BARRESE, Mase (Tommaso)
Appartenente alla famiglia siciliana Barrese o Barresi, si trasferì con ogni probabilità al seguito di Alfonso d'Aragona nel Regno di Napoli, dove diventò falconiere maggiore del re. Il 28 luglio 1453 fu nominato da Alfonso governatore e castellano della terra di Le Castella e capitano e castellano della barmia di Barbaro, Cropani, Zagarise e della terra di Alfonsine in Calabria al posto di Pietro Capdevila, destituito per infamia. Di questa sua attività non si ha alcuna notizia, ma pare che il B. abbia esercitato i suoi Uffici con soddisfazione di Alfonso e del suo successore Ferrante I, dato che, quando nel 1459 scoppiò in Calabria una nuova e violenta rivolta a sfondo pohtico-sociale, che vide riuniti baroni e contadini contro il dominio aragonese e attirò nel Regno il pretendente angioino, Giovanni d'Angiò, Ferrante affìdò al B. la custodia di Venosa, che difese con alterna fortuna contro il viceré angioino, Giambattista Grimaldi. Nel 1461 infine il re lo incaricò dell'alto comando delle truppe aragonesi, revocando da questa carica Luca Sanseverino e Roberto Orsini.
Con l'intervento del B., la guerra ebbe una svolta decisiva. EgH, che nel sopprimere la rivolta si meritò la fama dell'uomo più crudele dei secolo, agì cm estrema efferatezza e brutalità. Si diresse subito contro Acri e se ne impadronì con uno stratagemma, costringendo il Gririnaldi, che vi si era trincerato, ad una fuga vergognosa. Poco dopo, cm una fortunata azione inilitare, risolveva praticamente quella guerra, sconfiggendo in una battaglia al fiume Corace, nei pressi di Catanzaro, Antonio Centelles, marchese di Crotone e conte di Catanzaro, che già ai tempi di Alfonso I era stato per lunghi anni alla testa del barmaggio calabrese in rivolta. Il Centelles si rassegnò alla sua sorte, consegnandosi alla grazia del re. Per intervento di Giovanni Ventimiglia, zio del Centelles, fu trattata una pace e stabilito che Giovanna Centelles, figlia di Antonio, sposasse il B., che in questa occasione fu nominato duca di Castrovillari (primavera 1462).
Le azioni militari però si protrassero ancora e il B. devastò il paese ed infierì sulle popolazioni, facendo squartare e precipitare dalle mura delle città i cittadini che gli si opponevano. I cronisti - senza troppo convincere - adducono come giustificazione di tanta crudeltà il risentimento provocato nell'animo del B. dall'uccisione del fratello Giovanni, luogotenente del re.
Ma la fortuna tradì infine il B., che subì una grave sconfitta da parte del Grimaldi e dei baroni presso Plaisano (apr. 1463), a seguito della quale fu sostituito da Alfonso, duca di Calabria.
La morte del B. fu tanto violenta quanto la sua vita. Tornato a Napoli dopo la fine della guerra, in un accesso d'ira uccise un suo vecchio nemico, Giovanni Spatafora, davanti alle porte del Castel Nuovo (1464), cosicché Ferrante lo fece mettere in prigione, dove morì, a quanto pare, poco tempo dopo. Non è da escludere, come suppone il Pontieri, che Ferrante abbia colto l'occasione dell'onu*cidio del B. per eliminare un turbolento feudatario ormai in disgrazia, divenuto troppo potente nel corso delle sue campagne calabresi: oltre ai feudi già indicati, il B. aveva ottenuto infatti anche le importanti città di Nicastro, Oppido, Seminara e Arena, tutte in Calabria.
La figura del B. colpì profondamente l'immaginazione dei contemporanei: dotato di innegabili capacità di capitano, egli fu esaltato dagli umanisti della corte aragonese come splendido campione di virtù militari e idealizzato come un eroe, secondo i modelli della antichità classica. Il poeta siciliano P. Carrera lo paragonò, in un epigramma dedicato al B. e al condottiero Galeotto Badassino, ad Ercole e Atlante. Il Pontano ne vantò, secondo i consueti moduli umanistici, la straordinaria capacità di sopportare fatiche di ogni genere, l'incredibile audacia e l'estremo disprezzo di ogni pericolo. Ma lo stesso Pontano ricordò nel trattato De Immanitate proprio il B. come tipico esempio di crudeltà, ponendo così in rilievo quella che fu la caratteristica dominante della sua personalità e della sua attività di condottiero.
Fonti e Bibl.: I. Pontani De Immanitate Liber unus cum scholiis Iacobi SPiegel Sletstadien.,Augustae Vindelicorum isig, c. XV r.; I. Pontani Historiae Neapolitanae seu rerum suo tempore gestarum libri VI, in Raccolta Gravier, V, Napoli 1769, pp. 71-78; Regesto della Cancelleria Aragonese di Napoli,a cura di I. Mazzoleni, Napoli 1951, p. 13; 1 Diurnali del Duca di Monteleone,in Rer. Italic. Script.,2 ediz., XXI, s, a cura di M. Manfredi, p. 208; G. A. Summonte, Dell'Historia della città e regno di Napoli, III, Napoli 1675'pp. 356-363, 368-371; A. Di Costanzo, Storia del Regno di Napoli,Napoli 1839, M. 361-363; E. Pontieri, Per la storia del regno di Ferrante I d'Aragona Re di Napoli,Napoli s.d. [ma 19461, p. 329; Id., La Calabria a metà del secolo XV e le rivolte di Antonio Centelles Napoli s.d. [ma 19631, V. Indice.