CANETOLI, Matteo
Figlio di Pietro, dottore in legge, e fratello minore di Lambertino e Giovanni, anche loro giuristi, nacque a Bologna nel 1361, come attesta un atto privato, in cui si dice che nel 1384 egli aveva ventitré anni. Nel 1382 sposò Vermiglia Bentivoglio - legandosi così alla potente famiglia bolognese - da cui ebbe quattro figli, Battista, Baldassarre, Gaspare e Galeotto. Non seguì la tradizione di studi giuridici del padre e dei fratelli maggiori, ma esercitò la professione di cambiatore, partecipando nel contempo, alla vita politica cittadina. Dal 1387 al 1392 fece parte del Consiglio dei seicento per porta Stiera, presso la quale abitava, e per la sua competenza in campo finanziario ricoprì, nella prima metà del 1395, la carica di "depositarius pecuniarum" del Comune di Bologna. Alla fine del 1396 venne nominato membro del Consiglio dei dodici elettori che avevano il compito di scegliere dalle tavole pubbliche i 300 candidati alla carica di anziano, carica che egli stesso ricoprì, scaduto il precedente incarico, nei mesi di gennaio e febbraio del 1400. Successivamente, nel 1403 e nel 1404, venne affidato al C. dal Comune di Bologna un nuovo ufficio economico-finanziario ("defensor averis").
Durante il breve governo popolare instauratosi a Bologna per poco più di un anno (maggio 1411-agosto 1412), il C. fu incaricato dal Senato e dai Dodici ufficiali di pace di tentare un accordo con Carlo Malatesta, il quale - sembra d'intesa con la nobiltà bolognese ormai esautorata - cercava di mettere in difficoltà il nuovo regime, tenendo occupata militarmente la vicina città di San Giovanni in Persiceto. La missione ebbe buon esito e la pace fu conclusa (28-30 giugno 1411):forse per i suoi meriti il C. fu nominato poco dopo ufficiale di pace.
Dopo il ritorno di Bologna sotto il dominio pontificio, il C. non sembra aver ricoperto altre cariche pubbliche fino al 1416, quando divenne uno dei principali protagonisti della vita politica cittadina. In seguito all'abdicazione di Giovanni XXIII, il quale aveva sempre avuto una grande influenza nelle vicende di Bologna, le maggiori famiglie bolognesi, tra cui i Canetoli, insorsero il 5 genn. 1416, rivendicando una maggiore autonomia del Comune rispetto alla S. Sede. Il legato cercò di resistere, ma poi fu catturato e tenuto sotto guardia nel palazzo di Antonio Bentivoglio, finché poté essere scortato fuori città. Furono rinnovate le magistrature e il C. fu nominato anziano. Si decise poi di far tornare tutti i fuorusciti e di eleggere sedici riformatori con pieni poteri. In questo importante organo i Canetoli furono rappresentati da Lambertino (il C. subentrò a lui l'anno seguente). Il nuovo governo bolognese incontrò subito serie difficoltà. Il 10 genn. 1416 Braccio da Montone, che era al servizio della Chiesa e che teneva occupate, come pegno di una somma di danari di cui era in credito, Castel Bolognese, Castel San Pietro, Medicina e Pieve di Cento, fece un'incursione su Bologna per saccheggiarla. I Bolognesi si armarono e Braccio fece intendere che era disposto a trattare. Tra i cinque sindaci incaricati di tentare un accordo troviamo il C. e Antonio Bentivoglio, che impegnavano in questa missione la loro credibilità politica. Il risultato delle trattative, forse anche per l'amicizia che pare legasse il Bentivoglio a Braccio, fu abbastanza vantaggioso per la città: Braccio si dichiarò favorevole al nuovo governo e promise la restituzione dei castelli occupati in cambio del pagamento di 82.000 ducati, per garantire il quale i Bolognesi consegnarono alcuni ostaggi, tra cui un figlio del C., Gaspare.
Nel 1417 l'elezione di Martino V a Costanza poneva fine allo scisma d'Occidente. Il nuovo papa scese in Italia per prendere possesso dei suoi Stati e, fermatosi a Mantova, mandò un'ambasceria a Bologna per chiedere il ripristino dei poteri della Chiesa sulla città. Per rispondere al papa furono riunite tutte le magistrature cittadine, da cui emerse la volontà di difendere l'autonomia conquistata. Fra i tre ambasciatori incaricati di condurre la difficile trattativa tra la fine di dicembre e l'inizio del 1418, troviamo il C.: essi riuscirono a far accettare l'autonomia di Bologna in cambio del pagamento annuo di 7.000 fiorini.
Nel maggio 1418 furono creati, in sostituzione dei Sedici riformatori, i Dieci conservatori dello stato di libertà: è significativo che, accanto al Bentivoglio, sedesse ancora il C., insieme con gli esponenti più in vista della città. Il clima di collaborazione venne tuttavia a mancare poco tempo dopo, quando il Bentivoglio, che, all'insaputa dei Canetoli, aveva richiamato alcuni esiliati, si impadronì del palazzo degli Anziani (26 genn. 1420). Il C., come attesta Sabbadino degli Arienti, fu uno degli animatori della resistenza popolare e "andava a cavallo, confortando il popolo se levasse... dicendo che dolce cosa era per la libertà morire". I Caneschi si attestarono presso la porta Ravegnana ove avvenne uno scontro tra le due fazioni, pare per colpa delle intemperanze dei giovani caneschi. Il Bentivoglio ebbe la meglio e il 31 gennaio due dei figli del C., Battista e Baldassarre, furono confinati a Verona. Il 18 ottobre dello stesso anno, tuttavia, il legato, il quale cercava di contrastare l'ascesa del Bentivoglio, li richiamò a Bologna.
Non si hanno invece notizie che riguardino la sorte del C.: è però probabile che abbia avuto un trattamento meno duro dei figli, dato che lo troviamo già a Bologna al loro rientro. Pochi giorni dopo tale rientro il C. morì, pare in seguito a una caduta da cavallo. Fu sepolto, il 25 ott. 1420, nella chiesa di S. Francesco, nella cappella da lui stesso fatta costruire un anno prima.
Fonti e Bibl.: Corpus chronicorum Bononiensium, III, in Rerum Ital. Script., 2 ed., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, pp. 462, 551-53, 561 s.; Matthaei de Griffonibus Memoriale historicum de rebus Bononiensium,ibid., XVIII, 2, a cura di L. Frati-A. Sorbelli, pp. 103-05, 107; Hyeronimi de Bursellis Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononie,ibid., XXIII, 2, a cura di A. Sorbelli, pp. 74, 77; Chartularium Studii Bononiensis, Bologna 1909-1921, I, pp. 272 s.; VI, pp. 218, 228; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, Bologna 1657, II, pp. 416, 487, 510, 588 s., 603-606; Pietro di Mattiolo, Cronaca bolognese, a cura di C. Ricci, Bologna 1885, pp. 274, 298; G. S. degli Arienti, Gynevera de le clare donne, a cura di C. Ricci-A. Bacchi della Lega, Bologna 1888, p. 123; G. Guidicini, I riformatori dello stato di libertà, Bologna 1876, pp. 22, 26-27; M. Longhi, Niccolò Piccininoa Bologna, in Atti e mem. della R. Deput. di storia patria per le provv. di Romagna, s.3, XXIV (1906), pp. 151, 158-60; Gli uffici economici e finanziari del Comune dal XII al XV secolo, a cura di G. Orlandelli, Roma 1954, pp. 43, 63; C. M. Ady, I Bentivoglio, Milano 1965, pp. 21 s.