Metafisica
Il termine è derivato dal titolo Metaphysica attribuito all'opera aristotelica (v. la voce seguente) che tratta della scienza prima o filosofia prima o scienza dell'ente in quanto ente, e vale a indicare appunto tale scienza.
Il termine nella traslitterazione latina Metaphysica (più raro Methaphisica) è di uso corrente nelle versioni di Aristotele e nei numerosi commenti, ed entra quindi a far parte del patrimonio lessicale dell'Occidente. D. usa il termine solo nel Convivio.
Nel secondo trattato si dà la definizione del significato del termine. Qui, com'è noto, D. dedica largo spazio al parallelo fra le arti liberali, le scienze e i cieli. Per operare il paragone egli sceglie e fa concordare elementi caratterizzanti sia i cieli, sia le arti e le scienze. Se il paragone fra i primi sette cieli e le arti liberali, pur condotto con abilità e acutezza, è chiaramente obbligato quanto all'ordine degli elementi delle due serie e quindi degli accoppiamenti, e perciò, come dice É. Gilson (D. et la philosophie, Parigi 1939, 104), " c'est la liste qui a dicté les raisons et non pas inversement ", per quel che riguarda i restanti cieli tale affermazione, se pur valida, si rivela meno assoluta. Sia perché i cieli sono tre e le scienze quattro - Fisica, M., Morale e Teologia - e quindi si devono paragonare due scienze a un solo cielo, sia perché il parallelo è meno consueto, la scelta di D. è più libera, tanto che il Gilson ne resta sorpreso. Egli sostiene (op. cit., pp. 106 ss.) che il porre, come D. fa, la Morale al di sopra della M. " est tout à fait extraordinaire au moyen âge " (p. 107), e per giustificare la scelta di D. avanza una distinzione, che egli stesso definisce ardita (p. 123), fra M. ‛ in sé ', possesso della mente divina e che come tale sarebbe realmente scienza prima, e M. " pour nous " che per la sua imperfezione si troverebbe sottoposta alla morale. Il Nardi si oppose a tale interpretazione (Nel mondo di D., Roma 1944, 209-245) rilevando che una distinzione fra M. ‛ in sé ' e M. ‛ per noi ' non sussiste nel Convivio dove la distinzione è tra filosofia (o sapienza divina) e scienze umane (e quindi metafisica); che, del resto, D. stesso ci spiega la collocazione dell'etica per il fatto che essa ordina noi a l'altre scienze (Cv II XIV 14) citando a prova Tommaso (Ethic. II lect. I) e Aristotele (Eth. Nic. V), e che infine tale dottrina schiettamente aristotelica (Eth. Nic. I 1, 1094a 6-1094b 10) può rintracciarsi nella cultura medievale sia araba che latina (Alfarabi Liber de scientiis; Giovanni di Jandun Quaestiones in Metaphys. I 21; Alb. Magno Ethic. I I 1.). Sulla questione si può aggiungere che sarebbe stato certo sorprendente se D. avesse spezzato l'organico ordine delle scienze speculative (cfr. Alfarabi Liber de scientiis; Avicenna De Divisionibus scientiarum; Domenico Gundissalino De Divisione Philosophiae) per inserire la Morale o scienza pratica in posizione subordinata alla M. e che comunque, senza risalire ai passi aristotelici (Metaph. III 2, 996b 10-13; Eth. Nic. I 1) in cui la scienza del fine e del bene è indicata come la più architettonica e più degna di dominare, si possono trovare esempi addirittura di piena subordinazione della M. alla Morale. Dice infatti Ruggero Bacone: " Et per haec continuatur methaphisica cum morali et descendit in eam, sicut Avicenna pulcre coniungit eas in fine Methaphisicae " (Moralis Philosophia, ediz. F.M. Delorme-E. Massa [Zurigo-Verona 1953], I I 6; e cfr. I, Proemium 16); e ancora: " Haec vero practica vocatur moralis et civilis sciencia quae ordinat hominem in Deum et ad proximum et ad seipsum, et probat has ordinaciones et ad eas nos invitat et excitat efficaciter. Haec enim sciencia est de salute hominis, per virtutem et felicitatem complenda; et aspirat haec sciencia ad illam salutem, quantum potest philosophia. Ex quibus in universali patet quod haec sciencia est nobilior omnibus partibus philosophiae. Nam cum sit sapienciae humanae finis intra, et finis est nobilissimum in re qualibet, oportet quod haec sciencia sit nobilissima. Ceterum, de eisdem negociatur haec sola sciencia vel maxime, de quibus Theologia... Set Theologia est scienciarum nobilissima; ergo illa, quae maxime convenit cum ea est nobilior inter ceteras " (I, Proemium 4), dove si ha anche, l'affermazione dell'immediato rapporto fra Morale e Teologia. A ogni modo per D. la M. rimane secondo la terminologia corrente prima scienza (Cv II XIII 8) e [Prima] Filosofia (III XI 16), dove si deve sottolineare che i termini Teologia e Scienza divina ancora usati per indicare la M. nelle versioni dell'opera aristotelica vengono riservati da D. alla scienza fondata sulla rivelazione che è per lui come per i cristiani, musulmani ed Ebrei del Medioevo, la forma di speculazione superiore a ogni altra.
Nel parallelo fra il cielo stellato e la M. (II XIV 1 [due volte] e 13; l'altra scienza paragonata a questo cielo è la Fisica [v.]) D. sottolinea quali siano gli oggetti di tale scienza. In primo luogo egli afferma: Onde, con ciò sia cosa che la Galassia sia uno effetto di quelle stelle le quali non potemo vedere, se non per lo effetto loro intendiamo quelle cose, e la Metafisica tratti de le prime sustanzie, le quali noi non potemo simigliantemente intendere se non per li loro effetti, manifesto è che 'l Cielo stellato ha grande similitudine con la Metafisica (Cv II XIV 8; il termine occorre anche al § 5 E per la Galassia ha questo cielo similitudine grande con la Metafisica), ove se il determinare le sostanze prime come oggetto della M. è normale tema aristotelico (Metaph. VI I), che esse possano essere conosciute solo tramite i loro effetti richiama indubbiamente il tema discusso nel Medioevo sulla possibilità di conoscere Dio, oltre che per il tramite della rivelazione, per mezzo delle creature.
Questo è tema affrontato da Pietro Lombardo nel Liber sententiarum (I III), ripreso quindi da tutti i commentatori, e ha per autorità ricorrenti s. Paolo (cfr. Rom. 1, 20) e s. Agostino (Civ. VIII 6); del resto il collegamento fra tale problematica e la M. è fatto esplicitamente da Tommaso: " Res divinae, quia sunt principia omnium entium, et sunt nihilominus in se naturae completae, dupliciter tractari possunt: uno modo prout sunt principia comunia omnium entium; alio modo, prout sunt res quaedam. Quia autem huiusmodi prima principia quamvis sint in se maxime nota, tamen intellectus se habet ad ea sicut oculus noctuae ad lumen solis, ut dicitur II Metaph., per lumen naturalis rationis pervenire non possumus in ea nisi secundum quod in ea per effectus ducimur: et hoc modo philosophi in ea pervenerunt sicut dicitur Rom: 1, 20: Invisibilia Dei a creatura mundi per ea quae facta sunt intellecta conspiciuntur. Unde et huiusmodi res divinae non tractantur a philosophis, nisi prout sunt rerum omnium principia; et ideo pertractantur in illa doctrina in qua ponuntur illa quae sunt communia omnibus entibus, quae habet subiectum ens in quantum est ens, et haec scientia apud ipsos scientia divina dicitur " (In Boeth. De Trinit. 5 4).
Il secondo elemento di simiglianza è indicato da D. nell'avere l'ottavo cielo, oltre al polo per noi visibile, l'altro non visibile: e per lo polo che non vedemo significa le cose che sono sanza materia, che non sono sensibili, de le quali tratta la Metafisica (Cv II XIV 9). Che la M. sia scienza delle sostanze separate e quindi immateriali è tema schiettamente aristotelico (Metaph. VI 1, XII 1) e variamente ripreso da tutti i commentatori (cfr. ad es. Alb. Magno Metaph. III II 2,5 Tommaso Metaph. III lect. VI 398).
Infine il cielo stellato secondo D. per lo movimento quasi insensibile che fa da occidente in oriente per uno grado in cento anni, significa le cose incorruttibili, le quali ebbero da Dio cominciamento di creazione e non averanno fine: e di queste tratta la Metafisica (Cv II XIV 11). Qui D., pur riprendendo il tema aristotelico dell'immutabilità e incorruttibilità degli oggetti della M., deve da buon cristiano inserire il tema della creazione (v.). D., definiti i contenuti della M., tiene a precisare (Cv III XI 16-18) che essa è, come del resto la scienza naturale e la morale, una scienza e solo secondamente le scienze sono Filosofia appellate, poiché si tende ad attribuire il nome de li atti e de le passioni ai loro termini od oggetti, sicché per lunga consuetudine le scienze ne le quali più ferventemente la Filosofia termina la sua vista, sono chiamate per lo suo nome... e la Metafisica, la quale, perché più necessariamente in quella termina lo suo viso e con più fervore, [Prima] Filosofia è chiamata. Tale distinzione tra Filosofia e Scienze si fonda sulla definizione di Filosofia (v.) come amore di sapienza e quindi più come atteggiamento che come contenuto dottrinale.