MASSONERIA (XXII, p. 535)
Al momento della soppressione (1925) la Massoneria italiana era divisa, dal 1908, in almeno due corpi: quello detto, dalla sua sede romana, "di Palazzo Giustiniani" e il "Supremo Consiglio d'Italia di rito scozzese antico e accettato" con la dipendente "Grande loggia nazionale italiana". Dignitarî di questa avevano accompagnato i membri del supremo consiglio dell'organizzazione massonica di "Rito scozzese" degli Stati Uniti d'America quando erano stati ricevuti da Vittorio Emanuele III nel giugno 1922.
La soppressione fu preceduta da invasioni, distruzioni e incendi delle sedi in varie città, tra cui Milano, Roma (11 ottobre 1924) e Palermo (4 novembre 1924). Gli uomini più rappresentativi della Massoneria furono imprigionati o mandati al confino, esclusi dagli albi professionali, da impieghi e da cariche. La Massoneria continuò tuttavia ad esistere clandestinamente, per quanto strettamente sorvegliata dalla polizia. La sua sopravvivenza, e la sua importanza, furono riconosciute in una radiotrasmissione fascista dalla Germania, il 4 settembre 1943, in cui essa veniva accusata di avere tramato "nell'ombra quel colpo sfociato poi nel 25 luglio con l'arresto di Mussolini".
Di fatto, la Massoneria italiana riprese la sua attività dopo la caduta del fascismo, anzi, a Palermo, subito dopo lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia. Ridotta ad attività clandestina nelle parti d' Italia soggette all'occupazione tedesca, essa si è ricostituita nuovamente dopo la liberazione (il Supremo Consiglio d'Italia riportò la sua sede a Roma nel luglio 1944). Essa appare divisa in diversi gruppi, con svariate denominazioni, e in polemica tra loro, i quali tutti si proclamano continuatori ed eredi della Massoneria esistente in Italia prima del 1925.