Tolomei, Meo de'
Figlio di Simone detto " Sorella " della nobile e potente stirpe dei T. di Siena, ove verosimilmente nacque nella seconda metà del sec. XIII, fu un poeta giocoso assai vicino a Cecco Angiolieri. Di lui resta un'esigua raccolta di rime in cui inveisce con fantastica violenza contro la madre e contro il fratello nella tecnica del tradizionale vituperium.
Meo compare insieme col fratello Mino in due documenti rispettivamente del 19 e del 30 gennaio 1279, nei quali il padre è nominato come già defunto. Successivamente egli rappresenta i T. negli accordi che furono raggiunti in Siena il 29 settembre 1280 e ratificati il successivo 13 ottobre per la pace tra questa famiglia e quelle dei Salvani e dei Guinigi; il che fa pensare che egli fosse maggiore di età rispetto al fratello Mino e, in quegli anni, più autorevole di lui. Qualche tempo dopo, nello spirito degli accordi di pace, Meo sposa (7 maggio 1285) Mita di Bindino, appartenente alla famiglia dei già nemici Salvani, e il comune esprime concretamente il proprio compiacimento dotando la sposa di lire 600. È il momento più alto della fortuna di Meo, che invece va poi decadendo anche nell'ambito della famiglia a tutto favore del fratello Mino, che appare in continua ascesa politica ed economica (fra l'altro, proprio questo Mino detto lo " Zeppa " è podestà a San Gimignano al tempo dell'ambasceria di D., 7 maggio 1300). Nel 1290 e '91 (rispettivamente secondo e primo semestre) e poi ancora nel 1295 Meo farà parte del consiglio generale per il terzo di Camollia; ma intanto vende casa, terreno e vigna al fratello Mino (19 marzo 1295) e forse s'induce a esercitare occasionalmente il prestito. L'ultima notizia, che è del 3 giugno 1310, lo presenta impegnato, con altri T., a nominare un procuratore per difendersi presso il podestà e il giudice dei malefizi da alcune accuse mossegli contro.
Nulla sembra opporsi all'ipotesi, finora favorevolmente considerata, che questo Meo dei T. sia la stessa persona alla quale D. inviava il sonetto Sonetto, se Meuccio t'è mostrato (Rime LXIII), accompagnatorio di altri suoi frati, che dovevano rimanere in omaggio presso di lui. E se l'identificazione è esatta, ne conseguirebbe che Meo doveva godere come poeta di una qualche autorevole notorietà, la quale verrebbe anche confermata dal sonetto di Cino da Pistoia Meuccio, i' feci una vista d'amante, se si tratta sempre - come non è improbabile - della stessa persona. Null'altro si può aggiungere in relazione all'Alighieri, anche se il gesto osceno ostentato da Meo al fratello Mino a conclusione del suo caribetto A nulla guisa me posso soffrire ritorna tal quale in If XXV 2, nell'episodio di Vanni Fucci.
Bibl. - I sonetti e il caribetto attribuiti a Meo dei T. si leggono in Poeti giocosi del tempo di D., a c. di M. Marti, Milano 1956, 251-286 (con specifica introduzione), e anche in Rimatori comico-realistici del Due e Trecento, a c. di M. Vitale, Torino 1956, 7-60. Entrambe le edizioni sono commentate.
Studi: A. Todaro, Il caribetto " A nulla guisa " di Meo di Simone dei T., in " Bull. Senese St. Patria " IV (1933) 147 ss.; ID., Sulla autenticità dei sonetti attribuiti a Cecco Angiolieri, Palermo 1934; M. Marti, Sui sonetti attribuiti a Cecco Angiolieri, in " Giorn. stor. " CXXVII (1950) 253-274; ID., La tecnica del " vituperium " in Meo dei T. da Siena, in Cultura e stile nei poeti giocosi del tempo di D., Pisa 1953, 58-82.