MEDITERRANEO (XXII, p. 754; App. I, p. 831; II, 11, p. 282; III, 11, p. 52)
Negli ultimi quindici anni, e in particolare a partire dal 1970, gli studi sul M. sono notevolmente progrediti e hanno permesso di definire, approfondire e modificare molte delle conoscenze già acquisite. In questo senso notevoli contributi sono stati apportati dall'intensa attività della Commissione internazionale per l'esplorazione scientifica del mar Mediterraneo. Una svolta notevole è stata data dall'estensione del programma "perforazione in mare profondo" (DSDP: Deep Sea Drilling Project) che già aveva suscitato enormie interesse per i risultati conseguiti negli oceani Atlantico e Pacifico.
Con gli elementi raccolti in questi ultimi anni, l'U.S. Naval Oceanographic Office ha redatto una carta batimetrica che supera, per dovizia e precisione di dati, qualsiasi altro documento precedentemente pubblicato. Complessivamente, attraverso dati indiretti (rilievi batimetrici e geofisici) e diretti (perforazioni profonde, carotaggi e dragaggi), sono stati acquisiti e cartografati elementi sicuri e di dettaglio, relativi alla piattaforma, alla scarpata continentale e al piano abissale. Elementi preziosi anche per l'interpretazione delle fasi evolutive delle diverse aree costituenti il M., che presentano una fisiografia e una storia assai differenti da settore a settore.
Notevole interesse, sia economico che scientifico, ha suscitato il rinvenimento di grandi quantità di evaporiti sul fondo dei bacini del Mediterraneo. È stata formulata l'ipotesi che, in una fase tettonica tardo tortoniana, si siano interrotte le comunicazioni tra l'Atlantico e il M., con il conseguente depositarsi delle evaporiti in un bacino in fase di disseccamento; la successiva trasgressione pliocenica si dovrebbe collegare al crollo della soglia che separava il M. dall'Atlantico. Nell'ambito della suddivisione in due bacini, quello occidentale e quello orientale, separati da una soglia poco profonda (÷ 200 m), in corrispondenza del Canale di Sicilia, si sono raccolti elementi non solo per differenziarli, sia nei loro caratteri generali che nella loro evoluzione, ma anche per distinguere altri bacini in relazione alla differente struttura e origine.
La genesi del Bacino Balearico e del M. occidentale in generale, ha suscitato molte discussioni in questi ultimi anni: oggi sta raccogliendo consensi l'ipotesi di una rotazione del blocco iberico e del sistema sardo-corso in senso antiorario. Il Bacino Balearico, di forma grossolanamente triangolare, presenta una piattaforma continentale piuttosto ristretta e una scarpata ripida, spesso intagliata da una fitta serie di cañons sottomarini. Il piano abissale, la cui profondità oscilla tra i 2700 e i 2900 m, è assai esteso e caratterizzato da strutture diapiriche che corrispondono a cupole saline; l'età del sale risalirebbe al tardo miocene.
Il mare Tirreno, a differenza del precedente, appare più articolato e la sua fisiografia, assai complessa, è caratterizzata da una piattaforma continentale molto irregolare e da diversi piani abissali. Inoltre il settore meridionale più profondo è complicato da gruppi di rilievi vulcanici, in gran parte sommersi, ma che possono emergere come nel caso delle Eolie. L'origine di questo mare è fonte di molte discussioni e trova divisi i diversi autori che, peraltro, sono per lo più concordi nel ritenerlo di formazione recente, sia per il modesto spessore dei sedimenti accumulati nelle parti più profonde, sia a causa della loro deformazione tettonica.
Il mare Ionio e, in generale, il bacino m. orientale presentano forme decisamente allungate nel senso est-ovest. Le massime profondità (oltre 5000 m al largo di Capo Matapan) sono allineate lungo la Fossa Ellenica che corre con andamento leggermente arcuato recingendo l'isola di Creta per biforcarsi e sfumare con un ramo verso il Canale d'Otranto e con l'altro nel Golfo di Taranto. Parallelamente alla Fossa Ellenica, nel settore mediano del bacino orientale, corre la Dorsale Mediterranea che però non presenta caratteristiche simili a quelle medio-oceaniche. Trattasi, infatti, di una grossa lente di sedimenti, deformata e inspessita ad opera di una tettonica compressiva. Anche in questo bacino sono state rintracciate le evaporiti mioceniche e perciò esso può venire accomunato a quel meccanismo di disseccamento di cui si è già detto.
Il mare Adriatico è stato escluso, insieme con il mare Egeo, dal progetto DSDP per la sua scarsa profondità. Morfologicamente la parte settentrionale e la parte mediana, a eccezione della fossa meso-adriatica, si estendono nella piattaforma continentale. All'isobata di 150 m corrisponderebbe la massima regressione marina verificatasi durante la fase finale dell'ultima espansione glaciale (Würm). Proseguendo verso sud, s'incontra un piano abissale che tocca la profondità di 1200 m, orlato da una ripida scarpata continentale intaccata da numerosi cañons. Le recenti campagne di esplorazione della piattaforma continentale per la ricerca di idrocarburi hanno portato ad accrescere e ad approfondire le conoscenze dell'Adriatico. Lo spessore dei sedimenti è estremamente elevato e sulla costa, in prossimità di Ravenna, la base del Pliocene si trova a 6200 m mentre, secondo alcuni, il basamento cristallino si troverebbe a una profondità tra gli 8 e i 18 km. Le caratteristiche fisiche delle acque sono condizionate dalle situazioni climatiche, e la perdita d'acqua per evaporazione supera gli apporti dei fiumi e delle precipitazioni.
Il M. è un mare di concentrazione: esso, cioè, trasforma l'acqua atlantica, che entra dalla Soglia di Gibilterra, in un'acqua più densa che ritorna nell'Atlantico attraverso la parte più profonda della soglia stessa. La trasformazione di quest'acqua, da tipicamente atlantica a mediterranea, ha luogo soprattutto in inverno e in un piccolo numero di settori. Questo complesso meccanismo è la causa dei principali movimenti di queste masse d'acqua.
Se si tiene presente che il meccanismo di scambio tra l'Atlantico e il M. è molto lento, tutto ciò che viene riversato in mare è destinato a rimanervi a lungo e le acque possono risentire dei cambiamenti chimico-fisici. L'accumulo e la dispersione dei prodotti inquinanti seguono meccanismi analoghi a quelli dei materiali che vi giungono per processi naturali e possono dar luogo, sia nelle parti profonde che in quelle meno profonde, a modificazioni della flora e della fauna.
Bibl.: Autori vari, The tectonics and geology of the Mediterranean Sea, in The Sea, 4, 1970; Autori vari, The Mediterranean Sea, Stroudsburg 1972 (con un'abbondante bibliografia relativa a numerosi problemi); M. B. Cita, Geologia dei fondi marini, in Desio, Geologia dell'Italia, Torino 1973. Si consultino inoltre le pubblicazioni della Comm. Int. pour l'Explor. Scient. de la Mer Méditerranée.