Weber, Max
Il grande studioso della società capitalista
Il tedesco Max Weber, studioso dai molteplici interessi, ha esercitato una profonda influenza sulle scienze storiche, sociali, politiche e filosofiche del Novecento. Al centro della sua opera sta la grande questione dello sviluppo del razionalismo nella civiltà occidentale
Max Weber nacque a Erfurt nel 1864. Studiò giurisprudenza, storia ed economia politica e nel 1894 ottenne una cattedra di Economia politica all’Università di Friburgo. Nel 1897 fu colpito da una grave malattia nervosa, che gli impedì per alcuni anni l’attività di ricerca e, fino al 1918-19, qualsiasi attività continuativa di insegnamento.
Al principio del Novecento iniziò a scrivere le sue opere più note, pubblicate negli anni successivi: gli studi su Il metodo delle scienze storico-sociali (1922), il celebre saggio su L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-05), la Sociologia della religione (1920-21) e il suo capolavoro, Economia e società (1922, pubblicato postumo).
Negli stessi anni, mosso da una forte passione politica, intervenne sulle grandi questioni della politica tedesca tra l’età di Bismarck, di Guglielmo II, della Prima guerra mondiale e della Repubblica di Weimar. Morì di polmonite nel 1920, lasciando incompiuta parte della sua opera, in particolare Economia e società.
Sono molteplici gli interessi che hanno mosso le ricerche di Weber. Negli anni Novanta dell’Ottocento egli si occupò di storia agraria romana e delle profonde trasformazioni che stavano investendo i grandi latifondi della Prussia orientale sotto l’effetto dell’avvento del capitalismo. I suoi studi più importanti maturarono nei due decenni successivi. Tra questi, vi furono i suoi lavori sul metodo delle scienze storico-sociali (sociologia), nei quali Weber formulò, tra gli altri, il concetto della necessaria avalutatività di tali scienze, dell’esigenza cioè di tenere rigorosamente separati giudizi di valore e giudizi di fatto.
Fondamentali furono, poi, i suoi studi di sociologia della religione, a partire dal saggio in cui si mostravano le strette relazioni che legano l’etica protestante (protestantesimo) allo «spirito» del moderno capitalismo occidentale. Da questo primo nucleo, nei suoi lavori successivi sul confucianesimo e il taoismo, sull’induismo e il buddismo e sul giudaismo antico Weber analizzò, in chiave comparata, le peculiarità di sviluppo della civiltà occidentale, del suo particolare razionalismo, di cui il capitalismo moderno, ma anche la scienza, l’arte, lo Stato occidentali costituivano, a suo giudizio, le più genuine espressioni.
Contemporaneamente alla stesura di questi lavori, Weber si dedicò alla sua opera più complessa, Economia e società. In essa pose al centro dell’analisi sociologica il tema dell’«agire sociale» e delle sue molteplici forme, indagando le relazioni tra l’economia e gli ordinamenti sociali, la religione, il diritto e il potere, con una costante attenzione ai processi di razionalizzazione propri della civiltà occidentale.
Grande scienziato sociale, Weber fu anche un importante pensatore politico. Fortemente orientato in senso nazionalistico, convinto che la Germania dovesse ormai proiettare la propria potenza sul terreno della politica mondiale, criticò aspramente l’eredità del governo di Ottone di Bismarck e gli equilibri politici dell’età di Guglielmo II. Fu fautore della parlamentarizzazione del sistema politico tedesco e, dopo la caduta della monarchia nel 1918, dell’introduzione di un sistema di tipo presidenziale.
Una sua celebre conferenza, intitolata La politica come professione (1919), è diventata un vero e proprio classico del pensiero politico contemporaneo per le sue riflessioni sui partiti, sulla democrazia plebiscitaria e, ancora, sui rapporti tra etica e politica.