Ravel, Maurice
Una musica di raffinata eleganza
Il compositore francese Maurice Ravel ha guidato, insieme a Claude Debussy, l’innovazione musicale dei primi trent’anni del Novecento, in Francia e ben oltre i suoi confini. I più alti vertici della sua musica sono le composizioni per pianoforte, nelle quali Ravel ha saputo usare con raffinata eleganza diverse espressioni musicali, dalle più colte a quelle dichiaratamente consumistiche
Nato nel 1875 in un piccolo centro dei Bassi Pirenei, Maurice Ravel iniziò giovanissimo a Parigi lo studio del pianoforte, che proseguì a partire dal 1889 al conservatorio. Le sue prime prove di composizione risalgono al 1893 e già nel 1895 furono pubblicati alcuni brani, tra cui Habanera, prima testimonianza di un’innata inclinazione per la musica spagnola, presente anche in opere successive.
Prove di maggiore impegno compositivo, tra il 1902 e il 1903, si ebbero con il Quartetto per archi e le tre liriche per canto e orchestra Shéhérazade, nelle quali, a detta dello stesso Ravel, «è ben visibile l’influenza di Debussy», leale denuncia del debito con l’altro grande dell’arte musicale francese. Da allora i due musicisti proposero esperienze di rinnovamento alle nuove generazioni. A Ravel e a Debussy – più vecchio di tredici anni e profondo innovatore della musica francese – furono comuni non solo il linguaggio musicale, ma anche la predilezione per il pianoforte.
In seguito Ravel impose una propria indipendenza stilistica, rivelando un distacco netto – alquanto inedito in un compositore degli inizi del secolo – da eredità romantiche o tardoromantiche, anche se si concesse episodiche ricognizioni in quel recente passato (per esempio, in Gaspard de la nuit, per pianoforte, 1908).
L’arte di Ravel, caratterizzata da una raffinatissima perizia compositiva, è segnata nello stesso tempo da una sofisticata ricerca stilistica che si realizza nell’uso disinvolto e a tutto campo di un linguaggio musicale eclettico. Di qui la sfida quasi costante tra la musica colta e il suo ‘montaggio’ con il più corrente repertorio consumistico: da ciò nascono gli accenti e le movenze spagnolesche della Rapsodia orchestrale (1907-08), del seducente gioco della commedia L’heure espagnole (1911) – folle storia di una giovane sposa, insoddisfatta del vecchio marito, e del vorticoso avvicendarsi dei suoi improbabili amanti nell’unica ora in cui rimane sola in casa – e la strepitosa miscela tra grande artigianato orchestrale e ossessiva spirale melodica nel celeberrimo Boléro (1928).
Da qui derivano anche le seduzioni dei valzer di sapore viennese (Strauss, Johann) nei Valses nobles et sentimentales per pianoforte (1911) e in La valse (1919-20) per orchestra. E infine l’uso di danze d’ogni tipo: dall’operetta americana al vecchio jazz di New Orleans, al rag-time e così via; per esempio la Sonata per violino e pianoforte (1927) contiene un fascinoso movimento di blues.
In mezzo a queste innumerevoli suggestioni trovano posto anche dolci rimembranze della grande stagione operistica francese del secolo precedente. Questa è la base su cui Ravel costruisce la sorprendente fantasia lirica in un atto L’enfant et les sortilèges (1925), su libretto della scrittrice francese Sidonie-Gabrielle Colette, infantile fiaba in cui un bimbo, punito dalla madre, per dispetto mette a soqquadro la sua stanza e dopo essersi addormentato viene rincorso e rimproverato da tutti gli oggetti che aveva danneggiato (libri, poltrona, teiera, orologio, carta da parati), nonché dagli animali e dalle piante del giardino che aveva maltrattato.
In questo peregrinare tra i diversi stili non poteva mancare l’approdo alle felici rive dell’arte clavicembalistica francese del 18° secolo, con i quattro brani pianistici del Tombeau de Couperin (1914-17).
Per restare fedele allo strumento a lui più caro, nel 1929-31, prima che si manifestassero i sintomi della malattia cerebrale che lo avrebbe condotto alla morte nel 1937, scrisse i due vertici della sua poetica pianistica: il Concerto in sol e il Concerto in re per la mano sinistra. Composti simultaneamente, i due concerti contengono pagine memorabili, come il secondo tempo e le rimembranze jazzistiche nei due tempi laterali del Concerto in sol, nonché la densa struttura sinfonico-pianistica delle due parti unificate del Concerto in re.