CARRARA, Marsilio da
Figlio di Giacomo (II) e di Costanza da Polenta, nacque a Padova nel quarto decennio del XIV secolo. Il giorno in cui il padre venne assassinato (19 dic. 1350), i sostenitori dei da Carrara, per conservare il potere alla famiglia, fecero conferire la signoria al piccolo C., in attesa che lo zio Giacomino e il fratello primogenito Francesco il Vecchio, in quel momento assenti, fossero ritornati in città. Dopo la divisione del patrimonio paterno, il C. andò ad abitare in contrada S. Lucia con la madre e il fratello Nicolò. Qui, "vegnù alla età madura della zoventù", organizzò, come narra l'anonimo autore della Ystoriade mesier Francesco Zovene (p.177), una congiura per abbattere Francesco il Vecchio e impadronirsi della signoria; ma, scoperta la trama, tutto si concluse con la condanna al carcere perpetuo del presunto istigatore del C., il conte Tolberto da Prata.
Sospettato e malvisto, il C. lasciò allora Padova e, dopo essersi recato a Cipro e a Rodi, ricevendovi le insegne di cavaliere, si recò tra il settembre e il dicembre del 1370 alla corte avignonese, dove il nome e la cultura letteraria gli valsero un'ottima accoglienza da parte di Urbano V, che, dietro istanza di Ubertino Carlo da Carrara, canonico della cattedrale e fratello del C., aveva accordato il 15 apr. 1363 all'università di Padova l'insegnamento della teologia e il privilegio di conferirne il dottorato. Morto Urbano V (19 dic. 1370), il C. ottenne dal successore Gregorio XI il titolo di conte della Campagna e della Marittima e nel luglio del 1371 partì per il Lazio.
Nell'ottobre dell'anno 1372 scoppiava la guerra tra Francesco il Vecchio e la Serenissima e il governo veneto, memore del complotto a suo tempo tramato dal C. ai danni del fratello, si affrettò, tramite un messo, a prendere con lui accordi: il risultato fu la preparazione di una nuova congiura contro il principe carrarese. Con il pretesto di venire a recar soccorso al fratello e alla patria, il C. tornò a Padova nell'aprile del 1373 "dal … signore onorato e lietamente ricievuto", secondo la cronaca dei Gatari (p. 97), ma più verosimilmente accolto con diffidenza, come risulta dalla narrazione di Nicoletto d'Alessio, in base alla quale Francesco il Vecchio, "audita la dicta vignuda, subito se nandò ale camere de sovra per no el vedere" (p. 132). Il C. provvide però abilmente a stornare i sospetti dalla sua persona convincendo, di proposito, gente che militava nelle bastite veneziane a passare dalla parte del fratello e comportandosi con valore nelle battaglie di Lova e di Buonconforto (14 maggio e 1º luglio 1373). Fu dopo quest'ultimo scontro, nel quale si registrò la piena disfatta delle armi padovane, che il C., forte dell'appoggio veneziano, ritenne giunto il momento di stringere le fila della congiura, fino ad allora manovrate con ogni cautela, e, convocati i complici il 31 luglio 1373, concretò con essi il piano, che prevedeva, entro l'agosto, l'eliminazione, per assassinio o per cattura, di Francesco il Vecchio e del figlio Francesco Novello. Ma il giorno seguente la macchinazione fu scoperta, perché il messo, incaricato di portare a Verona un breve compromettente di Zaccaria Fredo, membro della congiura, che doveva essere inoltrato a Venezia, lo recapitò invece a Francesco il Vecchio. Si aggiunse il ritrovamento, avvenuto nella casa di un altro congiurato, il giudice Pietropaolo Crivelli, di una lettera, che il doge Contarini aveva inviato al C. il 23 luglio di quell'anno. Essa rivelava in tutta la loro gravità i termini dell'accordo intercorso, tali da ripristinare, se il piano fosse riuscito, la pesante tutela che la Repubblica veneta aveva esercitato per oltre un ventennio nei confronti della signoria carrarese. Una volta impadronitosi di Padova, il C. si impegnava infatti ad essere perpetuamente amico della Serenissima; a sua volta il doge prometteva di tenere lui e la nuova signoria sotto la sua protezione e di corrispondergli, qualora l'impresa non avesse avuto esecuzione, una somma annuale di 12.000 ducati d'oro che sarebbero stati tratti dal fisco comunale.
Scoperto il complotto, seguirono l'arresto e la condanna di quanti vennero catturati. Il C. però, uscito subito dalla città, aveva fatto in tempo a fuggire e a raggiungere Venezia il 4 agosto. Nei suoi confronti Francesco il Vecchio non poté prendere alcun provvedimento: l'impunità del fratello veniva anzi ufficialmente sancita in un capitolo della pace, che il 21 sett. 1373 il principe carrarese, ridotto a mal partito, era costretto a sottoscrivere con la Repubblica veneta, capitolo che imponeva al riluttante Francesco di garantire al C. il possesso dei beni di cui disponeva in Padova e il godimento dei loro redditi in Venezia.
L'anno si chiudeva con una nuova congiura ai danni del signore di Padova: a organizzarla, con il favore del Senato veneto, provvedeva ancora una volta il C. dal suo sicuro asilo. Tra i congiurati, che contavano di uccidere Francesco il Vecchio nella notte del 23 dic. 1371, figuravano altri parenti e intimi del signore padovano: i fratelli Nicolò e Bonifacio, lo zio materno Alvise Forzatè, il nipote di lui, Filippo, e il canonico Giacomo da Lion, figlio del consigliere Francesco. Ma anche questa trama non giunse ad effetto: la delazione di Pietro Salomoni, amico di Giacomo da Lion, portò infatti alla cattura della maggior parte dei responsabili. Quanti riuscirono a fuggire ripararono a Venezia presso il C., che pochi mesi dopo, nell'aprile del 1374, scampò a stento a un attentato, compiuto con ogni probabilità da un sicario di Francesco il Vecchio (Lazzarini, pp. 353-354).
Il C. continuò a vivere a Venezia, allontanandosene, secondo la narrazione dei Gatari (p. 145), soltanto nel 1377, per prender parte con le milizie pontificie alla riconquista di Ascoli, che si era ribellata alla S. Sede. Non si conosce l'anno della morte: il nome del C. compare per l'ultima volta in un documento del 1º marzo 1379, giorno in cui effettuò la vendita di un suo feudo situato a Godego, presso Castelfranco (Verci, XV, pp. 19-21). Rimase di lui una figlia, Fiordalise, moglie di Pietro Zabarella.
Di vivace cultura (gli apparteneva il bellissimo codice contenente vari trattati filosofici di Alberto Magno, che è oggi il Marciano lat. VI, 20), amico di pontefici edi letterati, il C., che viene menzionato dall'autore della Leandreide nella rassegna dei poeti veneti del Trecento, ebbe legami d'affetto e corrispondenza di rime con Francesco di Vannozzo, poeta della corte carrarese: dei due sonetti che il C. gli indirizzò, ricevendone relatica risposta, il primo è scritto in volgare, il secondo, interessante per le allusioni all'ambiente padovano trecentesco, in dialetto rustico pavano.
Fonti e Bibl.: Addit. duo ad Chronicon Chronicon Cortusiorum, in L. A. Muratori, Rerum Italic. Script., XII, Mediolani 1728, coll. 976 s., 983; R. de Caresinis Chronica, in Rerum Italic. Script., 2 ed., XII 2, a cura di E. Pastorello, pp. 27, 30; G., B. e A. Gatari, Cronaca carrarese, I, a c. di A. Medin-G. Tolomei, ibid., XVII, 1, pp. 28 s., 97, 104, 120-123, 126, 130-135, 145; N. d'Alessio, La storia della guerra per i confini, ibid., XVII, 1, append. A cura di R. Cessi, pp. 131-136, 158, 165 s., 167-171; Ystoria de mesier Francesco Zovene, ibid., vol. III, a cura di R. Cessi, pp. 177 s., 187, 192; G. B. Verci, Storia della Marca trivig. e veronese, Venezia 1788-1790, X, p. 129; XIII, p. 129; XIV, pp. 223-224, 228, 235-237; XV, pp. 19-21; P. Ceoldo, Alberto della famiglia Papafava, Venezia 1801, pp. 55-57; G. Cittadella, Storia della dominaz. Carrarese in Padova (1318-1405), I, Padova 1888, pp. 30 s.; C. Del Balzo, Poesie di mille autori intorno a Dante Alighieri, II, Roma 1890, p. 415; E. Lovatini, Antichi testi di letter. pavana, Bologna 1894, pp. 1-3; V. Lazzarini, Storie vecchie e nuove intorno a Francesco il Vecchio da Carrara, in Nuovo Archivio veneto, X (1895), pp. 353-354; E. Levi, Francesco di Vannozzo e la lirica nelle corti lombarde durante la seconda metà del sec. XIV, Firenze 1908, pp. 94-105, 184-187; P. Sambin, La guerra del 1372-73 tra Venezia e Padova, in Archivio veneto, s. 5, XXXVIII-XLI (1946-46), pp. 68-69, 73-75; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Carraresi di Padova, tav. IV.