Mediterraneo
Mediterràneo. – Osservando l’area mediterranea nel primo scorcio del nuovo millennio, si rivelano, su scala locale, tutte le linee di contraddizione, divisione e conflitto che attraversano lo spazio globale. Le rivendicazioni identitarie su base etnica o religiosa, l’emigrazione di massa dai paesi poveri verso quelli più ricchi, la chiusura localistica di alcune politiche nazionali o ancor peggio regionali, sembrano fare da contraltare all’apertura dei mercati e agli effetti dirompenti della globalizzazione. In uno scenario geopolitico in continua evoluzione, il M. appare uno spazio di intersezione tra molteplici teatri, pur essendo una realtà geografica priva di un nucleo comune e di una sua forza propulsiva. Significativamente, le macroregioni che si affacciano sul bacino m. non sono in contatto diretto e le loro dinamiche relazionali non riescono a essere decisive: le tre sponde (i paesi latini della UE, i paesi mediorientali e il Nord Africa), pur attraversando un periodo di sconvolgimenti o di forti mutamenti, rimangono infatti legate a logiche diversificate. I paesi dell’Europa del Sud – la Grecia in primis – dopo l’esordio della moneta unica nel 2002 e la firma del trattato di Lisbona nel 2007, attraversano negli ultimi anni una drammatica crisi economica e sociale, che li pone in una condizione di subalternità verso l’UE e di forte ripensamento identitario rispetto alla costruzione europea. Questa continua a mantenere il suo centro propulsore e direttivo nella zona continentale e segnatamente nell’aria d'influenza tedesca, così le due anime europee, al Nord e al Sud, sembrano avere una velocità troppo diversa l’una dall’altra. Ma Grecia, Spagna, Italia non considerano la sponda araba come una possibile opportunità di crescita o di riorientamento strategico. Le differenze storiche, economiche, culturali e religiose appaiono come un limite il cui superamento non offre incentivi o garanzie adeguate, in netta contrapposizione con l’etimo stesso del toponimo medium-terrarum, che rinvia con evidenza all’idea di mediazione tra terre diverse, di medium, appunto. Anche lo sviluppo delle rivolte della e della guerra in Libia, che hanno scardinato l’equilibrio che reggeva il Nord Africa da decenni, non ha tracciato nessuna relazione privilegiata tra Europa e mondo arabo. Né la UE, né i singoli paesi rivieraschi hanno saputo o voluto recitare un ruolo di primo piano nei processi di rottura e di ridefinizione di realtà come l’Egitto, che sarà un attore fondamentale nella zona nevralgica mediorentale. La migrazione clandestina rappresenta ancora uno degli elementi primari di preoccupazione con i quali le società europee guardano al M., che resta una frontiera, se non addirittura una minaccia. Nell’area m., una costante fonte d'instabilità rimane la drammatica situazione palestinese, dove arabi e israeliani sembrano incapaci d'intraprendere una strada comune che porti a una convivenza meno dolorosa. Anche questo scenario storicamente conflittuale non ha nel bacino m. un possibile terreno di evoluzione, a dispetto dell’appartenenza geografica. Gli Stati Uniti, che dall’avvento di B. Obama non sono più disposti ad appoggiare Tel Aviv aprioristicamente, e l’Iran, che aspira al ruolo di potenza militare regionale, si pongono come i protagonisti in grado di orientare le sorti della contesa, agendo come forze centrifughe estranee alla dimensione mediterranea. Il soggetto politico che ha guadagnato dall’inizio del secolo maggior prestigio nell’area è sicuramente la Turchia di R.T. Erdogan, che sta vivendo una stagione di sviluppo economico costante e non è più dipendente dall’entrata nella UE per affermare il suo peso nell’arena internazionale. Ma anche in questo caso, la dottrina della 'profondità strategica', che caratterizza il nuovo corso della sua politica estera, focalizza lo sguardo di Ankara su diverse possibili zone di influenza – Asia centrale, Medioriente – tra le quali quella mediterranea rappresenta soltanto una delle opzioni. La constatazione pessimistica che vede il M. come limes e non come punto d’incontro sembra quindi essere ancora attuale, nonostante il traffico sul Mare Nostrum continui ad aumentare esponenzialmente, essendo un passaggio privilegiato per le merci asiatiche che invadono i mercati occidentali. Una delle tesi al centro del dibattito storiografico degli ultimi vent’anni, lo scontro di civiltà teorizzato da S. Huntington, vede addirittura il M. posizionato su una faglia di scontro potenzialmente esplosivo tra due grandi civiltà che si sono sempre fronteggiate, quella islamica e quella cristiano-occidentale. Seguendo questo approccio prospettico, la mancata deflagrazione di uno scontro può essere interpretata come conseguenza della relativa debolezza politica e militare degli attori che si affacciano sul bacino mediterraneo. Gli analisti geopolitici sembrano imputare la mancata coesione dell’arena mediterranea alla debolezza mostrata dalla politica estera della UE, incapace di assolvere al ruolo di soggetto attivo e di imporre una visione di ampio respiro strategico.