MEGALOPOLI (Megalepŏlis, Megalopŏlis)
Città greca dell'Arcadia meridionale (Peloponneso), edificata sulle due rive del fiume Elissone, affluente dell'Alfeo, all'incrocio delle strade conducenti in Messenia e in Laconia. Fu fondata per volere d'Epaminonda e chiamata ἡ Μεγάλη Πόλις (la grande città) all'attuazione del sinecismo arcadico dopo la vittoria di Leuttra (371 a. C.) perché fosse la capitale dell'Arcadia unificata e completasse insieme con Messene e Mantinea la barriera contro l'espansione spartana; fu costruita in 4 anni, dal 371 al 368, e popolata col concorso di 40 borgate, i cui abitanti furono tutti trasferiti, e quattro città (Tegea, Mantinea, Clitore, Orcomeno), dalle cui popolazioni furono fatti considerevoli prelevamenti. La confederazione arcadica aveva un senato e un'assemblea detta dal numero dei suoi componenti "dei diecimila" (μύριοι), che si riuniva a Megalopoli nel Tersilio (così chiamato dal nome del suo fondatore Tersilo); cinquemila uomini formavano le truppe federali (epariti) agli ordini di uno stratego, capo del potere esecutivo. Ben presto ricominciarono le discordie e molti coloni sentirono la nostalgia delle loro tranquille borgate, alle quali fu loro tuttavia impedito di ritornare. Nel 352 la città fu minacciata da Sparta, non ebbe aiuti da Atene, ma fu salvata da Tebe, alla cui alleanza era rimasta fedele; si alleò nel 343 con Filippo di Macedonia, nel 331 fu assediata da Agide, sconfitto poi in battaglia da Antipatro. Parteggiando in seguito per Cassandro, fu assalita nel 318 da Poliperconte, contro cui resistette vittoriosamente; nel 303 passò a Demetrio Poliorcete; Aristodemo si proclamò quindi tiranno e protesse la città contro un attacco spartano nel 265; a lui, assassinato, successe verso la metà del secolo Lidiada, che, abdicando nel 235, addusse Megalopoli nella lega achea; nel 229 essa subì l'assalto di Cleomene e nel 223 fu espugnata e distrutta, ma, ricostruita nel 222, fu ancora minacciata nel 200 da Nabide. Tutti questi avvenimenti, guerre, assedî, saccheggi e discordie interne, susseguitisi in breve volgere di anni rovinarono l'opera di Epaminonda, riducendo la "grande Città" a un "gran deserto", secondo l'arguta, ma probabilmente paradossale definizione d'un poeta comico greco, riferita da Strabone (VIII, 388). Nell'età romana Domiziano vi fece ricostruire una sala a colonne, che era stata distrutta dal fuoco nell'anno 93-4 d. C. Quando la vide il periegeta Pausania era solo un cumulo di rovine. Sede di vescovato sotto gli ultimi imperatori e menzionata ancora al sec. VII, non se ne hanno più notizie dopo l'invasione slava. Poco più a mezzogiorno è il villaggio moderno di Sinano, con circa 2000 ab.
Gli scavi condotti dalla Scuola archeologica inglese fra il 1890 e il 1893 rimisero in luce i resti della città antiea, che aveva una cinta del perimetro di 47 stadî e mezzo (m. 8850) di mura in mattoni crudi su zoccolo di pietra con torri circolari e quadrate, delle quali rimangono poche tracce. Era divisa dal fiume in due quartieri collegati da un ponte: a sud la città federale, detta Orestia dal nome di un'antica borgata, a nord la città municipale o Megalopoli propriamente detta. Il teatro, scavato nel fianco settentrionale d'una collinetta, era il più vasto di tutta la Grecia, potendo contenere 20.000 spettatori: alla parodos occidentale è addossata la scenoteca o magazzino di custodia degli accessorî scenici; la scena, prima lignea, fu costruita in pietra dopo la distruzione del Tersilio, con il quale comunicava mediante un portico. Il Tersilio era un edificio rettangolare comprendente un'unica sala di m. 65 × 53, capace di seimila persone sedute e diecimila in piedi disposte intorno alla tribuna centrale; il tetto era sorretto da pilastri di legno distribuiti in quadrati concentrici. Poco lontano erano lo stadio e i templi di Dioniso e di Asclepio; sull'altra sponda dell'Elisso il santuario di Zeus Sotere, l'agorà e altri edifici.
Bibl.: F. v. Hiller, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XV, col. 127 segg. Per i monumenti, Gardner, Loring, Frazer, Excavations at Megalopolis, Londra 1829; W. Dörpfeld e E. Reisch, Das griech. Theater, Atene 1896, p. 133 segg. (teatro); K. Robert, Pausanias als Schriftsteller, Berlino 1909, p. 185 seg. (agorà). Iscrizioni, in Isncript. graecae, V, ii, p. 110 segg. V. anche arcadia.