capacità di conseguirla. Ciò comporta, ovviamente, che l'impresa abbia una spiccata attitudine al cambiamento, sintonizzato sia con quello dell'intero sistema sociale sia con la specificità dei clienti-obiettivo.
La disciplina rappresenta quindi l'antitesi di ogni approccio statico al mercato, foriero di involuzione e sicura decadenza. Ciò evidentemente vale non soltanto per le imprese, ma anche per ogni altra tipologia organizzativa che si adagi su comportamenti cristallizzati e perpetui, indubbiamente rassicuranti, che hanno propiziato le precedenti affermazioni. Nel nostro paese siffatta tipologia negativa caratterizza, ad esempio, il sistema bancario, i partiti politici tradizionali, l'amministrazione postale, nonché quella delle Ferrovie prima della trasformazione in società per azioni. Essa ha contraddistinto, inoltre, anche il settore automobilistico internazionale sino all'irruzione delle aggressive innovazioni tecnico-comportamentali delle industrie giapponesi e coreane del ramo.
Sul versante opposto alcune multinazionali adottano invece strategie improntate alla consapevolezza che l'aliquota preponderante dei rispettivi profitti proverrà, in prospettiva, dalle vendite di beni e servizi attualmente non ancora esistenti, oppure addirittura inimmaginabili.In definitiva il marketing codifica sia strategie e comportamenti, eliminando ogni ripetitività, sia la possibilità di identificare i programmi vincenti, purché espressione delle peculiarità di ogni specifico sistema organizzativo. Esso comporta, altresì, l'organico svolgimento delle funzioni di analisi, pianificazione, organizzazione e controllo. Queste - che trovano il proprio antecedente nell'identificazione del 'profilo' dei clienti e delle caratteristiche della domanda - si concludono poi ciclicamente nel vaglio degli obiettivi aziendali e nella eventuale riformulazione dei medesimi in una impostazione di medio e lungo periodo. Punto centrale di questo schema è il costante soddisfacimento dei desiderata, anche latenti, dei clienti, ovviamente non simultaneamente conseguibile per tutti i tratti rilevanti delle attese dei medesimi.
Per diventare operative, le politiche d'impresa richiedono adeguate risorse e ben coordinate azioni che interessino l'analisi dei costi per gruppi omogenei di prodotti, il sistema informativo aziendale e lo stesso stile di gestione, le comunicazioni pubblicitarie, la catena di distribuzione dei prodotti e, infine, il settore studi e ricerche.
Cenno a parte meritano i costi che le imprese debbono sostenere per tutelare la sicurezza e la salute del consumatore; costi che quelle orientate al marketing sono però in grado di trasformare da vincoli all'azione in opportunità competitive.I principî e la mentalità tipici della disciplina e delle relative applicazioni possono essere introdotti anche in aree diverse da quelle economiche tradizionali, quando ci si riferisca al concetto di 'transazione' intesa quale scambio di valori, non necessariamente espressi in termini monetari, tra due o più partners.
Del cosiddetto marketing sociale esistono varie accezioni: qui si citano soltanto quelle più rilevanti.Secondo alcuni studiosi anglosassoni esso sarebbe ancora di pertinenza dell'impresa, la quale, però, dovrebbe subordinare i propri obiettivi alla salvaguardia dell'utilità sociale e quindi al pubblico interesse. Questa accezione, nettamente caratterizzata in senso etico, rispecchia l'esigenza generalmente avvertita di conciliare, e in qualche modo 'giustificare', il profitto con il rispetto e il rafforzamento di superiori valori sociali.
Un'impostazione meno ambiziosa riserva, invece, la qualificazione più lata del termine marketing alle iniziative intese a concepire, realizzare e controllare programmi di enti che non abbiano la finalità di produrre beni e servizi per il mercato. Essa comprende cause sociali quali, ad esempio, la difesa dell'ambiente, il risparmio energetico, la lotta al fumo, all'alcolismo, alla droga, ecc., specificamente riferendosi alle organizzazioni che non hanno alcuna finalità di lucro.
In nessun periodo storico ha avuto senso produrre beni e servizi non desiderati e comunque privi di prospettive di solida affermazione. Produzione e marketing hanno quindi sempre formato un binomio inscindibile; ma progettazione e ricerca, politica dei prezzi e soprattutto pubblicità hanno accentuato il proprio ruolo parallelamente allo sviluppo di prodotti ad amplissimo mercato, quali automobili, sigarette, bibite, ecc.
Il marketing nasce, in forme embrionali, in tutti gli ambienti nei quali un'aggressiva cultura d'impresa, alimentata da vivace concorrenza, si inserisce in un mercato nel quale i consumatori possono scegliere tra numerose offerte di prodotti similari. Tali caratteristiche implicano tratti sia culturali sia economici, con il vincolo di condizioni di vita nettamente superiori al livello di sussistenza.Durante gli anni venti la tecnologia disponibile e l'organizzazione del lavoro consentirono di realizzare produzioni 'di massa', il diffondersi delle quali inasprì progressivamente la competizione sui mercati. La grande depressione economica che caratterizzò l'inizio degli anni trenta segnò, poi, la transizione a iniziative intese a stimolare la domanda. Queste non ebbero più carattere accessorio, bensì furono incorporate tra le esigenze primarie della gestione aziendale, a causa dell'accentuarsi della concorrenza sui mercati nazionali e supernazionali.
Si diffuse, pertanto, la consapevolezza che capacità imprenditoriale innovativa e stimolo creativo della domanda sono elementi determinanti del successo nel campo degli affari. J.A. Schumpeter caratterizzava l'imprenditore appunto con la capacità di creare nuovi prodotti oppure di realizzare in forme innovative quelli esistenti: tale indicazione ha nel tempo rafforzato la propria validità.
La consapevolezza che prodotti privi di varianti non possono diffondersi in vasti mercati eterogenei indusse l'industria statunitense, già alla fine dello scorso secolo, a 'segmentare' la clientela, offrendo alla stessa un prodotto-base che poteva essere allestito e fornito in numerose varianti dal prezzo nettamente differenziato.
Lo sviluppo del marketing aveva superato le fasi embrionale e iniziale negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Germania ben prima della fine degli anni venti. Nel 1916 A.W. Shaw poteva infatti già scrivere: "L'uomo d'affari in linea con il progresso effettua accurati studi per identificare non soltanto i desiderata del consumatore, ma anche le sue abitudini e tendenze in tutti gli aspetti della vita. In tal modo è possibile far emergere anche i bisogni inconsci e realizzare prodotti capaci di soddisfare tutti questi tratti, per fornire una completa risposta alla domanda". Il concetto che soddisfare i clienti costituisca un obiettivo più completo e produttivo che non limitarsi alla sola vendita fu del pari ben presto acquisito. Nacque in tal guisa l'ingegneria del consumatore, ovvero la continua modificazione dei prodotti al fine di sintonizzarli appieno e continuativamente con le mutevoli esigenze del mercato.Sul piano accademico la paternità del marketing è tuttora contesa tra le Università statunitensi della Pennsylvania e di Harvard le quali, tra la fine del secolo scorso e i primi anni di questo, istituirono scuole di specializzazione in business administration. Melvin T. Copeland, docente ad Harvard, pubblicò il primo testo universitario riguardante la disciplina. Questa, in Italia, ha stentato non poco ad affermarsi sia nelle applicazioni sia nei corsi universitari. Peraltro già verso la metà degli anni cinquanta l'Università Bocconi di Milano aveva inserito tale insegnamento in un corso di specializzazione destinato alla formazione dei quadri direttivi delle imprese. Durante i successivi decenni i corsi di analisi e ricerche di mercato ebbero un notevole sviluppo anche nel nostro paese, a seguito dell'opera pionieristica di G. Tagliacarne. Il marketing come tale si avviò a soppiantare gli obsoleti insegnamenti riguardanti la distribuzione commerciale soltanto nei primissimi anni novanta, quando il Consiglio Universitario Nazionale incluse la disciplina, finalmente autonoma, nei piani di studio delle facoltà di Statistica e di Economia.
Le applicazioni del marketing hanno inizialmente interessato l'area dei prodotti a vasta diffusione nonché le aziende maggiori. Occorre però avvertire che con la medesima denominazione erano indicate anche le iniziative riguardanti comunicazioni pubblicitarie e promozionali, in realtà autonome e non inserite in alcuna strategia d'assieme delle attività d'impresa. Del pari la diffusione delle fasi di analisi e ricerca per il marketing, iniziata durante gli anni cinquanta, non costituì un adeguato sussidio per il processo decisionale e la gestione aziendale.
Le applicazioni si diffusero, poi, anche nel comparto dei beni di consumo durevole e dei prodotti industriali, richiamando sulla disciplina l'attenzione, ben presto crescente, delle imprese medie e piccole. Queste ultime hanno per tal via conseguito ottimi risultati, in termini sia di strategia 'di nicchia' sia d'iniziative d'attacco, non occasionalmente coronate da successo, riguardanti vari aspetti delle politiche di prodotto, prezzo e raccordo con il proprio mercato-obiettivo.
È possibile identificare, infine, una tipologia di imprese le quali non innovano né copiano, ma praticano prezzi particolarmente convenienti per gli acquirenti (followers).La consapevolezza di dovere finalizzare al contenimento del rapporto prezzo/qualità l'azione dell'impresa intesa ad assicurarsi la massima fedeltà degli acquirenti dei propri prodotti è però acquisizione dei primi anni novanta.
Soltanto nell'area dei servizi pubblici, specialmente in Italia, la mentalità di marketing non è ancora riuscita a penetrare significativamente. In questi ultimi anni, però, anche la nostra pubblica amministrazione dà segni di avere scoperto l'imperativo di confrontare i costi con i risultati e sembra apprestarsi a misurare qualità ed efficienza della propria attività, pur incontrando notevoli e inevitabili resistenze e lentezze nel cammino verso il rinnovamento. A questo proposito emerge una notevole pressione da parte della pubblica opinione più avvertita affinché il tradizionale rapporto di sudditanza del cittadino rispetto all'amministrazione della cosa pubblica si trasformi nell'unico valido: in quello cliente-fornitore.
Al successo del marketing ha contribuito, tra l'altro, la felice circostanza che l'insieme coordinato delle principali politiche che ne caratterizzano l'impostazione è sintetizzabile tramite la concisa ed efficace formula denominata delle '4 P' (product, price, place, promotion). Trattasi delle scelte concernenti: la combinazione di prodotti; i prezzi ai quali vendere i medesimi; le alternative di luogo, distribuzione fisica e canali di vendita; le comunicazioni con l'ambiente esterno, costituite dalla pubblicità e da iniziative complementari o sostitutive. Tali politiche richiedono poi il sostegno di specifiche ricerche e di ogni altra informazione, per consentire all'impresa di selezionarne la migliore combinazione, attuarla efficacemente e verificarne costantemente la sintonia con il mercato, da valutare essenzialmente in relazione alle risposte da questo ottenute.Un aspetto a sé stante è rappresentato dalla cosiddetta immagine, di marca, di impresa, di paese. L'opinione che il potenziale acquirente si è comunque formato e continuamente modifica circa la validità delle offerte ne orienta le scelte in favore di prodotti associati a elevati livelli di affidabilità, fiducia, rassicurazione e simili. L'immagine, in definitiva, costituisce una sorta di dimensione multipla o superattributo, al tempo stesso risultante delle predette '4 P' e premessa all'esplicarsi delle medesime.
La politica di prodotto si propone di plasmare il medesimo nei modi più consoni al soddisfacimento di specifici bisogni riferibili a ben individuabili gruppi di destinatari o segmenti di mercato. A questo proposito occorre tener presente che nell'ambito della disciplina il termine 'prodotto' acquisisce un'estensione inusuale, perché riferito non soltanto a beni e servizi, ma anche a località, istituzioni e persino idee, ossia a qualsiasi elemento in grado di soddisfare bisogni, anche quando non sussista la tradizionale contropartita in denaro.
Le scelte riguardanti il prodotto sono strettamente collegate al prezzo che lo caratterizzerà, da considerare espressione del 'valore' che vi è associato in rapporto alla soddisfazione che l'acquirente potrà trarne (value for money). Esso, pertanto, non è definito come mero risultato di operazioni additive, che considerino le varie tipologie dei costi fissi e variabili, nonché l'utile che l'impresa intende realizzare, solitamente determinato in base a considerazioni puramente finanziarie e, quindi, a scarso contenuto strategico. Il prezzo, invece, deve essere individuato senza attribuire un ruolo condizionante a una struttura dei costi eventualmente già definita oppure prevista. Tale struttura, infatti, dovrà adeguarsi ai livelli di volta in volta assegnati ai costi, vincolando per conseguenza le scelte riguardanti le modalità produttive. Ad esempio, il prezzo prescelto per la vendita della mitica Ford modello T nei primi anni del nostro secolo aveva l'obiettivo di attrarre milioni di clienti, e quindi fu subordinato a traguardi di vendita assai ambiziosi. Per rendere remunerativo il progetto i costi furono compressi, sia adottando per la vettura un'idonea configurazione tecnica sia, soprattutto, escogitando formule produttive innovative, sfociate nella cosiddetta catena di montaggio.
Le politiche finalizzate al contenimento del prezzo di vendita, ovviamente a parità di contenuto qualitativo del prodotto oppure addirittura migliorandolo, obbligano le imprese a rendere più efficienti le tecnologie di produzione, ad adottare oculate politiche di approvvigionamento, a sintonizzare i propri ritmi produttivi con il flusso degli ordinativi dei clienti - per minimizzare i tempi di giacenza in magazzino del prodotto finito - e a considerare gli aspetti distributivi e le scelte nel campo della comunicazione pubblicitaria parti sempre più integranti della propria attività.
La determinazione del prezzo di vendita interagisce, dunque, con ogni altro aspetto dell'impresa: il suo sviluppo, gli obiettivi di mercato, gli standard qualitativi, le tipologie dei clienti, i profitti, ecc.Gli esperti di marketing attribuiscono particolare significato alla coerenza tra prezzo di vendita del prodotto e 'valore' che i clienti ascrivono al medesimo: se quest'ultimo è molto elevato, il prezzo di vendita potrà adeguarvisi anche se favorevoli condizioni produttive e/o di mercato consentirebbero di praticare un prezzo inferiore.
Nel caso dei prodotti nuovi la determinazione del prezzo di vendita può essere influenzata dai seguenti principali elementi: contenuto innovativo; modalità d'ingresso nel mercato e successive tappe di diffusione; quota di mercato iniziale, rapportata al livello di vendite corrispondente al break-even point, e a regime; 'ritorno' degli investimenti; risorse destinate alle comunicazioni pubblicitarie e risultati attesi; reazioni della concorrenza.
Un prezzo 'di lancio' significativamente inferiore a quelli riscontrabili nel segmento di mercato che interessa l'impresa può consentire di insidiare con buone prospettive di successo le quote di mercato appannaggio delle aziende leader del settore. Queste, a loro volta, dispongono di numerose strategie di reazione, utilizzabili singolarmente oppure in ben dosate combinazioni, quali: la diminuzione dei prezzi di vendita dei propri prodotti, mantenendone però inalterato lo standard qualitativo; il miglioramento del livello qualitativo dei medesimi; il potenziamento e l'estensione della rete di assistenza ai clienti; il miglioramento dell'incisività delle proprie comunicazioni pubblicitarie e delle iniziative promozionali, sì da elevare il 'valore' che i clienti attribuiscono ai prodotti aziendali al di sopra di quello associato ai prodotti dell'impresa 'sfidante'; la creazione di una nuova 'marca' e/o di una nuova linea di prodotti caratterizzati da prezzi aggressivamente contenuti.In ogni caso prezzo-qualità-valore sono tra loro fortemente interagenti.
Le politiche riguardanti la distribuzione sono anch'esse connesse con le scelte effettuate nel campo dei prezzi di vendita, con l''immagine' di cui gode l'impresa produttrice e con i rapporti che intercorrono tra la medesima e le imprese che trasferiscono i prodotti al consumatore finale. A quest'ultimo proposito l'impresa produttrice è non di rado costretta a contrastare le politiche distributive delle imprese commerciali che dispongono di vaste aree di vendita. Queste, infatti, sono anch'esse presenti sul mercato con 'marche' autonome e linee di prodotti concorrenti, in favore dei quali la cosiddetta 'grande distribuzione' può far valere la propria forza contrattuale.
Il ruolo della distribuzione commerciale ha ormai acquisito un'importanza decisiva e sotto vari aspetti rivoluzionaria per l'affermazione dei prodotti sul mercato. Il moderno punto di vendita, costantemente collegato con la grande impresa produttrice tramite un adeguato sistema informatico, è in grado di segnalare ai fornitori - anche con cadenza giornaliera - la consistenza delle proprie scorte di magazzino. La conseguente possibilità di reintegrarle tempestivamente permette di conseguire notevoli benefici organizzativi e di minimizzare i costi di magazzinaggio. Il più efficiente sistema di trasferimento fisico dei prodotti attivato per tale via avvantaggia sia il produttore sia la distribuzione moderna, la quale è così in grado di fornire a prezzi minori prodotti più 'freschi'.
Le politiche di comunicazione pubblicitaria richiedono che siano preliminarmente definiti: la tipologia e gli obiettivi qualitativi e quantitativi dei messaggi promozionali; l'entità dell'investimento finanziario e la relativa cadenza temporale; i canali di diffusione; il messaggio da comunicare; l'analisi di efficacia delle iniziative intraprese. È però opportuno segnalare, a quest'ultimo proposito, che non sono ancora disponibili strumenti concettuali e operativi del tutto soddisfacenti per valutare i risultati delle campagne pubblicitarie. Negli anni più recenti, inoltre, i ruoli rispettivi dei canali di comunicazione pubblicitaria da considerare classici (televisione, radio, periodici, affissioni, ecc.) e di quelli definibili 'interattivi' (messaggi inviati tramite posta, telefono, fax e simili) sono andati evolvendosi, rendendo particolarmente arduo determinare l'efficacia di ciascuno. Si rileva, infine, che in tutti i paesi sviluppati, e quindi anche in Italia, i destinatari di tali iniziative hanno cominciato a manifestare, proprio in questi ultimi anni, comportamenti che segnalano una minore 'permeabilità' alle suggestioni pubblicitarie e promozionali.
L'aspra polemica incentrata sulla contrapposizione tra la componente informativa della pubblicità e quella persuasiva non ha avuto rilevanza nell'area del marketing. Gli specialisti sono infatti ben coscienti dell'esigenza che la pubblicità superi il 'basso continuo' delle comunicazioni che permeano il mercato e attragga l'attenzione e l'interesse dei consumatori, soprattutto potenziali, per creare e rafforzare una favorevole propensione verso il marchio e il prodotto.
Gli studi sulle relazioni tra investimenti pubblicitari, quota di mercato, vendite e profitti non hanno finora fornito risultati univoci per diversi motivi: perché i mercati sono caratterizzati da tassi di sviluppo molto differenziati, perché il ruolo della qualità effettiva e percepita assume rilevanza e interagisce con gli altri aspetti e infine perché appare problematico riuscire a sintetizzare la capacità del management delle imprese.
Gli esseri umani non sono eterni, ma non lo sono nemmeno le imprese, i marchi e i prodotti. Peraltro la vita delle organizzazioni non implica l'inevitabile decadenza e morte delle medesime, né una sequenza immutabile di stadi evolutivi assimilabili a quelli biosociali. Imprese efficienti ed economicamente valide possono avviarsi al declino quando comincino a prevalere in esse gli aspetti burocratici dell'organizzazione, il disinteresse dei centri decisionali, l'insensibilità nei confronti di qualsiasi innovazione, la passività del personale - di conseguenza sempre più demotivato, inefficiente e rissoso -, l'incapacità di cogliere le opportunità offerte dal mercato, ecc. Tali segnali negativi non comportano, però, l'estinzione. Nuove forme societarie, fusioni con altre imprese, scissioni in aziende differenziate - indipendenti oppure reciprocamente ancora collegate -, nuovi assetti della proprietà possono modificare radicalmente caratteristiche e comportamenti di ogni impresa. Di conseguenza è possibile interpretare la nuova situazione e l'assetto aziendale che ne deriva come una mutazione, oppure come una nuova fase, oppure, ancora, come la scomparsa dell'impresa originaria e l'avvento di un'impresa affatto nuova, rispetto alla quale l'eventuale continuità del marchio non assume alcun particolare significato.
Si può sostenere, inoltre, che durante la permanenza sul mercato i prodotti percorrono fasi di vita identificabili e ben caratterizzate. Questo modello concettuale, noto come 'ciclo di vita del prodotto', è certamente utile ai fini di un'impostazione strategica dell'attività d'impresa, ma la grande variabilità delle sue manifestazioni non consente di utilizzarlo anche a fini previsionali.In generale la vita di ogni prodotto attraversa almeno alcune delle seguenti fasi fondamentali.
1. Immissione sul mercato. Il prodotto è vulnerabile e viene acquistato soprattutto dai consumatori definibili 'innovatori': le vendite sono scarse. L'impresa sarà costretta a sostenere elevate spese di investimento, sviluppo e promozione delle vendite, che possono ridurre i profitti a livelli trascurabili o, addirittura, provocare perdite. I prodotti veramente innovativi devono inoltre superare anche la riluttanza psicologica dei consumatori. La strategia da adottare sarà finalizzata a creare il mercato, profittando dell'iniziale mancanza di concorrenza o della sua inconsistenza.
2. Sviluppo. Le vendite iniziano ad aumentare e, quindi, a consentire profitti. La strategia complessiva dell'impresa dovrà tendere ad aumentare la sua presenza sul mercato, inducendo i potenziali consumatori a preferire il suo marchio prima che la concorrenza inizi a interferire. In questa fase la scelta della migliore politica dei prezzi è cruciale.
3. Maturità. Le vendite raggiungono il massimo livello, ma la concorrenza è ormai divenuta molto aspra e costringe ad accentuare la differenziazione dalle altre marche, pur evitando qualsiasi lotta riguardante i prezzi, che risulterebbe comunque lesiva degli elevati profitti conseguibili. La strategia fondamentale dovrebbe proporsi semplicemente di mantenere il più a lungo possibile le posizioni che l'impresa ha acquisito sul mercato.
4. Declino. La concorrenza continua a essere aspra e i rivenditori possono essere facilmente indotti a trascurare il prodotto. Questo, di conseguenza, dovrà essere rivitalizzato oppure sollecitamente ritirato dal mercato. Le spese pubblicitarie e quelle per promuovere le vendite saranno, in ogni caso, contenute al massimo e l'impresa dovrà essere pronta a diminuire prezzi di vendita e profitti. La quota di mercato potrebbe anche fittiziamente aumentare, qualora alcuni dei concorrenti più dinamici anticipassero l'abbandono del mercato.
La durata delle predette fasi - che dipende, tra l'altro, dall'incisività delle iniziative di mercato delle imprese concorrenti - non è precisabile ex ante, perché molti prodotti sono caratterizzati anche da sequenze evolutive specifiche e nettamente differenziate. Infine la fase terminale della vita dei prodotti può essere seguita da un temporaneo successo dei medesimi, dovuto a iniziative promozionali, lato sensu intese, oppure addirittura preludere a un ciclo 'nuovo' (in senso quasi vichiano), nel quale il prodotto trova utilizzazioni innovative.
Da un punto di vista teorico ogni impresa dovrebbe augurarsi che le fasi di immissione sul mercato e di sviluppo si esauriscano in tempi estremamente brevi, al fine di avviarsi a realizzare con la massima rapidità possibile profitti apprezzabili. Per contro la fase della maturità dovrebbe essere prolungata il più possibile e seguita da un lento declino, per evitare all'impresa ogni tipo di shock e consentirle di gestire efficientemente le fasi conclusive di vita del prodotto.
Le imprese maggiori tendono in effetti a influenzare la durata del ciclo di vita dei propri prodotti prolungandone, ad esempio, la fase di declino finché non siano stati predisposti prodotti alternativi. In taluni casi, però, possono anche creare volontariamente una sorta di 'effetto moda', che ben si concilia invece con cicli di vita brevi o brevissimi.
Le imprese di recente costituzione potrebbero invece considerare molto più redditizi comportamenti nettamente differenti da quelli tipici delle imprese tradizionali e adottare una disinvolta politica di 'mungitura' del mercato dei prodotti in declino.
Secondo alcuni economisti, che si richiamano agli studi di R. Vernon, quanto finora esposto si rispecchia anche nel processo di espansione delle imprese oltre i confini del paese nel quale sono sorte. Nella fase iniziale dell'attività le imprese innovatrici destinano all'esportazione aliquote talora consistenti della loro produzione. Successivamente, quando sul mercato si affermano altri e sempre più numerosi produttori dei medesimi beni, esse, così come quelle che per prime le hanno imitate, decentreranno i propri stabilimenti in paesi meno sviluppati, nei quali il costo del lavoro è sensibilmente più contenuto, pur mantenendo il proprio centro strategico e organizzativo là dove sono inizialmente sorte.Sebbene questa teoria sia parzialmente inficiata dalla rapidità con la quale i prodotti a elevato potenziale di vendita sono imitati e migliorati, innegabilmente sussiste la tendenza a produrre nei paesi nei quali i costi di produzione sono più contenuti e a esportare i prodotti obsoleti verso paesi meno evoluti.
Tali ricerche si propongono di offrire il supporto informativo necessario sia per identificare permeabilità, comportamenti e reazioni dei mercati ai progetti di marketing, sia per individuare atteggiamenti ed esigenze dei consumatori in rapporto a stili di vita, attese e timori.Anche l'accurata predisposizione degli scenari economici di breve e medio-lungo periodo - effettuata da istituti italiani e stranieri specializzati nel ramo - rientra nell'orizzonte informativo della disciplina, al pari delle valutazioni circa la rapida e marcata evoluzione socioculturale manifestatasi da tempo. Questa è strettamente connessa con l'atteggiamento innovativo delle imprese, e in qualche misura anche dell'operatore pubblico, nei confronti di una popolazione giustamente divenuta molto esigente circa la qualità dei servizi e dei prodotti.
Le ricerche per campione - effettuate tramite interviste dirette, telefoniche o postali - costituiscono lo strumento più diffuso ed efficace nel campo del marketing.
I questionari sono in genere redatti sul tradizionale supporto cartaceo, sebbene da alcuni anni gli istituti dotino sempre più spesso i propri intervistatori di computer portatili. Questi consentono di inoltrare le risposte fornite dagli intervistati, mediante le linee telefoniche, a un elaboratore centrale che effettuerà le analisi previste. Quando poi le interviste sono effettuate telefonicamente, ogni intervistatore dotato di visore collegato al computer centrale può inviare in tempo reale all'unità di elaborazione i dati che a mano a mano acquisisce, talché i risultati di sintesi del sondaggio potranno essere disponibili pochissime ore dopo il termine del ciclo di rilevazione.
La dimensione del campione dipende soprattutto dal margine di errore prefissato assegnato ai risultati e dalla variabilità dei fenomeni allo studio; naturalmente è anche influenzata, sebbene in misura inferiore, dalla numerosità delle unità dalle quali il campione è tratto, siano esse persone, famiglie o imprese. Molteplici sono i possibili fattori di distorsione che comportano il rischio di ottenere risultati non rappresentativi: tra questi fattori le mancate interviste dovute al rifiuto di rispondere - che possono presentarsi con incidenza diversa nelle varie aree del paese e presso diverse categorie tipologiche - assumono un ruolo determinante. La statistica ha però messo a punto idonei procedimenti, che consentono di ridurre ex post la lesione della rappresentatività campionaria.
Tra gli elementi essenziali per la riuscita di un'indagine per campione, un posto di primo piano è assunto dall'efficace predisposizione del questionario. Questo dovrà essere esente da formulazioni ambigue, o, peggio, atte a orientare le risposte, ed escludere ogni terminologia di difficile comprensione, sforzi di memoria e quesiti ostici alle persone di cultura non elevata. La difficoltà di ottenere risposte corrette ed esaurienti aumenta, per solito, a mano a mano che si passa dai fatti all'accertamento delle conoscenze, alla richiesta di opinioni, quindi all'approfondimento delle motivazioni di acquisto o di un dato comportamento. Saranno comunque esclusi quesiti estranei alla cultura degli intervistati, lesivi della privacy, ecc.
Le ricerche effettuate tramite telefono escludono per loro natura dal novero dei possibili intervistandi quanti non ne dispongono. Costoro generalmente appartengono alle categorie di popolazione meno favorite dal punto di vista dell'istruzione, della professione, della consuetudine alla lettura, del reddito, dello stile di vita, degli orientamenti di acquisto, ecc. Inoltre in vari paesi - quali, ad esempio, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna - a tale distorsione si aggiunge quella derivante dal fatto che molti di quanti dispongono del telefono preferiscono che il proprio nome non sia riportato negli elenchi degli abbonati. Poiché la quota di costoro ha già superato in tali paesi il 25% degli abbonati al servizio telefonico, e continua ad aumentare, essa individua un segmento di popolazione che presenta peculiari caratteristiche tipologiche, imponendo particolari accorgimenti atti a evitare risultati distorti. Fortunatamente, però, tale fenomeno ha in Italia dimensioni decisamente trascurabili e non accresce le difficoltà di realizzare tramite telefono efficaci indagini di marketing.
Una tecnica assai diffusa consiste nel monitoraggio sistematico delle vendite di specifiche categorie di prodotti, usualmente realizzato mediante campioni continuativi, i cui componenti rimangono sostanzialmente invariati nel tempo. Trattasi dei cosiddetti 'panel', diffusi in tutti i paesi a economia 'matura' e molto apprezzati anche in Italia, dove sono realizzati per prodotti a consumo molto diffuso, beni di consumo durevole, vestiario e abbigliamento, prodotti specifici per la casa, articoli farmaceutici, ecc.
Nel nostro paese, inoltre, due panel di famiglie - i cui televisori sono collegati ad appositi dispositivi, detti meter, che automaticamente ne registrano i periodi di funzionamento e il canale di volta in volta sintonizzato - permettono di valutare la cosiddetta audience delle principali emittenti a diffusione nazionale e dei rispettivi programmi.Ampie e sistematiche ricerche campionarie consentono altresì di stimare, con periodicità semestrale, l'intensità con la quale la popolazione italiana legge quotidiani e periodici e ascolta i programmi radiofonici.
Le ricerche quantitative, in particolare se riguardanti l'audience, non forniscono però alcuna indicazione circa il gradimento e l'accettazione dei beni e/o dei servizi che interessano, lasciando in ombra il rapporto tra qualità percepita e qualità desiderata. Ciò giustifica ampiamente l'affermarsi di ricerche a contenuto psicologico. Siffatte indagini qualitative consentono di individuare le caratteristiche di forza e di debolezza tipiche di prodotti, marche e istituzioni, nonché i segnali che provengono dai vari segmenti di popolazione, ecc.
Particolare sviluppo hanno altresì avuto le ricerche psicografiche, finalizzate a identificare i cosiddetti 'stili di vita', intesi sia in senso generale, sia in relazione ad aspetti specifici quali, ad esempio, i consumi alimentari. Queste ultime aree di ricerca sono in fase di progressivo sviluppo, anche in una ambiziosa prospettiva sovranazionale tendente a individuare gli stili di vita che caratterizzano le singole nazioni europee, in rapporto a variabili demografiche, comportamentali, valoriali e di atteggiamento.
Dopo la fase iniziale di contrastata, faticosa affermazione e la successiva di tumultuoso sviluppo teorico e applicativo, il marketing sembra avere ormai raggiunto la propria maturità, durante la quale hanno assunto particolare rilievo vivaci fermenti di mutazione.
La disciplina sembra infatti orientata al monitoraggio continuativo degli standard qualitativi dell'offerta, finalizzato a eliminare, o almeno a ridurre, ogni divergenza dalle aspettative dei consumatori per le principali caratteristiche del prodotto-servizio (affidabilità, rapporti successivi alla vendita, 'immagine', ecc.). Per conseguire tali finalità, indispensabili strumenti sono studi e ricerche, forme differenziate delle comunicazioni rivolte ai consumatori, massima flessibilità produttiva, costituzione e gestione di apposite banche dati riguardanti i clienti potenziali, individuazione di microaree territoriali caratterizzate tipologicamente.Inoltre il criterio di segmentare prodotti e servizi e clienti, effettivi e potenziali, evolve rapidamente verso una sorta di reductio ad unum, secondo cui l'offerta può essere personalizzata fino a soddisfare i desiderata di ogni singolo cliente. Infatti diventano sempre più numerosi i beni di consumo durevoli e i servizi moderni - quali autovetture, occhiali, prodotti per l'abbigliamento, assicurazioni, servizi finanziari, ecc. - che consentono alle imprese di gestire, senza aggravio di costi e quindi a prezzi immutati, un'offerta a misura del singolo cliente.
Si può inoltre perseguire l'ambizioso obiettivo di conquistare clienti suscettibili di diventare partners aziendali di lunghissimo periodo.L'evoluzione delle ricerche segue ovviamente le innovazioni della mentalità di marketing. Ne conseguono monitoraggi sempre più frequenti dell'evoluzione socioculturale della popolazione e si consolida l'esigenza di unificare le fonti di informazioni su consumi, pubblicità e accesso ai mezzi di comunicazione, in un'ottica di single source.Aumenta, infine, l'esigenza di qualità del marketing stesso e delle ricerche a esso necessarie, nonché quella di tutelare con sempre maggiore efficacia privacy e informazioni acquisite, sì da evitare indebite intrusioni nella sfera della libertà personale. (V. anche Consumi; Differenziazione e diversificazione dei prodotti; Pubblicità; Statistica applicata alle scienze sociali).
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