maschera
Un volto finto
Una maschera è un volto finto. Può essere costruita in modo da coprire tutta la testa o l’intero viso o solo la sua parte superiore. Una maschera, ovvero un volto diverso dal proprio, può essere usata in particolari rituali religiosi o in tempi diversi dalla quotidianità, come nel periodo del carnevale, ma è soprattutto un elemento importante in molti tipi di teatro
La maschera si usava in epoca antica sia nel teatro greco sia in quello romano. Si utilizzavano maschere in tela stuccata, in corteccia d’albero, in sughero. Non se ne è conservata quasi nessuna, ma le conosciamo molto bene attraverso pitture di attori con la maschera e la riproduzione di grandi maschere in marmo o pietra (che decoravano le scene dei teatri antichi). Per questo sappiamo bene che coprivano l’intera testa, erano più grandi di un volto normale e di tipo naturalistico, cioè riproducevano i lineamenti di un volto umano senza alterarlo.
Usavano la maschera (soprattutto per le parti maschili) anche gli attori della commedia dell’arte, tra il Cinquecento e il Settecento: si trattava di mezze maschere, in cuoio, che lasciavano libera la bocca e deformavano i lineamenti umani.
La maschera è elemento fondamentale anche in quasi tutti i teatri-danza asiatici. Talvolta in alcuni generi teatrali orientali – per esempio il kabuki giapponese, il kathakali indiano, l’opera di Pechino in Cina – gli attori trasformano il proprio volto non attraverso una vera maschera ma tramite un trucco elaborato e non realistico: l’intera faccia viene dipinta, spesso con colori che rimandano a significati precisi. Forse solo nell’Ottocento l’uso della maschera, a teatro, è stato quasi del tutto assente. Tuttavia tale uso è stato riscoperto da molti autori e attori di teatro del Novecento.
Un grande regista inglese contemporaneo, Peter Brook, ha notato come le maschere possano essere suddivise in due grandi categorie: maschere che riproducono un volto nobilitandolo e maschere che, come una crosta, lo deformano e lo cancellano.
Del primo tipo sono le maschere del teatro greco e latino, ma in particolare le maschere di alcuni teatri orientali, primo tra tutti il teatro no giapponese. In esso, i volti, opera di grandi artisti, sono idealizzati e le maschere sono così ben costruite che non immobilizzano il viso di un attore, ma con minime inclinazioni sembrano cambiare espressione. Sono maschere che, anche in mano, danno l’impressione di essere una persona viva. Sono sentite da chi le indossa come strumenti carichi di un potere e di un valore espressivo in sé. In genere definiscono un ben preciso personaggio, coma la principessa, il contadino, il guerriero.
Alla seconda categoria, cioè alle maschere-crosta, appartengono quelle della commedia dell’arte, ma anche quelle dei personaggi comici e grotteschi, sia del teatro antico sia di alcuni teatri classici asiatici. Cancellano il volto, lo rendono bizzarro e grottesco. Modificano l’uso che l’attore fa del proprio corpo, e spingono lo spettatore a concentrarsi sui movimenti e non sul volto.
Le maschere naturalistiche spesso non rispettano le proporzioni del volto umano, ma sono più grandi o più piccole di esso, e risultano, quindi, in disarmonia con il corpo di chi le indossa. Costringono l’attore a indossare costumi proporzionati alla maschera, che mutano le forme naturali del corpo e forzano i relativi movimenti.
Uno studioso russo, Konstantin Miklaševskij, si è chiesto perché mai attori tanto bravi come quelli della commedia dell’arte scegliessero di coprire la parte più espressiva dell’uomo, il volto. Ha dato questa risposta: il volto coperto costringe l’attore a muovere l’intero corpo in maniera più dilatata, cioè con movimenti più ampi e diversi da quelli normalmente usati, servendosi anche di danze e di azioni acrobatiche. In questa maniera, i comici della commedia dell’arte hanno dato vita a un teatro fisicamente molto intenso e a tecniche molto più efficaci di quanto non sia la sola mimica del volto.
Per questo motivo alcuni dei più grandi mimi del Novecento si sono esercitati a lavorare coprendosi il volto con maschere neutre, prive di espressione, per potenziare l’espressività del resto del corpo.