Meditazione trascendentale
Si definisce meditazione la pratica ascetica per cui il credente si raccoglie in sé stesso e, riflettendo sulle verità di fede, rende più intensa la propria vita spirituale: nel cristianesimo, al fine di giungere a una più intima unione con Dio, nelle religioni orientali, per ottenere il pieno controllo della propria personalità in relazione con la realtà cosmica. La locuzione 'meditazione trascendentale' indica una serie di tecniche di concentrazione mentale e di addestramento al controllo di certi stati di coscienza e di alcune condizioni emotivo-cognitive. La meditazione trascendentale deriva direttamente da alcune filosofie e religioni orientali, buddhiste, zen e soprattutto yoga; specie nei paesi anglosassoni, si è cercato tuttavia di adattarla al contesto socioculturale e alla mentalità occidentali. Scopo della meditazione trascendentale, nella sua versione secolarizzata, diffusa dagli anni Sessanta del 20° secolo soprattutto negli Stati Uniti, è stato quello di pervenire sia al controllo dei propri stati interiori e fisiologici sia, in modo più mirato, a un livello di rilassamento molto profondo (v. training autogeno). La prassi della meditazione trascendentale si concentra soprattutto sull'8° stato dello yoga, quello della meditazione profonda o samadhi (v. yoga). Propria del samadhi è la 'perdita dei contenuti' (Taimni 1965), che si può verificare anche in uno yoga riduttivo, di cui cioè si trascurino i fondamenti spirituali, pur evitando di disperdere la serietà dell'impegno.
Il restringimento della coscienza su un punto è il nucleo centrale della meditazione, il cui processo base è l'allenamento. D. Langen (1978) parla di 'autointroversione concentrativa'; questa, secondo il pensiero di J.H. Schultz (1987), condurrebbe a una commutazione globale nell'ambito psicofisico, a uno stato autogeno, appreso e allenato, rivolto verso un pensiero autoscelto. Si insiste sul fatto che la riduzione della vigilanza verso l'esterno potenzia il pensiero: ne conseguono sempre importanti modificazioni vegetative di un corpo che viene inteso come 'corpo-cosa' (Körperding) e non come 'corpo-intenzionato', dispiegato nel mondo (è quello che J.P. Sartre chiama en-soi e non pour-soi). Proprio in questo va individuato e sottolineato il confine netto fra la meditazione e le tecniche di concentrazione, le quali non superano l'ambito dell'esercizio psicofisico, come nel caso dell'asana e del pranayana (Taimni 1965).
È accaduto quindi che la meditazione trascendentale, pur provenendo da una tradizione religiosa di elevata spiritualità, abbia finito per connettersi ai movimenti di 'metamorfosi del sacro' (Filoramo 1986) e per tendere soprattutto allo sviluppo delle potenzialità psicologiche a fini pratici di salute psicofisica, di benessere somatico. Ha dominato dunque la prospettiva di pervenire a un controllo, apparente, del proprio livello di attivazione emozionale interna, tramite la modificazione di alcuni parametri fisiologici solitamente associati all'ansia. Pur essendo limitante ed erroneo in qualunque tipo di psicoterapia spogliare il corpo di ogni connotato egoico, inevitabilmente, nell'attuale ambito clinico-scientifico, lo sbocco dell'utilizzazione delle tecniche di concentrazione non può che essere stato il biofeedback, procedimento molto utile ma assai lontano dalla meditazione trascendentale nel suo senso pieno. Dalla meditazione autentica, in senso filosofico-religioso, è così derivato un corpus di conoscenze concernente le modificazioni fisiologiche correlate con certe alterazioni degli stati di coscienza e dei loro vissuti somatici: per es., sono stati ben indagati la diminuzione dell'attivazione simpatica a carico della frequenza cardiaca e respiratoria, della pressione arteriosa, della resistenza elettrica, e l'aumento del ritmo delle onde θ (theta) e della frequenza delle onde β (beta) encefaliche (v. il capitolo I segnali elettrici e magnetici, Elettrofisiologia) durante lo stato samadhi. Ciò ha indotto diversi autori a utilizzare sistematicamente le tecniche di concentrazione (impropriamente dette meditative) nella terapia di numerosi disturbi psichici, specie quelli caratterizzati da rilevante componente ansiosa, inclusa l'insonnia, nella convinzione che è possibile agire sullo stato emotivo e sulle sue condizioni fisiologiche attraverso il controllo in feedback di funzioni abitualmente considerate automatiche e volontarie, e che entro certi limiti il controllo viscerale può essere appreso. Va però precisato che qui si tratta non di psicologia ma di psicofisiologia, cioè di qualcosa che, pur nella ricchezza del suo apporto, è destinato a ignorare il corpo come intenzionalità, apertura, progetto.
In termini psicoanalitici, si può dire che la meditazione trascendentale è una pratica in cui ha luogo una regressione adattativa; può essere considerata anche come una forma di desensibilizzazione e di deautomatizzazione. Occorre dunque usare molta cautela nella valutazione dei suoi effetti. L'area della ricerca comparativa, specie con il feedback, sembra destinata a essere il settore di studio più importante, senza con ciò negare gli effetti benefici delle applicazioni pratiche. Ciò che appare necessario valutare con prudenza è l'importanza, il significato della meditazione trascendentale nei nuovi movimenti spirituali, i quali sono di impianto molto vario: per es. Scientology, New age, Testimoni di Geova, Bambini di Dio, le nuove religioni giapponesi, come la mahikari, diffusa anche in Italia, le psicosette (Antonello 1992), le sette sataniche (Del Re 1995) e le neostregonerie (Gatto Trocchi 1994). Questo proliferare di movimenti è indizio di un 'nomadismo culturale', di un disprezzo per la cultura tradizionale, cui si accompagna l'inquietante ricerca di una mitologia alternativa e di un'assiologia forte.
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