MARTINO di Tours, santo
È il santo più popolare che la Francia abbia avuto nell'antichità e nel Medioevo.
È difficile sceverare dalla leggenda largamente fiorita intorno alla sua persona dati biografici precisi, se si pensi che gli scritti di Sulpicio Severo (Vita Martini; i 3 Dialoghi; le tre lettere al diacono Aurelio, al prete Eusebio e a Bassula; capitoli 49-50 del libro II della Chronica, tutti editi da C. Halm, in Corpus script. eccles. lat., I, Vienna 1866) redatti in parte quando M. era ancora vivo, si muovono già nell'atmosfera del leggendario alla quale sfuggono completamente solo le date relative alla consacrazione episcopale di M., al suo soggiorno a Treviri, alla sua morte.
Nato verso il 330 d. C. da genitori pagani a Sabaria (Pannonia), a 15 anni M., figlio d'un ufficiale romano, fu incorporato nella guardia imperiale a cavallo. Già a questo periodo trascorso nella milizia - nell'Italia settentrionale e in Francia - si ricollega il ricordo delle virtù eroiche di M. e della sua azione più celebre: davanti ad Amiens avendo scorto un povero che, nudo, si appellava invano al buon cuore dei passanti, M., non avendo altro con sé, divise in due con un colpo di spada il suo mantello militare e ne diede metà al povero. Ad Amiens M., in età di 18 (o 22?) anni, ricevette il battesimo. Poco appresso abbandonò la milizia, essendosi rifiutato di prendere le armi contro i barbari (campagna di Giuliano del 356?). Per quanto appaia inconciliabile con i dati della biografia di Ilario di Poitiers (v.), Sulpicio Severo riferisce che M., abbandonato il servizio militare, fu da Ilario consacrato esorcista e iniziato agli studi teologici. M. fu in seguito in Pannonia, in Italia (a Milano, a Gallinaria in Liguria, a Roma) sempre adoprandosi contro l'arianesimo dominante. Di nuovo a Poitiers - dove frattanto Ilario era tornato dall'esilio - fu consacrato diacono e poi prete. Ritiratosi a vita eremitica a Ligugé, dopo dieci anni fu tratto quasi a forza dal suo eremo ed eletto a voce di popolo vescovo di Tours (4 luglio 371).
A parte la fama delle gesta miracolose di M., largamente narrate dai suoi biografi e nelle quali si concreta soprattutto la figura di M. quale ci è stata tramandata dalla leggenda, l'azione svolta da M. durante i 26 annì del suo episcopato fa realmente di lui una delle figure più notevoli e significative del cristianesimo nelle Gallie. La penetrazione del cristianesimo nelle campagne, ancora quasi totalmente pagane, è forse il suo merito più grande; a lui va fatta risalire, del resto, l'introduzione del monachismo in Gallia attraverso la fondazione dell'abbazia di Marmoutier. Ma M. è anche noto per il contegno fermissimo che tenne sempre di fronte alle autorità civili rivendicando la piena autonomia del magistero ecclesiastico: anche di fronte all'usurpatore Massimo (v.), che pure aveva cercato di dare saldezza al suo effimero dominio sulle Gallie con l'atteggiarsi, per i suoi fini politici, a difensore dell'ortodossia. L'intervento di M. a favore dei priscillianisti spagnoli (a Treviri, nel 375) - suggerito forse da una qualche simpatia di lui, monaco e asceta, verso quegli asceti, ma soprattutto dalla sua repugnanza a vedere una controversia ecclesiastica giudicata da un tribunale civile - è l'unica nota umana o cristiana di quel tragico e tristo episodio (v. priscilliano). M. morì a Candes l'8 novembre 397. Il suo corpo fu trasportato a Tours e ivi sepolto l'11 novembre, data alla quale è commemorato. Nell'alto Medioevo M. fu il santo nazionale francese; il suo culto fu diffuso soprattutto dai Franchi.
Iconografia. - La scena più diffusa della vita di S. Martino è la sua elemosina. Il santo giovanetto, a cavallo, è in atto di dividere il suo mantello con un povero, in pitture di Lattanzio da Rimini, del Butinone, del Caroto, del Van Dyck, del Rubens. Il miracolo, noto agli artisti per la Messa di S. Martino, è più volte rappresentato, e già in mosaici del sec. XII nella basilica ambrosiana di Milano. Questi episodî si trovano uniti ad altri - battesimo, miracoli, morti e assunzione - nella vita del santo raffiggurata, in sculture a Lucca, a Chartres, negli affreschi di Simone Martini ad Assisi, in vetrate gotiche.
Folklore. - La tradizione popolare ha fatto del santo un personaggio con funzioni ripugnanti alla castità della sua esistenza, attribuendogli il patronato della gioia disordinata, dei giocatori, dei beoni, dei mariti ingannati. Il suo nome risuona nelle "scampanacciate" e in altre rumorose dimostrazioni contro i vedovi che passano a nuovo matrimonio e i mariti traditi. Sotto i suoi auspici (le leggende spiegano variamente l'origine del fatto) si spillano le botti di vino nuovo, ed egli stesso (talvolta confuso anche con il marito di Berta) è rappresentato come ubbriaco nell'atto di dar bastonate senza misericordia.
Simbolo dell'abbondanza, egli riceve in varî luoghi, tra la fine della primavera e il principio dell'estate, le primizie dei campi (fave fresche in baccelli, spighe di grano, di orzo, ecc.). Passando per un'aia quando si batte il grano, o per una vigna in tempo di vendemmia, o innanzi a un granaio quando vi s'immette il raccolto, i contadini salutano invocando: san Martino! La sua festa (11 novembre) porta, con "l'estate di S. Martino", un risveglio di vita nei villaggi, ove si preparano i dolci (sammartini) da inzuppare nel vino. Dalla festa del santo si crede traggano il nome alcuni uccelli migratorî, come Martinello, Martinaccio, Martinet, Martin pescatore, passero di S. Martino. I contadini della Romagna toscana danno questo nome a un bruco vellutato e dicono che quando esso apparisce nel mucchio del grano o delle biade, faccia riuscire abbondante il raccolto.
La meteorologia e l'economia agraria ricavano dalla ricorrenza del S. Martino pronostici relativi alla potatura, alle sementi, ai foraggi, al bestiame, alle provviste. Secondo un proverbio rurale, l'estate di S. Martino dura tre giorni, secondo un altro, se piove nel giorno della festa, pioverà per quaranta giorni; e secondo un altro, ancora, si può prevedere l'andamento della stagione dallo stato del sole, a seconda che tramonti chiaro e sereno o tra le nubi. Nell'Italia settentrionale, l'11 novembre è una delle date tradizionali per la scadenza dei contratti d'affitto, e quindi per i traslochi ("fare S. Martino") anche nelle città; e, per conseguenza, una delle date tradizionali per il ritorno dei proprietarî dalla campagna in città.
Bibl.: C. A. Bernoulli Die Heiligen der Merowinger, Tubinga 1900; Ch. Babut, Saint Martin de Tours, Parigi 1912; H. Delehaye, Saint Martin et Sulpice Sévère, in Analecta Bollandiana, XXXVIII (1920); C. Jullian, Remarques critiques sur les sources de la Vie de Saint Martin, in Revue des études anciennes, XXIV (1922); id., Sur la vie et l'oeuvre de Saint Martin, ibid., XXV (1923); P. Monceaux, Saint Martin, Parigi 1926 (con ulteriore bibliografia e informazioni sulle fonti, sulle biografie antiche di M., sulla sua leggenda, ecc.). - Per l'iconografia, v. C. Cahier, Caractéristiques des Saints, Parigi 1867; C. Fries, Die Attribute der christlichen Heiligen, Lipsia 1915; K. Künstle, Ikonographie der Heiligen, Friburgo in B. 1926. - Per il folklore v. I. Costanza, La leggenda di S. Maritino nel Medioevo, Palermo 1921; G. Pansa, La leggenda di S. Martino in Abruzzo, in Bilychnis, XII (1923), pp. 174-186; G. Pitrè, Bibl. trad. pop. sicil., XII, Palermo 1881; id., Bibl. delle trad. pop. ital., Torino 1894; G. Amalfi, La festa di S. M. nel napoletano, in Arch. trad. pop., VII (1888); B. Migliorini, Dal nome proprio al nome comune, Ginevra 1927; inoltre E. Hoffmann-Krayer, Volkskundliche Bibliographie (1917-1927), Berlino-Lipsia 1918-1933.