Metallurgia e siderurgia
di Pietro Cavallotti e Walter Nicodemi
SOMMARIO: 1. Introduzione. □ 2. Metallurgia chimica e di processo. □ 3. Metallurgia fisica. □ 4. Metallurgia applicata. □ 5. Siderurgia. □ Bibliografia.
1. Introduzione.
Lo sviluppo economico e sociale dell'umanità è stato sempre condizionato dallo stato di avanzamento delle industrie metallurgiche di produzione e di elaborazione. La potenza militare degli Ittiti si fondò sull'utilizzazione di armi in materiale ferroso; i Romani conoscevano l'acciaio e svilupparono miniere e industrie metallurgiche; gli Inglesi, nel periodo del loro maggiore splendore economico, avevano a Swansea le industrie metallurgiche più progredite.
La siderurgia è oggi, come fu nel passato, alla base di qualsiasi sviluppo industriale. Si tende però a modificare la struttura delle industrie siderurgiche, con conseguenti sconvolgimenti economici e sociali. La necessità di approvvigionamento di materie prime che aveva imposto l'ubicazione di queste industrie vicino alle miniere, ora ne consiglia lo spostamento in località di facile accesso via mare. Il progresso tecnologico porta, inoltre, all'integrazione del processo produttivo, anche se per ora solamente a settori. Si sta arrivando all'organizzazione razionale del ciclo completo, anche per limitare i danni ecologici provocati dagli scarti, cercando d'impostarlo sull'esempio dei grandi cicli naturali. L'industria metallurgica basata sul recupero da rottami dev'essere considerata oggi parte integrante del ciclo completo di produzione-elaborazione-utilizzazione-recupero.
Uno solo è il materiale di base per molteplici applicazioni: il ferro, la cui scelta è dettata principalmente da ragioni economiche e le cui proprietà possono essere variate entro ampi limiti con aggiunte di elementi di lega e con particolari lavorazioni. Solo per scopi particolari si utilizzano altri materiali metallici, mentre in concorrenza con il ferro è in forte aumento la produzione delle materie plastiche. Per l'aumento costante dell'incidenza dell'estrazione mineraria sul costo, si prevede per il futuro uno sviluppo di materiali di più difficile elaborazione tecnologica, ma di più facile reperibilità.
È interessante analizzare, in questo appassionante sforzo di miglioramenti, il ruolo svolto dalla ricerca metallurgica, per arrivare a esprimere un giudizio, anche approssimato, sul livello raggiunto nei vari settori metallurgici con la metodica e progressiva applicazione dei risultati della ricerca stessa.
Seguendo l'impostazione proposta a suo tempo dal noto metallurgista H. M. Howe si arriva alla conclusione che in tutti i campi, in generale, la tecnologia ha inizialmente sempre preceduto la scienza; più precisamente, Howe afferma (citazione della Howe Memorial Lecture di J. Chipman, in ‟Metal transactions of the American Institute of Mining, Metallurgical and Petroleum Engineer, New York", 1949, CLXXXV, p. 349) che nella storia del progresso umano si verifica una continua evoluzione ‟nel corso della quale la scienza, dalla condizione di semplice seguace, passa asintoticamente a quella di dittatore assoluto". Partendo da tale concetto, rappresentato schematicamente nel diagramma di fig. 1, nel quale in funzione del tempo è dato l'apporto della scienza allo sviluppo tecnologico, e prendendo in considerazione il giudizio di insigni tudiosi, R. Zoja (prolusione al IV Congresso CECA del 1968) arriva alla conclusione che, per la produzione dei metalli, ad esempio, la condizione asintotica è certamente molto lontana; nel campo siderurgico in particolare, secondo il giudizio dello stesso autore, si può ritenere che un terzo soltanto sia oggi di dominio della scienza (v. fig. 2).
Traendo lo spunto da questa impostazione e dalle suggestive impressioni che l'esempio citato suscita, è naturale chiedersi quale sia il livello del contributo scientifico nei diversi settori metallurgici che fino a non molti decenni or sono erano dominati completamente dalla tecnica la quale, a buon diritto, ha richiesto alla teoria l'esatto inquadramento di ogni fatto sperimentale entro un sistema di leggi capace di descrivere i diversi fenomeni con sufficiente approssimazione.
Per fare questo è opportuno differenziare i vari argomenti d'interesse metallurgico in modo da potere da un lato esaminare in ciascun campo i risultati raggiunti negli ultimi cinquant'anni e dall'altro puntualizzare i problemi insoluti e le prospettive per una loro soluzione. Saranno trattati separatamente: la metallurgia chimica e di processo, la metallurgia fisica, la metallurgia applicata e la siderurgia.
La maggior parte dei metalli si trova in natura sotto forma di ossidi, solfuri, cloruri, carbonati, ecc.; sono quindi d'importanza fondamentale i processi di riduzione chimica che trasformino questi minerali, nella maniera più economica possibile, in metalli. Lo studio chimico-fisico di sistemi di questo tipo richiede la definizione di: a) condizioni di equilibrio; b) leggi stechiometriche correlate ai diversi processi concorrenti; c) leggi generali evolutive; d) leggi d'influenza dei diversi fattori: condizioni fisiche, proprietà strutturali, stati superficiali, proprietà ambientali, condizioni meccano-idrodinamiche (o reologiche), geometria dei sistemi; e) leggi di combinazione e interferenza dei diversi fattori.
L'impostazione di questo studio su base operativa è oggetto di studio precipuo della metallurgia chimica e di processo e trova predominante applicazione nella metallurgia estrattiva.
Derivata da lavori di più vasto interesse di mineralogisti e cristallografi, l'applicazione dei metodi della fisica alla metallurgia ha portato a una disciplina autonoma, la metallurgia fisica, che non dipende dalle ricerche sul comportamento chimico dei materiali metallici. Argomenti di studio di questa disciplina sono il collegamento fra proprietà strutturali dei metalli e delle leghe e proprietà chimico-fisiche, e la relativa interpretazione modellistica e teorica. Basate su metodi di indagine sempre più perfezionati, le ricerche in questo campo hanno messo in evidenza una ricchissima e complessa fenomenologia che riguarda sia le proprietà fisiche, sia le trasformazioni con variazione di fasi. In particolare, l'indagine sui difetti su scala atomica (puntuali, lineari, bidimensionali) ha permesso di comprendere meglio il comportamento dei materiali metallici e di ottenere nuovi materiali.
Poiché i metalli sono sostanzialmente differenti da tutti gli altri materiali da costruzione, per le loro notevoli caratteristiche di duttilità, tenacità e malleabilità che, unitamente alla possibilità di sopportare elevate sollecitazioni, li rendono particolarmente adatti a essere modellati mediante lavorazioni plastiche a caldo e a freddo, un capitolo a sé stante, quello della metallurgia applicata, viene oggi generalmente riservato allo studio delle loro caratteristiche proprietà. Argomento di questa disciplina non sono unicamente le proprietà meccaniche di base: particolare interesse rivestono pure le relazioni esistenti tra queste e i dati di progettazione, lo studio dei metodi di lavorazione plastica dei metalli e i problemi riguardanti la scelta dei materiali e il loro comportamento in esercizio.
Ovviamente queste tre parti in cui suddividiamo la metallurgia applicata sono così strettamente collegate che ne è talvolta difficile lo studio separato; anzi ciò è praticamente impossibile nel caso della siderurgia, per la quale si è cercato di trattarne i problemi caratteristici da un punto di vista interdisciplinare. Tale impostazione è giustificata anche dal fatto che le leghe ferrose sono quelle prodotte in maggiore quantità (il solo acciaio grezzo costituisce, in peso, più del 90% di tutti i materiali metallici fabbricati nel mondo) e la fenomenologia connessa alla loro produzione e utilizzazione è vastissima e complessa. Non è superfluo precisare che per siderurgia si deve intendere quella scienza applicata che ha per oggetto i processi di produzione, le proprietà e le applicazioni del ferro e delle sue leghe; è opportuno insistere su tale definizione perché spesso si tende a trascurare qualcuno di questi settori a scapito di una completa e necessaria visione d'insieme.
2. Metallurgia chimica e di processo.
L'esame del comportamento chimico dei sistemi d'interesse metallurgico può essere impostato su basi termodinamiche, cinetiche e strutturistiche.
Considerazioni termodinamiche e stechiometriche sono alla base delle valutazioni di rese e delle distribuzioni dei prodotti; queste permettono di correlare mediante bilanci materiali e termici i flussi d'ingresso e di uscita dal sistema, schematizzato come una rete di ‛scatole chiuse', più o meno semplicemente connesse. L'analisi del sistema da un punto di vista termodinamico permette di definire la resa teorica dei processi che vi si possono svolgere.
I dati termodinamici e i valori delle loro variazioni in funzione dei parametri fisici sono ormai numerosissimi e sempre più accurati, soprattutto per quel che riguarda elementi e composti presi nel loro stato di riferimento. Le misure sono, principalmente, calorimetriche, spettrochimiche, elettroniche e di determinazione delle costanti di equilibrio in fasi gassose o condensate. I campi di sperimentazione si vanno estendendo da valori bassissimi ad altissimi delle temperature e delle pressioni.
Per quanto riguarda il comportamento delle soluzioni, nonostante i numerosi risultati, si avverte la mancanza di una teoria che permetta di predire o correlare i dati termodinamici di soluzioni binarie in base a quelli relativi ai componenti puri. Nel caso di soluzioni a molti componenti, sono migliori le prospettive di dedurre su base semiempirica le proprietà della soluzione dalla conoscenza del comportamento fenomenologico delle miscele binarie.
Di particolare interesse è il modello delle soluzioni regolari, proposto da J. H. Hildebrand nel 1927, in cui l'entropia di miscela è quella di una soluzione ideale, mentre l'entalpia di miscela è diversa da zero. Benché questo modello sia basato su ipotesi molto restrittive e valide solo per pochi sistemi, esso si è dimostrato utile per dedurre in prima approssimazione il comportamento di soluzioni metalliche liquide, noto per es. il diagramma di equilibrio, o per interpretare le trasformazioni che avvengono in soluzioni metalliche solide. Modelli più sofisticati non hanno dimostrato eguale valore euristico. Si deve d'altronde far notare come il modello delle soluzioni regolari non sia in generale valido e come anzi si discosti nettamente dalla realtà in quei sistemi che contengono semimetalli o metalloidi.
Il comportamento di soluzioni liquide di ossidi e scorie, benché sia stato molto studiato per l'interesse che ha in pirometallurgia, è tuttora piuttosto oscuro. Sono stati proposti vari modelli strutturali: studi recenti sul comportamento di fosfati e silicati liquidi suggeriscono l'esistenza di polimeri il cui grado di polimerizzazione è influenzato dal catione presente, ma non dalla composizione. In qualche caso di miscele ternarie, come per es. per il sistema FeO/MnO/SiO2, si è potuto dedurre il comportamento termodinamico dai dati delle miscele binarie corrispondenti, assumendo che per miscelamento a rapporto costante tra ossido metallico e silice non si abbia calore di miscela e che l'entropia di miscela sia correlata ai soli cationi presenti. Le misure dell'attività dei vari ioni presenti in questi sistemi si sono moltiplicate: nella metallurgia estrattiva del rame, per es., ha grande interesse controllare le perdite del rame presente nella scoria di scarto. Un problema fondamentale della pirometallurgia è inoltre la misura, effettuata in modo continuo e attendibile, dell'attività di alcuni componenti fondamentali delle scorie.
Si è definito il metallurgista come una persona che pensa in termini di diagrammi di fase. Il numero crescente di possibili rappresentazioni grafiche è in stretta connessione con la necessità di avere schematizzazioni semplici ed efficaci a cui fare riferimento.
Punto di partenza per una corretta rappresentazione dei campi di esistenza delle fasi in equilibrio nelle diverse condizioni chimico-fisiche è l'esame della classe dei sistemi presi in considerazione, mediante la regola delle fasi. Questa, proposta da J. W. Gibbs nel suo monumentale lavoro sugli equilibri eterogenei del 1876, fu utilizzata soltanto dopo oltre vent'anni. Le tappe fondamentali dello sviluppo dei diagrammi di fase sono state: i lavori di J. H. van't Hoff e F.-M. Raoult (1887) sull'abbassamento crioscopico, di H. W. B. Roozeboom, che organizzò i dati allora disponibili sotto forma di diagrammi (fra i quali è classico quello relativo al sistema Fe−Fe3C) e della scuola di G. Tammann, che produsse un numero notevole di diagrammi - anche se approssimati - nell'intenzione di dedurre delle regole generali sulla costituzione delle leghe. Fino al 1940 la determinazione di diagrammi di fase sempre più accurati ha rappresentato uno dei campi di ricerca più importanti della metallurgia; oggi, gli studi continuano nel campo dei metalli refrattari e dei materiali non metallici e vengono proposti nuovi diagrammi spaziali per sistemi a molti componenti.
È in fase di grande sviluppo l'analisi dei diagrammi di stato con modelli a significato statistico o termodinamico e la loro sintesi da dati termodinamici, rilevati direttamente o ottenuti da una precedente analisi.
Questo tipo di studio assume particolare importanza: a) per le implicazioni ottenibili dall'esame di classi di sistemi confrontabili per le loro caratteristiche chimico-fisiche, e la conseguente possibilità di ottenere modelli a significato fisico generale per queste classi; b) per la possibilità di ottenere diagrammi di stato per sistemi multicomponenti a partire da soli dati binari.
L'importanza fondamentale dei fenomeni di superficie in un gran numero di trasformazioni interessanti fasi ad alto grado di dispersione ha fatto sorgere una termodinamica di questi fenomeni basata sui concetti di capillarità e di proprietà di equilibrio delle superfici, proposti da Gibbs e sviluppati poi da Volmer (1926). Si inquadrano bene in questa teoria i fenomeni connessi con le trasformazioni liquido-liquido e liquido-solido, non altrettanto quelli che si verificano nelle trasformazioni solido-solido.
Analoghe difficoltà d'interpretazione dei risultati sperimentali s'incontrano nell'elettrometallurgia, in cui l'impostazione termodinamica può essere mantenuta a patto di introdurre un'ulteriore variabile fisica: il potenziale elettrostatico.
Se l'analisi termodinamica è necessaria premessa per calcolare le possibilità che i vari processi avvengano e per dedurre i limiti di rendimento ottenibili teoricamente, essa tuttavia non permette di precisare la velocità, né il cammino di trasformazione secondo cui procedono le reazioni nel sistema considerato.
Alla base di questa impostazione è il concetto di ‛lavoro motore' globalmente disponibile per passare da una situazione iniziale data alle situazioni finali presunte. Nell'impostazione cinetica si ricorre invece alla ‛forza motrice' locale, tenendo conto dell'influenza della distribuzione spaziale e temporale delle forze che agiscono sul sistema, della loro possibile coesistenza e interferenza e quindi della loro disponibilità nella trasformazione considerata.
È soprattutto nel caso dei sistemi eterogenei che lo studio cinetico dei processi comporta rilevanti difficoltà, per l'importanza determinante di tutte le particolarità, anche a carattere accidentale, delle regioni interfase; le ricerche sul comportamento di queste regioni costituiscono uno dei più interessanti e fecondi campi di studio di questi ultimi anni. In molti processi metallurgici si è constatata l'importanza fondamentale dei fenomeni del trasporto di calore, di materia e di quantità di moto; ciò ha portato a un notevole progresso nella trattazione quantitativa dei problemi relativi alla metallurgia di processo. L'applicazione delle leggi fisiche, integrate dai dati sperimentali, ha permesso d'impostare razionalmente i problemi, su una base semiempirica. In particolare, l'applicazione della teoria dello strato limite a situazioni di gas, liquidi e particelle solide in movimento mutuamente interagenti, si è dimostrata di grande utilità; si sono potute calcolare le velocità di trasporto della massa e del calore in diversi processi metallurgici e i relativi profili di temperatura e di concentrazione.
Gli studi nel campo dei sistemi gas-solido sono molto avanzati; sono stati messi a punto alcuni metodi d'indagine sperimentali sul comportamento delle singole particelle solide che permettono, eliminando le limitazioni diffusi- ve, di evidenziare i soli effetti chimici sulla cinetica delle reazioni in esame. I risultati così ottenuti, correlati coi trasferimenti di massa e calore che han luogo nel processo considerato, si possono impiegare nel progetto dei reattori comunemente usati in metallurgia: a ‛letto fisso', a ‛letto mobile', a ‛letto fluido' o con ‛trasporto pneumatico'.
L'analisi del comportamento di quei sistemi in cui siano presenti delle fasi liquide ha ricevuto finora minor attenzione sì che l'inquadramento teorico è al momento ancora lacunoso. Negli ultimi anni si è progredito nello studio dei fenomeni di trasporto in sistemi agitati da bolle o da getti gassosi.
Nel caso di bolle gassose che passino attraverso sistemi a due fasi liquide, si è trovato che l'agitazione del liquido si estende per una distanza pari a due o tre diametri dal centro della bolla. Inoltre le bolle, se larghe, hanno quasi la stessa velocità di salita nei diversi liquidi: acqua, acciaio fuso, mercurio; si può perciò ricorrere a dei semplici modelli di soluzioni acquose per rappresentare il comportamento di vari processi pirometallurgici. Gli studi proseguono sui fenomeni connessi con sistemi dispersi di bolle: oggi si esamina la possibilità di agitare bagni fusi mediante insufflazione di gas inerti e si è adottata la raffinazione dei metalli, per dispersione in goccioline fuse nella scoria, con il metodo ‛elettrodo-scoria'.
Le tecniche di analisi dei sistemi si stanno estendendo dall'ingegneria chimica, dove hanno già trovato vaste possibilità di applicazione, alla metallurgia. Solo ora si comincia a esaminare l'impianto metallurgico alla stregua di una successione ordinata di operazioni fondamentali, con possibili reticolazioni, linee di riciclo e by-pass. Notevole sviluppo hanno avuto recentemente, e ancor più lo avranno in futuro, gli studi sulla formulazione di modelli matematici atti a rappresentare le singole operazioni metallurgiche. Nei processi metallurgici ci sono elementi di elevata capacità e lunghi tempi di ritardo che rendono difficile la realizzazione del controllo automatico di questi processi. Mentre nelle operazioni di stabilimento normalmente si impiegano sistemi di programmazione, l'ottimizzazione dei reattori metallurgici coi vari algoritmi risolutori è di più difficile adozione.
Consideriamo ora i risultati raggiunti e le prospettive di sviluppo aperte nel campo della metallurgia estrattiva, della quale in fig. 3 è data una rappresentazione schematica.
Le operazioni pirometallurgiche e idrometallurgiche sono egualmente importanti, in quanto possono essere fra loro competitive e poiché molti metalli si possono ottenere mediante una combinazione dei due tipi di operazione.
Abbiamo distinto i trattamenti chimici in sali fusi, in quanto è generalmente l'insieme di trattamenti di purificazione idrometallurgici o pirometallurgici e del trattamento di riduzione in sali fusi che si può considerare tipicamente pirometallurgico.
I trattamenti fisici impiegati per ottenere il concentrato comprendono le operazioni di frantumazione, macinazione, classificazione (granulometrica, gravimetrica, magnetica o di flottazione). Questi trattamenti influiscono fortemente sul costo del processo estrattivo, soprattutto per i minerali poveri; così, nel caso dell'estrazione del rame (in cui si sfruttano minerali che contengono anche lo 0,3% di rame), ai trattamenti in miniera compete circa il 50% del costo dell'estrazione totale.
Per la riduzione dei minerali alle dimensioni volute, mentre si approfondisce l'analisi teorica dei processi, attualmente si cerca di avere degli impianti completamente automatizzati e di diminuire il numero delle unità operative, aumentandone nel contempo le dimensioni.
La flottazione è il trattamento fisico di maggior interesse; notevoli progressi sono stati fatti in questo campo: verso il 1920 si è introdotta la flottazione selettiva per il trattamento di solfuri complessi; ultimamente, gli studi si sono rivolti all'estensione di questo procedimento a ossidi o a minerali non metallici. Anche in questo caso, a causa del grande consumo di energia, si sono sviluppati i procedimenti di analisi continua e si sono conseguentemente automatizzati gli impianti.
Nel campo dei trattamenti chimici si possono rilevare le due seguenti linee di sviluppo: a) l'aumento di dimensioni della singola unità produttiva; b) la tendenza a rendere continui i procedimenti e a ridurre il numero delle operazioni, anche in conseguenza dei miglioramenti indotti nel controllo e nell'automazione (eventualmente con l'aiuto di calcolatori) e nella qualità del prodotto.
In particolare, nella pirometallurgia è notevolmente aumentato l'impiego di ossigeno, sia puro sia come aria arricchita, per aumentare la velocità di ottenimento del metallo. Oltre che nell'ormai classica decarburazione della ghisa con lance a ossigeno, si è impiegato ossigeno nei metodi di trattamento dei minerali solfurati, così come nei trattamenti col forno a vento. L'utilizzazione delle lance a ossigeno ha inoltre permesso di progettare nuovi metodi per la produzione continua del rame grezzo in una singola unità operativa che sostituisca il forno a riverbero e il convertitore.
Per poter sfruttare appieno i minerali complessi e recuperare i metalli dalle scorie e dai residui, si sono messi a punto e si stanno fortemente sviluppando i metodi di clorurazione in cui si formano dei cloruri volatili che si separano dalla massa sterile. I problemi principali che si incontrano in questo tipo di trattamento sono dovuti alla corrosione e risultano dalla necessità di recuperare il cloro utilizzato. Si possono anche separare selettivamente i cloruri ottenuti, variando la composizione del gas o l'attività dei composti nel sistema.
Di notevole interesse sono il recupero dei metalli non ferrosi dalle ceneri di pirite e il recupero del rame dai suoi minerali refrattari per segregazione con carbone e cloruro di sodio. Anche la possibilità di recuperare lo stagno dai minerali poveri, di trattare l'ilmenite per ottenere ossido o cloruro di titanio, e il recupero di metalli refrattari da minerali complessi sembrano avere grandi possibilità di sviluppo.
Fino alla prima guerra mondiale, l'utilizzazione dei procedimenti idrometallurgici era limitata al processo Bayer per la produzione di allumina e alla cianurazione dei minerali auriferi. Successivamente sono stati messi a punto numerosi processi di lisciviazione e di trattamento delle soluzioni ottenute: in particolare, tutti i metalli rari possono essere ottenuti per idrometallurgia.
I processi idrometallurgici si sono andati affermando negli ultimi anni in virtù della loro elevata selettività, del minor inquinamento atmosferico che provocano, della possibilità che offrono di recuperare i sottoprodotti e di ottenere direttamente polveri metalliche, ed inoltre per le minori dimensioni degli impianti.
Le limitazioni della teoria e dei dati sperimentali non permettono a tutt'oggi un'esatta comprensione del comportamento chimico-fisico nei sistemi idrometallurgici. Con il progredire delle ricerche, si è scoperta la complessità della struttura e delle proprietà dell'acqua; solo ora gli specialisti di fisica molecolare affrontano con qualche successo i problemi relativi alle soluzioni acquose concentrate e determinano con sufficiente attendibilità i coefficienti di attività e l'influenza dei vari anioni presenti sul comportamento chimico-fisico.
Nei trattamenti idrometallurgici per l'ottenimento del metallo grezzo si possono riconoscere tre procedimenti principali: la lisciviazione, la purificazione delle soluzioni e il recupero di metalli e sottoprodotti dalle soluzioni.
Riguardo alla lisciviazione, hanno avuto, e si prevede che avranno, enorme sviluppo la lisciviazione sotto pressione, il pretrattamento dei minerali da lisciviare e l'attacco con batteri in situ, adottato con successo per l'estrazione di rame e d'uranio dagli scavi di miniera.
L'impiego di solventi per estrarre i metalli dalle loro soluzioni e di resine a scambio ionico, inizialmente adottato soltanto per l'ottenimento dell'uranio, ha fatto molto progredire il processo di purificazione.
Per ridurre i metalli dalle loro soluzioni già da tempo si utilizzavano i metodi di cementazione con metalli poco nobili o quelli di elettrolisi; a questi metodi si sono aggiunti ultimamente i metodi di riduzione con idrogeno sotto pressione e l'elettrolisi su catodo di mercurio. Soprattutto la riduzione con idrogeno per ottenere polveri metalliche appare, insieme all'elettrolisi, la via di sviluppo più promettente, grazie alla possibilità che essa offre di ottenere, variando le condizioni operative, riduzioni selettive e polveri a basso contenuto d'impurezze.
I sali fusi, e principalmente i fluoruri o i cloruri fusi, sono utilizzati come mezzo di estrazione o raffinazione per quasi tutte le metallurgie dei metalli più reattivi, quali l'alluminio, il magnesio, il titanio, il berillio, i metalli delle terre rare e i metalli refrattari.
Poiché esamineremo separatamente il caso della siderurgia, consideriamo ora gli sviluppi nel campo dei principali metalli non ferrosi.
L'alluminio è il metallo la cui produzione si è maggiormente sviluppata negli ultimi anni. Il procedimento estrattivo si basa su due operazioni: la produzione di allumina e l'estrazione elettrolitica di alluminio in bagni criolitici.
Per la produzione di allumina, il principale processo utilizzato è il noto ‛metodo Bayer', nel quale attualmente si tende ad aumentare la velocità di attacco operando in autoclave ad alta temperatura. L'unico metodo eventualmente competitivo sembra essere quello sovietico di produzione da nefeline, con ottenimento di cemento e potassa come sottoprodotti. Per la riduzione, da più di ottant'anni si ricorre all'elettrolisi in criolite fusa, e prevedibilmente questa è la via per cui si continuerà a produrre alluminio ancora per lungo tempo.
La produzione del rame dai suoi minerali solfurati è ottenuta essenzialmente con gli impianti pirometallurgici di arrostimento, fusione al forno a riverbero e conversione, nonostante vi siano esempi di utilizzazione di forni a vento o di fusione a flash, quest'ultima in forte incremento. Il rame viene generalmente raffinato per via elettrolitica, quando sia destinato a impieghi nell'industria elettrotecnica, o per via pirometallurgica, quando se ne vogliano ottenere le leghe. In questi ultimi tempi, si sono moltiplicati gli studi per produrre il rame con una sola operazione pirometallurgica o per via idrometallurgica (una volta utilizzata solo per il trattamento dei minerali ossidati). In particolare, quest'ultima via appare promettente, cosicché per essa sono stati proposti numerosi mezzi d'attacco (cianuri in soluzione ammoniacale, acido solforico o cloridrico, per elettrolisi diretta).
Nella produzione dello zinco e del piombo ha avuto molta importanza ultimamente l'introduzione del forno a vento, tipo Imperial smelting, per la produzione congiunta dei due metalli, in concorrenza coi metodi tradizionali di estrazione elettrolitica dello zinco da soluzioni solforiche. I due processi sono fra loro competitivi e determinanti dovrebbero essere il costo del fabbisogno energetico (fornito principalmente dal coke per l'uno e dall'energia elettrica per l'altro) e il recupero dei sottoprodotti.
La possibilità di produrre stagno da minerali poveri e l'ottenimento del nichel per via idrometallurgica sono le novità più importanti relative all'estrazione di questi due metalli.
Nel campo dei metalli più elettronegativi, notevole sviluppo potrebbe avere il magnesio, come sostitutivo dell'alluminio in numerose applicazioni, se la sua metallurgia estrattiva migliorasse fino a ridurne decisamente il costo di produzione.
Il grande sviluppo nella produzione di titanio avutosi negli ultimi anni sembra essersi arrestato a causa delle difficoltà tecnologiche connesse con l'utilizzazione di questo metallo in ambienti corrosivi ed erosivi o in condizioni di elevata sollecitazione meccanica.
Lo sviluppo delle fonti di energia nucleare ha portato, e porterà maggiormente in seguito, a un notevole incremento dell'industria estrattiva dei metalli radioattivi: uranio, plutonio e tono.
L'alto livello tecnologico raggiunto dall'industria nucleare ed elettronica ha permesso di introdurre notevoli miglioramenti anche nell'industria estrattiva. In particolare, si è arrivati alla produzione di metalli iperpuri, contenenti tre o quattro tipi di impurezze in quantità pari a 1-5 ppm e altre impurezze in quantità inferiori a 0,1 ppm e di monocristalli metallici a basso contenuto di difetti. È inutile ricordare il grande interesse anche scientifico inerente alla possibilità di ottenere metalli con caratteristiche sempre più prossime a uno stato di riferimento ideale, punto di partenza per ogni trattazione di equilibrio termodinamico.
Alla base di questo sviluppo tecnologico, vi è stata l'utilizzazione della raffinazione a zona, a cui si sono affiancate le tecniche fisiche di crescita cristallina o di distillazione, previo trattamento chimico per la rimozione della maggior parte delle impurezze. Anche i procedimenti analitici usati insieme con i metodi di purificazione hanno raggiunto gradi di perfezionamento elevati in seguito all'utilizzazione di misure del rapporto tra la conducibilità a bassissima temperatura e a temperatura ambiente, all'introduzione della spettrografia di emissione e di massa e ai metodi di radioattivazione.
3. Metallurgia fisica.
L'applicazione dei metodi della fisica, di rigorosa base operazionale, alla metallurgia ha portato a rapidi progressi in questo campo, tanto da creare una disciplina separata in spettacolare espansione: la metallurgia fisica. D'altra parte, la tendenza alla settorializzazione, di moda attualmente, non può che portare a un'involuzione di questo tipo di metallurgia.
Dobbiamo rilevare come all'emergere di questa scienza e delle sue realizzazioni nella progettazione di nuovi materiali abbiano grandemente contribuito la confluenza degli interessi e la cooperazione di ricercatori specializzati in campi molto differenti quali: fisica dello stato solido, elettronica, chimica e metallurgia, e nella progettazione.
Nonostante la notevole espansione delle ricerche e alcuni interessanti risultati parziali, si è ancora lontani al momento attuale dal conseguimento dello scopo ultimo a cui questi sforzi tendono, dal collegamento cioè fra la teoria del legame metallico e intermetallico, la struttura delle fasi alle diverse scale e le proprietà chimico-fisiche del metallo che si vogliono ottenere.
La teoria elettronica dei solidi, benché abbia permesso di ben comprendere le proprietà elettriche e magnetiche dei materiali e nonostante abbia apportato notevoli progressi nello studio delle configurazioni elettroniche, dell'energetica elettronica e reticolare e delle applicazioni della termodinamica ai possibili equilibri tra difetti di tipo puntuale, non permette ancora di prevedere il comportamento dei metalli nei processi fondamentali (v. solidi, fisica dei).
I punti salienti dello sviluppo storico sono: a) l'introduzione dei metodi di indagine metallografica da parte di H. C. Sorby (1864, pubblicato nel 1887) e di A. Martens (1878) e, successivamente, l'utilizzazione delle tecniche di diffrazione di raggi X scoperte da M. von Laue (1912) da parte di W. H. Bragg e W. L. Bragg, che permetteva di estendere lo studio strutturistico dei materiali metallici alla scala reticolare; b) l'utilizzazione delle tecniche di analisi termica, con l'individuazione delle modificazioni allotropiche e delle rispettive temperature di trasformazione del ferro, da parte di Tschernoff, che faceva così progredire grandemente la teoria sui trattamenti termici dell'acciaio; c) la messa a punto di tecniche di misura per temperature elevate, con la termocoppia Pt/Pt-Rh di H.-L. Le Châtelier (1888) e il termometro a resistenza elettrica di K. W. Siemens (1877).
Grande importanza ha avuto nello sviluppo degli studi sulla struttura e sulle proprietà fisiche dei materiali metallici l'impiego di modelli e di teorie che, come scrive P. Curie, hanno ‟il vantaggio di suggerire alcune esperienze e soprattutto di facilitare il ragionamento rendendolo meno astratto". I fisici hanno d'altronde ben compreso le limitazioni insite nell'impiego di modelli.
Molte moderne interpretazioni semiempiriche e semi- quantitative del comportamento dei materiali metallici considerano l'atomo del metallo come una singola entità e tengono conto solo della concentrazione di cariche elettroniche tra atomi vicini, trascurando le interazioni atomiche a lungo raggio. Su questo modello sono stati impostati numerosi calcoli relativi alla diffusione di atomi, alla teoria delle soluzioni solide, con particolare riferimento ai fenomeni d'ordine e alla teoria delle superfici cristalline.
Nel campo di studio delle leghe metalliche si è passati, dai primi modelli basati sul rapporto delle dimensioni atomiche degli elementi e sulle loro valenze, con gli esami per diffrazione di raggi X, all'interpretazione delle soluzioni solide ottenibili: interstiziali e di sostituzione, riconoscibili dal confronto fra densità teorica e sperimentale. Nuovi metodi di misura, quali quelli basati sull'effetto Snoek, cioè sullo smorzamento delle oscillazioni imposte al materiale per un processo di ‛attrito interno', permettono di rilevare la presenza di difetti di scala atomica e quindi di dosare la densità degli atomi interstiziali e di determinarne il coefficiente di diffusione.
Nel caso delle soluzioni di sostituzione, W. Hume-Rothery ha proposto, sotto forma di regole empiriche (condizioni necessarie ma non sufficienti), una teoria per determinare i limiti di solubilità nelle leghe, basata sull'esame degli effetti elettronici e sterici d'interazione fra gli atomi. Queste regole si sono dimostrate valide soprattutto per i metalli cosiddetti normali e non per quelli di transizione. Mediante la teoria elettronica del legame intermetallico, che si è dimostrata applicabile soprattutto alle soluzioni diluite, si è riusciti a dar ragione dei valori critici di concentrazione elettronica.
Analoghe regole semiempiriche sono state impiegate con successo negli studi per la determinazione di nuovi materiali semiconduttori o superconduttori contenenti metalli di transizione, dimostrando così l'importanza nel progresso scientifico di questa ‟generalizzazione di fatti", come la si può indicare seguendo una definizione di Hume-Rothery.
Le reazioni ‛ordine-disordine', inizialmente messe in evidenza mediante misure di conducibilità elettrica, furono meglio comprese in seguito all'introduzione del concetto di superreticolo dovuto a Bain (1923). Molte proprietà fisiche proprie delle leghe e la possibilità di ottenere diversi composti intermedi sono state interpretate con l'introduzione del concetto di ‛parametro d'ordine' a largo e a corto raggio. Lo studio dei diagrammi di diffrazione dei raggi X da parte di vari composti intermetallici ha permesso la caratterizzazione di questi, a seconda dei fattori tipizzanti, in: composti elettronici, fasi di Laves a fattore sterico predominante, fasi complesse (tipo ‛sigma') e composti semimetallici. Per l'influenza che questi composti hanno sulle proprietà meccaniche dei materiali risulta evidente l'importanza di una tale caratterizzazione.
Lo studio della diffusione nei metalli, la cui importanza nel determinare la cinetica dei processi è ben nota, ha portato al conseguimento di notevoli risultati. Esamineremo con particolare attenzione lo sviluppo storico avuto dagli studi che hanno portato a definire, solo recentemente, coefficienti di diffusione a significato operativo.
Dai primi lavori teorici di Fick e sperimentali di Roberts-Austen, bisogna arrivare al 1922 perché Langmuir e Dushman individuino la dipendenza esponenziale del coefficiente di diffusione dalla temperatura.
L'esistenza di difetti puntuali nei cristalli fu proposta da Frenkel nel 1926 relativamente alla formazione di vacanze con contemporaneo spostamento di atomi in posizione interstiziale, e da Schottky e Wagner nel 1931 come equilibrio di vacanze con posizioni superficiali, interpretato in base a considerazioni di meccanica statistica. Quasi contemporaneamente, Eyring applicava il concetto di stato attivato nell'interpretazione dei fenomeni di diffusione, ponendo in evidenza l'importanza del termine di entropia di attivazione.
Nel 1942 Huntington e Seitz, da un esame teorico dell'autodiffusione nel rame, rilevarono che le vacanze sono i soli difetti atomici puntuali creati dall'agitazione termica e che la diffusione per vacanze è il meccanismo energetica- mente più probabile. Successivamente, Kirkendall (1947), studiando la diffusione chimica fra rame e ottone a contatto lungo una superficie di saldatura, con introduzione di fili inerti di tungsteno, rilevò lo spostamento dei fili nella matrice di rame e quindi l'esistenza di una velocità di reticolo e la generalità del meccanismo di diffusione per vacanze. Nel 1952 Zener infine dimostrò la scarsa attendibilità dei dati sulla diffusione intercristallina pubblicati fino a quel momento, poiché i ricercatori non avevano tenuto in considerazione le possibili vie di diffusione di ‛corto circuito', dovute a difetti lineari o superficiali quali: dislocazioni, difetti di accatastamento, superfici e confini dei grani. La preparazione di campioni per misure precise dei coefficienti di diffusione assunse allora un'importanza fondamentale e portò alla fabbricazione di monocristalli metallici a basso contenuto di difetti.
Abbiamo visto l'importanza che hanno i difetti puntuali nella diffusione dei materiali metallici; altri difetti, lineari e bidimensionali, hanno assunto importanza fondamentale nella comprensione del comportamento di questi materiali.
Il concetto di dislocazione è stato proposto indipendentemente da Polanyi, Orowan e Taylor nel 1934 per risolvere questo paradosso: che il limite elastico teorico è molto maggiore di quello sperimentale, rilevato da misure su monocristalli metallici. L'osservazione diretta delle dislocazioni fu possibile in seguito, quando si poté far uso della microscopia elettronica per trasmissione. Cottrell (1948) spiegò il limite elastico degli acciai, osservando l'aumento della concentrazione di carbonio e di altri elementi estranei vicino alle dislocazioni (entro una zona poi chiamata ‛atmosfera di Cottrell') e pensò che questo effetto ne ostacolasse il movimento. L'importanza delle dislocazioni e degli altri difetti nel comportamento plastico dei materiali metallici fu in seguito dimostrata e osservata.
Mentre si sviluppavano gli studi sui fenomeni conseguenti a deformazioni di tipo plastico dei materiali, proseguivano anche quelli sui processi utilizzati per riportare il materiale verso condizioni di maggior stabilità. Veniva tipizzata la morfologia dei processi definendo sia il processo di restaurazione, con formazione di subgrani e poligoni e senza spostamento del confine dei grani, sia quello di ricristallizzazione primaria, con nucleazione e crescita di nuovi grani, e secondaria, con crescita preferenziale di alcuni grani a spese di altri. Non è ancora oggi possibile eseguire l'analisi in situ dei fenomeni di nucleazione; la fenomenologia è quindi carente sotto questo aspetto; si preannuncia molto interessante la possibilità di utilizzare microscopi elettronici con elettroni ad altissima energia.
Finora abbiamo preso in esame le ricerche e le prospettive sui fenomeni connessi con trasformazioni puramente fisiche; consideriamo ora le trasformazioni in cui si ha formazione o trasferimento di fase, che determinano mediante il loro andamento nel tempo la storia dei metalli. Le considerazioni termodinamiche non bastano in questo caso a descrivere il comportamento dei materiali. Si possono dedurre dai diagrammi di fase (la cui importanza abbiamo già indicata nel capitolo sulla metallurgia chimica) le fasi presenti in condizioni di equilibrio e, con l'aiuto dei corrispondenti diagrammi entalpia libera/composizione, la forza motrice disponibile per eventuali decomposizioni o associazioni.
Per la comprensione della maggior parte di queste trasformazioni (allotropiche, eutettoidi e con precipitazione di composti intermetallici) acquistano notevole interesse le teorie sulla nucleazione e crescita dei cristalli e sulla decomposizione spinodale, la quale è stata ricollegata alle precedenti in base a considerazioni sugli effetti dell'energia superficiale.
Queste teorie non permettono d'altra parte un'interpretazione quantitativa della cinetica delle trasformazioni allo stato solido; gli effetti di morfologia della fase dispersa nella fase matrice, le relazioni d'orientamento tra i reticoli cristallini delle fasi a contatto, le eventuali distorsioni reticolari imposte da variazioni interne di volume costituiscono tutti fattori che possono influenzare l'energetica delle reazioni locali. Il metallurgista dispone allo stato attuale di mezzi d'indagine molto raffinati e di un'abbondante messe di risultati sperimentali; l'inquadramento teorico è però inadeguato, anche per le difficoltà inerenti alle possibilità di distinguere le influenze dei vari tipi di difetti, ad es. le differenze tra difetti cristallini e piccole quantità di atomi estranei che tendono a localizzarsi in vicinanza di questi difetti.
Inoltre, come in tutti i sistemi in cui i fenomeni di superficie hanno grande importanza, s'incontrano enormi difficoltà nella definizione strutturale e chimica delle regioni interfacciali. Si comprende perciò, ad es., il grande interesse applicativo, per i trattamenti termici dei metalli, dei diagrammi sperimentali del tipo temperatura-tempo-trasformazione (TTT); bisogna d'altronde evidenziarne i limiti, connessi all'impossibilità di estrapolare i risultati a sistemi con molti componenti o di caratterizzare tutti i diversi cammini di trasformazione adottabili dal metallurgista.
Dobbiamo infine segnalare l'importanza crescente delle alte pressioni nei trattamenti che permettono di ottenere fasi diverse per struttura cristallina, composizione o morfologia.
Il perfezionamento delle tecniche di osservazione al microscopio elettronico, con l'aumento del potere risolvente, ha permesso di conoscere meglio la morfologia dei precipitati cristallini e le relazioni cristallografiche di questi con la matrice. Si sono così messi in evidenza fenomeni di precipitazione localizzata, preferenziale su difetti di accatastamento, e fenomeni connessi alla più usuale precipitazione al bordo dei grani (come continuità e discontinuità del precipitato), la cui interpretazione è resa difficile dalla nostra scarsa conoscenza delle regioni interfasali.
Dall'individuazione, effettuata indipendentemente da Guinier e Preston nel 1939, delle zone di arricchimento che si creano nel materiale prima della precipitazione, si sono fatti numerosi progressi, riconoscendo l'importanza di queste zone nel determinare l'evoluzione delle proprietà meccaniche del metallo durante il trattamento termico.
Lo studio dei costituenti dell'acciaio, protagonisti della fisica metallurgica all'inizio del secolo, è proseguito ed è stato generalizzato ai corrispondenti tipi di trasformazione. Si sono studiati la struttura e i coefficienti di diffusione della perlite e dei correlati ‛sistemi cellulari', e si sono determinate le distanze fra lamella e lamella; manca ancora però una teoria con cui si possano prevedere le velocità di nucleazione e di crescita in queste trasformazioni eutettoidi.
Una ricca fenomenologia è il risultato delle ricerche sulle trasformazioni martensitiche. Per molti metalli e per molte leghe si è evidenziata la possibilità di trasformazioni di questo tipo, cioè senza diffusione; si è misurata la velocità di propagazione di questo processo nell'acciaio e si è trovato che essa è dello stesso ordine di grandezza della velocità del suono; si è anche osservata la possibilità di formare la martensite isotermicamente.
Il meccanismo delle trasformazioni bainitiche, a comportamento intermedio fra quelle martensitiche e quelle per nucleazione e crescita, determinanti strutture che conferiscono al materiale resistenza e duttilità, non è ancora completamente compreso, anche se alcuni risultati tecnologici sono stati raggiunti nel tentativo di produrre materiali con questa struttura.
Vogliamo infine ricordare l'importanza che le tecniche d'indagine hanno avuto nello sviluppo della fisica dello stato solido: per es., la diffrazione elettronica introdotta da C. J. Davisson e L. H. Germer nel 1927, per lo studio della struttura cristallografica di strati sottili; il microscopio ionico a campo, proposto da Müller nel 1936, la cui applicazione, ancorché limitata, ha permesso l'individuazione di vacanze superficiali; il microscopio elettronico, le cui applicazioni sono state sviluppate da E. Ruska (1931) e V. K. Zworykin (1938) e che si è dimostrato finora il miglior metodo d'indagine strutturale per l'esame delle dislocazioni e di altri difetti, con tutti i suoi derivati e miglioramenti fra cui il microscopio elettronico a scansione; la microsonda di Castaing (1956), un microanalizzatore per spettrometria a fluorescenza con sonda elettronica per le determinazioni strutturali, che ha permesso di effettuare studi altrimenti irrealizzabili sulla diffusione nei solidi.
Molto ha contribuito allo sviluppo degli studi strutturistici sulle superfici l'utilizzazione dei metodi di diffrazione di elettroni di bassa energia. La recentissima spettroscopia di emissione di Auger, basata sull'emissione secondaria di elettroni dalla superficie con energia corrispondente alle transizioni tra i vari livelli degli atomi superficiali, può permettere inoltre la caratterizzazione chimica delle specie presenti in superficie.
Questi metodi, integrati con quelli più usuali dell'analisi termica (semplice, differenziale, dilatometrica, termomagnetica), con quelli metallografici e con le prove meccaniche, hanno permesso di ottenere dati sui materiali studiati su tutte le scale dimensionali, dall'atomica alla macroscopica.
4. Metallurgia applicata.
Venendo a quella parte della metallurgia che più da vicino interessa l'ingegneria e che negli ultimi anni ha assunto importanza tale da divenire oggetto di numerosissime ricerche di laboratorio e industriali, stimolate dalla richiesta incalzante della tecnica, è opportuno subito precisare che i lusinghieri successi raggiunti sono da collegare col notevole contributo apportato dalla metallurgia fisica allo sviluppo sistematico di leghe appositamente ideate per avere determinate proprietà in grado di sopportare sempre più gravose condizioni di esercizio.
La metallurgia meccanica, come è da chiamarsi se si vuole adottare la traduzione letterale del termine generalmente usato in lingua anglosassone, o metallurgia applicata, se si introduce una nuova e più appropriata definizione, studia appunto il comportamento dei metalli nei vari ambienti e sotto l'azione delle forze applicate. L'importanza dell'argomento risulta dal fatto che di ogni metallo, impiegato nella costruzione o di un elemento di macchina o di una parte di una struttura, è essenziale che siano note tutte le proprietà e in particolare i valori limite delle sollecitazioni che può sopportare in esercizio.
L'obiettivo di questo settore metallurgico si è esteso in questi ultimi anni anche all'approfondimento delle conoscenze sul comportamento dei materiali metallici durante tutte le lavorazioni e le trasformazioni allo stato solido, dal lingotto fino al prodotto finito. Si vuole così raggiungere, da un lato, la completa padronanza di tutti i fattori che possono influire sullo stato del materiale e quindi sul suo comportamento in opera, dall'altro si vogliono migliorare le proprietà meccaniche e chimico-fisiche del materiale.
Ne consegue pertanto che la metallurgia applicata ha legami sempre più stretti non solo con gli altri settori metallurgici ma anche con altre discipline, quali la meccanica applicata, la tecnica delle costruzioni ecc., con le quali si compenetra. In molti casi, le teorie sulla resistenza dei materiali, sull'elasticità, sulla plasticità, perdono molto del loro interesse perché la struttura a livello microscopico dei diversi metalli assume un'importanza preponderante (sono validi esempi il comportamento dei metalli alle alte temperature, alle quali la struttura continua a subire trasformazioni nel tempo, oppure alle basse temperature, alle quali anche materiali tenaci in condizioni ambientali normali possono diventare fragilissimi). La scelta dei materiali più idonei, come pure i metodi di controllo e di collaudo atti a garantire un'adeguata qualità, diventano un problema di dominio della metallurgia applicata, per la cui risoluzione sono state in passato e vengono tuttora svolte numerose ricerche.
Gli interessanti progressi raggiunti nel campo teorico, con gli studi sulle deformazioni dei monocristalli e degli aggregati policristallini, hanno portato all'applicazione della teoria delle dislocazioni. Si sono potute correlare le proprietà meccaniche dei metalli e delle leghe, la resistenza alla trazione e alla torsione come pure la durezza dei materiali, con la loro struttura e con la loro composizione chimica, e sono emersi gli effetti cui può dar luogo la presenza d'impurità.
Molto rappresentativo è il caso delle proprietà alle alte temperature: questo problema, praticamente sconosciuto prima della seconda guerra mondiale, essendo limitate le applicazioni a parti d'impianti per la produzione del vapore o per qualche industria chimica o petrolchimica dove ben difficilmente si superavano i 600 °C, è divenuto di grande interesse in questi ultimi trent'anni in seguito all'aumento delle temperature d'esercizio negli impieghi sopracitati e allo sviluppo delle turbine a gas, degli impianti termonucleari, dei motori e parti di missili, ecc. È fuor di dubbio che ancora oggi la disponibilità di materiali adatti è limitata; ciò è dovuto al fatto che l'impiego dei metalli a temperature sempre più elevate presenta problemi collegati non solo con le proprietà meccaniche, ma anche con le condizioni ambientali e col tempo che si prevede possa trascorrere senza che si verifichino alterazioni tali da compromettere il buon funzionamento dei vari elementi costruttivi.
A proposito del comportamento dei metalli in vari ambienti, non si può trascurare la corrosione, che ancor oggi rappresenta uno dei più grandi problemi dell'industria metallurgica in generale e che potrà essere risolto solo ricorrendo a una cooperazione interdisciplinare; le basi teoriche (che sono di dominio quasi esclusivo dell'elettrochimica) sono incomplete e inadeguate e solo dalla cooperazione di elettrochimici, fisici dello stato solido, chimico- fisici e strutturisti, si potrà ottenere un decisivo progresso in questo difficile campo.
In genere, nei processi corrosivi si ha cinetica lenta o medio-lenta, per cui hanno grande importanza le disuniformità strutturali e superficiali. I metodi d'esame di tali difetti rappresentano perciò la base di qualsiasi studio corrosionistico che si prefigga uno scopo più ampio di quello che compete alla trasposizione immediata dei risultati ottenuti nel campo applicativo.
È doveroso constatare che, per risolvere problemi derivanti dall'impiego dei materiali in particolari condizioni ambientali, la tecnologia richiede in continuazione nuovi materiali, con caratteristiche sempre migliorate, per cui non vi è tempo di sfruttare completamente le esperienze precedenti e neppure i notevoli progressi raggiunti in campo teorico.
Sempre nel settore della metallurgia applicata, esistono inoltre dei problemi fondamentali rimasti insoluti, come quelli che riguardano la ‛fatica' dei materiali metallici e la ‛frattura fragile'.
Il comportamento dei metalli alle sollecitazioni ripetute, o come si suol dire alla ‛fatica', costituisce uno degli argomenti più interessanti e più dibattuti, ancor oggi, dopo le innumerevoli ricerche di ogni genere già effettuate; è opportuno precisare che esso è tuttora di grande attualità sia da un punto di vista teorico che pratico, in quanto, pur essendo progredite notevolmente le nostre conoscenze al riguardo, si tratta per molti aspetti di questioni non ancora sufficientemente chiarite e risolte.
In particolare, va ricordato che, nonostante tutti i progressi della tecnica moderna, le rotture di fatica in esercizio sono ancora numerose e rappresentano di gran lunga il tipo più frequente in confronto a quelle che si verificano per tutti gli altri motivi messi insieme.
Anche il problema della ‛frattura fragile' dei metalli è assai complesso e della massima importanza; infatti, una rottura fragile avviene di schianto, improvvisamente, senza alcuna deformazione plastica o segno premonitore ed è quindi estremamente pericolosa. Pur essendosi individua- te, dal punto di vista teorico, le condizioni in cui essa può verificarsi (ciò che ha portato un indiscutibile contributo alla conoscenza dei metalli), dal lato pratico tutti gli sforzi sono stati indirizzati allo scopo sia di mettere a punto materiali e processi di fabbricazione che rendessero meno probabili le rotture fragili in esercizio, sia d'individuare prove e procedimenti di collaudo che dessero piena sicurezza di buon comportamento del materiale.
Si sono notevolmente sviluppati negli ultimi anni gli studi di meccanica della frattura. Questo tipo di approccio è basato sulla considerazione che la capacità di un materiale di resistere al cimento a cui è sottoposto può essere superata a causa della propagazione incontrollata di una o più fessure presenti nel materiale, generate da difetti, inclusioni o preesistenti microcricche. Questo metodo è basato sugli studi di meccanica del continuo che permettono di individuare dei fattori di intensificazione degli sforzi in corrispondenza al tipo di cricca e alle condizioni di spostamento dei contorni della fessura. Mediante adeguati metodi di prova è possibile individuare dei fattori critici a cui la cricca si propaga in modo rapido e incontrollabile. Questo nuovo tipo di parametri si è rivelato molto indicativo dello stato del materiale ed ha permesso di migliorare notevolmente la progettazione di strutture sollecitate, dove poteva facilmente verificarsi frattura fragile, sostituendo al fattore di sicurezza le probabilità di frattura.
Gli studi si stanno estendendo al campo di strutture sollecitate in cui si abbia intervento di fatica e di condizioni ambientali. Anche il comportamento ad alta temperatura comincia a essere considerato adottando questi metodi di prova.
Ed è grazie soprattutto alle notevoli esperienze pratiche acquisite che questo problema può essere oggi affrontato con soddisfacenti garanzie di sicurezza. Teoricamente, però, restano ancora molti dubbi da risolvere. Citiamo l'esempio della fragilità di rinvenimento degli acciai: pur essendo trascorso mezzo secolo dai primi studi riguardanti questo argomento, studi approdati subito al risultato, la cui importanza è ben nota, che bastavano piccole aggiunte di molibdeno per ridurre notevolmente la sensibilità degli acciai a questo fenomeno, non è stata ancora data una giustificazione completamente esauriente delle cause che pro- muovono questo tipico infragilimento e dei motivi del miglioramento apportato dall'aggiunta del molibdeno.
Un'analoga situazione si ritrova nel campo delle lavorazioni per deformazione plastica dei metalli; nell'ultimo ventennio nuove tecniche sono state elaborate introducendo molte delle moderne metodologie della metallurgia fisica per approfondire le indagini sulla caratteristica (nota e sfruttata da millenni) che hanno i metalli di potersi deformare permanentemente senza rompersi; tale proprietà è stata correlata con la particolare struttura atomica dei metalli e la teoria della plasticità ha permesso di comprendere e controllare molti dei fenomeni che avvengono durante queste lavorazioni.
Si è riusciti a stabilire quando sia opportuno sottoporre un determinato materiale a deformazione plastica a temperatura inferiore a quella di ricristallizzazione e quando si debba operare a temperature superiori; i nuovi processi messi a punto in questi ultimi anni, quali per esempio quelli che sfruttano l'energia di un'esplosione, e i perfezionamenti apportati a quelli tradizionali hanno reso possibile la lavorazione plastica di metalli e leghe fino a pochi anni fa ritenuti fragili.
È proprio lo studio congiunto delle lavorazioni e delle proprietà dei materiali metallici in questo settore della metallurgia che dovrebbe essere incentivato in modo da poter fornire ai produttori le informazioni più ampie e complete e agli utilizzatori le migliori garanzie per un perfetto comportamento di questi materiali in esercizio.
Ma, per far questo, occorre rinforzare il legame esistente tra le conoscenze teoriche e le applicazioni pratiche, mentre oggi persiste un'assurda tendenza a indebolirlo; il ricercatore metallurgico rivolge sempre più l'attenzione ai problemi scientifici e l'uomo d'industria si appoggia troppo spesso ancora all'empirismo e all'intuito per raggiungere soluzioni appropriate nel minor tempo possibile. Il risultato è che la scienza rischia di essere fine a se stessa e i continui successi tecnologici d'esser frutto di dure e onerose esperienze.
A questa, sotto certi aspetti, amara conclusione sono giunti oggi diversi insigni metallurgisti, di uno dei quali, A. H. Cottrell (v., 1967), riportiamo il seguente passo: ‟il ricercatore metallurgico non deve appartarsi dai suoi colleghi che operano nel campo applicativo, anzi egli deve cercare di estrarre con grande accuratezza gli argomenti di ricerca dalla pratica industriale facendo in modo che questi problemi siano scientificamente rilevanti; l'abilità di di fare ciò e il piacere di farlo sono del tutto sconosciuti alla principale corrente di ricerca scientifica di base".
Non resta che auspicare per il futuro che la preparazione dei metallurgisti sia tale da apportare contemporaneamente validi contributi sia nel campo pratico sia in quello scientifico e che lo scopo dei loro studi sia quello di costituire una base scientifica sempre più solida per ottenere ulteriori vantaggi pratici.
5. Siderurgia.
In armonia con le precedenti argomentazioni, riteniamo opportuno iniziare la trattazione dalla metallurgia del ferro, le cui origini si perdono nella preistoria e le cui successive evoluzioni sono state frutto di preziose e geniali osservazioni empiriche, felicemente sperimentate e gelosamente custodite e tramandate.
Esamineremo separatamente due settori siderurgici: la preparazione e la utilizzazione dei prodotti ferrosi. Relativamente all'evoluzione avutasi nel primo settore, dalla metà del secolo scorso a oggi, si possono riconoscere tre periodi successivi, nettamente differenziati.
Vi è un primo periodo di circa cinquant'anni, che s'inizia nell'anno 1856 in cui venne realizzata, su scala industriale, la conversione della ghisa col convertitore acido Bessemer, durante il quale furono progressivamente introdotti quei moderni mezzi di fabbricazione dell'acciaio (quali il forno Martin-Siemens, il convertitore basico Thomas e, ultimo in ordine di tempo, il forno elettrico) che permisero la produzione dell'acciaio allo stato liquido nei tonnellaggi, sempre crescenti, richiesti dall'industria.
Seguì un altro periodo, anch'esso della durata di circa cinquant'anni, che può definirsi di consolidamento di tali mezzi di produzione, durante il quale non si ebbe la realizzazione di alcun nuovo procedimento di generale affermazione. È però molto importante far notare che durante tale periodo, relativamente lungo, fu continuata da parte dei tecnici e dei ricercatori quella incessante e preziosa opera di miglioramento dei mezzi ordinari di produzione che ha permesso di conseguire, anche nei primi cinquant'anni del nostro secolo, risultati di grande importanza in tutti i campi: in particolare nelle condizioni di lavoro della mano d'opera, nella riduzione dei costi e nel fortissimo aumento della produzione.
Con l'ultima recente importantissima svolta prodotta dalla comparsa (1952) del primo convertitore L. D. a ossigeno s'inizia il periodo attuale, il quale può ben dirsi caratterizzato da un eccezionale fermento di ricerche intese a promuovere sia sostanziali miglioramenti dei metodi tradizionali di produzione, sia la messa a punto di nuovi procedimenti.
È bene affermare espressamente che questo quadro così schematico riguarda esclusivamente quelle innovazioni che per le loro caratteristiche di universalità hanno prodotto svolte decisive nel cammino della siderurgia; con questa visione ristretta è logico che, almeno fino a ora, si sia trattato di pochi casi distanziati nel tempo. Si noti bene poi che tutti questi pochi casi interessano quasi esclusivamente il processo che si è affermato incontrastato e che riguarda la produzione indiretta dell'acciaio liquido per conversione della ghisa prodotta nell'altoforno, ossia un processo che ha le sue origini nella metà del XV secolo (quando si realizzò la produzione continua della ghisa in forni che vennero chiamati Flossöfen e che costituiscono i prototipi dei moderni altiforni ai quali si è pervenuti con sostanziali successivi perfezionamenti).
Questi fattori storici non possono essere ignorati, volendo considerare il problema della ricerca nella preparazione di prodotti ferrosi, perché proprio in questo settore la ricerca si differenzia da quella inerente ad altre tecniche moderne che sono il risultato di lavori di ricerca affrontati con rigore scientifico (si pensi in proposito alle realizzazioni conseguite nei settori dell'elettronica o della chimica dei polimeri).
Sebbene infatti il lavoro di ricerca in questa parte della siderurgia abbia portato all'acquisizione di numerose conoscenze fondamentali nel campo della chimica fisica (basilari risultati sono stati raggiunti in questa disciplina dalla scuola francese, che ha il suo fondatore in Le Châtelier, da quella tedesca, che gravita intorno alla complessa personalità dello Schenck e, in epoca più recente, da quella americana, che fa capo alla genialità delle impostazioni di Chipman), come è stato già affermato nelle premesse, si può ritenere che l'apporto della scienza allo sviluppo tecnologico non sia stato superiore a circa un terzo. Per esempio, in corrispondenza col grande sviluppo dei metodi di fabbricazione dell'acciaio con lance a ossigeno, si è recentemente cominciato a studiare il comportamento di getti gassosi interagenti con liquidi; si è evidenziato il miglior comportamento di getti multipli, dovuto a una riduzione delle impurezze presenti, e si è spiegata l'altissima velocità di decarburazione della ghisa nel convertitore a ossigeno con l'enorme aumento di area superficiale, per formazione di un'emulsione metallo-scoria. Ebbene, anche per quanto riguarda la sola regolazione di questi processi di fabbricazione, nonostante il recente sviluppo dei rapidi metodi di controllo strumentale fisici e chimici, permane ancora un'ampia fascia aperta all'empirismo, a causa delle difficoltà che esistono d'inquadrare quantitativamente parametri il cui andamento è noto solo in modo qualitativo. È evidente che un notevole contributo all'approfondimento degli argomenti legati ai fattori cinetici dei processi, come pure ai loro controlli, verrà dato dalle possibilità di calcolo offerte dalle realizzazioni dell'elettronica nel campo dei calcolatori. Questo, però, più che una conquista della siderurgia, è un esempio tipico del mutuo stimolo a progredire e della complementarità di realizzazioni in campi specialistici apparentemente lontani: elaborazione matematica, strumentazione elettronica, conoscenze chimico-fisiche, metodi di misura; il tutto affiancato ovviamente dall'esperienza sulla condotta diretta della fabbricazione.
Il livello delle conoscenze scientifiche nel campo della siderurgia produttiva risulta notevolmente inferiore a quello raggiunto in altri settori e, pur senza volerne indagare i motivi, sta di fatto che le spese per le ricerche siderurgiche sono state in tutto il mondo sensibilmente inferiori a quelle di altre industrie. Inoltre, se da un confronto puramente basato sulle spese per la ricerca si volesse tentare di entrare in merito ai risultati anche parziali della ricerca nel periodo contemporaneo, non si potrebbe fare a meno di riconoscere che nel settore produttivo siderurgico, oggi come in passato, l'Europa è sempre nettamente all'avanguardia e che proprio in questo settore si manifesta, sempre in Europa, un vastissimo e promettente fervore d'iniziative volte a indagare nuove vie di sviluppo.
È fuor di dubbio però che il futuro della ricerca in questo settore siderurgico è strettamente legato a fattori non facilmente valutabili, che sono anche d'ordine economico e sociale.
Se esaminiamo l'espansione della produzione dell'acciaio negli ultimi quarant'anni, riportata in fig. 4, si constata un andamento di tipo esponenziale: la produzione, che nel 1930 è di poco inferiore ai 100 milioni di tonnellate, nel 1940 sale a quasi 150 milioni, negli anni cinquanta raggiunge 200 milioni e si raddoppia in poco più di dieci anni, superando nel 1968 il mezzo miliardo di tonnellate. Estrapolando questi dati statistici, qualificati esperti hanno formulato previsioni dell'ordine di un miliardo di tonnellate intorno al 1980 e, per la fine del secolo, sulla base delle ipotesi di sviluppo demografico, si prevede una produzione non molto distante dai due miliardi di tonnellate. È doveroso aggiungere che queste linee di sviluppo sono accolte da taluni con dubbi e perplessità, conseguenza del fatto che nei paesi industrialmente più avanzati sembrano essersi già raggiunti i massimi di consumo pro capite.
Senza voler entrare in merito all'attendibilità di queste previsioni, è evidente quanto siano elevate le possibilità di aumento della domanda d'acciaio, per soddisfare la quale non solo dovranno essere installati nuovi impianti e rammodernati quelli attualmente esistenti, ma si dovranno prevedere notevoli investimenti anche nel campo delle miniere, dei trasporti, delle materie prime e di tutte quelle attività che gravitano attorno alla produzione siderurgica. Unitamente a questi problemi, ve ne sono poi da considerare altri strettamente collegati, che riguardano il progresso sociale, sui quali, non potendo essere esaurienti, non ci dilungheremo, pur riconoscendo che essi hanno un ‛importanza fondamentale, condizionante lo stesso sviluppo tecnologico ad essi connesso. Ricorderemo solamente che, a parità di produzione e anche per produzioni assai superiori, si avrà sempre minor necessità di lavoro a tutti i livelli e che ciò avrà conseguenti prevedibili implicazioni sociali.
Tutto ciò è opportuno aver presente, anche se si vuole esaminare il solo aspetto relativo al modo con il quale il quantitativo d'acciaio necessario sarà prodotto, per gli importantissimi rapporti d'interdipendenza che esistono in siderurgia tra le componenti amministrative, economiche, politiche e sociali; molte delle scelte, infatti, che condizionano il processo tecnologico appartengono a domini assai lontani da quello puramente tecnologico.
Si può tuttavia prevedere che l'impulso evolutivo che si è verificato negli ultimi vent'anni nella parte tecnologica subirà certamente un'ulteriore accelerazione per la duplice esigenza di disporre di prodotti siderurgici che presentino caratteristiche sempre migliorate e siano disponibili a prezzi sempre inferiori.
Pur nella ricordata relativa lentezza delle tappe decisive nel cammino della siderurgia produttiva, la straordinaria espansione del progresso tecnico moderno e forse soprattutto l'oggetto sul quale insistono le ricerche in corso fanno pensare alla possibilità di prossime nuove realizzazioni di larga portata.
Le direzioni più promettenti sono forse quelle dei processi che più si allontanano da quelli tradizionali, verso una cinetica ‛rivoluzionaria', alla quale corrisponderebbe una notevolissima diminuzione dei tempi di produzione rispetto a quanto si realizza nella produzione indiretta dell'acciaio. È noto infatti che quest'ultima ha un ciclo molto lungo, durante il quale la composizione chimica del metallo subisce continue variazioni, che sono una diretta e inevitabile conseguenza di tale ciclo. In particolare, a metà ciclo si ha già la spugna di ferro (cioè proprio quel prodotto che la produzione diretta si prefigge di ottenere): è solo l'impossibilità tecnica di estrarre la spugna dall'altoforno che comporta la necessità della carburazione e della successiva conversione e disossidazione. Per conseguenza, appare più che giustificato l'enorme interesse che da tempo riveste il problema della riduzione diretta oggi condizionato dall'elevato costo dell'energia, dalle difficoltà di esercizio e di manutenzione degli impianti pilota finora installati, siano essi continui o discontinui, e infine dalle dimensioni minime necessarie per realizzare costi di produzione concorrenziali con quelli della riduzione indiretta.
Nonostante, però, il prevedibile impulso nel settore della ricerca, la lentezza del cammino percorso dalla siderurgia fino a oggi è la circostanza che ci ammonisce a essere prudenti nelle previsioni. È quindi nostra opinione che, a priori, non siano molte le possibilità per la prossima messa a punto industriale di un nuovo ritrovato di vasta e generale applicazione che rivoluzioni tutto il settore siderurgico.
Naturalmente, se si accetta, sempre a priori, come soddisfacente anche un successo parziale, allora le probabilità di applicazione industriale crescono notevolmente. Sarà, per esempio, quasi certamente raggiunto l'obiettivo di pervenire alla completa continuità del ciclo siderurgico con la messa a punto di procedimenti quali l'affinazione continua della ghisa e la laminazione in serie con la colata continua. Per quest'ultimo procedimento è già stato risolto il problema della determinazione teorica della velocità di solidificazione e l'attenzione è ora rivolta allo studio della distribuzione del flusso nel bagno liquido.
Riteniamo quindi che per l'immediato futuro ulteriori aumenti di efficienza tecnico-economica nella produzione siderurgica siano ancora conseguibili, se si concentreranno le ricerche sui perfezionamenti di dettaglio del vecchio altoforno. Basti pensare al livello di automazione sempre crescente; a tale proposito, è interessante ricordare che in siderurgia l'obiettivo perseguito dall'automazione non consiste unicamente nella riduzione del lavoro umano, ma soprattutto nel conseguimento di una maggior uniformità dei prodotti e di una maggiore economia dei consumi.
Citiamo, tra gli altri miglioramenti, quello importante della colata continua, i cui treni di laminazione si stanno sempre più diffondendo, specializzandosi nei prodotti, col risultato di diminuire il rapporto tra la quantità di acciaio colato e quella del prodotto laminato finito.
Ma, anche nel campo siderurgico, l'avvenimento più atteso per il futuro sarà il risultato di un progresso generale più ampio, dovuto all'avvento di una nuova fonte di energia che dovrà avere costo inferiore a quello attuale e più larga disponibilità: l'energia nucleare.
Con questo nuovo mezzo a disposizione del siderurgista potranno non solo essere realizzate economie nel processo di fabbricazione tradizionale (produzione di ghisa e successiva conversione), ma anche divenire vantaggiosi quei processi che abbinano la produzione diretta con la fusione della spugna di ferro nei forni elettrici.
Passando ora a considerare l'altro settore della siderurgia, quello dei prodotti siderurgici, il livello del contributo scientifico è già qui oggi nettamente superiore (v. fig. 2). Per le ricerche, infatti, che riguardano questo secondo settore la situazione è ben diversa, tanto che, almeno in certi campi, si può già pensare che il contributo scientifico sia molto vicino al suo limite, come per esempio nella messa a punto della composizione chimica di alcuni acciai e dei loro trattamenti termici, importanti casi nei quali le numerose ricerche di carattere prettamente scientifico hanno permesso il raggiungimento degli scopi desiderati.
Lo stato attuale della ricerca siderurgica in Europa, sia pura sia applicata, riguardante in particolare la messa a punto di nuovi acciai e il miglioramento di quelli tradizionali, è completamente diverso da quello che riguarda il settore produttivo; si deve riconoscere che, escluse alcune importanti realizzazioni e con le riserve che una questione così complessa impone nell'esprimere le proprie valutazioni, la situazione è notevolmente in ritardo rispetto a quella americana.
È innegabile che i perfezionamenti delle numerose e diverse tecniche impiegate nella produzione dell'acciaio (come, per esempio, l'introduzione dei processi sotto vuoto) hanno apportato un contributo decisivo alla qualità e alle proprietà dei prodotti siderurgici; pur tuttavia, il miglioramento delle prestazioni è essenzialmente legato ai risultati della ricerca pura e tecnologica nel campo della fisica dei metalli, la quale, come si è già detto, sta compiendo straordinari progressi, aiutata a sua volta dall'evoluzione di quei settori della chimica e della fisica che ad essa sono più vicini.
Emerge poi sempre più chiara l'esigenza di avere grande omogeneità dei prodotti siderurgici, cioè ristretti intervalli nei valori specifici delle caratteristiche. Rivestono pertanto un interesse crescente le ricerche volte a determinare le cause prime delle grandi dispersioni; in particolare, quelle relative alle proprietà dinamiche sono intimamente legate alla propagazione delle deformazioni elastiche in funzione del tempo e dipendono da impurezze o difetti reticolari non controllabili. Bisogna considerare anche l'influenza di tutti gli elementi aggiunti intenzionalmente durante l'affinazione, come il manganese, il silicio e l'alluminio, che hanno potere disossidante, oppure come il nichel, il cromo, il molibdeno, ecc., che hanno effetti ben noti sulle proprietà. I metodi più progrediti della fisica dei solidi hanno permesso solo in parte di valutare le eterogeneità, ma ciò che oggi si può fare per ottenere una maggiore uniformità è ancora ben lungi dall'essere completamente soddisfacente.
Sempre per garantire una maggiore uniformità dei prodotti, ricordiamo infine le nuove possibilità prospettate, e in parte realizzate, relative alle tecniche di controllo qualitativo della produzione, con particolare menzione per i sistemi di controllo in linea, sempre più orientati verso la meccanizzazione e l'automazione.
Le previsioni che generalmente vengono fatte, tenuto conto della recente messa a punto di nuovi acciai più o meno legati, indicano che la progressiva ulteriore tendenza all'aumento della resistenza e del limite di snervamento non potrà avvenire in futuro che con un ritmo attenuato; non sembrano probabili grandi novità a tale riguardo, dovendosi in particolare escludere la possibilità di prendere in considerazione in un modo o nell'altro le eccezionali proprietà degli esilissimi filamenti monocristallini, noti col nome di whiskers. Notevole attività di ricerca richiederanno invece gli acciai per impieghi speciali, quali per esempio quelli resistenti alla corrosione o allo scorrimento viscoso, argomenti che rientrano nella parte degli studi riguardanti la metallurgia applicata.
A conclusione di quella che vuol essere solo una semplice elencazione di alcuni problemi di particolare interesse nel campo della metallurgia, vogliamo riaffermare il concetto che i traguardi che si raggiungeranno in questo campo saranno tanto più lusinghieri quanto più stretti risulteranno i legami tra la ricerca pura e quella applicata, la cui realizzazione coordinata deve essere prevista in una saggia programmazione della ricerca.
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