melanoma
Neoplasia che origina dalla trasformazione maligna dei melanociti, cellule stellariformi dotate di prolungamenti dendritici e deputate alla sintesi di melanina, distribuendosi a livello della giunzione dermo-epidermica e del derma, a prognosi sfavorevole a meno che non sia precocemente diagnosticato e trattato. Il melanoma cutaneo è in assoluto la principale causa di morte nell’ambito della patologia cutanea, rappresentando il 3÷5% dei tumori maligni della cute, e può originare ex novo oppure svilupparsi da nevi preesistenti. È stata posta l’attenzione sui meccanismi che indurrebbero la trasformazione maligna dei melanociti e in particolar modo sul processo multifattoriale che vede coinvolte alterazioni ambientali e genetiche, quali l’esposizione alle radiazioni solari, in particolare UVB e UVA, l’età, la predisposizione genetica e la storia familiare di melanoma. Anche per il melanoma il principale fattore eziologico, infatti, sembra essere rappresentato dalle radiazioni solari (specialmente gli UVB). Alcuni studi hanno evidenziato l’importanza del numero dei nevi come fattore associato a un aumentato rischio di sviluppare un melanoma su cute sana. Le localizzazioni variano a seconda del sesso; la sede più frequente nella donna è rappresentata dagli arti inferiori, che vengono lasciati scoperti dal comune abbigliamento, mentre nell’uomo il tumore si localizza frequentemente al tronco e agli arti superiori, che risultano essere fotoesposti nei lavoratori all’aperto. Le localizzazioni primitive extracutanee del melanoma sono assai rare, a eccezione del bulbo oculare (congiuntiva e coroide), interessando le mucose (cavità nasale e orale, canale anale, vulva), e gli organi interni (tubo digerente, meningi). Si deve a Wallace H. Clark la classificazione nel 1969 in 3 principali sottotipi, a cui se ne aggiunse un quarto nel 1975 a opera di Richard J. Reed. Attualmente vengono distinti 4 tipi di melanoma maligno, ognuno dei quali mostra caratteri differenti di comportamento istologico e biologico: (1) a crescita superficiale (Superficial spreading melanoma): è la forma più ricorrente e più frequentemente diagnosticata e rappresenta circa l’80% di tutti i melanomi; (2) nodulare: rappresenta il 15% dei casi ed è caratterizzato sin dall’inizio da una proliferazione di tipo verticale (decorso monofasico). Insorge su cute sana, in maniera ubiquitaria, interessando soprattutto il sesso maschile; (3) su lentigo maligna: rappresenta circa il 10% dei melanomi primitivi. Ha origine dalla melanosi di Dubreuilh-Hutchinson, di cui è espressione nella forma invasiva. Si presenta come una macchia, dai limiti netti e i margini irregolari, di colorito variabile dal bruno al nero e di dimensioni dell’ordine di pochi millimetri sino a diversi centimetri; (4) lentigginoso delle estremità (Acral lentiginous melanoma): rappresenta circa il 5% di tutti i melanomi. Le sedi di insorgenza sono comunemente rappresentate dalle estremità degli arti (mani e piedi), coinvolgendo le sedi palmare, plantare e subungueale. Come primo approccio stadiativo, deve essere preso in considerazione lo stadio clinico della neoplasia: (a) stadio I: melanoma localizzato, comprese anche le lesioni multiple ma limitate entro i 4 cm di distanza dalla lesione principale, senza metastatizzazione linfonodale e a distanza; (b) stadio II: melanoma con metastasi ai linfonodi regionali o con metastasi cosiddette in transito alla cute o al sottocute a distanza superiore ai 4 cm dalla lesione principale; (c) stadio III: melanoma disseminato. Un altro fattore clinico di degna importanza è rappresentato dalle sedi di insorgenza del tumore. La stadiazione microscopica del melanoma primitivo identifica cinque livelli: I livello: melanoma in situ, con cellule neoplastiche confinate all’epidermide; II livello: invasione incompleta del derma papillare; III livello: le cellule neoplastiche invadono completamente il derma papillare sino al limite del derma reticolare; IV livello: interessamento completo del derma reticolare; V livello: invasione dell’ipoderma. Nel 1970 Alexander Breslow introdusse l’importanza prognostica del massimo spessore della proliferazione neoplastica; mediante oculare micrometrico si misurò lo spessore in millimetri della lesione dallo strato granuloso al punto più profondo d’invasione del derma o dell’ipoderma. Vennero, dunque, identificati 4 gruppi di pazienti:
(a) I gruppo: ≤ 0,75 mm;
(b) II gruppo: compreso tra 0,76 e 1,50 mm;
(c) III gruppo: compreso tra 1,51 e 3 mm;
(d) IV gruppo: compreso tra 3,01 e 4 mm;
(e) V gruppo: > di 4 mm.
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