Mestieri e professioni
I mondi del fare e del sapere
La distinzione tra mestieri e professioni corrisponde grosso modo a quella tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. Tradizionalmente, infatti, i mestieri si basano sul fare, richiedono capacità e competenze di tipo essenzialmente pratico, mentre le professioni sono basate sul sapere, su un bagaglio di conoscenze di tipo intellettuale. Il mestiere viene appreso con la pratica e il tirocinio, mentre la professione richiede un titolo di studio formale rilasciato da istituti di studi superiori, in particolare dalle università. Oggi, tuttavia, la distinzione tra mestieri e professioni tende a essere meno netta: la crescente specializzazione dei saperi, la diffusione e la diversificazione dell’istruzione superiore hanno portato a una generalizzata professionalizzazione delle occupazioni
Mestieri e professioni compongono l’universo delle occupazioni, cioè delle attività svolte in modo continuativo, a fini di guadagno, sulla base di competenze, conoscenze e titoli acquisiti in vario modo. La distinzione tra mestieri e professioni rinvia a quella tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, alla quale nel Medioevo corrispondeva la distinzione tra arti liberali e arti meccaniche o manuali.
Le arti liberali comprendevano le arti del trivio – grammatica, retorica, dialettica – e del quadrivio – aritmetica, geometria, musica e astronomia – alle quali si aggiungevano la giurisprudenza, la teologia e la medicina. Lo studio delle arti liberali costituiva il nucleo delle conoscenze per le professioni tradizionali, come medico, avvocato, architetto, e tali arti ebbero per lungo tempo la preminenza su quelle manuali o meccaniche. Regnava infatti la convinzione che le prime richiedessero principalmente l’uso delle facoltà ‘superiori’ dello spirito, mentre le seconde comportassero l’uso delle facoltà comuni, come la forza fisica, l’abilità, la destrezza, che si potevano acquistare attraverso l’esercizio e l’abitudine.
Ancora oggi usiamo il termine mestiere riferito a qualsiasi attività – pratica, professionale, artistica, intellettuale – per indicarne la componente strettamente pratica, basata su un complesso di nozioni tecniche. Per esempio, diciamo ‘sa il suo mestiere’, o ‘ha un grande mestiere’ a proposito di chi svolge una data attività con abilità e competenza.
L’etimologia del termine mestiere, che deriva dal latino ministerium («ufficio, servizio»), mette in evidenza che si tratta di un’attività pratica, utile. I mestieri infatti sono di solito identificati con le attività artigianali o manuali in genere. Nell’antichità queste erano svolte in molti casi da schiavi o da servi: in Egitto, per esempio, le grandi opere architettoniche erano eseguite da squadre di schiavi, nell’Impero Romano le grandi industrie di ceramica e di mattoni utilizzavano una manodopera servile. Spesso però gli artigiani erano uomini liberi, e già nell’antica Roma erano organizzati in corporazioni (collegia, corpora) che riunivano un minimo di tre persone.
Le organizzazioni di mestiere sopravvissero durante le invasioni barbariche, ma fu con il rifiorire dell’economia cittadina che assunsero nuova importanza: le ritroviamo in tutta Europa con nomi diversi: arti, cappelle, collegi, compagnie, fraglie, gilde.
Le associazioni di mestiere medievali erano dotate di regolamenti liberamente discussi e accettati. I primi statuti di mestieri che ci sono giunti risalgono al 12° secolo. Il Livre des métiers («Libro dei mestieri») composto nel 1258 sotto Luigi IX riuniva gli statuti di 101 corporazioni parigine. Gli statuti dimostrano che la maggior parte dei mestieri si era data un’organizzazione. Questi mestieri erano detti giurati, in quanto sottomessi a condizioni per l’assunzione e a garanzie di fabbricazione. In seguito alcuni mestieri saranno regolamentati, cioè sottoposti a una regolamentazione pubblica. I mestieri erano in qualche modo autogestiti. Eleggevano al loro interno responsabili annuali ( jurés, maicars o mayors, sindaci) che vigilavano sul rispetto dei regolamenti, organizzavano gli esami, riscuotevano le tasse d’iscrizione e le multe. La maggior parte dei mestieri era articolata in tre livelli: quello dell’apprendista, che poteva rimanere in questa condizione anche per otto o dieci anni; quello del garzone (o aiutante, più tardi lavorante), e infine quello del maestro.
L’incapacità degli artigiani di trasformarsi, di accettare l’innovazione, di integrare le nuove tecnologie nate con la rivoluzione industriale condannò a morte le vecchie corporazioni di mestieri. Tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento le corporazioni furono abolite in Spagna, in Francia e in Inghilterra.
Nel corso del 20° secolo la comparsa di nuovi bisogni e l’esigenza di qualità hanno dato nuovo spazio e prestigio ai mestieri artigianali. In vari paesi per l’esercizio di un mestiere artigianale è obbligatorio il criterio di competenza professionale, che ricorda l’esame che occorreva sostenere in passato. In Francia, per esempio, una legge del 1966 fissava le condizioni di rilascio del titolo di artigiano provetto (artisan en son métier).
Il termine profession compare in Inghilterra nel 16° secolo per designare l’attività lavorativa nei tre campi della teologia, del diritto e della medicina. Nel mondo antico, in cui pure esistevano le figure del sacerdote, del giurista e del medico, non c’era un termine corrispondente. Ciò si può spiegare con le trasformazioni che l’esercizio delle tre attività subisce nel corso del Medioevo, in particolare con la nascita e lo sviluppo di una nuova istituzione sociale: l’università. Nelle tre facoltà superiori di teologia, legge e medicina per i candidati alle tre professioni era previsto un processo di formazione prolungato e formale che conferiva non solo un patrimonio di conoscenze specialistiche, ma anche una cultura generale di carattere raffinato.
Dato l’assoluto predominio della Chiesa sulla cultura dell’epoca, l’esercizio di queste attività tendeva quasi a confondersi con la professione della propria fede. Con il processo di secolarizzazione che investì il mondo della cultura e le università il termine professione perse progressivamente i suoi connotati religiosi, ma conservò sino al 20° secolo un significato esclusivo e di prestigio.
Regolamentazioni. Le professioni in senso stretto sono attività lavorative altamente qualificate, che applicano un corpo sistematico di conoscenze a problemi rilevanti per i valori centrali della società, come la salute e la giustizia, e sono svolte da persone che hanno acquistato competenze specializzate seguendo corsi di studi prolungati e orientati a tale scopo. Per questo le professioni hanno di norma un elevato prestigio sociale, e sono contraddistinte da un livello di reddito medio-alto. L’esercizio delle professioni è regolato dallo Stato con meccanismi diversi da quelli delle altre occupazioni. Esse sono assoggettate a una disciplina giuridica che tende ad assicurare che i professionisti abbiano un’adeguata preparazione tecnica e morale, e a impedire che l’esercizio incontrollato della professione danneggi l’interesse pubblico.
In Italia, il Codice civile nonché una serie di leggi specificamente dedicate a una o più professioni ne determinano le condizioni di esercizio, a cominciare dall’obbligo di iscrizione in albi o elenchi tenuti da ordini e collegi professionali. La prima legge di questo tipo, relativa alla professione forense, risale al 1874. Tra le professioni regolate in questo modo troviamo quelle di medici e ostetriche, notai e consulenti del lavoro, geometri e biologi, giornalisti e maestri di sci, fino ai tecnologi alimentari.
Nuove professioni. Oggi lo sviluppo di nuovi tipi di conoscenze specializzate, la diffusione e la diversificazione dell’istruzione superiore e l’importanza acquisita dal possesso di titoli formali nel mercato del lavoro hanno portato a una generale professionalizzazione delle occupazioni. Il numero delle occupazioni che aspirano a essere riconosciute come professioni cresce costantemente: amministratori di condominio, tecnici di laboratorio, interpreti, logopedisti, sociologi. Il mondo delle professioni è oggi dunque estremamente eterogeneo, sotto molti profili: dalle forme di esercizio della professione (dipendenti pubblici, dipendenti privati, liberi professionisti, forme miste), al titolo di studio (laurea oppure diploma), ai livelli di reddito, di potere, di prestigio sociale.