MESSICO.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Bibliografia. Politica economica e finanziaria. Storia. Bibliografia. Architettura. Letteratura. Bibliografia. Cinema
Demografia e geografia economica di Libera D'Alessandro. – Stato dell’America Settentrionale. Con i suoi 112.336.538 ab. al censimento del 2010, il M. ha registrato un aumento della popolazione del 38% rispetto al censimento del 1990; nel 2014, UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs) ha stimato una popolazione di 123.799.215 abitanti. Pur rallentando la crescita (nel ventennio 1970-90 l’incremento era stato del 68,5%), il Paese ha visto ben più che raddoppiare la sua popolazione in quarant’anni. Benché sensibilmente diminuita rispetto ai decenni precedenti, al 2010 la natalità era del 19,7‰ (scesa a 18,4‰ nel 2013), a fronte di una mortalità di appena il 5,6‰, dovuta anche a una limitata quota di popolazione anziana. Il Paese ha raggiunto importanti miglioramenti negli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite (Millennium development goals). Tra i più significativi, si ricorda il dimezzamento della povertà (calcolata in base alla percentuale di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno), che il M. ha finanche superato, passando dal 9,3% della popolazione che viveva al di sotto della soglia citata nel 1989 al 4% del 2012. Se, tuttavia, si considera la povertà multidimensionale – misurata calcolando le privazioni nell’educazione, nella salute e negli standard di vita – al 2012 il 45,5% della popolazione viveva ancora in condizioni di povertà e il 9,8% in condizioni di estrema povertà. Secondo l’UNDP (United Nations Development Programme) ciò rivela che, nonostante i miglioramenti ottenuti, la correlazione tra crescita economica e politiche sociali è ancora insufficiente. Nel 2013 il M. ha visto, tuttavia, aumentare l’aspettativa di vita a 77,5 anni (+10,9 dal 1980) e l’Indice di sviluppo umano (ISU) a 0,756, quest’ultimo per effetto del significativo incremento dell’indicatore rispetto al 1980 (+27%). Anche rispetto ai problemi causati dalla fame e dalla malnutrizione, il M. ha registrato notevoli progressi: la percentuale dei bambini sottopeso al di sotto di 5 anni è diminuita, nel periodo 1998-2012, dal 10,8 al 2,8% (anche in questo caso migliorando la previsione, che fissava al 5,4% la percentuale da raggiungere entro il 2015). Ciò nonostante, in alcune aree geografiche permangono sacche di malnutrizione cronica, che tuttavia l’UNDP associa a fattori quali le condizioni agroclimatiche, la bassa densità di popolazione e lo scarso livello di integrazione economica.
Lo sviluppo sociale è alla base della rilevante contrazione del tasso di mortalità infantile, che era ancora molto elevato nel 1990 (32,5‰) ed è sceso a 12,5‰ nel 2013. Tale dato riflette direttamente la disponibilità, l’accesso e l’utilizzazione dei servizi sanitari da parte della popolazione e, indirettamente, il livello nutrizionale dei bambini.
Il M. si trova oggi ad affrontare anche una serie di sfide ambientali, in primo luogo la perdita dei suoi ecosistemi forestali. Dati dell’UNDP rilevano che, dell’originaria superficie di boschi e foreste che in passato copriva il 52% del territorio messicano, ben 36,3 milioni di ettari (pari al 33,8% del territorio nazionale) risultavano scomparsi al 2011. La perdita dei boschi e delle foreste continua, ma si registrano comunque lievi segnali positivi: mentre, tra il 1990 e il 2000, sono scomparsi 354.000 ettari all’anno, dal 2005 al 2010 la quota è scesa a 155.000 ettari all’anno. Lo sviluppo sostenibile appare quindi un obiettivo imprescindibile per un Paese che la Banca mondiale definisce come la seconda economia dell’America Latina.
Condizioni economiche. – Molte delle dinamiche che caratterizzano attualmente l’economia messicana rappresentano il frutto della transizione da un modello statale a uno neoliberale, che ha aperto il Paese alla globalizzazione economica. In tal senso, è stata fondamentale l’adesione nel 1994, con Stati Uniti e Canada, al North American free trade agreement (NAFTA), che, secondo Gerardo Esquivel (2011), ha istituito la zona di libero scambio più grande e asimmetrica del mondo. Il M. è divenuto il secondo maggiore mercato di esportazione degli Stati Uniti e la terza fonte di importazioni. Nel 2012 il Paese si è unito formalmente ai negoziati del partenariato Trans-Pacifico e ha dato vita all’Alleanza del Pacifico con Perù, Colombia e Cile. L’implementazione delle politiche neoliberali, nel parere di Christof Parnreiter (2002), in M. è avvenuta grazie a uno Stato che si è rivelato un agente cruciale della globalizzazione, accompagnando la liberalizzazione commerciale con l’apertura del Paese agli Investimenti diretti esteri (IDE). Questi ultimi hanno accresciuto l’importanza delle produzioni per l’esportazione (in particolare l’industria maquiladora) e del settore finanziario. La ristrutturazione territoriale che caratterizza la nuova fase della globalizzazione si rispecchia anche in nuove dinamiche sul piano urbano-regionale. Mentre, come afferma José Gasca Zamora (2013), prima dominava un’organizzazione nucleare che gravitava sul gigantismo urbano di Città di Messico, oggi essa è stata sostituita da un sistema policentrico, con relativa deconcentrazione economica e demografica, che tuttavia si articola su nuove forme di concentrazione e polarizzazione. Città di Messico continua a rappresentare un nodo strategico della rete transnazionale di città globali, non tanto per la sua dimensione di megacittà, quanto piuttosto per la qualità delle relazioni economiche che stabilisce a scala nazionale e globale. Secondo la Banca mondiale, l’economia messicana ha mostrato, nel 2014, segnali di ripresa dalla crisi congiunturale vissuta in precedenza. Dati economici recenti indicano, infatti, che è in corso una ripresa, guidata dalle esportazioni manifatturiere e dalla spesa pubblica. Tuttavia, numerose questioni socioeconomiche sono ancora irrisolte: il M. è, infatti, un Paese caratterizzato da bassi salari reali, da ampi segmenti della popolazione sottoccupati e da un’iniqua distribuzione del reddito.
Bibliografia: C. Parnreiter, Mexico: the making of a globalcity?, in Global networks, linked cities, ed. S. Sassen, Londra 2002, pp. 145-82; A.G. Aguilar, A. Vieyra, Distribución de la poblaciónen México. Metrópolización e influencia laboral, in Un mundo de ciudades. Procesos de urbanización en México en tiempos de globalización, ed. A. García Ballesteros, M.L. García Amaral, Barcelona 2007, pp. 41-54; G. Esquivel, The dynamics of income in equality in Mexico since NAFTA, «Economía», 2011, 12, nr. 1, pp. 155-88; J. Gasca Zamora, Reestructuración y polarización entreciudades y regiones en México durante el neoliberalismo, in Polarización social en la ciudad contemporánea, ed. P.E. Olivera Martínez, Città di Messico 2013, pp. 21-53; Instituto nacional de estadística y geografía, The millennium development goals in Mexico, Progress Report 2013, Città di Messico 2013; Instituto nacional de estadística y geografía, Anuario estadístico y geográfico de los Estados Unidos Mexicanos 2014, Città di Messico 2014.
Politica economica e finanziaria di Giulia Nunziante. – Nonostante la politica monetaria oculata e credibile adottata dalla Banca centrale dai primi anni del Duemila, a partire dalla seconda metà del 2006 la crescita dei prezzi ha oltrepassato la soglia del tasso obiettivo del 3% a causa di pressioni sui prodotti alimentari e l’autorità monetaria è stata costretta ad adottare interventi restrittivi. In questo periodo, il monopolista petrolifero pubblico Pemex (Petróleos Mexicanos) ha fruito dell’incremento significativo dei prezzi dei prodotti energetici, contribuendo sia ad aumentare le riserve in valuta estera della Banca centrale, utilizzate in parte per ridurre il debito estero del Paese, sia a finanziare misure fiscali espansive, quali i trasferimenti alle amministrazioni locali e i diversi programmi di investimento. Tuttavia, a partire dalla metà del 2008, la crisi finanziaria, la contrazione dell’economia reale e il declino dei prezzi dei prodotti energetici hanno bruscamente interrotto il processo di crescita economica del Messico. Dopo una prima fase in cui la Banca centrale ha messo in atto azioni volte a sostenere la valuta nazionale e a stabilizzare i cambi, il governo è intervenuto direttamente con misure temporanee sui mercati finanziari: per contenere i rischi di inflazione di lungo periodo, la politica monetaria restrittiva è stata seguita da provvedimenti volti al controllo dei prezzi amministrativi. Dal 2009 la Banca centrale ha avviato una fase di politica monetaria meno stringente e accompagnato il deprezzamento del peso al fine di sostenere l’economia, mentre le autorità di politica fiscale hanno adottato misure anticicliche. In particolare, a fronte della riduzione delle entrate determinata dalla contrazione economica e dalla caduta dei prezzi petroliferi, le spese pubbliche sono aumentate per sostenere le infrastrutture e supportare lo sviluppo del sistema bancario. Altri interventi di natura provvisoria, finanziati grazie al deprezzamento della valuta nazionale e ai profitti della Banca centrale, hanno riguardato l’erogazione di sussidi ai lavoratori a tempo determinato e alle fasce più povere della popolazione e di aiuti al credito alle piccole e medie imprese. Dal 2010 il governo messicano ha realizzato una politica fiscale volta al consolidamento dei conti pubblici perseguita promuovendo l’efficienza della spesa pubblica e, dal lato delle entrate, posticipando la programmata riduzione dell’aliquota fiscale sui redditi personali più alti e sulle imprese. Nel corso del 2012 è stata realizzata la riforma del mercato del lavoro al fine di promuovere la creazione di posti di lavoro e la crescita della produttività, assicurando un quadro regolamentare più chiaro. Altri importanti interventi per favorire la competizione sono stati adottati: la semplificazione delle procedure amministrative e la conseguente riduzione dei tempi necessari per l’avviamento dell’impresa, una maggiore tutela delle sane dinamiche concorrenziali dei mercati interni, il contrasto nei confronti delle situazioni di abuso di posizione dominante. Per combattere la vulnerabilità del Paese, esposto alla volatilità dei prezzi dei prodotti energetici e alla dipendenza commerciale, soprattutto nei confronti degli Stati Uniti, il governo ha inoltre adottato una prudente strategia di gestione di tali rischi esercitando un maggiore controllo sul prezzo del petrolio esportato e alimentando nel tempo i fondi di stabilizzazione dei prezzi energetici. Nel corso del biennio 2013-14, per far fronte a un nuovo rallentamento dell’economia, l’amministrazione messicana ha adottato misure anticicliche di incremento della spesa in infrastrutture e un ampio ventaglio di riforme strutturali nei settori del lavoro, dell’istruzione e finanziario, con le finalità principali di incrementare la produttività e sostenere la crescita. Inoltre il governo ha rimosso il monopolio pubblico nella produzione petrolifera e aperto il settore delle telecomunicazioni alla concorrenza.
Storia di Paola Salvatori. – Alla fine del primo decennio del 21° sec. mol ti problemi strutturali del Paese rimanevano ancora irrisolti e il processo di modernizzazione faticava a trovare una sua compiuta realizzazione. La lotta alla povertà, alla corruzione, al narcotraffico continuarono a costituire infatti le sfide principali dei governi che si alternarono al potere, espressione dei due principali partiti: il Partido revolucionario institucional (PRI), di centro, e il Partido acción nacional (PAN) di ispirazione cattolica e conservatrice.
La nuova amministrazione, guidata da Felipe Calderón del PAN, insediatasi nel 2006, avviò una politica di riforme economiche volte ad attirare investitori stranieri e puntò a rafforzare i legami economici e commerciali con gli USA e il Canada. La crescita che ne derivò rimase fragile, legata prevalentemente alle esportazioni verso gli Stati Uniti, mentre il mercato interno rimase asfittico a causa dell’alto tasso di disoccupazione e dei bassi redditi. Superata la crisi del 2009, l’economia messicana tornò a crescere, trainata dalla ripresa statunitense e da una politica di investimenti pubblici. I tassi di emigrazione illegale verso gli Stati Uniti rimasero comunque elevati, nonostante le misure repressive e il muro di più di mille chilometri voluto dall’amministrazione di George W. Bush, realizzato nella parte più permeabile del confine tra Stati Uniti e Messico, in Texas e in California. L’impegno del governo nella lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, soprattutto quella legata al narcotraffico, produsse scarsi risultati e il Paese continuò a vivere in una condizione di diffusa violenza. Il numero degli omicidi seguitò a crescere a causa delle lotte tra i cartelli della droga, ma anche per la strategia scelta dal governo per contrastarla, basata sul ricorso all’esercito e sull’uso massiccio delle armi. Secondo molte organizzazioni umanitarie, polizia ed esercito per combattere le bande si resero responsabili di gravi violazioni dei diritti umani (torture, arresti arbitrari, scomparsa di persone). Il crescente malcontento della popolazione si tradusse nella sconfitta del PAN nelle elezioni di metà mandato (2009) e nelle elezioni presidenziali del 2012 che riportarono al potere, dopo 12 anni, il PRI, il cui candidato Enrique Peña Nieto si affermò con circa il 38% dei voti. Il principale sfidante, Andrés Manuel López Obrador, candidato del Partido de la revolución democrática (PRD), si fermò al 32%. Nonostante la vittoria elettorale, Peña Nieto, non avendo la maggioranza in Parlamento, dovette negoziare con PAN e PRD un accordo programmatico, formalizzato nel Pacto por México. Sulla base di tale accordo, nel corso del 2013, vennero varate riforme riguardanti principalmente i settori dell’energia, delle telecomunicazioni, del fisco e dell’istruzione. Sulla questione della sicurezza interna, Nieto adottò una nuova strategia che prevedeva una minore militarizzazione del territorio, maggiori incentivi economici allo sviluppo nelle aree disagiate e creazione di una gendarmeria specializzata. Nonostante alcuni successi, la situazione rimase critica. La scomparsa, nel settembre 2014, di 43 studenti nella città di Iguala, nello Stato di Guerrero, rapiti dai narcotrafficanti con la complicità delle autorità locali e poi trucidati, sollevò un’ondata di indignazione in tutto il Paese e portò alle dimissioni del governatore della regione e all’arresto del sindaco di Iguala e di sua moglie. In risposta alle proteste, protrattesi per mesi, il presidente annunciò la riforma della polizia per contrastare l’infiltrazione del crimine organizzato. Nelle elezioni di metà mandato del giugno 2015, il PRI si confermò forza di maggioranza relativa alla Camera dei deputati, ma il voto fu caratterizzato da un generale arretramento dei partiti tradizionali. A segnare questo malcontento fu in particolare il risultato del voto nello Stato del Nuevo León, il secondo più ricco del M., dove fu eletto governatore Jaime Rodríguez Calderón – noto come ‘El Bronco’– presentatosi come candidato indipendente senza il sostegno dei partiti storici del Paese.
Sul piano internazionale la politica del M. conobbe in questi anni un forte dinamismo. Mantenute salde le relazioni con gli USA, il Paese, insieme a Colombia, Perù e Cile, diede vita nel 2012 alla Pacific Alliance, mirata all’integrazione e al commercio con i mercati dell’Asia; prese inoltre parte ai negoziati della Trans pacific partnership e siglò accordi commerciali con l’Unione Europea.
Bibliografia: P.K. Starr, Mexico’s problematic reforms, «Current history», 2014, 113, 760, pp. 51-56.
Architettura di Livio Sacchi. – La recente vicenda architettonica messicana è apparsa fra le più avanzate dell’America Latina dal punto di vista sia progettuale sia tecnologico. Molti sono gli esempi interessanti, e non soltanto nella capitale Città di Messico, a cominciare da alcune case di abitazione, testimoni della migliore tradizione residenziale americana, molte delle quali disperse in sobborghi lontani o fuori dalle città: si pensi all’essenziale Casa Romero a Querétaro, realizzata nel 2006 dallo studio at103; allo sperimentale BioVR-Habitat (2006) ad Atizapán de Zaragoza, non lontano dalla capitale, progettato dallo studio ARQme; o alla Casa Mty (2009-10) di Bernardo Gómez-Pimienta a Monterrey. Per molti aspetti straordinario appare il sobrio complesso residenziale in legno dedicato all’equitazione e realizzato nel 2014 in un’area boschiva dello Stato di Mexico, a circa due ore di auto dalla capitale: è stato progettato da CC Arquitectos di Manuel Cervantes Céspedes, personaggio fra i più interessanti della nuova generazione messicana.
Si segnalano poi alcuni restauri, liberi e creativi: dal convento de Santa María Magdalena (2004-11) di Carlos Agustín Salomón Madrigal a Cuitzeo nel Michoacán al Condesa DF Hotel (2009) dello studio JS di Javier Sánchez con India Mahdavi per gli interni, premiato recupero di una elegante casa di appartamenti del 1928. Molto interessante è inoltre La Purificadora, piccolo albergo dello studio Legorreta+Legorreta realizzato a Puebla nel 2007 nell’ambito di un ambizioso progetto di rigenerazione urbana del centro storico della città. A Pachuca si ricorda il trasparente auditorium Gota de Plata, realizzato nel 2004 dallo studio Migdal Arquitectos (Jaime Varon, Abraham Metta, Alex Metta). Ancora nella capitale si segnalano alcune torri che si discostano significativamente dalle consuete declinazioni cui ci ha abituato la globalizzazione più recente e che si avvicinano piuttosto ad alcune raffinate ricerche del neorazionalismo italiano: pensiamo, in particolare, al Centro corporativo Arcos Bosques (1990-2008) dello studio Serrano Arquitectos, ma anche alla precedente Torre Bosques residencial di León Benjamín Romano, edificio di circa 30 piani che si erge ai limiti fra il Distrito Federal e il municipio di Huixquilucan nello Stato di México, ultimato nel 2001. Molto riuscito appare anche l’esemplare esercizio compositivo costituito dal Lounge (2009-12), un triplo padiglione in cemento armato che fa parte di un più ampio intervento per l’ospitalità diffusa, realizzato a Tepoztlán da Eduardo Cadaval e Clara Solà-Morales.
Letteratura di Edoardo Balletta. – Il M. ha prodotto, durante il 20° sec., un’importante letteratura che travalica i confini del Paese con opere di importanza fondamentale per il contesto latinoamericano e mondiale tanto in poesia (Octavio Paz, José Emilio Pacheco) quanto in narrativa (Juan Rulfo, Rosario Castellanos, Carlos Fuentes). I giovani scrittori messicani, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, hanno così avuto la necessità di reagire a questa tradizione, elaborando estetiche nelle quali, sul piano sia della scrittura sia degli immaginari, fosse possibile ricreare un nuova realtà che non corrispondeva più a quella narrata dai loro predecessori.
In questo contesto, già dalla fine degli anni Ottanta si sono affermate figure importanti come Cristina Rivera Garza o come quella del ‘ribelle’ Guillermo Fadanelli; quest’ultimo, dopo aver animato un gruppo autodenominatosi Literatura basura (Letteratura spazzatura), ha pubblicato romanzi in cui la riflessione esistenziale si inserisce nel contesto dei bassifondi e della criminalità con uno stile vicino al dirty realism («realismo sporco») statunitense e alla letteratura di genere. Pochi anni dopo, un gruppo di cinque scrittori (Ignacio Padilla, Jorge Volpi, EloyUrroz, Pedro Ángel Palou, Ricardo Chávez Castañeda) ha pubblicato il Manifiesto del Crack, mirando a promuovere una rilettura del boom latinoamericano (al quale si erano opposti, almeno in parte, gli autori della generazione precedente) e producendo romanzi molto più complessi sul piano narrativo e stilistico, sovente ambientati fuori dal Messico.
Negli ultimi anni, in coincidenza dell’esplosione del fenomeno del narcotraffico, sia la critica sia molti scrittori hanno iniziato a parlare della nascita di un nuovo genere denominato narcoletteratura (Elmer Mendoza, Yuri Herrera) che spazia dal giornalismo investigativo e dalla non fiction (Diego Enrique Osorno) a testi più canonicamente riconducibili alla narrativa di finzione. In questa linea possono rientrare comunque anche altri giovani scrittori come Carlos Velásquez, Valeria Luiselli, Julián Herbert, Antonio Ortuño e Álvaro Enrigue.
Per ciò che concerne la poesia è difficile proporre un’immagine unitaria della nuova generazione: la scomparsa di figure di riferimento della poesia messicana (i già citati Paz, Pacheco, ma anche Efraím Huerta e Jaime Sabines) ha reso probabilmente possibile, per i giovani, una rilettura della tradizione poetica nazionale e il superamento di un canone chiuso in favore di nuovi poeti ritenuti, fino a quel momento, marginali. È in questa pluralità di possibili esperienze poetiche ed estetiche che si può rintracciare l’elemento ‘unificante’ della nuova poesia messicana (LuisFelipe Fabre, Alí Calderón, Eduardo Padilla, Óscar de Pablo, Inti García Santamaría, Karen Villeda, Maria Rivera) le cui caratteristiche fondamentali si riassumono in una certa diffidenza nei confronti della scrittura poetica come forma alta e sublime e nella volontà di inserire il proprio discorso non più fuori dalla realtà, ma di renderlo, in maniera affatto scontata, politico.
Bibliografia: R. Cerón, J. Herbert, L. Plascencia Ñol, El decir y el vértigo. Panorama de la poesía hispanoamericana reciente, Città di Messico 2005; A. Castillo Pérez, El Crack y sumanifiesto, «Revista de la Universidad de México», 2006, 31, pp.83-88 (anche on-line http://www.revistadelauniversidad.unam.mx/3106/pdfs/83-87.pdf; 18 luglio 2015); Grandes hits. Vol. 1. Nueva generación de narradores mexicanos, a cura di T. Maldonado, Oaxaca 2008; J.C. González Boixo, Tendencias de la narrativa mexicana actual, Madrid-Francoforte 2009; Lumbre en el almaje. Muestra de poesía mexicana, a cura di I. Cruz Osorio, Città di Messico 2012; Un nuevo modo. Antología de narrativa mexicana actual, a cura di D. Saldaña París, Città di Messico 2012; F.O. Fuentes Kraffczyk, Apuntes para una poética de la narcoliteratura, Guanajuato 2013.
Cinema di Bruno Roberti. – La produzione cinematografica in M. ha scontato, fino ai primi anni Ottanta, una crisi che fu mitigata con l’istituzione, nel 1983, dell’IMCINE (Instituto Mexicano de la CINEmatografía). Si è venuta così formando, durante gli anni Novanta, una nuova generazione di autori che ha segnato una rivitalizzazione creativa e produttiva. Sono emersi negli anni Duemila due fenomeni. Una sempre maggiore osmosi con il cinema statunitense, che ha accolto a Hollywood talenti della regia come Alfonso Cuarón, Alejandro González Iñarritu, Guillermo del Toro, Guillermo Arriaga, Alfonso Arau, e molti attori e attrici: Diego Luna, Gael Garcia Bernal, Salma Hayek, María Rojo, Patricia Reyes. Uno sviluppo del cinema indipendente e d’autore che ha proseguito i caratteri precipui del cinema messicano: il melodramma, la visionarietà, il grottesco nero, il realismo sociale. I primi film dei registi poi trasferitisi negli Stati Uniti sono stati successi internazionali: Y tu mamá también (2001; Y tu mamá también - Anche tua madre) di Cuarón, rutilante storia di un’educazione sentimentale, Amores perros (2000), composita meditazione sul caso e sul tempo di Iñarritu, che è tornato a temi messicani con un’elegia esistenziale sulla malattia, Biutiful (2010), prodotto con Cuarón e del Toro, mentre il suo sceneggiatore storico, Arriaga, ha affidato un suo racconto, El bufalo de la noche (2007), storia di uno schizofrenico, a Jorge Hernandez Aldana.
Le tendenze del cinema d’autore hanno visto all’opera un gran numero di cineasti originali. Julián Hernández si è affermato con strani e visionari melodrammi gay in bianco e nero: Hubo un tiempo en que los sueños dieron pasoa largas noches de insomnio (2000), Mil nubes de paz cercanel cielo, amor, jamás acabarás de ser amor (2003), seguiti da El cielo dividido (2006) e Rabioso sol, rabioso cielo (2009), tutti a tematica queer, e dal metacinematografico Yo soy la felicidad de este mundo (2014); e Ignacio Ortiz con melodrammi intimi e cupi come Mezcal (2006), Saber cuenta (2009), El mar muerto (2010). Film di successo è stato El crimen del padre Amaro (2002; Il crimine di padre Amaro) di Carlos Carrera, dal romanzo di Eça de Queirós, storia torbida sull’educazione sentimentale di un giovane novizio, candidato all’Oscar come miglior film straniero, cui è seguito il thriller Backyard - El traspatio (2009). Negli anni Duemila è emerso il cinema di Amat Escalante, con drammi intrisi di violenza che ossessivamente affondano in ambienti di degrado urbano: Sangre (2005), Los bastardos (2008), Heli (2013), Palma d’oro per la regia a Cannes. Lo sguardo visionario e misticheggiante di Carlos Reygadas si è rivelato in Japón (2002), Caméra d’or a Cannes, Batalla en el cielo (2005; Battaglia nel cielo), Luz silenciosa (2007), Post tenebras lux (2012), che si rifanno alla lezione alta di Carl Theodor Dreyer e Andrej A. Tarkowskij.
Con film d’autore presentati a vari festival internazionali si è segnalato Jesús Mario Lozano: l’esistenziale e filosofica meditazione sul tempo di Así (2005), il surreale rompicapo Más allá de mí (2008) e la meditazione sul paesaggio umano Ventanas al mar (2012). Ma il maggior esponente della linea visionaria è Guillermo del Toro con la sua poetica del fantasmagorico: il successo di El espinazo del diablo (2001; La spina del diavolo) è proseguito con lo spettrale El laberinto del fauno (2006; Il labirinto del fauno), entrambi popolati dai fantasmi della guerra civile spagnola. Luis Estrada ha indagato nel sostrato violento e criminale del M. con film paradossali e grotteschi come La dictatura perfecta (2014), acre satira politica, El infierno (2010), sul narcotraffico in M., mentre in un futuro possibile è ambientato Un mundo maravilloso (2006), pervaso di humour nero. Fernando Eimbcke ha girato commedie familiari al limite del surreale e del paradosso: Temporada de patos (2004), Lake Tahoe (2008; Sul lago Tahoe), Club sándwich (2013). Ancora una commedia nera, nello stile dei fratelli Coen, è Matando Cabos (2004) di Alejandro Lozano, cui è seguito Sultanes del Sur (2007), storia rocambolesca di una rapina in banca, dalle atmosfere tarantiniane. Morirse en domingo (2006) di Daniel Gruener è un film macabro, perfettamente in linea con la tradizione bunuelliana di acido e stralunato umorismo nero, mentre i toni horror si mescolano alle allucinazioni in Kilometro 31 (2006), opera prima di Rigoberto Castañeda.
Sul versante realistico si incontrano approfondimenti storico-politici con i ritmi del dramma urbano e il tema dell’immigrazione clandestina negli Stati Uniti e si sviluppa al contempo il documentario, attento alle radici etniche e mitiche. Alla tendenza del realismo si ascrivono i film di Felipe Cazals: Digna: hasta el último aliento (2004), sulla pasionaria Digna Ochoa, Las vueltas del citrillo (2006), che esplora un mondo di emarginati con uno stile di realismo magico, Chico Grande (2010), Ciudadano Buelna (2013), su Pancho Villa e la rivoluzione messicana. Con El violín (2005), storia di una famiglia di suonatori ambulanti coinvolti nella rivolta armata dei campesinos, si è messo in luce Francisco Vargas. Rodrigo Plá si è imposto con La zona (2008), confronto tra i ragazzi di un quartiere ricco di Città di Messico e quelli delle borgate, memore di Los olvidados (1950; I figli della violenza) di Luis Buñuel. Sin nombre (2009) di Cary Jôji Fukunaga, premio per la migliore regia e fotografia al Sundance film festival, racconta l’espatrio illegale di una famiglia, insieme alla fuga di un ragazzino braccato dal M. agli USA. Nella linea documentaristica si sono distinti Nicolás Echeverría, Pedro González-Rubio, Juan Carlos Rulfo, Antonino Isordia Llamazares.
È emersa in M. anche un’intensa creatività femminile con interessanti registe. Dana Rotberg con Otilia Rauda (2001), da un romanzo di Sergio Galindo, ritratto femminile di una ragazza dal corpo bellissimo, ma dal volto deturpato da una macchia; Marisa Sistash con storie di ‘adolescenza torbida’: Nadie te oye: perfume de violetas (2001), La niña en la piedra (2006), El brassier de Emma (2007), Lluvia de luna (2011); Patricia Riggen con La misma luna (2007; La stessa luna), sul dramma dell’immigrazione clandestina dal M. verso gli Stati Uniti; María Novaro con Las buenas hierbas (2010), storia tutta al femminile sull’antico sapere etnobotanico delle civiltà precolombiane; Mercedes Moncada Rodríguez con inventivi documentari di carattere an tropologico-politico: La pasión de María Elena (2003), su una donna tarahumara, El inmortal (2005), La sirena y el buzo (2009) e Palabras mágica (para romper un encantamiento) (2013), sulla rivoluzione sandinista, tutti girati in Nicaragua. Negli ultimi anni hanno continuato a lavorare registi di spicco della generazione precedente. Jaime Humberto Hermosillo ha proseguito sulla linea di un cinema provocatorio e ironico, di fiammeggiante erotismo, con Escrito en el cuerpo dela noche (2001), eXXXorcismos (2002), El Edén (2004), El misterio de los almendros (2004), Dos Auroras (2005), Rencor (2005), Amor (2006), El malogrado amor de Sebastian (2006) e l’autobiografico Juventud (2010). Paul Leduc con Cobrador: in god we trust (2006), dai racconti di Rubem Fonseca, è ritornato al cinema dopo dieci anni confermando una poetica sospesa tra istanze sociali e violenza visiva. Arturo Ripstein si è confermato vero erede di Buñuel, con l’apocalittica sarabanda di El evangelio de las maravillas (1998; Il vangelo delle meraviglie), con La perdición de los hombres (2000), picaresca avventura visionaria, Así es la vida (2000), versione contemporanea del mito di Medea, La virgen de la lujuria (2002), acceso melodramma erotico,El carnaval de Sodoma (2006), ambientato in un sordido bordello, e Las razones del corazon (2011), variazione su madame Bovary.